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Autore: Briseide    14/08/2005    6 recensioni
Draco Malfoy ed Hermione Granger. Una catena di equilibri delicati, tenuta in piedi unicamente dalla loro voglia di stare insieme. Poi, arriva l'elemento d'intrusione: Le Labbra Del Miglior Amico. E ora che si fa?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Every rose has its thorn.

I capitolo

Potter, Potter, again Potter.





- Bene!
- Bene!


E poi la porta si era chiusa.
Con un colpo secco, lasciandosi alle spalle lo scoppio di un urlo represso. E nell’appartamento era tornato il silenzio, rotto solo da un’imprecazione rabbiosa e dal tintinnio di un vetro infranto contro il pavimento.

Qualche metro più in basso, Hermione Granger scendeva le scale ad una velocità tutt’altro che ridotta – e piuttosto insolita per una come lei- ebbe modo di pensare la vicina del piano di sotto, una vecchia vedova che all’occasione si era alzata dal suo bel divano tappezzato di fiori lilla ed era corsa alla porta, aprendo di poco lo spiraglio, giusto lo spazio di un occhio, per vedere cosa stava succedendo e come mai si sentisse quel vociare da una delle case più silenziose del palazzo.

Si, da che quei due erano andati ad abitare li, l’appartamento del quarto piano non era mai stato così silenzioso. Nessun rumore molesto, mai un grido né un richiamo. Per questo Hermione Granger e Draco Malfoy erano i condomini preferiti di tutti gli inquilini della palazzina.
C’era chi raccontava ai suoi ospiti di quanto fosse felice e affiata la coppia, non sentendo mai urlare, e c’erano i più maligni o gli invidiosi, i quali insinuavano che quei cari ragazzi usassero ben altri metodi per regolare i conti tra loro.

La verità era che Draco ed Hermione erano persone molto schive, orgogliose fino allo sfinimento e due teste dure, ragion per cui ritenevano che urlare qualcosa contro l’altro sarebbe stato segno di un vero e proprio sentimento e di una palese debolezza. Quindi preferivano lanciarsi mezze frasi o lanciarsi sguardi affilati come coltelli, ma facevano di tutto per non dare spettacolo agli occhi dei curiosi, e alla consapevolezza di entrambi su quanto dopotutto si volessero bene.
Ma quella tranquilla sera di metà Marzo era stata turbata dal risuonare delle loro voci.
Due parole, urlate con la gola secca e una rabbia che nonostante tutti gli sforzi, era trapelata distintamente.
C’era anche qualcosa di offeso in quei toni, osservò la solita vicina, mentre posava il bicchiere con le sue medicine e lo attaccava al muro per sentire meglio. Era già pronta con la mano sulla maniglia per andare a chiedere un parere all’amica del piano di sopra, quando aveva sentito la porta sbattere e qualcuno scendere le scale. A quel punto non aveva potuto fare a meno di aprire la propria porta e affacciarsi rapidamente, dando un’occhiata intorno. Distinse appena in tempo l’azzurro della camicia di Hermione.
- Va tutto bene, cara?
Aveva domandato con la speranza di non sentirsi rispondere affermativamente. Hermione si era voltata ancora turbata e aveva accennato un sorriso, uno dei suoi soliti sorrisi che stava ad indicare quanto fosse meglio per tutti mettere da parte l’argomento e chiudere la conversazione.
- Tutto perfetto, non si preoccupi.
La donna non le nascose la sua delusione, ma accettò di buon grado quella bugia e chiuse la porta alle sue spalle.
Per riaprirla tre secondi più tardi e bussare a quella accanto. Si trovò a fissare due occhi grigi e lucidi di rabbia, nonché appena illuminati da un timido e rinnegato barlume di speranza.
- Pensavo che…
Iniziò la donna, con un sorriso tenero sul volto e intenzioni molto meno caritatevoli per la testa. Ma il suo vicino aveva stretto le labbra e assottigliato gli occhi, e da quel momento aveva capito che con lui non le sarebbe andata altrettanto bene.
- Senta, io non so come l’abbia abituata la mia ragazza fino ad ora, ma quello che so dirle con precisione è che io non sono come lei, e che sono abituato a pensare solo ed esclusivamente ai fatti miei da quasi trent’anni, quindi a meno che lei non sia venuta a dirmi che è a conoscenza del modo per capire Hermione, farebbe meglio a girare sui tacchi e tornare in quell’asilo per gatti che è il suo appartamento.
La donna rimase a guardarlo per lunghi istanti, durante i quali valutò seriamente l’idea di dargli uno schiaffo come avrebbe fatto la buon anima di suo marito, o di lanciarsi in una ramanzina di quelle che innervosiscono tanto i giovani, o meglio ancora, morirgli davanti alla porta di casa, tanto per fargli un dispetto e procurargli un po’ di scocciature. Invece serrò le labbra stizzita e schioccò la lingua un attimo dopo, cercando di far arrivare alla bocca la scorta di veleno che teneva sempre nascosta di riserva sotto la lingua.
- Spero che la sua ragazza torni a casa mano nella mano del suo migliore amico, che sono certa essere molto più gentile, educato e rispettabile di lei.
- Spero che il diavolo venga presto a prendersi lei e tutti quei gattacci che tiene in casa, signora. E che la smetta di ascoltare le nostre conversazioni da muro a muro.
Rispose sinceramente inviperito Draco, sbattendo la porta di casa in faccia alla vicina.
Non poteva sapere che la suddetta vecchia signora non aveva fatto in tempo a trovare il bicchiere per ascoltare tutto dall’inizio, ma quello che gli aveva appena detto era sufficiente perché lo credesse.
Andasse al diavolo, lei e Harry Potter.
Poi, mise un piede su un frammento di vetro.

