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Autore: KStewLover    24/02/2010    24 recensioni
La storia parte nove mesi dopo l'abbandono di Edward in New Moon.Bella si è trasferita a Santa Monica,in California,con Charlie e Renèe e lavora part-time in un bar sul mare;studia a casa per diplomarsi al liceo,e,cosa più importante di tutte,è diventata mamma di una neonata dalla pelle chiara e un sorriso speciale,Elizabeth.Chi è il padre della piccola?E i Cullen?Dove sono finiti? E' la mia prima ff su Twilight.E'una Edward/Bella.^^
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti,questa è la prima fan fiction su Twilight che scrivo,e che,finalmente,ho avuto il coraggio di postare.Devo ringraziare Antonya,per questo,che mi ha fatto trovare il coraggio per farlo.^^

La trama era delineata nella mia testa gia da un po’ di tempo,e,riguardo la storia,in generale,posso dire che sarà incentrata ovviamente sulla storia di Edward e Bella,ci sarà molto romanticismo (sono molto smielata,io xD).

Questo primo capitolo non è decisamente un granchè,potrebbe essere considerato perlopiù come un lungo prologo.E’ piuttosto monotono,incentrato sul racconto degli ultimi nove mesi trascorsi da Bella dopo l’abbandono di Edward.Dal prossimo,le situazioni si evolveranno maggiormente.

Ok,questo è tutto,spero di non avervi annoiato.Dal prossimo capitolo comincerò a inserire alcune foto^^

 

Un nuovo inizio

 

Primo capitolo

 

Osservai assorta nei miei pensieri il lungo mare di Santa Monica sfrecciarmi davanti agli occhi,seduta nel mio solito posto sull’autobus che era passato con un po’ di ritardo rispetto al solito.

Era un venerdì pomeriggio di giugno,che volgeva alla sera,e  il sole che tramontava sul mare calmo ne era una prova.

Sulla spiaggia,i bagnanti cominciavano a radunare borse e tavole da surf per tornare a casa,tranne chi restava appositamente per osservare il mare di sera.

Il grande boulevard,invece,era affollato come sempre: ragazzi in comitiva che scherzavano tra loro,mogli frettolose di tornare a casa e vecchie coppie di signori che preferivano cominciare ad assaporare l’aria afosa che faceva capolino.

L’autobus si fermò con una brusca frenata davanti la prima fermata del boulevard del lungo mare. Subito il veicolo si riempì di ragazzi di ritorno dal mare,chiassosi  e sorridenti.

Con un sorriso fugace mi infilai le cuffiette del mio mp3 e mi persi di nuovo ad osservare il paesaggio esterno.

Fino a nove mesi fa,forse,avrei anche io avevo fatto parte di una comitiva simile;bisticciavo con la mia migliore amica Alice sul vestito da indossare,e arrossivo ai commenti estroversi di Emmett.

Se nove mesi fa avessi immaginato che sarei finita in un sobborgo di Santa Monica con i miei genitori nuovamente insieme,a lavorare in una trattoria sul mare e con una figlia nata da quindici giorni,sarei sicuramente scoppiata a ridere.

Decisamente,le mie prospettive di vita erano totalmente differenti.

 

-Non puoi,Bella.Dove stiamo andando…non è il posto adatto a te-

-Il mio posto è dove sei tu-

-Non sono la persona giusta per te,Bella-

 

Quel ricordo provocò un’ondata di dolore,che si concentrò nel cuore,a fare compagnia a tutte le altre degli ultimi nove mesi.Avvertii le lacrime spingere ai lati degli occhi,quasi a chiedere il permesso d’ uscire,e le ricacciai indietro.

Non.dovevo.ricordare.

Ma,come spinti da una forza invisibile,i ricordi riaffiorarono in maniera ancora più violenta.

 

-Tu…non…mi vuoi?-

-No-

 

-In cambio ti faccio anch’io una promessa.Prometto che è l’ultima volta che mi vedi.Non tornerò.Non ti costringerò mai più ad affrontare una situazione come questa.Proseguirai con la tua vita senza nessuna interferenza da parte mia.Sarà come se non fossi mai esistito-

 

Sarà come se non fossi mai esistito.

 

Sarà come se non fossi mai esistito.

 

Quelle sette parole rimbombavano nella mia testa,si capovolgevano,assumendo sempre lo stesso significato: lui non c’è più,se n’è andato.

