Mi scuso per la
lentezza con cui sto aggiornando. Vi lascio subito al capitolo.
Ci vediamo infondo.
Buona lettura.
Capitolo 4.
Anche se
avevo sempre considerato Riley come una delle peggiori sorelle che si potessero
avere, mi aiutò molto. Fu lei che tenne la mia mano nei sentieri scuri e
dimenticati della mia vita passata, guidandomi tra volti sconosciuti ed episodi
lontani.
Amici,
vecchie fiamme, ragazzi che mi avevano corteggiato. Tutto sparito nel nulla.
Certo, forse non è stato proprio un male. Dopo aver riportato tutto a galla, fu
ancora più difficile accettare che quella vita non era più mia.
Una vita
piena di giornate felici, risate con persone che mi volevano molto bene.
Ma Riley
non mi aiutò solamente in questo.
La mia
vita nel sud della California era come una tortura, una continua prigionia in
un luogo troppo caldo e con ragazze troppo abbronzate.
Erano cosi diverse da me, con i capelli biondo chiaro e gli occhi
marroni, la carnagione troppo chiare e le labbra perennemente rosse.
Mia
sorella mi seguiva ovunque: non come un fantasma che ti
perseguita, ma più come una mamma che ti traccia la via da seguire.
È riuscita
a farmi apprezzare questa realtà, la mia stanza lussuosa, la
mia cabriolet rossa e la mia scuola privata, pieno di giocatori di
football belli come fotomodelli.
La cosa
più bella è che Riley non è affatto cambiata. Continua a darmi continuamente
sui nervi, fare di tutto per farmi arrabbiare, a punzecchiarmi, criticare
qualsiasi cosa io faccia.
Ma è per
questo che io sono contenta. Perché è una cosa in meno che può mancarmi.
Le sue
visite sono la mia unica ragione di vita, questa è la verità.
Ogni
giorno, ogni stramaledetto giorno, una lacrima cade dai miei occhi. Per mamma,
per papà.
Ma per
Riley no! Perché lei è con me, so che prima o poi apparirà dal nulla e mi
racconterà qualche aneddoto divertente. È cosi da mesi ormai. Niente cambierà.
L’unico
problema è che lei lo sa.
E questo
non fa altro che avvantaggiarla. Quindi, ogni volta che faccio domande a cui
lei non vuole rispondere, o neanche sentir formulare, sparisce. Per due, tre
settimane.
Per quanto
io voglia strangolarla ogni volta che lo fa, che rifiuta il mio giustificato
bisogno di sapere dove sono i miei genitori, se anche loro verranno a trovarmi
un giorno a parlarmi, sono costretta a rispettare questa sua regola.
Ormai, la
consapevolezza che avrei visto solo Riley aveva messo a tacere tutto il resto.
I primi tempi era una delusione poter parlare solo con lei, ma ora sono
consapevole della fortuna che ho. Non ho perso mia sorella. Almeno, lei no.
“Rimarrai
zitella a vita se continui a vestirmi come nonna Iride”, mi dice, acida.
“Riley, prima di tutto non devo, e non voglio, conquistare proprio
nessuno. E poi, non ho la possibilità di prendere tutti i vestiti firmati e
ultracostosi da un armadio celeste”, le rispondo, sorridendo amaramente.
“Ma se Sabine farebbe a pugni con il mondo pur di vederti vestita come
una qualsiasi teenager! E poi, hai un sacco di bei vestiti nel tuo di armadio, eppure continui ad ignorarli e ad indossare quelle
orribili felpe. Hai in programma di ingrassare di una quindicina di kili? Perché le hai comprate cosi grandi?”, mi sgrida.
Vorrei
risponderle come meriterebbe: possibile che non abbia un minimo di comprensione
per sua sorella? Io per lei ne ho a tonnellate.
Non voglio
che la gente mi noti. Non voglio che la gente mi guardi.
Se devo
per forza vivere questa vita, tanto vale far in modo che passi il più veloce
possibile.
Ignorandola.
Si, io ignoro la mia vita.
Continuo a
lasciarmi trasportare, vittima del tempo, degli
imprevisti, del dolore e delle lacrime.
“Lascia
stare, Riley”, mi limito a dirle, “che fai, vieni?”.