---

Le maledizioni che uscivano fuori dalla bocca di Hermione erano invece rivolte unicamente a Draco e all’ombrello che aveva lasciato appeso all’attaccapanni. E già che c’era anche a quella fastidiosa pioggia di Marzo, che le pungeva la pelle delle braccia e le ticchettava sulla testa.

Hermione Granger aveva sempre saputo molte cose.
Ma aveva anche avuto l’umiltà e l’occasione di impararne e di capirne molte altre. Ad esempio…
Aveva imparato che vivere una storia d’amore con Ron era quanto di più fantascientifico potesse mai accadere sulla faccia della terra.
Aveva imparato che è sempre meglio far bollire la pasta prima di gettare il sugo nell’acqua.
Aveva imparato ad accettare che anche lei poteva cadere in basso, fino al punto di innamorarsi di uno come Draco Malfoy.
E aveva anche imparato che non c’è niente di più bello che amare Draco Malfoy.

Quello che invece non aveva imparato, era la tolleranza verso Draco. Quelle piccole parti di Draco che le riempivano il materasso di spilli e le rovinavano il sonno e il risveglio.
E in quelle piccole occasioni, tutte le volte si era resa conto con un tuffo al cuore e una momentanea mancanza di ossigeno nei polmoni, che nel litigare con Draco e guardare i suoi occhi, molte volte rivedeva se stessa. E questo, era quello che le faceva più paura.
Più paura che guardare negli occhi Draco e dirgli Ti Amo, con la certezza che lui avrebbe riso e la sorpresa nel sentire le sue labbra contro le proprie e un mugugno che affermava Anche Io.
Più paura che svegliarsi una mattina e accorgersi che non sarebbe arrivata a niente senza averlo a fianco nel letto.
In quei casi, solitamente c’era Harry.
Nella sua testa, che le parlava e cercava di rimettere in sesto i suoi neuroni impazziti… e dietro la porta di Grimmauld Place numero dodici, che la faceva entrare e le dava il permesso di litigare e di fare a gare a chi urlava più insulti con la signora Black, in casa sua.
Così tutto tornava nella norma, lei salutava Harry con un sorriso, un tacito ringraziamento, e quando tornava a casa da Draco niente le faceva più paura, e niente la rendeva più felice nel sentire quella stretta all’altezza dell’ombelico nel suonare il campanello e saltargli al collo.

