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Autore: Kiki75    21/05/2010    3 recensioni
Jack ed Ennis hanno adottato la piccola C.J., figlia di Cassie Cartwright. E adesso? (da "I segreti di Brokeback Mountain")
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ennis Del Mar , Jack Twist, Nuovo personaggio
Note: AU, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Come sei veramente
Restless heart syndrome

4 – Epilogo (See the light)

Come previsto, venni dimesso alle sei di pomeriggio di un assolato mercoledì di fine giugno, dopo quarantadue giorni di ospedale. Ormai mi ero ristabilito, e soffrivo solo di emicranie una volta o due alla settimana, occasionalmente accompagnate disturbi visivi e formicolii al braccio sinistro; il dottor Kowalski però mi aveva assicurato che, col tempo, la frequenza degli attacchi si sarebbe diradata ulteriormente. La cicatrice sulla nuca era invisibile, nascosta dai capelli, le costole quasi a posto, e anche le tumefazioni e le escoriazioni sul viso erano in via di guarigione: quello che mi aveva detto C.J. sembrava essere la verità, con tempo e pazienza - una qualità che purtroppo mi manca - la mia faccia sarebbe tornata quella di prima. Avevo perso qualche chilo, e i jeans mi stavano un pò troppo larghi: ma mentre mi stringevo in vita la cintura, Ennis mi assicurò che ero lo stesso un gran bel pezzo di maschio.
"Ennis!" esclamai, sorpreso, infilandomi la t-shirt nei jeans: Ennis non faceva mai battute di quel tipo fuori dal ranch. "Se ti sente qualcuno..."
"Siamo solo noi due, in questa stanza", ribatté lui, con un sorriso furbo. "
Anzi..." mi prese la faccia fra le mani e mi stampò un bacio sulle labbra.
"Ehi, ma che ti prende?" domandai, allibito.
"Sono felice che tu torni a casa", rispose lui.
"Sarà."
Ennis continuò a comportarsi in modo strano: ormai lo conoscevo troppo bene e mi accorgevo subito se c'era qualcosa che non andava. Era come in attesa di dire o fare qualcosa che temeva: provai a domandargli cos'avesse, e la risposta fu la solita, era contento che io tornassi a casa, così decisi di smettere di tormentarlo, ben sapendo che, presto o tardi, mi avrebbe confessato il motivo del suo disagio.
Credetti di avere capito cosa lo teneva sulle spine quando, appena arrivati a casa, venni accolto da C.J., Tommy, Don e tutti gli operai, nonché gli Hamilton al completo, che sotto il portico di fronte mi avevano organizzato un piccolo party di bentornato con birra e spumante californiano a fiumi.
Invece, le sorprese non erano ancora terminate, poiché Ennis, una volta in camera, mi ordinò di fare la valigia: il giorno dopo avremmo lasciato C.J. dagli zii e saremmo partiti per un week-end, noi due soli.
"Ennis, ma..." obiettai, sbalordito. L'idea di una vacanza da solo con Ennis mi allettava parecchio, dopo i lunghi giorni trascorsi in ospedale, ma mi sembrava incredibile che fosse proprio lui a propormelo.
"Da quando hai smesso di fare rodei, non ci siamo mai presi una pausa dal lavoro", spiegò Ennis. "Credo che ce lo meritiamo, no?"
"Credo proprio di sì", convenni. "Ma dove avresti intenzione di andare?"
"Indovina."
Non riuscii a indovinare: non avrei mai potuto immaginare che Ennis aveva deciso di tornare proprio sulla Brokeback, nel luogo dove ci eravamo conosciuti e innamorati.
E invece, fu proprio là che tornammo, e mi accorsi con stupore che niente era cambiato da allora: c'erano anche due greggi di pecore che pascolavano, accompagnati entrambi da un paio di giovanissimi cowboys - non fosse stato troppo vecchio, avremmo potuto trovarci davanti persino Joe Aguirre. Piantammo la nostra canadese poco distante dal luogo in cui, ventuno anni prima, avevamo organizzato il campo base, e trascorremmo i nostri quattro giorni di vacanza facendo lunghe cavalcate per la montagna, nuotando nel fiume e prendendo il sole; una volta provammo anche a pescare, sebbene con scarsi risultati. Come ho già detto, la pazienza non è una delle mie migliori qualità, e dopo tre quarti d'ora mi stufai di stare ad aspettare invano che qualcosa abboccasse e domandai ad Ennis, seduto accanto a me: "Senti, non è che ti andrebbe di fare qualcosa di più interessante?"
"Tipo?" fece Ennis.
Io abbandonai la canna da pesca, gli tolsi la sua dalle mani e la posai vicino alla mia, poi mi sedetti a cavalcioni sul suo grembo, iniziando a sbottonargli la camicia e baciandolo sul collo, dove so che lo fa impazzire.
"Accidenti", disse Ennis, armeggiando con la fibbia della mia cintura. "Per essere un convalescente, mi sembri piuttosto in forma."
"Sono un cowboy da rodeo", dissi, sornione, passando a baciarlo sul viso.
"Fammi vedere quello che sai fare, allora..."
Fu bello; non trovo altro aggettivo per descriverlo. Era un pò come il viaggio di nozze che non avevamo mai fatto, a coronamento del matrimonio che non avevamo mai potuto celebrare. Eravamo solo noi due, proprio come tanti anni prima, ma senza l'incubo delle pecore da sorvegliare, senza l'incubo che tutto sarebbe finito quando fossimo scesi. Non era più solo un affare fra di noi, che sarebbe iniziato e finito su quella montagna: eravamo rimasti insieme e, contro ogni aspettativa, anche nostra, eravamo riusciti a costruire una casa, una famiglia, una vita, che per quanto dura, non avrei scambiato con quella di nessun altro.
La notte del sabato, l'ultima che avremmo trascorso lì, dopo cena, ci sedemmo davanti al fuoco, in silenzio. Il cielo era color indaco, terso e senza nubi, e le stelle brillavano più che mai. 
"Jack, io..." esordì Ennis, a un tratto. "Devo dirti una cosa."
"Spara", feci.
"Sì, però", Ennis esitava, lo sguardo basso. "Promettimi che mi ascolterai senza interrompermi. Non è facile, per me."
Quella strana richiesta mi stava inquietando, tuttavia risposi: "Okay."
"Io... devo chiederti scusa."
Aggrottai le sopracciglia: cosa c'era che non andava, adesso, dopo quei tre giorni assolutamente fantastici?
"In tutti questi anni", seguitò Ennis, "Non ho fatto altro che tirarmi delle paranoie, e romperti l'anima con tutte le mie fissazioni."
Non mi sarei mai aspettato un discorso del genere da lui, ed ero del tutto impreparato. "Ennis..." mi sfuggì.

