Serie TV > Supernatural
Ricorda la storia  |       
Autore: Melmon    31/05/2010    2 recensioni
A un sasso più grosso mi concedo solo tre secondi in più di respiro, premo con forza sulla ferita, il flusso del sangue è rallentato, ora che sono arrivata al ruscello la luce è aumentata ma non sapere è meglio, se vedo il mio fianco sporco del mio stesso sangue svengo qui! Se proprio devo svenire voglio farlo tra le tue braccia porca miseria!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dean Winchester, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione, Contesto generale/vago
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Alice e Dean.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Questa ff veda la luce dopo un lungo e doloroso travaglio, ho deciso di postarla prima di continuare a cambiarla per la centessima volta quindi scusate eventuali errori e buona lettura.

1.Risveglio e caos.


Un dolore lancinante al fianco mi riporta alla realtà.
Non ho abbastanza forza, non riesco a percepire nulla oltre al mio stesso lento respiro, vorrei urlare, ma non riesco ad emettere neanche un lieve gemito di dolore.
Mi ritornano alla mente i tuoi occhi verdi, quando mi erano mancati, il tuo volto si forma lentamente sotto le mie palpebre chiuse.
Abbiamo litigato, tu avevi paura che mi succedesse qualcosa, che mi mettessi nei guai, tu ti preoccupi sempre per la mia sicurezza e mai per la tua, così ho fatto di testa mia peccato che tu abbia avuto ragione, per l’ennesima volta.
Lentamente il mondo intorno a me prende forma, ora c’è altro a cui pensare che hai tuoi occhi, con lenti e dolorosi movimenti della mano riesco a tastare intorno a me.
Terreno, un ramo e sassi, sono in un bosco, perché sono in un bosco?
Annuso l’aria, c’è odore di bagnato, ma la terra è asciutta al tatto quindi non devo essere lontana da una fonte d’acqua. Ok ora so d’essere ancora viva, che sono sdraiata in un bosco e che non sono lontana da una fonte d’acqua, bene! Se riesco ad alzarmi non morirò di sete mentre aspetto i soccorsi.
Cerco lentamente di aprire gli occhi e per qualche secondo ci riesco: peccato non essere riuscita a vedere nulla! Lo sforzo è stato enorme cosi decido che mi sono meritata alcuni minuti, resto ferma e ascolto il mondo intorno a me: ci sono i tipici rumori di un bosco, sento il vento spostare le foglie ma non lo sento su di me, bene sono caduta in un fosso!
Riprendo la mia lotta personale con i sensi è stavolta da brava testarda che sono vinco.
Cerco di muovere lentamente i piedi, prima il sinistro poi il destro, sento la terra e la breccia sgretolarsi sotto i miei stivaletti prima di sbattere il piede destro contro qualcosa di solido, cerco di capire cosa ho appena scoperto, lentamente con la mano cerco di tastarlo per avere altre informazioni quando un suono insolito per il luogo si fa prepotentemente sentire: la suoneria del mio cellulare!
La mia borsa è caduta poco lontana da me, almeno qualcosa di buono finalmente!
Il movimento rapido, che faccio per afferrare la cinghia della borsa, mi fa girare la testa talmente forte da costringermi a sdraiarmi e a chiudere gli occhi nuovamente.
La suoneria continua inesorabile e mi spinge in qualche modo a non arrendermi, come se fosse la tua voce ad incitarmi a fare meglio, a non mollare.
Percorro la stoffa ruvida della mia tracolla, cerco di farmi guidare dal rumore, dalla vibrazione e dall’immagine che la mia memoria produce della borsa e del suo contenuto. Il cellulare è nella tasca davanti, pratico per prenderlo senza dover mostrare ad occhi indiscreti “materiale da lavoro”, l’unico elemento normale che mi collega alle ragazze della mia età. In quei pochi centimetri di stoffa c’è quella parte di mondo dove tu non puoi entrare, dove sono solo una donna come altre, che riempi di cianfrusaglie la sua borsa.
Finalmente le mie dita sfiorano la plastica dura del cellulare, lo afferro saldamente estraendolo dalla borsa, che resta abbandonata sul mio stomaco, ma appena l’oggetto tanto desiderato è libero il frastuono che produce, che tu definisci musica, smette, so che è per breve tu non ti arrendi facilmente proprio come me e questione d’attimi, infatti, non riesco neanche ad abituarmi al silenzio che la tua suoneria personalizzata torna a fendere l’aria. Un sorriso si allarga sul mio viso, porto con fatica l’apparecchio all’orecchio subito dopo averlo fatto scattare.
– Alice?
Il tuo tono preoccupato fa allargare di più il mio sorriso.
– Dean!
– Non ti azzardare mai più a non rispondere, mi hai fatto prendere un infarto!
Sei arrabbiato ed hai ragione ma sono senza forze.
– Dean ho bisogno del tuo aiuto.
Riesco a finire la frase con un tono decente.
– Dove sei? Che succede?
– Dean; - pausa, un silenzio che a te sembreranno ore, sei già scattato sull’attenti da bravo soldatino, aspetti un ordine? Bene non ti farò attendere ancora per molto. –Dean sono in un fosso in una foresta e sono ferita.