L’ultima volta, non era andato poi tutto così nella norma.
L’elemento imprevisto erano state le labbra di Harry.
- Era solo per farvi stare zitte.
- Certo, lo capisco.
- Esseri immondi.
Quelle le considerazioni, svoltesi dopo quel brevissimo contatto, tra lei, Harry e la signora Black, che tra tutti e tre era quella che aveva ragione.
Si era scostata subito, piuttosto scossa e non aveva trovato un bel niente da dire, indice fedele di quanto potesse essere disarmata Hermione Granger.
- Sono un essere immondo.
Aveva mormorato guardando il pavimento e cercando, in un moto di masochismo assoluto, di immaginare gli occhi di Draco quando lo sarebbe venuto a sapere.
- Ti faccio compagnia.
Aveva invece cercato di consolarla Harry, reprimendo a stento un sorriso tra l’amaro e il soddisfatto.
- …all’inferno, razza di sudici traditori che non siete altro!

Aveva poi precisato la signora Black, in uno slancio di violenta e rancorosa sincerità, ancora una volta. A quel punto Hermione era crollata, e colta da un improvviso – ma in fondo comprensibile- scatto d’ira, aveva sentito il bisogno di fare del male fisico a qualcuno che non fosse se stessa, né Harry che ne aveva già passate a sufficienza… così rimaneva solo quel quadro e la completa irrazionalità di Hermione. Sfoderò la bacchetta e la puntò contro l’arazzo, urlando il primo incantesimo che le venne in mente.
E la signora Black tacque.
Per sempre.
Harry la guardò basito per un istante, incredulo quanto lei.
Batté le mani due volte.
Invocò il nome di Sirius.
Poi sorrise rivolto verso Hermione, perché la signora Black non aveva detto niente.
- Sei un genio!
- Così parrebbe…
Borbottò lei, rimirando la bacchetta che aveva per le mani. Poi si concesse un piccolo moto di soddisfazione e di auto compiacimento, nonché un sorriso… e si preoccupò subito che Harry non pensasse di farle un regalo con un altro bacio.
- Beh… ora non dovrò più venire da te per urlare contro qualcuno.
- Mh.
- Il che è un bene, così non ti verrà più voglia di chiudermi la bocca con un bacio.
- …
Si morse la lingua un secondo più tardi. Se nella sua persona c’era un qualche difetto – che Draco riusciva sempre ad individuare più rapidamente degli altri- era il non saper trovare un compromesso. Neanche sforzandosi, poteva riuscirci. Guardò Harry dispiaciuta e accennò un sorriso, molto più imbarazzato che altro.
Harry staccò gli occhi dall’arazzo finalmente muto con enorme fatica, e rovistò per un po’ una mano nelle tasche.
- Non volevo essere così dura.
- No, va bene invece.
- Volevo solo essere sincera, insomma lo sai che io…
- Lo so Hermione, lo so. Non me lo devi dire tu, lo so già da solo.
Con quello il discorso poteva ritenersi concluso, ma era solo una vana utopia. C’erano molte cose ancora da dire, solo che Hermione aveva paura di sentirle, ed Harry era restio a dirle, vista la reazione non proprio idilliaca di Hermione a quel bacio.
- Magari è il caso che tu vada a fare pace con Draco.
Si, avrebbe dovuto e anche voluto, ma a quel punto le risultava ovvio che non avrebbero di certo fatto pace, e le parve anche piuttosto indelicato da parte di Harry sottolineare quella dura realtà, che quello che la aspettava di lì a poco cioè, sarebbe stata la rottura tra lei e Draco, con molte probabilità.
Aveva baciato Harry Potter, accidenti.
Se fosse andata a letto con suo padre, Lucius Malfoy, non sarebbe stato poi così grave come l’aver baciato Harry Potter e non averlo trucidato un attimo dopo.
- Non credo che sia possibile. Quindi tanto vale che mi spieghi qualcosa, tu.
- Ah.
C’erano molte cose che avrebbe voluto sapere.
Tanto per cominciare, come gli era venuto in mente di baciarla.
E in secondo luogo… perché lo aveva fatto, decidendo di non mettere freno ai suoi istinti e mettendola nei guai fino al collo.
E poi avrebbe anche voluto sapere perché lei non era arrabbiata con lui.
- Sto aspettando.
- Da… dove vuoi che inizi?
Aveva chiesto Harry in un sussurro. Ci mancò poco che le sue guance non si tingessero di rosso e non iniziasse a piangere. Se guardava la situazione da un altro punto di vista, ossia come quello della semplice Hermione Granger, e non Hermione Granger La Ragazza di Draco Malfoy, tutto quello doveva essere veramente buffo.
Inspiegabilmente, riuscì ad immedesimarsi nel ruolo di Solo Hermione… e a scoppiare a ridere, di gusto, tanto che le spuntò una piccola lacrima all’angolo dell’occhio.
Fu un ottima scusa per Harry, naturalmente. Il vederla ridere così all’improvviso, aveva portato anche lui alla scoperta del lato comico della situazione. E aveva iniziato a ridere anche lui, dimentico delle terribili spiegazioni che avrebbe dovuto dare.
- Glielo dovrò dire.
Disse all’improvviso lei, smettendo di ridere e mordendosi un labbro. Il sorriso veleggiò ancora un po’ negli occhi di Harry, e poi scomparve del tutto, anche dalle labbra.
- Non sei costretta.
Era la verità. Ma Hermione era costretta dalla sua grande abilità nel mentire e rinomata scarsezza nel gestire i sensi di colpa.
- Si invece.
- Allora buona fortuna.
Non c’era rancore questa volta nella sua voce, e permise ad Hermione di salutarlo con un sorriso, da quel momento in poi avrebbero abolito per un bel po’ i veloci baci sulla guancia, e ad uscire da quella porta senza altre difficoltà.