Appoggiai la testa sullo schienale del sedile e guardai il soffitto.

 

Sei sorpresa,Bella?Credevi che lui,cosi perfetto,intelligente,buono,ti amasse davvero?Non eri la persona giusta per  lui.

 

Non eri abbastanza.

 

Eppure,nel bel mezzo della notte,quando tutto taceva e  rimanevo a pensare,poco prima di prendere sonno,non mi ritenevo capace di riuscire a credere che tutto fosse completamente finito.

Semplicemente,il mio corpo,cosi come la mia testa,rifiutava di crederlo.Non dopo la sera del mio diciottesimo compleanno.

 

-Ti…ti faccio male?-

Il suo era un sussurro,smorzato da un gemito di piacere.Mi teneva stretta a lui,le sue mani ai lati della mia testa,i suoi occhi dorati splendenti alla luce della luna.

-No.Ti prego,continua-lo supplicai carezzandogli i capelli.

Avvertii immediatamente la presenza delle sue labbra,soffici e vellutate,sulle mie.

-Per favore,se ti faccio male,dimmelo,Bella-

 

Le sue mani sul mio corpo,i nostri gemiti,nella nostra bolla privata.

Nel buio della mia stanza a Forks ci eravamo amati con una passione incontrollata,una di quelle passioni dettate dal cuore,dall’anima,quell’anima che Edward era convinto di non possedere.

Udii una risata più forte delle altre;mi ricomposi e guardai nel centro dell’autobus,dove uno dei ragazzi del gruppo del mare,mi guardava ridendo.

Era massiccio,e aveva un piercing sul labbro.Mi fece l’occhiolino e io di riflesso arrossii, voltandomi di scatto verso il finestrino.

 

Sarà come se non fossi mai esistito.

 

Mi spiace Edward,ma questa tua promessa non è stata rispettata.Non puoi rispettarla,non sarai capace di farlo.C’è qualcosa che non lo permette.

 

Qualcuno.

 

I primi tempi dopo l’abbandono di Edward,non erano stati facili.Avevo affrontato un cambiamento cosi radicale nella mia vita che non ero stata capace di reggere,e ,lentamente,l’oblio profondo della depressione mi aveva risucchiato.

Studiare era diventato un incubo;mangiare uno sforzo;prestare attenzione ai discorsi preoccupati di mio padre e di mia madre che ci aveva raggiunti poco dopo aver saputo cosa era accaduto inutili.

Vivere era diventato un peso,un enorme peso,un tunnel buio senza fondo,che necessitava solo e soltanto di lui per riuscire a trovarne l’uscita.

Perciò,nel profondo della mia sofferenza,non avevo prestato attenzione,un mese dopo l’abbandono di Edward,al mio mancato ciclo mensile,preciso sempre come un orologio svizzero.

Me ne accorsi una sera di metà ottobre,mentre ero in bagno a ripulire la mensola per fare spazio ai prodotti cosmetici di mia madre ,che aveva deciso di rimanere con noi fino a un mio,quanto impossibile,miglioramento.

Ero nell’atto di sistemare una crema per le mani quando il pacchetto blu di assorbenti che utilizzavo solitamente era caduto per terra.

Lo avevo raccolto con mani tremanti,e successivamente avevo controllato il calendario,contando e ricontando i giorni fino allo stremo,sperando di aver sbagliato i conti.

Il test di gravidanza che avevo fatto pochi giorni dopo avevano confermato i miei dubbi:ero incinta,di quattro settimane.

Le domande nella mia testa erano tante,le paure molteplici,ma una cosa sicura:l’unica persona con la quale avessi mai fatto sesso era un vampiro.

Un vampiro che mi aveva lasciata sola in un paese sperduto degli Stati Uniti,senza nessun recapito,e che aveva concepito con me una nuova vita.

Non avevo mai affrontato con Edward una discussione che avesse come soggetto il funzionamento della fertilità nei vampiri.

Erano decisamente discorsi che non avevano nessuna ragione per essere intavolati,e,in realtà,non era mai stata una cosa che aveva occupato un posto centrale nei miei pensieri,tantomeno l’idea di riuscire un giorno a convincere Edward a farmi vivere l’esperienza umana che più desideravo consumare con lui.