"Avresti dovuto mandarmi a quel paese un migliaio di volte", proseguì lui, "E invece sei rimasto con me, hai continuato ad amarmi... e devi amarmi proprio tanto per riuscire a sopportarmi."
"Ehi, smettila", tentai di tranquillizzarlo, alla malora la promessa di non parlare. "Già il solo fatto che sei rimasto con me, e che sei ancora qui dopo tutto quello che ci è successo in tutti questi anni, per me significa moltissimo. Lo so che per te non è stato facile, ma lo hai fatto lo stesso."
"Ma non è abbastanza", fece lui. "Io... voglio che tu sia felice davvero, Jack. D'ora in poi, voglio... vorrei riuscire a dimostrarti che ti amo, e che farei di tutto per renderti felice." Infilò la mano nella tasca del giubbotto e mi cacciò una piccola scatola nera sotto gli occhi. "Questo è per te."
Presi la scatola. Una scatola tanto piccola poteva contenere solo un anello... o magari due. Ma cancellai quel pensiero dalla mente, era impossibile che Ennis fosse arrivato a tanto, anche se ero stato in fin di vita, anche se mi aveva portato sulla Brokeback e mi stava facendo quello strano discorso.
"Aprilo, dai", Ennis sembrava un ragazzino imbranato. Adoro quando fa così, mi fa troppa tenerezza. "Spero... spero che ti piacciano."
Io aprii la scatola. In risalto con l'interno di velluto nero, i due anelli, due fedi in oro bianco battuto con uno zaffiro al centro di ciascuna, luccicavano al bagliore del fuoco, e il mio cuore saltò un battito. Chiusi gli occhi un secondo, quando li riaprii gli anelli erano ancora lì, nella scatola, la scatola nella mia mano. Non era un sogno, era tutto reale.
Aprii la bocca, ma non riuscii a parlare. Sollevai lo sguardo verso Ennis.

