Narnia's
Rebirth
1st Chapter
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-Combatterò
per restituire Narnia ai suoi legittimi
abitanti.-
Erano state
quelle le parole che avevano convinto i
narniani. I centauri, i nani, persino i burberi minotauri e i fauni
diffidenti:
la passione nelle sue parole, la forza e la determinazione con cui
aveva
promesso di schierarsi al loro fianco, erano state decisive.
Caspian
sospirò appena nel buio della notte, disteso nella
macchia più scura formata dall’ombra di
un’immensa quercia nodosa.
Era tardi: le
creature magiche, dopo ore
ed ore di discussioni, fraintendimenti, stesure di piani uno
più improbabile
dell’altro, erano finalmente crollate dal sonno, dandogli la
possibilità di
distendersi lì, in quel silenzio ovattato e ristoratore,
a pensare.
Sarebbe stata
una lunga e difficile guerra quella che si
prospettava dinanzi a lui.
Si era ritrovato
senza nemmeno comprendere come a capo di un
esercito eterogeneo, male organizzato, composto da creature che spesso
e
volentieri non si sopportavano.
Come avrebbe
sconfitto Miraz, il traditore, a capo di uno
sparuto gruppo di creature troppo pure perché il suo cuore
idealista potesse
pregarli di entrare in battaglia? Come avrebbe potuto chiedergli di
macchiare
le loro mani, zampe, zoccoli, del sangue immondo dei traditori?
Sospirò
di nuovo, passandosi una mano fra i lunghi capelli boccoluti, sparsi
sulla nuda terra. Il viso affilato
era teso, gli occhi neri angosciosi e persi nel cielo stellato che
brillava sopra
di lui…
Se soltanto i Re
e le Regine del passato fossero arrivati, e
al più presto…
-AIUTO!-
Caspian
balzò in piedi, sguainando istintivamente la spada; il
sibilo della lama
spezzò il silenzio che, inquietante, era calato dopo
quell'agghiacciante grido che aveva squarciato l’aria fredda
della
notte di Narnia.
Una
donna, fu il suo
primo pensiero, era certo
di averla sentita gridare, non molto lontano da dove si trovava
lui.
Con tutti i
sensi tesi al massimo seguì il
suono del disperato grido che aveva udito, correndo attraverso la
foresta
addormentata ormai da secoli, inciampando sulle insidiose radici
invisibili ai
suoi occhi e scostando con le braccia i sadici rami più
bassi degli alberi che
sferzavano il suo volto, ferendolo e facendolo lacrimare.
-AIUTO!-
Di nuovo
udì quell'urlo e i suoi passi lievi e concitati sul
terriccio;
un’altra
coppia di passi, molto più pesanti, parevano
inseguirla… un uomo, probabilmente piuttosto massiccio a
giudicare dalla sua corsa pesante e rumorosa.
Non gli ci volle
molto per comprendere la situazione.
Caspian irruppe
in una radura non molto dissimile da
quella
dove lui era rimasto fino a quel momento; una figura alta
e massiccia si stava curvando minacciosamente su un’altra,
esile e avvolta in
un mantello scuro…
-Ehi, tu!
Lasciala subito andare!-
Fra i rami di
uno degli alberi più alti, celato
dall'oscurità, un sorriso
soddisfatto si
dipinse su un paio di labbra sottili, pallide, incastrate in un viso
altrettanto diafano.
-Ma bravo,
principino. Corri in aiuto della fanciulla in
difficoltà.- mormorò quella bocca crudele.
Mani chiare e
rovinate tesero la corda della balestra,
mentre un occhio si chiudeva e l’altro mise a fuoco il
profilo del principe
Caspian, che
aveva appena gridato un cavalleresco e decisamente poco furbo
avvertimento
all’“aggressore” della
“fanciulla” in difficoltà.
Con quel
sogghigno
soddisfatto ancora sul volto, lo sconosciuto
premette il grilletto della balestra, e la spessa freccia di acciaio
sibilò con
un fischio inquietante verso la schiena del ragazzo.
Caspian
trattenne una bestemmia quando picchiò la testa, per la
seconda volta in pochi giorni, e la vista gli s'offuscò.