Sono in
ritardo, perciò afferro velocemente il materiale scolastico per la giornata e
l’iPod, lasciando li mia sorella e dirigendomi verso
la porta.
“Mmm, va bene. Però tieni il tettuccio scoperto. Mi piace la
sensazione del vento tra i capelli”.
Ogni
tanto, portare con me Riley fuori dalle mura domestiche è problematico.
Non posso
dire che in questo lei mia aiuti, anzi: è dispettosa,
indiscreta.
Tocca i
capelli di tutti, gli tira. Prende le cose dalle tasche dei miei amici e le
butta a terra.
Io la
guardo sempre a bocca aperta, imponendomi di non parlare, di non sgridarla.
Lei mi
guarda con quell’aria da furbetta e quando il malcapitato si china per
raccogliere le sue cose, solitamente mi fa una boccaccia.
Mike si fa
attendere come al solito cinque minuti. Esce da casa sua, una villetta a
schiera, con in mano un croissant e nell’altra la
cartella.
Ha la
bocca sporca di zucchero a velo e ciò provoca l’ilarità di Riley: la sua risata
simile a un trillo, mi impedisce per tutto il viaggio di seguire i discorsi sui
nuovi arrivati.
Pare che
Mike abbia sognato Edward, stanotte.
Mi
stupisco che non abbia gli occhi a forma di cuoricino.
“Dovevi
vederlo, era cosi bello anche in sogno! Mi sono svegliato proprio felice, tanto che mia madre quando è
entrata…”.
“Mia mamma quando è entrata, bla
bla bla! E-chi-se-ne-fre-ga!”, scandisce
Riley. Trattengo un risolino e, facendo finta di niente, tocco il braccio di
Mike, in modo da sapere ciò che mi sono persa del suo chiacchiericcio.
È una cosa
a cui sono abituata, oramai: un discorso di Mike o Angela, non finisce mai
immediatamente, ma continua ad essere di vitale importanza per tutta la
giornata. Perciò, so che a pranzo l’argomento ritornerà fuori senza dubbio.
Meglio essere preparati, no?
Non guido
velocemente, quindi ci mettiamo più del solito per arrivare a scuola.
All’entrata del parcheggio, vedo immediatamente che Angela è appoggiata al
cancello.
Ha
entrambe le mani sui fianchi, un piede che sbatte furiosamente contro il
cemento scuro, l’espressione imbronciata e gli occhi, oggi di un viola scuro,
accesi da pura ansia.
“Che
diavolo ha quella ragazza oggi?”, chiede Mike, facendo intanto un bel sorriso,
assolutamente finto, alla nostra amica e agitando la mano in segno di saluto.
“Sii paziente, Mike. È in trepidazione per il nuovo ragazzo. Proprio come lo sei tu, d'altronde”, gli dico, ignorando la sua
occhiataccia.
Angela ci
viene incontro, agitando le braccia furiosamente e fermandosi a pochi passi
dalla mia portiera.
Appena
scesa, mi afferra per le spalle e mi dice: “la
campanella suonerà tra poco e lui non
è ancora arrivato. Guarda! Nessuna macchina fichissima in circolazione, nessun strafusto tra questi
adolescenti puzzolenti… oddio, svengo!”.
“Angela, perché mai dovrebbe mollare? È qui solo da
un giorno e nessuna ragazzina lo ha attaccato a un muro”, o almeno spero…
Spero? Oh, Bella, non dirmi che ci
sei cascata anche tu!
Certo che
non ci sono cascata. E come potrei? È solo il ragazzo più bello che abbia mai visto,
misterioso e affascinante…
Non
attendo una sua risposta, impedendomi categoricamente di arrivare in ritardo
alla lezione d’Inglese, non stupendomi però di vederli venirmi dietro.
Mike si
tiene il mento con una mano e l’aria pensierosa che ha assunto non mi rassicura
affatto.
Quando
Mike macchina qualcosa, non è mai nulla di buono.
“Io penso che si sia accorto che siamo tutte troppo scialbe per lui. Magari è andato nella scuola
privata di Port Angeles, o magari a New York, dove le
ragazze sono pronte a tutto pur di aver accanto a sé un bel faccino. Non che io non voglia fare di tutto per avere il suo di bel faccino accanto a me, ma
questa è tutta un’altra storia…”.