But now I hear you found somebody new
And that I never meant that much to you
To hear that tears me up inside
And to see you cuts me like a knife
- Every rose has its thorn- Poison


Era tornata a casa a piedi, perché con la magia o persino con la linea autobus della città avrebbe impiegato troppo poco tempo, e quando il terzo caffè al terzo bar, le parve un po’ troppo per il suo fisico, stabilì che non poteva fare altro se non tornare a casa.
Naturalmente non prese l’ascensore, così non avrebbe dovuto guardarsi in faccia in quello specchio appeso in un lato, e leggere nei suoi occhi la consapevolezza e lo schifo nei suoi stessi confronti.
Tutto quel senso di colpa, era riconducibile ad un solo pensiero: non aveva pensato immediatamente a Draco, quando Harry si era chinato su di lei e l’aveva baciata. Non si era scostata in quel lasso di tempo che si potrebbe definire “subito”.
Ora che ci pensava le stava anche sorgendo il dubbio, se per caso non avesse contraccambiato un po’ quel bacio.
Premette il campanello. Nessun corto circuito: trillò, forte e fatale come mai le era sembrato che potesse essere. E Draco arrivò anche prima del solito alla porta, e la aprì con un gesto più rapido… e poi la guardò in faccia. Forse fu quello il vero momento peggiore di tutto quello che venne dopo.
- Ciao.
- Così… sono qui.
- Questo lo vedo.
Si, quello lo vedeva. E aveva anche intuito qualcosa, perché erano passati più di dieci secondi e quasi più di tre minuti anche, da quando era davanti a lui e ancora non lo aveva abbracciato, né baciato, e non aveva detto niente su quanto fosse sciocca lei e idiota lui per aver litigato su una sciocchezza tale.
- Hai preparato la cena?
- È quasi pronta.
Era evidente a tutti e due che stava codardamente cercando di prendere tempo. Poggiò il foulard sulla sedia, si avvicinò alla cucina e assaggiò un po’ del sugo che stava bollendo. Draco era appoggiato contro il tavolo, le braccia conserte e una luce di preoccupazione negli occhi. La mascella era serrata, e quello che temeva non era di certo un giudizio sul suo sugo fatto in casa.
- Il sugo è perfetto e Harry mi ha baciata.
- Bene.
Hermione indugiò per qualche secondo, con il mestolo a mezz’aria e il sapore del sugo ancora in bocca. Forse aveva parlato troppo veloce, perché non era oggettivamente possibile che gli andasse bene che lei ed Harry si fossero baciati. Si voltò a guardarlo.
Appoggiato al ripiano del tavolo, le braccia conserte, gli occhi fissi sul mestolo. Nient’altro.
- Che significa?
- Quello che ho detto.
- Hai detto bene.
- Si, mi ricordo.
A quel punto Hermione iniziò a sentire qualcosa. Il timore e l’ansia che le avevano atrofizzato i muscoli e gelato il sangue nelle vene e nel cervello, iniziavano a diradarsi, e poteva finalmente rendersi conto della calma apparente che governava Draco in quel momento.
Nel momento in cui gli aveva detto che la sua ragazza e il suo peggior nemico si erano baciati.
- Non mi sembri molto sconvolto.
- No infatti.
Avrebbe potuto capire molte cose, una persona intelligente come Hermione.
E avrebbe dovuto rendersi conto di quanto stava succedendo, la ragazza di Draco Malfoy.
Ma la rabbia- e l’amore- rende ciechi e lei non si accorse del pulsare sulla tempia destra, e della stretta spasmodica di quelle dita sottili e quasi di marmo, contro la maglietta.
- E’ un modo per dirmi che la cosa non ti tocca né interessa minimamente?
Aveva domandato lei, posando il mestolo, evitando di tirarglielo contro.
Un’altra cosa da aggiungere alla lista: non aveva imparato a gestire quella naturale freddezza che sembrava ricoprire Draco in certe situazioni. Sul momento non era in grado di riconoscerla per quello che era, e si abbandonava al suo stesso gioco, restandone ferita e colpita in pieno. Come in quel momento.