Edward aveva sempre espressamente proibito qualsiasi contatto troppo intimo tra noi .La sua paura di farmi del male a causa della sublime tentazione del mio sangue troppo forte e dolce per lui lo aveva purtroppo mantenuto sempre a  una debita distanza di sicurezza.

Eppure quella sera,la sera prima del suo abbandono,si era lasciato andare,abbandonandosi ad una disperata passione.

Forse avrei dovuto notare i suoi gesti disperati,di totale abbandono,ma nella foga del momento,non ero riuscita a pensare ad altro che ad amarlo con anima e corpo.

E ora il risultato del nostro intenso,quanto breve,amore,riposava a casa in compagnia di mia madre .

Pensando a mia figlia Elizabeth,nata da quindici giorni,la luce tornò a splendere sul mio viso.Lo sentii spandersi in tutto il corpo,il profondo amore che mi legava alla luce della mia vita.

Elizabeth era nata il quindici maggio,con una settimana di anticipo e tanta voglia di vivere,tanto che il parto era durato due ore,seppur dolorosissime.

Era una piccola dea.

Ripensai al viso di mia figlia con un sorriso grandissimo: la sua pelle pallida,chiara e splendente come la luna;gli occhi marroni,come i miei,vispi e luminosi;la boccuccia rossa,che si distendeva spesso in un sorriso.

Era diventata la mia ragione di vita;colei che mi aveva aiutata a trovare la forza di riprendere in mano le redini della mia vita.

I miei genitori reagirono in maniera del tutto differente alla notizia di diventare nonni.

Mio padre Charlie non era riuscito a frenare la rabbia che lo imperversava,e aveva battuto fortemente le mani sul tavolo della vecchia cucina a Forks.Lo ricordai come fosse stato ieri.

Mi ero talmente spaventata da non riuscire a guardarlo per una settimana intera.La sua rabbia era orientata verso ragioni ben precise:primo,era arrabbiato in modo incontenibile verso Edward,che mi aveva abbandonato e lasciato cadere in depressione.

Ora si aggiungeva anche il fatto di aver violato la mia innocenza( cosa che,avevo tentato di spiegargli più volte,avevamo voluto entrambi) e mi aveva lasciata incinta,mentre lui si era dato alla bella vita.

E purtroppo questi erano rimasti i suoi pensieri su Edward.

Fortunatamente,riguardo la gravidanza,molto lentamente,si era abituato all’idea,e nel corso dei novi mesi si era affezionato cosi tanto alla sua nipotina,che la ricopriva di attenzioni parlando spesso con la mia piccola pancia.

Mamma,invece,aveva reagito in maniera completamente opposta,lasciandomi del tutto tramortita.

-Tesoro,lo avevo sospettato- mi aveva detto,riguardo la questione della mia verginità –mi è bastato lanciarvi una sola occhiata per capire che tu ed Edward riuscivate a malapena a contenere la vostra passione davanti agli altri.Edward per te non era soltanto una cotta del momento-

Ciò non aveva contribuito a far risanare la voragine nel mio petto,ma la sua reazione,decisamente più moderata di mio padre,mi aveva tranquillizzata.

-Ci sono passata anche io,crescere una bambina a diciotto anni-aveva detto,strizzando l’occhio.-Ed è stata la cosa più bella e grandiosa di cui non mi pentirò mai-

E mi aveva abbracciato forte.

Proprio io che mi ostinavo a vivere nel ricordo di Edward a Forks, avevo deciso di cambiare città.

Mia figlia doveva crescere in un posto allegro,dove poter cominciare una vita sorridente e serena.

Avevo preso la decisione di lasciare la scuola,e dedicarmi solamente alla mia gravidanza,ma mio padre mi sorprese non poco quando annunciò che aveva intenzione di seguirmi.

Mi ero opposta con vigore alla notizia,ma egli non aveva voluto sentire ragioni;mia madre,per starmi accanto anche lei,aveva proposto di andare in Florida,e partì subito per dare la notizia a Phil e trovare una piccola casa per me e Charlie.

Invece ricevemmo una sua chiamata la sera stessa,dove, in lacrime, ci invitava a cambiare meta e ci annunciava che sarebbe venuta con noi .

Non avevo fatto in tempo a protestare che la linea era gia caduta giù.

Solo più tardi scoprimmo che Renèe,tornando a casa,aveva trovato Phil in compagnia della segretaria del club sportivo dove insegnava,in una situazione non molto casta.