Angela
parla sempre a vanvera.
“Edward Cullen verrà a scuola, Angela. Bella le ha prestato la sua copia
strausata di Cime Tempestose. Deve venire; a meno che non chiami Bella e le chieda di venire a
casa sua per riprenderselo”, dice, ammiccando verso di me.
Angela si
strozza con la sua stessa saliva, girandosi verso di me e puntandomi contro un
dito.
Grazie tante, Mike. Ora ci vorrà un
secolo per calmarla.
“Che cosa? Perché
io non ne sapevo niente, razza di amici privi di
riconoscenza!? Ti devo ricordare che mi sono prenotata,
Bella? Non si rubano i ragazzi alle amiche! Dovresti
vergognarti…”.
Guardo
Mike, anzi, cerco di fulminarlo. Grazie
tante. Stronzo.
“Tu non
eri quella che non lo aveva neanche guardato e ti eri limitata alle sue scarpe
firmate?”, sbotta irritata Angela.
“Oh, beh, quella è storia vecchia. Quando l’ha visto quasi ci è rimasta secca.
Sembrava spiritata, giuro. Mancava solo la bava e poi il quadretto
era perfetto!”, trilla Mike.
“Giuro
che…”, lo minaccio, puntandogli un dito contro.
“Oddio!
È andata davvero cosi, Bella?”, chiede, con voce
terribilmente stridula, Angela.
“Non
proprio…” rispondo, imbarazzata.
Oh, maledizione, è andata proprio
cosi.
La rabbia
e la gelosia hanno reso l’aura di Angela di un orribile verdognolo.
La
situazione è cosi ridicola e assurda da farmi ridere.
Ma, naturalmente, non rido.
Se Mike e
Angela non fossero gli unici della scuola ad aver accettato la “stramba Swan” e
avermi preso con sé, a quest’ora gli ricorderei quando fossero ridicoli, a
volte.
“Angela, ma quante volte te lo devo dire? Io non voglio rubarti proprio
nessuno, anzi. Più quel Cullen mi sta lontana e più sono contenta! Può essere
fichissimo, può sprizzare sesso da tutti i pori, come dici tu, le cose non
cambiano. Ma la verità è che Edward
Cullen, a me, non piace. Che cosa devo fare per fartelo
entrare in testa?”, sbotto.
“Oh, non
ti preoccupare, sei stata chiarissima”, sussurra Angela, con gli occhi fissi a
guardare un punto dietro di me. Sembra… imbarazzata?
Mi giro,
lasciandoli li e pronti per andare alla mia lezione,
quando capisco il perché dello sguardo della mia amica.
Edward
Cullen è a qualche passo da noi, le braccia incrociate e un sorrisetto strano,
quasi da sbruffone, stampato su quel bel faccino.
I capelli
ramati spettinati, oggi ancora più del solito, sembrano una fiamma ardente.
Faccio
finta di niente, passandogli accanto senza degnarlo di uno sguardo.
Lui
cammina veloce, fino a superarmi e aprirmi la porta della classe.
“Buongiorno, Bella. Prego, dopo di te”, dice, facendo un
piccolissimo inchino.
Non siamo nel novecento, Cullen. Ma
sei adorabile ugualmente.
Uh, ma che
dico? Scuoto leggermente il capo ed entro, ignorando le varie
occhiataccia che puntano verso di me.
Soprattutto
di Jessica e Laurent, dato che Edward cammina sorridendo dietro di me.
Vado verso
il mio posto, sperando con tutta me stessa che ce ne sia un altro libero, che
lui non sieda ancora vicino a me.
Butto la
cartella a terra, sedendomi svogliatamente sulla piccola e scomoda sedia di
legno.
Edward è
invece calmo e aggraziato. Appoggia la tracolla sul banco,spostando
la sedia e sedendosi con leggiadria.
Preghiere
vane. Si è seduto proprio vicino a me.
Sono stata
maleducata.
Non ho
neanche fatto un cenno di scuse, o uno sguardo imbarazzato. Cosi penserà che lo odio a morte.