-Ma cosa
diamine__- imprecò quando si rese
conto di non essere in grado di rialzarsi – aveva udito
soltanto un sibilo
prima che qualcosa di pesante gli crollasse addosso, spezzandogli il
respiro e
scaraventandolo sul brullo sottobosco.
Una pesante rete
d’acciaio
gli impediva qualsiasi movimento, persino alzare il braccio armato gli
era impossibile. Era steso supino a terra, completamente indifeso,
mentre
l’uomo massiccio e la giovane “indifesa”
si stavano avvicinando; poteva
scorgere i loro ghigni compiaciuti anche nel buio.
Una
trappola,
si disse, maledicendo fra sé la propria
ingenuità.
-Pensavo fosse
più difficile catturare un principe, sai?-
disse la voce divertita e profonda dell’uomo, prima che due
immensi occhi azzurri occupassero il campo visivo di Caspian.
Trasalì,
quando si rese conto che l’uomo che aveva
partecipato alla sua cattura altro non era che un ragazzo: poteva avere
qualche
anno più di lui, e il suo volto era pulito, allegro, e
arruffati
riccioli color miele spuntavano da sotto il cappuccio che aveva calcato
in
testa.
-Sinceramente
anch’io. Sei una delusione, principe Caspian.-
commentò un’altra voce, ironica ed irridente, che
per un istante il ragazzo non
riuscì a collegare all’atterrito grido
d’aiuto di poco prima.
La ragazza si
era sfilata il mantello, rivelando un fisico
minuto e sottile fasciato da abiti comodi dello stesso verde della
foresta. Era
una tunica semplice, aderente sul petto snello e sul ventre piatto,
legata in
vita da una spessa cintura di cuoio, da cui pendevano
un’anonima spada ed uno
stiletto. Sulla schiena
portava una faretra, le piume delle lunghe frecce erano di un bel verde
smeraldo, ed un arco lungo – misurava probabilmente
più di un metro e mezzo, quasi quanto lei –,
bellissimo ed elegante, era
assicurato alla sua figura da un fodero in pelle.
Non aveva mai
visto una donna vestire in quel modo.
Da quel che
poteva intravedere, sdraiato com’era a terra
molto più in basso di lei, aveva i capelli scuri e corti
– un altro dettaglio
assolutamente singolare: le donne non tagliavano mai i capelli, a
Narnia. Gli
occhi erano nocciola, grandi ed allungati in un visetto ovale e
dall’aspetto
spigliato.
Ma
ciò che lo sorprese di più, che lo fece
sussultare,
allibito, furono le orecchie.
Non potevano,
non potevano assolutamente essere… umane.
Erano grandi,
molto più simili a quelle di una volpe
piuttosto che a quelle di una donna; erano spostate più in
alto rispetto alla
loro normale posizione, ed emergevano dalla zazzera di capelli scuri,
ben
dritte ed eleganti come tutto ciò che riguardava la ragazza
dalla pelle
olivastra.
Aveva sentito
parlare di quelle creature… che, come tutti
gli abitanti di Narnia, erano state credute estinte.
Elfo.
Ma…
c’era qualcosa, in lei, che contrastava con
l’immagine
che si era fatto di loro tramite i racconti del suo maestro, del suo
mentore,
Cornelius.
Gli elfi erano
descritti tutti come altissimi, dalla
carnagione quasi diafana e dai capelli indifferentemente chiari o
scuri, creature
eteree e apparentemente fragili come un alito di
vento…quella ragazza era sì
bellissima ma, a parte le orecchie ed il portamento inequivocabilmente
elegante, era ben lontana da quella descrizione poco veritiera.
-Più
che altro è fortunato, Tallie.- commentò il
ragazzone,
rivolgendosi a lei con un sorriso entusiasta e quasi innocente.
Sembrava un bambino
– un bambino muscoloso alto un metro e novanta e con le
spalle altrettanto
larghe. -Se avessimo fatto come pensava Sir si sarebbe fatto molto
più male.-
aggiunse, divertito, mentre la ragazza chiamata Tallie alzava gli occhi
al
cielo, esasperata.