- Sto valutando.
Fece male anche a lui quel lampo di dolore che squarciò gli occhi nocciola di Hermione. Fu qualcosa di inaspettato e feroce, ma passò subito, scacciato da Hermione stessa, come faceva di solito. Lei a perdere non ci stava, a perdere tempo ancora meno, e quello che voleva in quel preciso istante era solamente che quel dolore passasse in fretta, che la sua rabbia trovasse uno scopo e che Draco smettesse di ferirla in quel modo. Si difese. Si difese soltanto, dopotutto, e quelle parole le tornarono alla mente tutte le volte che pensò, in seguito, a quanto aveva detto, a come lo aveva detto, al perché lo aveva detto… e a come aveva potuto dire una cosa del genere.
- Ah stai valutando. E cosa di grazia? Se questo tempo è stato inutile, se questa casa è stato uno scherzo, se sei in grado di accettare l’idea di aver dormito accanto ad Hermione Granger? O se invece sei fiero di assomigliare sempre di più a quei canoni di valore e rispettabilità ai quali hai finto di non voler più credere? Eri un sedicenne appeso ai pregiudizi e con la testa piena di stronzate, e a venticinque anni non è cambiato niente, forse ce l’ hai nel sangue, o forse a te sta bene così. Ti ho disprezzato per sei anni prima di credere che potesse esserci dell’altro, ma ora sono qui davanti a te e mi chiedo come ho potuto crederci!
Draco puntò lo sguardo su un piatto decorato alle spalle di Hermione.
Niente avrebbe potuto scalfire la sua espressione, indefinibile come la forma dell’acqua. Ma quelle parole erano state il chiodo che aveva fatto franare la roccia, e poteva sentire distintamente qualcosa cedere dentro di lui, impadronirsi del suo controllo, spezzargli il respiro, e lo sforzo più grande che dovette fare, fu quello di non lasciare che quel dolore arrivasse dritto al petto, dove era la sua meta. Perché da lì non lo avrebbe più potuto allontanare.
- Se fossi andata a letto con tuo padre per tutti questi anni, non avrei notato la differenza.
aveva concluso tagliente Hermione.
Accadde tutto troppo velocemente perché potesse capire e rendersi conto di quello che aveva detto. Ma non se ne era pentita, quelle parole le erano sgorgate dal cuore e per quanto offensive, non aveva intenzione di rimangiarle.
Ma Draco l'aveva guardata come non aveva mai fatto in tutti i loro anni di conoscenza. E in quel momento in cui incontrò i suoi occhi grigi, Hermione fu colta da un brivido, sentì il sangue rallentare il corso nelle vene e l'aria divenire fuoco. E si ritrovò a pensare che avrebbe preferito mille volte lo sguardo arrogante e sprezzante a cui era stata soggetta per tutti gli anni ad Hogwarts, piuttosto che essere catturata in quel vortice di sdegno e collera che non accennava a lasciarla libera. Sentiva ogni forza abbandonarla, mentre risentiva le sue parole e il loro significato. La colse un brivido e portò istintivamente una mano alla bocca: se solo avesse potuto, in quel momento, ecco, avrebbe allungato la mano per riacciuffare quelle parole e imprigionarle in un lungo silenzio. Ma era troppo tardi e non poteva fare niente.
Ed ebbe paura. Paura delle sue stesse parole, della reazione di Draco, di aver messo fine a tutto, tutto quanto.
Cosa aveva detto?
- E ci voleva un bacio di Potter, per tirarti fuori tutto questo? Come sempre, l’ultima parte è sempre la sua.
Avrebbe potuto dire una miriade di cose sulla scemenza che le aveva appena detto, ma era così profondamente disgustata da se stessa e dalla sua totale incapacità di trovare la giusta misura, e di saper porre un controllo sulle sue emozioni, che riuscì solamente a sospirare e a chiudere gli occhi.