Ma tanto a
lui che gliene importa? Io, sciocca ragazzina vestita
con maglie troppo grandi per il mio corpo esile, aria perennemente imbronciata
e timida: cosa può interessargli di me? Il fatto che sono una pazza che sente
le voci e che non può permettersi di toccare nessuno?
Edward non
ne sarà rimasto deluso. È per questo che mi ha aperto la porta, no? Magari
stava a dire che non gliene interessa e che non me ne devo preoccupare.
Afferro l’iPod dalla borsa, tiro su il cappuccio e premo play. Il
volume è già al massimo.
Edward
Cullen è il sogno di ogni ragazzina di questa città che lo abbia visto almeno
una volta.
Per quale
assurdo motivo dovrebbe interessarsi a me?
Non è
possibile. Quindi, perché dovrei preoccuparmi? Ho fatto una figuraccia, forse
non mi parlerà mai più per il resto dell’anno.
Ma è
meglio cosi, no?
È proprio
quello che volevo, infondo. Pace e tranquillità. Calma e monotonia.
Fino a
quando le cose rimarranno cosi, posso sapere che cosa mi aspetterà e vivere
meglio.
Le novità
non mi piacciono. Va bene cosi, va bene cosi.
Niente
Edward Cullen, niente novità, niente cambiamenti.
Ma proprio
mentre sto incominciando a convincermi di ciò, ripetendomi “va bene cosi” come
una litania, mi sento investire da una tremenda scossa.
È più
forte di un fulmine, una scarica elettrica che mi pervade la pelle, arrivando
fino al mio cuore, scorre nelle vene e mi riempie il corpo di uno strano
formicolio.
Tutto perché
Edward ha messo una mano sulla mia.
Non ho
sentito nessun suo pensiero e, anche se era successo anche la volta precedente,
non posso fare a meno di essere sconvolta e impaurita.
Chi è
questo ragazzo per avere un effetto simile su di me? Come può annullare i miei
poteri?
È
difficile, praticamente impossibile, sorprendermi.
Da quando
sono una sensitiva, da quando la mia vita è completamente cambiata, solamente
mia sorella riesce a cogliermi in fallo.
E per
questo si diverte tantissimo ad ingegnarsi per stupirmi.
Fisso
sconcertata la sua mano, grande e dalle dita lunghe, da pianista, guardandola
coprire completamente la mia.
Sento il
suo sguardo addosso, perciò alzo gli occhi e li punto nei suoi, di uno
strabiliante color oro.
“Volevo
restituirti questo”, dice, porgendomi il libro che gli avevo prestato, e
sorridendo.
Non
rispondo al sorriso, ancora troppo sconcertata dal suo tocco.
Togli la
mano, togli la mano. Ti prego.
Dico cosi
perché nell’esatto istante in cui Edward mi ha toccata, tutte le voci nella mia
testa hanno taciuto. Nessun pensiero strappato senza il loro permesso, nessun
vociare sommesso.
Niente.
Completo silenzio.
Però,
capendo che ciò che dico non ha senso, che il difetto dei miei poteri non può
dipendere dal ragazzo, scuoto la testa e dico: “guarda
che puoi tenerlo ancora un po’, non c’è problema. Perché a dire il vero a me
non serve. Quel libro l’ho letto cento volte”. Cerco
di accennare un sorriso e di rimando i suoi occhi si illuminano come due
stelle.
Perché fa
cosi? Perché sembra cosi felice che io sia stata
gentile?
Tutto
questo non ha assolutamente senso.
Edward
toglie la mano e l’effetto del suo tocco, anche se sono sicura che lui non
c’entri per niente, svanisce dopo qualche istante.
Magari è…
perché sono in qualche modo attratta dal lui? Dai, chi non sarebbe attratta da
un ragazzo cosi bello, affascinante, intelligente, galante?
Forse se
mi toccasse la mano Johnny Depp sarebbe la stessa cosa!
“Anche io
so come finisce”, risponde, come se la cosa fosse ovvia.
All’improvviso
il suo sguardo cambia, diventando talmente intenso, infiammante, intimo, da
costringermi a guardarmi le mani.
Perché fa
cosi?
Decido che
ignorarlo è il metodo migliore per non impazzire prima del suono dell’arrivo
del professore, perciò afferro le cuffie e mi preparo per immergermi ancora tra
le note di una delle tante band chiassose e tremendamente necessarie per non
impazzire tra i pensieri degli altri studenti.