"Dovrebbe essere della tua misura", disse Ennis, rosso in faccia, con un sorriso. "Se non lo è, si può adattare."
Io guardai gli anelli, guardai Ennis, poi guardai di nuovo gli anelli. Proprio, non riuscivo a spiccicare verbo.
"Che c'è, non ti piacciono?" domandò lui. "E' stata C.J. ad aiutarmi a sceglierli."
Mi coprii la bocca con una mano, rendendomi conto di avere gli occhi lucidi. "Sono... sono bellissimi", balbettai. "Ennis, non dovevi... se non ti sentivi, non avresti dovuto..."

"Non c'è bisogno di un anello per sentirsi legati alla persona che si ama", disse Ennis, sorridendo.
"L'ho detto a C.J. quando mi ha chiesto perché non portavamo le fedi", gli ricordai.
"E io concordo pienamente", disse lui. "Ma tu un anello lo desideravi."
"Sono uno stupido romantico e sognatore, lo sai."
"Mi piaci così, piccolo", disse Ennis, e mi arruffò i capelli. "E scusami per non avertelo comprato prima." esitò. "A dire la verità, devi ringraziare C.J.. Era da un pò che ci stavo pensando, ma senza di lei non avrei mai trovato il coraggio. Quella ragazzina... nostra figlia... mi ha fatto capire tante cose. Soprattutto, che devo iniziare ad avere il coraggio delle mie scelte."
"Facile a dirsi", ribattei.
"Lo so. Però se ce la fai tu, e se ce la fa lei... io devo almeno provarci." Ennis sospirò. "E' brutto rimpiangere qualcosa perché non hai avuto il coraggio di provare a farla."
"Grazie, Ennis", dissi semplicemente. "Ti voglio bene. Tanto."
"Io ti amo", rispose Ennis. Mi prese la mano sinistra, mi infilò l'anello all'anulare. "Mi sembra che ti vada alla perfezione", commentò. "C.J. ha deciso la misura, e ha proprio l'occhio clinico."
Mi guardai la mano sinistra, con gli occhi ormai pieni di lacrime. "E'... bellissimo."
Ennis sorrise, mi  batté una spalla: "Allora, mi infili l'anello anche tu, o devo fare da solo?"
Mi asciugai gli occhi, presi l'anello dalla mano di Ennis e notai l'incisione all'interno. "Ennis e Jack", lessi. "Cinque febbraio 1967." guardai Ennis, con un sorriso: "Come sei riuscito a chiedere a qualcuno di incidere una roba del genere?"
"Questo fattelo raccontare da C.J.", rispose Ennis, più imbarazzato che mai. "Mi ha accompagnato in gioielleria, a Edgerton... e lo ammetto, è stata tutta da ridere. Se non ci fosse stata lei, sarei uscito senza riuscire a comprare niente. Quei due poveri gioiellieri ci ricorderanno per tutta la vita."
"Lo immagino", ghignai. Conoscevo Ennis e le sue reazioni come le mie tasche: aveva potuto decidere di comprare due anelli, ma sapevo benissimo che, all'atto pratico di andare a comprarli e comunicare al gioielliere i nomi e la data da incidere, avrebbe avuto non poche difficoltà. "Allora..." presi la mano di Ennis e gli infilai l'anello all'anulare. "Ti sta proprio bene."
Lui si guardò la mano. "Già", convenne. "Credevo peggio."
 


Nota: eh bè... FINE. Quello che succede dopo l'ultima battuta di Ennis, lo lascio immaginare a voi... mi scuso, ma le lemon non sono il mio forte.

Credits: "Restless heart syndrome" e "See the light" sono canzoni dei Green Day, entrambe tratte dall'ultimo album "21st Century Breakdown". Come sono poco originale... ma sono affezionatissima a questo cd, che considero la colonna sonora ideale per questo racconto. A ogni capitolo ho addirittura associato una canzone: forse sono malata, ma i Green Day mi piacciono troppo!

Disclaimer: I personaggi di Jack Twist, di Ennis del Mar e dei suoi fratelli, di Cassie Cartwright e di Joe Aguirre, appartengono ad Annie Proulx.
Se qualcuno riconoscesse nella mia storia idee che ritiene di sua proprietà, mi creda se gli dico che non l’ho fatto apposta, e spero non si offenda.
Infine, preciso che questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.


   
 
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