– Arrivo piccola!
La telefonata s’interrompe, resto a fissare il display che lentamente si spegne.
Odio quando mi chiami piccola ma in queste occasioni mi trasmette quel senso di protezione che non ho mai avuto da nessuno, che mai nessuno oltre a te è riuscito a darmi.
Lo spettacolo sopra di me mi lascia per un attimo senza fiato estraniandomi dalla realtà: un cielo blu scuro carico di luci formate da miriadi di stelle lotta per farsi ammirare tra le foglie degli alberi che il leggero vento sposta divertendosi a creare per me nuovi scenari. Stelle cosi numerose e luminose non le avevo mai ammirate, non avevo mai visto qualcosa brillare cosi, a parte quelle due stupende gemme verdi che ti ritrovi per occhi dopo il nostro primo bacio.
Ho cercato con tutta me stessa di calpestare, stracciare, lacerare, impacchettare tutto di quella sera, di quella scena che mi tortura.
Una serata come tante, mi ripeto da giorni, cerco di convincermi che sia la verità ma non lo è:
Una serata non è come tante se è l’unica dove non si puliscono armi.
Non è come tante se non parliamo di mostri.
Non è come tante se non bevi qualcosa d’alcolico.
Non è come tante se non guardi le altre.
Non è come tante se non ci provi con la cameriera che ti sta in pratica mangiando con gli occhi.
Non è come tante se mi ritrovo schiacciata contro il muro, con il tuo corpo premuto al mio, le tue labbra sulle mie. Forse saremo ancora lì se i tuoi occhi non si fossero aperti su di me, travolgendomi e abbagliandomi come un faro nella nebbia, se quelle tue iridi non mi avessero talmente disarmato da farmi paura e farmi scappare via. Ma da allora il tempo è passato ed ora siamo di nuovo quelli di prima, quelli prima di quel bacio.
Le nostre strade si sono separate, tu hai il tuo Sammy a cui badare e io so cavarmela da sola ormai da tempo, ma abbiamo ripreso l’abitudine di telefonarci, ringraziando il cielo perché questo ora potrebbe salvarmi la vita.
Ora che faccio?
Non sono la tipa che riesce a star ferma a lungo, il fianco mi duole e perdo sangue, chissà quando tempo ci metterai a trovarmi, so che stai spingendo al massimo la tua piccola, ma ci sono dei limiti che neanche lei può superare.
La testa duole al solo pensiero di alzarmi, ma rimanere qui è un pensiero troppo assurdo.
Con le dite traccio un percorso dal mio fianco all’esterno, cerco di avere un respiro regolare e di concentrarmi su questo e non sul dolore lancinante al fianco; dopo essere riuscita a toccare il bordo esterno, per mia fortuna questo fosso non è molto alto, trattengo il respiro e senza pensarci troppo mi alzo ritrovandomi in posizione seduta. Il dolore è indescrivibile, lo sforzo è stato sfiancante, devo stringere i denti e radunare quel poco di forze che ho per restare cosi: immobile, in un fosse, in una foresta sperduta aspettato te.
Una lacrima, seguita da molte altre, mi riga involontariamente il volto, il pensiero che tu mi trovi cosi mi fa arrabbiare, a nessun cacciatore piace mostrare le proprie debolezze, nemmeno ad un collega, nemmeno all’uomo che ami e io non sono da meno, una volta sicura di non cadere mi pulisco con un gesto secco le guance.
Mi guardo a torno e il quadro di quello che è successo mi è più chiaro: ad una decina di metri da me piccoli falò, o quello che ne resta, sono i resti della mia caccia in quei roghi sei vampiri hanno trovato la morte prima che l’ultimo di loro mi colpisse ad un fianco.
Che serva da lezioni a tutti: Alice non sbaglia mai, Alice se la cava da sola e salvare membri della propria famiglia non è prerogativa dei Winchester.
Ora so dove sono e come andar via da qui, alle mie spalle c’è un fiume con una piccola cascata, seguendola potrei arrivare ad una stradina che porta allo spiazzo dove ho lasciato l’auto. Con calma, molta calma, pazienza e molta forza di volontà esco dal mio nascondiglio le gambe non mi reggono, di questo sono sicuro ed evito anche di provarci, con la stessa andatura e grazia mi muovo come durante gli allenamenti militari, svolti decine di volte in tua compagnia, fino tronco dell’albero che prima giocava con le stelle e mi appoggio.
Recupero nuovamente il cellulare, per mia fortuna anche stavolta la tracolla a retto, e il display mi fa notare che sono passati solo quaranta minuti dalla tua chiamata; perfetto a me sono sembrate solo quaranta ore!
Faccio partire la chiamata, ho bisogno di sentire la tua voce, mi da forza.
– Ho il tuo segnale Gps, sto arrivando piccola, tieni duro!
– Come sempre Dean, tu però arriva tutto intero non so che farmene di un soccorritore mal ridotto!
– Faccio del mio meglio! Tra quindici minuti sono da te.
– Tranquillo ti aspetto qui, chiamami quando sei nei paraggi.
– Tieni duro!
– A dopo.
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Supernatural / Vai alla pagina dell'autore: Melmon