Nonostante più volte avessi sospettato una cosa simile , mi ero sempre trattenuta dal riferirlo a mia madre;dopotutto,da quando mi ero trasferita a Forks con Charlie,non sapevo come si erano evoluti i rapporti tra lei e Phil.

Mio padre,fortunatamente,si era trattenuto dall’esprimere opinioni volgari riguardo Phil,e si era limitato a stringere le labbra.

E fu cosi che decidemmo di stabilirci in una piccola casa a Santa Monica,in California,vicino al mare.Un bel cambiamento,per una che ormai viveva in una cittadina dove pioveva quasi 365 giorni all’anno.

Non era una villa maestosa,tantomeno una baracca,ma era comoda per tre persone adulte e una bambina.

Mia madre era impegnata nelle pratiche del divorzio e straordinariamente,aveva trovato lavoro come assistente di yoga in un beauty center del quartiere di Malibu.

Perlomeno,i suoi assurdi corsi cui in passato mi aveva costretta a frequentare,erano serviti a qualcosa .

Charlie invece,vantando un curriculum non proprio negativo,era stato assunto in veste di carabiniere d’ufficio nel commissariato di Santa Monica.Certo,non era come essere uno sceriffo,ma non ci trovavamo nemmeno più in una cittadina sperduta degli Stati Uniti.

Mi sentivo in colpa per mio padre,che era stato costretto a lasciare tutto ciò che si era costruito in 18 anni ;invece,in seguito mi stupì molto:aveva affrontato il cambiamento molto serenamente e ormai si era già creato il suo gruppo di amici al  lavoro,cosi come mia madre.

Io invece,nonostante avessi una gravidanza in corso,non avevo abbandonato gli studi,continuando autonomamente (avrei dovuto dare gli esami tra pochi giorni in una scuola di Santa Monica) e avevo trovato un lavoro part-time come cameriera in una trattoria sul mare,frequentata perlopiù da ragazzi come me,e ,ormai,anche io avevo stretto qualche amicizia,sebbene fossi molto restia a stringere rapporti.

La gravidanza era proceduta bene,e ,allo scadere dei nove mesi,vantavo un pancione notevolmente grande,che quindici giorni fa,diede alla luce la mia bellissima bimba che ora mi stava aspettando a casa.

Sorrisi di nuovo pensando a Elizabeth.

Non ero riuscita a non donare qualcosa di Edward alla nostra piccola,chiamandola come sua madre,quella naturale. In più,era un nome che mi era sempre piaciuto.

Era cosi simile ad Edward.

Quando sorrideva rivedevo il sorriso sghembo dell’amore della mia vita,e non riuscivo a non pensare dove fosse,cosa facesse,e come avrebbe reagito sapendo di avere una figlia.

Ma non l’avrebbe mai saputo,e Elizabeth avrebbe per sempre ignorato di avere un padre bellissimo,generoso e buono,proprio come io desideravo ricordarlo.

Stavo per farmi assalire di nuovo dalla tristezza quando mi accorsi che l’autobus era appena passato davanti il parrucchiere che si trovava poco prima della fermata dove dovevo scendere.

Con un sussulto prenotai la fermata e spensi  l’mp3,riponendolo nella borsa bianca.

Mi alzai con cautela e a tentoni riuscii ad arrivare davanti alle porte centrali.

Vidi il ragazzo di prima osservarmi attentamente e arrossii,desiderando scendere all’istante;dopotutto,nonostante fossi diventata ,madre,avevo pur sempre diciotto anni.

L’auto frenò e pochi secondi dopo le porte si aprirono,e scesi.

Poco prima che si richiudessero,udii un fischio e il ragazzo salutarmi con la mano.

Scuotendo la testa,mi avviai verso la via piena di negozi che portava nella zona residenziale dove abitavamo.

Percorsi velocemente la lunga fila di piccole villette a schiera della zona  prima di raggiungere frettolosamente la numero diciannove.

Frugai nella borsa e tirai fuori il mazzo di chiavi,che infilai nella serratura.

Percorsi il vialetto con i piedi che sembravano andare a fuoco e finalmente entrai.

-Bella?-

La voce di mia madre mi chiamò dalla cucina.

-Si,sono io-risposi,posando la borsa sul tavolino all’ingresso e richiudendomi la porta alle spalle.