-Se avessimo
fatto come diceva Sir non so nemmeno se sarebbe
sopravvissuto…-
commentò, provocando un brivido gelato lungo la schiena del
principe in
trappola.
Il ragazzone
spostò repentinamente gli occhi verso la
foresta, e la sua espressione si fece immediatamente
più seria e determinata.
-Parli del
demonio…- sussurrò e, nella sua voce,
nell’istantaneo mutamento del suo atteggiamento, Caspian
scorse un’emozione
vibrante che seppe
riconoscere all’istante: rispetto. -…Siria.-
Dunque
il fantomatico “Sir” non era un
uomo…
Incuriosito
dalla reazione che quella donna misteriosa
sembrava scatenare nel giovane biondo – ma non
nell’altra ragazza, notò, che
semmai sembrava più divertita che altro –, Caspian
si sforzò di alzare lo
sguardo, tentando di scorgere la nuova arrivata.
Nello stesso
istante vide una scintilla zampillare
e, un attimo più tardi, una fiamma divampò,
accecandolo momentaneamente; quando tornò a vedere
Caspian
trattenne il respiro, allibito, nell'attimo stesso in cui mise a fuoco
la donna più bella che avesse mai avuto la
fortuna – fortuna?
– di incontrare.
Era vestita di
verde e di nero, in un completo non molto
dissimile da quella dell’altra ragazza. La
scollatura del corsetto era
ampia e lasciava intravedere il solco dei seni generosi
nell’incavo che
formava, su cui gli occhi neri ed allibiti di Caspian si soffermarono
per
qualche istante più del necessario. Il suo volto era affilato
e
chiaro, tanto bianco da sembrare innaturale: gli zigomi erano
alti ed arcuati, ed il tutto sembrava essere troppo affilato e scavato
per
risultare
affascinante nel senso comune del termine; gli occhi erano grandi,
allungati
come quelli di una cerbiatta – ma
voraci
come quelli di un predatore –, di un colore
indefinito fra il blu e il
grigio.
Rimase per un
istante a guardarli, affascinato, cogliendo
soltanto con dopo un istante la folta chioma di capelli rossi che le
contornava
le guance, ricadendo sulla schiena fino alla vita.
Erano
occhi… magnetici.
Caspian si
costrinse a sottrarsi da quello sprazzo
d’incredulità
in cui era sprofondato, distogliendo lo sguardo
dall’espressione indifferente
della donna. Notò che era armata, come gli altri due:
portava a vita bassa un
cinturone a cui era appesa una spada dall'aspetto molto più
intarsiato rispetto a quella dell'elfa, ed un pugnale le penzolava dal
fianco. Anche lei aveva una faretra ma, a differenza
della piccoletta, le
sue frecce erano ornate da piume cremisi e la sua arma, stretta
in mano,
era ben più pesante e pericolosa: una balestra.
Era –
non poteva essere altro – una guerriera.
Tutto in lei
urlava forza, spietatezza; era una donna ed era
perfettamente conscia di esserlo… ma, allo stesso tempo, in
un connubio quasi impossibile,
era un sicario – qualcuno abituato ad usare le armi, qualcuno
senza la minima
remora nell’uccidere.
-Preso,
immagino.- mormorò. Aveva una voce calda, sarcastica
e suadente; per qualche istante, gli occhi di Caspian indugiarono sulle
sue
labbra chiare e sottili, quelle labbra che si muovevano lentamente,
articolando
parole dal marcato accento di Telmar.
-Vantati un po'
meno, lo sappiamo che hai una buona mira.- fece Tallie,
sorridendo divertita.
Gli occhi di
Siria dardeggiarono per qualche istante sulla
radura, alla ricerca di eventuali pericoli, prima di soffermarsi
sul
volto di Caspian.
Istintivamente,
il ragazzo rabbrividì. Era uno sguardo
gelido, quello di Siria, calcolatore ed intelligente; fin troppo,
forse. Ma
allo stesso tempo era caldo, avvolgente, pareva affondare nelle sue
iridi con
una forza ed una passionalità inaspettate…
-Talia, per
favore, non farle anche
dei complimenti, o diventerà più insopportabile
di quanto già non sia.-
una quarta voce, maschile, non molto dissimile
come pronuncia a quella di Siria, emerse dal buio della foresta.