Though it’s been a while now
I can still so much pain
Like a knife that cuts you the wound heals
But the scar, that scar remains
- Every rose has its thorn- Poison




Hermione deglutì silenziosamente,mentre il suo cuore prendeva a battere troppo forte e il respiro si faceva affannoso. Aveva perso, avevano perso tutto. I suoi occhi si spostarono per l'intera sala: il divano, quell'orribile attaccapanni che le aveva regalato la signora Weasley, e quel quadro inquietante che accoglieva ogni visitatore, appeso nell'ingresso. Era quella la loro vita; erano riusciti a unire i loro pregi e i loro difetti, i loro valori e i loro principi in una catena che le era sempre apparsa stabile, anche se non perfetta. Ma lei non credeva nella perfezione, ecco perché si era innamorata di Draco, ecco perché aveva costruito tutto quello con lui.
- Vuoi… distruggere tutto?
gli chiese trovando la forza di guardarlo di nuovo negli occhi: e vi lesse una nota di rassegnazione e di nostalgia che le regalarono una sciocca speranza.
- Hai cominciato tu.
le rispose quasi sofferente. Hermione si morse un labbro. Certo, quando mai Draco Malfoy ammetteva le proprie colpe?
Le cadde lo sguardo su quella statuetta di marmo, in piedi sul tavolo del salotto. Una riproduzione in miniatura di loro due e della loro unione: avevano trovato quella piccola scultura nell'armadio quando erano entrati in possesso di quella casa. E non avevano avuto dubbi, era bastata una semplice occhiata, quando ancora era sufficiente per dedicarsi i più bei silenzi d'amore della storia, per decidere cosa volesse significare: quel corpo steso su quello dell'altro, le mani di entrambi tese a cercarsi e tra le loro dita e i loro sguardi, tra l'intreccio di quei corpi, tra le ali nella schiena di lei e il sorriso velato sulle labbra di lui, si celava la loro armonia, la segreta alchimia del loro amore mai dichiarato.
- Quindi tocca a me finire? Immagino.
e raccogliendo il foulard dalla sedia, aveva sfiorato appena quella perfetta riproduzione… era bastato un solo soffio, non ce l'avrebbe fatta a imprimere maggiore forza a quel gesto, e quei corpi legati l'uno all'altra si erano sbilanciati, precipitando nel vuoto, ancora insieme, cadendo sul pavimento, e scheggiandosi, rompendosi, frantumandosi in mille piccoli pezzi.
Draco osservò la scena, ancora in piedi, le labbra serrate e le mani in tasca. Indugiò con gli occhi sui cocci della statuetta, mentre i passi affrettati di Hermione si dirigevano nella loro stanza e un attimo dopo verso la porta, passando per la cucina.
- Me ne vado.
Draco l’aveva guarda per lunghi attimi, nello stesso modo in cui aveva fatto per tutto quel tempo. Poi aveva sollevato appena il mento. Sembrava che stesse cercando il modo per lasciarla andare via, senza che trapelasse tutto il suo desiderio di tenerla lì con sé e discutere con lei come erano in grado di fare entrambi.
Ma aveva tirato in ballo suo padre, aveva detto quelle cose, dannazione. Dischiuse appena le labbra.
- Bene!
- Bene!
Poi, il sugo si bruciò.



TBC [ non prima di 15 giorni, purtroppo]

  
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