Con un sospiro di sollievo,mi liberai dei sandali lasciando posare i piedi sul pavimento fresco e mi diressi dolorante in cucina,dove trovai mia madre a bere una spremuta d’arancia,in pigiama.

Strabuzzai gli occhi.-Ti sei gia preparata per andare a dormire oppure non ti sei mai svestita?-

-Spiritosa- disse mandando giù l’ultimo sorso.-Non m sento molto bene,credo sia influenza intestinale,sto rigettando da questa mattina-disse,reprimendo una smorfia.-Ho tentato di avvicinarmi il meno possibile a Lizzie,per non farle contrarre nulla.Ora è di sopra in camera tua che dorme,tanto per cambiare-

Sorrisi.Questo non sapevo da chi l’aveva ripreso.Di sicuro,non da Edward.

 

Pessima battuta,Bella.

 

Annuii e mi diressi di sopra,nella mia piccola stanza che dava su un bagno personale.Mi avvicinai alla carrozzina rosa e silenziosamente scostai le copertine .

Ed eccola li,il mio miracolo personale,che dormiva tranquillamente,ignara di tutto e di tutti.

Elizabeth aveva le braccine rilassate lungo i fianchi,e indossava una tutina rosa;la bocca era distorta in un sorriso,come sempre. Restai ancora lì a guardarla per un po’ e poi mi diressi al bagno.

Mi lavai le mani e  nel frattempo lasciai correre lo sguardo sul grande specchio del mobiletto;con una mano ravvivai i capelli marroni mossi.

Il riflesso di una diciottenne stanca ricambiava lo sguardo.

Avevo in programma di studiare matematica,approfittando del sonnellino di Lizzie,ma ero talmente stanca che alla fine optai per una doccia veloce.Prima di infilarmi nel box,però,tornai in camera per dare un’altra occhiatina a Lizzie,che dormiva ancora tranquillamente.

 Stavo ritornando in bagno quando mia madre mi chiamò.

-Bella,tesoro,scendi un secondo-

Feci dietro front e scesi per le scale,raggiungendola in cucina.

-Sì?-chiesi,guardandola interrogativa.

-Ehm…ti arrabbieresti se ti chiedessi di arrivare un secondo qui al supermercato a comprare il latte per domani mattina? Mi sono resa conto ora che manca...-disse,guardandomi dispiaciuta,poi aggiunse-ci sarei andata io ,ma non vorrei rigettare proprio nel momento in cui…-

-Non ti preoccupare,vado io-la liquidai con un sorriso,tentando di far svanire dalla mia testa l’immagine di una doccia rilassante –sai che mi piace camminare.Porto anche Lizzie a farle prendere un po’ d’aria-aggiunsi.

Sebbene fossi stanca,tanto da non reggermi in piedi,non potevo far uscire mia madre in quelle condizioni,e Lizzie non usciva dal giorno prima.

Velocemente mi diressi di nuovo sopra e raccolsi un paio di infradito per stare più comoda.

Presi la borsa contenente tutto ciò che serviva per Elizabeth e la depositai sotto la carrozzina,controllai che dormisse ancora e scesi giu,facendo attenzione a non creare danni come ero solita fare.

-Torno tra poco-dissi,prendendo di nuovo la borsa sul tavolino

-Grazie tesoro,mi dispiace-

-Non ti preoccupare mamma-

Chiusi la porta dietro di me e con un sorriso tutto rivolto a mia figlia mi avviai.

Mentre camminavo,mi persi a pensare con un sorriso quando mio padre sarebbe rientrato a casa e di nuovo rimasto da solo con mia madre.Era una situazione molto strana,vederli abitare sotto lo stesso tetto;dopo nove mesi,non ci avevo ancora fatto l’abitudine.Dormivano in due camere separate,ma i loro rapporti si erano rafforzati tantissimo;venivano spesso scambiati per coppia e questo imbarazzava papà molto più del dovuto.Inoltre,ero a conoscenza del fatto che lui non l’aveva mai dimenticata.

Quanto a mia madre,forse per conseguenza della grande delusione di Phil,o di essere di nuovo riunita con me e papà,la trovavo molto più bendisposta nei confronti di Charlie.

Ero sul punto di girare a destra ,quando udii un flebile lamento.

Immediatamente rivolsi la mia attenzione a Lizzie,che aveva appena aperto gli occhi.

Contenta ,mi fermai un momento sul ciglio della strada e mi chinai a sfiorarle il nasino con il dito.

