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Autore: Lenelindgren    09/02/2010    1 recensioni
Questa fic non è nata per caso. E' la trasposizione fedele, fedelissima direi, di un sogno che ho fatto in una notte dell'Estate del 2007. Neanche a farlo apposta, il sogno era diviso in atti, ognuno collegato agli altri, ma distinto per luogo, personaggi etc. in poche parole, capitoli. Tutti i luoghi menzionati nella fiction sono realmente esistenti, e da me personalmente conosciuti. Tutti tranne uno, esistente ma che non ho mai avuto l'occasione di visitare. E' quindi molto probabile che la mia descrizione del luogo non corrisponda affatto alla realtà, ma io l'ho sognato così. Ho cercato di precisare soltanto alcune piccole cose, per rendere la lettura un po' più chiara a chi giustamente non ha la più pallida idea di chi io sia. Ma ricordate, è la trasposizione di un sogno, così come è. Nessun abbellimento, nessun tentativo di inserire una storia più "sensata". Soltanto visione onirica, ed io nei sogni ci vivo.
Genere: Sovrannaturale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Liliac- l'inizio

Portoverde di Misano

17 Luglio 2007

Il giorno in cui tutto ebbe inizio, il mare era straordinariamente trasparente, fin troppo per essere mare di riviera. Valentina si lasciava cullare dalle onde gentili di quel pomeriggio soleggiato, immaginando il cielo delle Maldive che la circondava. Al suo fianco, anch'egli intento a giocare con l'acqua cristallina, Davide sorrideva col viso rivolto verso il sole.

Capitava così di rado che si vedessero, quei due antichi amici d'infanzia, che quel giorno di Luglio, con i rispettivi genitori intenti nelle loro conversazioni, sembrava loro di essere tornati indietro ai tempi della prima adolescenza.

Nuotarono fino al largo, immersi in un blu profondissimo, e si accorsero appena di una leggera brezza che spirava attorno a loro. Una brezza che in pochi minuti divenne forte vento. Un vento caldo, pungente, che sapeva di zolfo, che affogava i polmoni ed annebbiava la vista.

Non ebbero neppure il tempo di guardarsi, e domandarsi l'un l'altra cosa stesse accadendo.Quel vento trasportava con sè un'ondata di morte, di sogno angoscioso. Nell'attimo in cui abbassarono lo sguardo, il mare divenne di un viola metallico, guizzante di lampi nelle profondità, trasparente come vetro liquido.

Sotto di loro, videro chiaramente due ombre gigantesche puntare dritto in superficie, nella loro direzione. Quegli esseri, luminescenti di particelle cangianti, avvolti in bargigli dello stesso colore del mare, parvero a Valentina grandi quanto due meteore.

Annebbiata dall'odore di zolfo nell'aria, non provò paura quando uno di essi le si avventò contro, e col suo stesso peso sollevò un'ondata alta più dei grattacieli che si affacciavano sul mare. Trasportata da quella muraglia d'acqua, fu innalzata verso il cielo, e poi ricacciata giù, sballottata in quel turbinare di schiuma.

Rimase sommersa per... per quanto? Secondi? Minuti? Per lei non fece alcuna differenza. Era come se il suo corpo, pervaso dallo sgomento, e da quel penetrante odore di uova marce, si fosse totalmente dimenticato di avere bisogno di ossigeno per vivere.

Osservava quei mostri mentre le vorticavano attorno, mentre danzavano con l'eleganza di farfalle in quell'oceano diventato sogno. La corrente creata dal colpo di coda di una di quelle creature la sbalzò in superficie, e lei inspirò, espirò, inspirò ancora quell'aria marcia finchè non si sentì completamente sazia di zolfo bruciante.

Una nuova, violenta onda la riversò sul letto di ghiaia che costituiva la spiaggia in quel tratto di costa. Le sue mani strinsero i sassolini e vi si aggrapparono incerte, quasi stentassero a credere che potesse esistere un mondo solido al di fuori di quello vorticante del mare divenuto viola.

Si, è vero... esisteva un mondo fatto di sassi, di sabbia, di asfalto e di rocce. Esisteva un mondo in cui lei non era l'unica creatura vivente. E quando la sua mente si ricordò chi era, e fu capace di ragionare di nuovo, allora venne assalita da un terrore strisciante. Un terrore che mai aveva provato prima.

Urlò a gran voce il nome del suo amico, solo per rendersi conto che dalla sua gola non usciva alcun suono. Tossì, tossì ancora, riversa sulla ghiaia. Provò ad urlare di nuovo, e questa volta il risultato fu un sommesso sussurro.

Credette che fosse un sogno, ma nessuno venne a svegliarla. Si voltò lentamente, a scrutare per l'ultima volta quel mare viola che aveva inghiottito il suo amico.

" Ancora un attimo" pensava "ancora un attimo". Ma lui non fece mai più capolino da quei flutti. E si trovò a pensare, in una parte non troppo profonda della sua mente, che Davide si fosse mutato in un delfino, e fosse scivolato via al culmine della felicità, gioioso di poter nuotare in un mare del colore del temporale.

  
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