Caspian alzò
lo sguardo, sempre più allarmato, quando altre due persone,
una alta ed una
molto più bassa, fecero capolino dalla fitta boscaglia.
L’uomo,
dai capelli rossi ed arruffati, si accostò a Siria,
sussurrandole qualcosa che Caspian non riuscì a cogliere.
Superava la giovane,
che comunque era stranamente alta per essere una donna, di tutta la
testa, le spalle erano larghe ma aveva il fisico snello e
nervoso di un
cacciatore o
di un esploratore. La ragazzina, invece – perché
ciò era l’altra figura –, era
piccolina e snella, dagli occhi celesti e troppo scaltri per
appartenere ad una
bambina. Una cascata di capelli biondi e lisci ricadeva sulla sua
schiena
esile, a cui era assicurato uno spadino sottile ed insidioso, e le
ciocche
ribelli erano tenute indietro da un fermaglio.
-Che
cosa…- Caspian riuscì finalmente a trovare il
fiato per
parlare, dopo la dolorosa botta che gli aveva mozzato violentemente il
respiro.
-…chi siete? Cosa volete?- si rivolse istintivamente a
Siria: l’atteggiamento
che i quattro sconosciuti usavano verso di lei, esclusa forse
l’elfa mora,
facevano intuire che, di quel manipolo di guerrieri eterogenei,
lei fosse il capo.
-Oh, ma allora
sai anche parlare.- commentò la
rossa, sarcastica, muovendo qualche passo ed avvicinandosi a lui.
Si
piegò sulle ginocchia, il volto illuminato dal fuoco. I
suoi lineamenti erano strani, esotici: sembravano quelli di un gatto, e
lo guardava da sotto le palpebre appena socchiuse, incuriosita.
-Ho chiesto chi
siete.- replicò lui, tentando di mantenere
un minimo di tono sostenuto, nonostante la vicinanza di quella donna
che non
avrebbe mai potuto immaginare nemmeno nei suoi sogni più
arditi.
-Siamo il tuo
peggior problema, al momento.- replicò lei, un lieve sorriso
divertito che si
dipingeva sulle labbra
chiare, nel notare lo sguardo di lui lottare per non lasciarsi irretire
dalle
forme che il corpetto rigido metteva spietatamente in evidenza. Le
giunse
all’orecchio la prevedibile, argentina risata di
Talia… la sua amica
si divertiva sempre più di quanto fosse lecito quando
l'atteggiamento prepotente di
Siria provocava quelle reazioni alquanto prevedibili nei loro
prigionieri.
Si
alzò, rivolgendosi con una civettuola occhiata che non
convinse nessuno ai due uomini, il biondo Caleb ed Aaron, il rosso.
-Non vorrete
mica far faticare una fanciulla, vero?- gli
chiese, sbattendo angelicamente le palpebre. Talia scoppiò
di nuovo a ridere
quando i due alzarono gli occhi al cielo, esasperati.
-Io non vedo
fanciulle, qui intorno, ma solo schiaviste...- borbottò
Caleb, scuotendo la testa, avvicinandosi a Caspian
assieme al
rosso. Di peso, scostando la pesante rete d’acciaio, lo
sollevarono bruscamente
e lo rimisero in piedi.
Siria
tornò ad avvicinarglisi, con
l’espressione insolente ed un lieve sorriso sul volto.
-Non provare ad
urlare, principino…- sussurrò, accostando
provocante il proprio corpo flessuoso a quello alto e dinoccolato del
moro.