-Amore mio,buonasera,eh?-le dissi ,passando poi il palmo della mano sul pancino.

La vidi distendere la bocca in un sorriso e guardarmi attenta. Ormai sapeva riconoscere i visi più famigliari,ed io ero il primo di questi.

-Hai fame?Eh?Riesci resistere ancora un pochino,amore?-sussurrai,sorridendole dolcemente.

Stavo per rimettermi in moto quando una macchina,o meglio,un bolide,sfrecciò a tutto gas lungo la strada,avvicinandosi cosi tanto al marciapiede da far spostare la carrozzina;mi spaventai talmente tanto che portai una mano sul cuore.

Immediatamente ,portai la mia attenzione su mia figlia:Elizabeth non si era accorta di nulla,anzi sorrideva ancora più forte e agitava le gambe per aria.

Un moto di rabbia mi invase: chi diavolo era quel cretino /a che correva cosi forte in periferia?

Feci in tempo solamente a  notare una Jaguar XF rosso fuoco con il tettuccio scoperto svoltare verso sinistra e una chioma bionda svolazzare al vento.

-Uno di quei soliti ricconi menefreghisti-borbottai,ancora spaventata.

-Signorina,tutto bene?-

Mi voltai,sorpresa.

Una coppia di anziani,sottobraccio,mi osservavano preoccupati,alternando lo sguardo da me alla carrozzina.

-Idiota,lui e chi gli ha regalato la patente. C’è mancato poco che sfiorasse la carrozzina.E nemmeno si è fermato a chiedere cosa è successo!Sicura di stare bene,signorina?-chiese la signora,osservandomi.

Aveva in testa un cappello di paglia e si era sporta per controllare Lizzie.

-Era una femmina-dissi,storcendo il viso in una smorfia.-Sì,grazie comunque,sono a posto,sia lei che io –

-Grazie al cielo.Questi ricconi snob. Perchè non se ne stanno a fare le loro gare di macchine nei loro quartieri extra lusso a Beverly Hills e Orange County?

No,devono venire a rovinare la vita a noi,poveri periferici-

Sorrisi,stringendomi nelle spalle.-Questa è la vita-

Dopo un altro paio di insulti verso il guidatore della Jaguar si allontanarono e li ringraziai di nuovo della disponibilità.

Con un sospiro,mi avviai di nuovo verso il supermercato.

Quando entrai,notai con piacere che era quasi del tutto deserto,tranne qualche donna in tailleur di ritorno dal lavoro.

Ressi il manico della carrozzina con una mano,e con l’altra recuperai un cestino e,dopo aver passato in rassegna un pacco di dolci al cioccolato contornati da zucchero a velo,che mi tentavano fortemente, mi arresi e decisi di comprare anche qualche schifezza .

Mai sottrarsi al richiamo del cibo.

Mi diressi velocemente verso il reparto patatine,il mio preferito,ed ero indecisa se prendere quelle al formaggio o quelle alla paprica quando Lizzie cominciò a lamentarsi.

Aveva fame,evidentemente;erano più di quattro ore che non prendeva la sua poppata e sebbene ora fosse molto precisa nel mangiare,spesso i suoi piantarelli improvvisi erano dovuti alla fame momentanea.

La presi in braccio cullandola lentamente,e baciandole di tanto in tanto la testolina.

-Allora,che dici,tesoro,le prendiamo?Tanto per farci un po’ male al fegato…-scherzai,prendendo sia il tubo delle pringles alla paprica e i puff al formaggio.Tanto valeva strafare.

Raccattai anche una confezione di cipster e la gettai dentro il cestino.

Nonostante fossi venuta per comprare il latte,alla fine mi ritrovai con il cestino pieno,e ringraziai mentalmente di avere un grande scomparto per la spesa sotto la carrozzina di Lizzie,altrimenti non sarei mai riuscita a portare tutto dietro al ritorno.

Lizzie continuava a piangere,un pochino più forte ora,perciò velocizzai il mio andamento e mi diressi finalmente verso i frigoriferi per prendere il latte.

-Shhh,shh,tesoro sta buona-sussurrai,cullandola energicamente.

Presi velocemente una bottiglia di latte scremato e feci per riporla nel cestino,ma,come sempre ,nei momenti meno opportuni,il mio scarso equilibrio tornò a farsi sentire. Mentre con un braccio reggevo Lizzie la bottiglia mi scivolò dalle mani.