Edward
riprende la mia mano, impedendomi cosi di indossare gli auricolari e chiede: “cosa ascolti?”.
Per la
seconda volta, nell’aula tutto tace.
Per la
seconda volta, insieme alla stranissima sensazione di pace e tranquillità
provocata dal suo tocco, mi sento… normale.
Prima
poteva essere stata un mia distrazione, o un errore.
Ma ora non può essere cosi. Stessa situazione, stessi risultati. C’è qualcosa
che non va.
I miei
compagni sono ancora li, alcuni che chiacchierano tra loro, altri che guardano
fuori dalla finestra con fare pensoso.
Eppure non
sento le loro parole sommesse, né i pensieri dei distratti.
Solo la
voce carezzevole e gentile di Edward, che domanda ancora: “Bella, ti ho chiesto
cosa stai ascoltando”. Sorride di nuovo, in un modo tanto intimo e privato da
farmi arrossire.
Il mio
corpo è teso, elettrico. Non capisco il perché: insomma, non è affatto la prima
volta che un ragazzo tiene la mia mano, ma non mi è mai successa una cosa del
genere. Assolutamente.
“Oh, si… uhm, è una playlist che ha fatto per
me Angela, la mia amica. Più che altro ci sono vecchi gruppi Goth anni 80, hai presente? Tipo Cure, Siouxsie, And The Banshees, Bauhaus”, rispondo, stringendomi nelle spalle e
cercando di distogliere lo sguardo dai suoi occhi e, inevitabilmente, non
riuscendoci affatto.
È
possibile che i suoi occhi siano di quella incredibile sfumatura oro miele?
“Mmm. Quindi ti piace il Goth?”, chiede, inarcando le sopracciglia con
aria scettica.
Passa lo
sguardo sulla mia lunga coda di capelli biondissimi, la felpa
blu scuro e il viso pulito e senza una filo di trucco.
“Veramente non proprio. È Angela che lo adora”. Cerco di
fare una risatina, ma ne esce un suono talmente nervoso da farmi rabbrividire.
Eppure, Edward ne sorride.
“E a te?
A te cosa piace?”. Il suo sguardo è ancora puntato verso
di me.
Dire che è
divertito sarebbe un eufemismo.
Mi prendo
qualche secondo per rispondere, cercando di perdere tempo e, fortunatamente, proprio
in quel momento entra il professor Robins, con le guance arrossate e la
camminata un po’ ondeggiante. Il resto della classe pensa che sia aggraziato,
mentre in realtà è solamente ubriaco.
Edward
sospira, togliendo la cartella da sopra il banco, vedendo che oramai tutta la
mia attenzione è verso la lezione. O almeno cosi sembra.
Calo di
più il cappuccio sulla fronte e giro la rotellina dell’iPod.
Avvolta e
frastornata dalle note martellanti dei gruppi Goth di Angela, torno alla
normalità.
Problemi
di stupidi adolescenti, complessi sui loro corpi, dilemmi sentimentali, stress
per test incombenti, i sogni falliti del professor Robins e i litigi con la
moglie, e Jessica, Laurent e Tayler che si domandano
cosa potrà mai trovare in me quel ragazzo cosi favoloso.
Allora, care. Spero
tanto che questo capitolo vi sia piaciuto.
Non ci sono molti
chiarimenti da fare perché penso che sia tutto abbastanza semplice fin ora. I
problemi inizieranno tra poco, anche se già ora c’è qualche
segnale spia.
Vediamo chi ci
arriva!
UNA RECENSIONE, PLEASE?
Ringrazio chi ha
messo questo storia tra i preferiti: 38
Ringrazio chi ha
messo questo storia tra le seguite: 28
Rispondo alle
recensioni:
|
|||||
|
|||||
|
|||||
|
|||||
|
Le mie Fic:
In
corso:
Fuga dal
successo (cap. 13, raiting
arancione)
Amore e odio
( cap. 7, raiting
arancione)
Evermore
( cap 4. raiting verde)
Attimi
d’amore (7 drabble. Raiting verde)
Conculuse:
Ombre (One Shot, raiting
giallo)
Amore e
Passione ( cap. 25, raiting arancione)