Vide le iridi scure dardeggiare un istante, confuse,
allibite…forse,
probabilmente, confuse dal contatto accennato dei loro corpi, delle
labbra a
pochi millimetri dalle sue. -…sarebbe completamente inutile.-
Così
dicendo, le lunghe dita diafane scivolarono,
delicate, sui lineamenti del ragazzo. Percorsero la linea del mento,
degli
zigomi
sottili, in un tocco appena accennato eppure capace di dargli i
brividi. Il
volto di Siria era a pochi centimetri dal suo… gli occhi ad
un soffio da lui, le
labbra schiuse ed il respiro che accarezzava il suo volto…
L’istante
più tardi sentì una stretta sulla nuca
tutt’altro
che gentile, ed un bavaglio apparentemente comparso dal nulla gli
impedì di
pronunciare alcunché.
Siria sorrise,
divertita e soddisfatta, allontanandosi
repentinamente. Caspian avvertì una dolorosa
stretta ai polsi
quando Caleb vi avvolse bruscamente una spessa corda nodosa,
intrecciata,
bloccandogli le braccia in una morsa innaturale dietro la schiena.
Avvertì la
pelle degli avambracci lacerarsi violentemente ma represse un gemito,
maledicendosi
quando si rese conto di essere in trappola.
Si
era lasciato catturare come un
perfetto idiota.
Non si era
nemmeno ribellato, ammaliato com’era da quella
ragazza – da quei capelli rossi, da quegli occhi felini, da
quel corpo ancheggiante
–; non riuscì ad impedirsi di fissarla,
stralunato, di guardare i suoi fianchi muoversi morbidamente ad ogni
passo, su e
giù…
-Ehi,
ragazzino.- Aaron gli rifilò una botta tutt’altro
che
gentile sulla schiena, facendolo barcollare in avanti. Lo
afferrò per il bavero
e lo costrinse a guardarlo: a differenza di Siria, con cui condivideva
i
lineamenti assurdi ed esotici, aveva gli occhi di un azzurro talmente
chiaro da
parer quasi bianco. -Se non vuoi morire prima di tornare fra le mani di
Miraz,
modera gli sguardi.- lo avvisò, lasciandolo poi bruscamente
andare, facendolo
barcollare sotto il peso di quella rivelazione che sapeva di morte.
Miraz.
Chiunque fossero
quei cinque sconosciuti, lo stavano
portando da Miraz.
Improvvisamente
conscio di ciò che stava succedendo, di
quello che rischiava, Caspian lanciò un’occhiata
allarmata verso gli alberi,
cercando disperatamente qualcuno – uno
scoiattolo, un uccello, qualsiasi
animale potesse avvertire le altre creature che il loro novello capo si
era
lasciato catturare come un emerito cretino…
Dopo lunghi,
ansiosi istanti di ricerca, eccolo.
Un martin
pescatore stava osservando tutta la scena, e i
suoi occhi piccoli e lucenti parevano allibiti. Caspian
sperò
ardentemente che
sapesse parlare, che potesse avvertire i centauri ed il
tasso…
Una mano ruvida
e grande lo sfiorò,
distraendolo.
-Vuoi un
consiglio, ragazzo?- era il biondo, Caleb. Non
sembrava malvagio, dovette ammettere
con se stesso: i suoi occhi azzurri erano puliti come ne aveva visti
pochi, e sembrava
incapace di fare del male persino ad una mosca…
-…se non vuoi che Aaron ti
faccia muovere a frustate, cammina.- gli suggerì, divertito.
Caspian lanciò
un’occhiata intorno a sé: la bambina, la
mezz’elfa e il rosso erano già
scomparsi nella foresta, lasciando soli lui, Caleb e la rossa, Siria.
-Seguila.- gli
ordinò Caleb, spingendolo in avanti con minor
violenza di quanta ne avesse usata il rosso poco prima – e
Caspian si ritrovò
ad annuire mestamente, sconfitto, gli occhi che seguivano la figura
dannatamente
provocante di lei.
Cos’altro poteva
fare se non obbedire?
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.My Space:
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E RIPOSTATO IL 26/01/2014
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Caleb: Aaron:
Tara:
Nota dell'Autrice:
La descrizione di Siria è volutamente esagerata, dettagliata e descritta per esigenze di trama; le motivazioni di questa scelta stilistica si capiranno durante lo svolgimento della storia. In questa fanfiction non si parlerà di Mary Sue/Gary Stu.
Big hugs,
B.
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