Chiusi gli occhi istintivamente pronta a sentire l’impatto della bottiglia sul pavimento,ma passò più di un secondo e non udii nulla.

Riaprii gli occhi sorpresa,e seguii il veloce movimento di una mano bianca che l’aveva afferrata al volo.

Prima ancora di guardarlo in faccia,ringraziai l’intervento di quel salvatore.

Lizzie ,nel frattempo, muoveva scalpitante le braccia,tentando di reclamare la mia attenzione.

Lentamente alzai lo sguardo per ringraziare chiunque fosse,e la bocca si spalancò.

 

Non poteva essere vero.Non lì.In un anonimo supermercato dell’assolata Santa Monica,in un anonimo giorno,in un’anonima serata.

 

I capelli ramati,proprio come li ricordavo, erano disordinati,scompigliati come da un forte vento;l’espressione sbalordita come la mia,che stonava con l’imperfezione della sua figura,e la mano ancora bloccata a mezz’aria ,nell’atto di riconsegnarmi la bottiglia di latte.

La carnagione chiara,che lo rendeva cosi etereo,più somigliante ad una divinità che ad un essere umano,brillava sotto la debole luce del frigorifero.

Edward era davanti a me,in tutta la sua imponente bellezza.

Sarei dovuta rimanere abbagliata dalla sua presenza,forse; sarei dovuta cadere a terra o,probabilmente ,scappare via.

Ma non riuscivo a distogliere lo sguardo dai suoi occhi…verdi.

Mentre percorrevo con gli occhi il suo corpo,forse gia consapevole in un certo qual modo di ritrovarmi di fronte l’amore della mia vita,aspettavo con impazienza di ritrovare quello sguardo caldo e dorato tipico di Edward,pronto a riscaldarmi il cuore.

Tutto ciò che mi ritrovai davanti,invece,furono due occhi verdi,limpidi e brillanti,che mi fissavano sbalorditi.

Verdi,come Carlisle una volta mi aveva confessato,possedeva da umano.

Quando sentii la forza venire meno,mi ricordai di avere tra le braccia mia figlia,e di trovarmi in un luogo pubblico.

Tutto era scomparso:il battere della cassiera ,lo stridio dei carrelli,i pianti di mia figlia.

Fissavo Edward e lui fissava me,con la stessa espressione sbalordita,alternando lo sguardo tra me e Lizzie che tenevo stretta al petto.

Una confezione di yogurt che cadde dalle mani di una signora di fianco a noi ci fece sussultare entrambi,e lui sembrò riprendere il controllo di se stesso.

-Bella…-

Non potei far altro che assaporare il mio nome uscire dalle sue labbra,gustare la gioia di risentire la sua voce meravigliosa.

Eravamo ancora cosi presi a fissarci che sussultai di nuovo quando vidi una ragazza-sicuramente vampira,per la sua bellezza eterogenea,e il colorito pallido,con lunghi capelli biondi -avvicinarsi a noi con aria annoiata.

-Edward,insomma hai fatto?Ci aspettano a casa-disse,alternando lo sguardo tra me e lui ,perplessa.

Edward scosse la testa e io,tentai di imporre al mio corpo di muoversi,afferrando la bottiglia con mani tremanti.

-Forza,Edward,dobbiamo andare!-

La ragazza lo scosse per un braccio,e lui ,ancora sotto shock,si fece trascinare via,sotto il mio sguardo sconvolto.

D’un tratto,uno strillo particolarmente acuto di mia figlia mi fece ricordare dove fossimo,il giorno,l’ora.

Non riuscivo a credere di averlo visto sul serio.

Edward era veramente lì?

O,cosa molto più probabile,era tutto frutto di un’allucinazione?Ero arrivata veramente fino a questo punto?

Mentre posavo lentamente la bottiglia nel cesto,la mano mi tremava ancora.

 

Ebbene sì,Edward è tornato ^^ Come mai proprio lì,a LA?E soprattutto,non ha gli occhi dorati ma verdi?E chi è la misteriosa vampira bionda al suo fianco?

I nodi cominceranno a sciogliersi gia dal prossimo capitolo ;P

Spero di ricevere qualche commento,buono o cattivo che sia,cosi da postare il secondo capitolo velocemente^^

 

A bientot <3

Cristina

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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