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Autore: Inessa    03/09/2005    9 recensioni
Il sognatore, se occorre una definizione precisa, non è un uomo, ma, sapete, una specie di essere neutro. Si stabilisce prevalentemente in un cantuccio inaccessibile, come se volesse nascondersi perfino dalla luce del giorno, e ogni volta che si addentra nel suo cantuccio, vi aderisce come la chiocciola al guscio, e diventa simile a quell’animale divertente chiamato tartaruga, che è nello stesso tempo un animale e una casa (Dostoevskij – Le notti bianche)
Genere: Malinconico, Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Io sono un sognatore; ho vissuto così poco la vita reale che attimi come questi non posso non ripeterli nei sogni.

 

(Dostoevskij, Le notti Bianche)

 

 

Le notti bianche

 

 

…Fu creato forse allo scopo

di rimanere vicino al tuo cuore,

sia pure per un attimo?...

 

(Ivan S. Turgenev)

 

 

Prima notte

 

Era una fredda notte di Gennaio. Molto fredda, nonostante la neve si fosse già sciolta. Una di quelle notti, in cui l’inverno sembra aver congelato anche l’aria e la luce.

Il chiarore delle stelle, anch’esso solidificato dal gelo, illuminava flebilmente i tetti della periferia londinese, dai cui comignoli, di tanto in tanto, una nube grigia fuoriusciva, per andar ad oscurare il manto notturno.

Un perfetto ritratto della Londra dei libri, insomma.

Di quella Londra amata dai romanzieri, quel paesaggio emozionante, infondente malinconia.

Io ero nella mia camera da letto, perfettamente ordinata, e mi preparavo ad uscire. Avevo indossato un maglione nuovo, color panna, e dei jeans neri.

Avevo legato i capelli, lisciati con cura. Mi stavo truccando davanti allo specchio, attenta ai minimi particolari.

Mi osservai, una volta che ebbi terminato, pienamente soddisfatta del risultato. Non ero bella, non lo sono neanche adesso a dire la verità, ma in quel momento mi sentivo bene.

Mi catapultai alla ricerca della mia sciarpa, nuova anch’essa. Rovistai tra i cassetti e gli armadi, senza tuttavia riuscire a trovarla, decisi quindi di uscire senza.

Scesi lentamente le scale e, una volta davanti all’ingresso indossai il cappotto lungo, abbottonandolo.

Controllai ancora una volta il mio aspetto allo specchio accanto l’attaccapanni. Mancava qualcosa (la sciarpa, certo!).

Lo abbottonai fino al collo, ma non ero soddisfatta. Volevo essere perfetta.

Lasciai i primi bottoni slacciati, alzai ed abbassai il colletto, senza mai essere contenta della mia figura.

Mancava la sciarpa. Così avevo immaginato, durante la mia lunga giornata al lavoro. Per essere perfetta dovevo indossare quella sciarpa.

Attraversai il salotto, accompagnata dal piacevole rimbombare dei miei stivali sul parquet.

Finalmente la vidi. Era ancora dentro la busta del negozio, abbandonata sul divano di pelle bianca.

Staccai l’etichetta e l’indossai. Finalmente potei sorridere soddisfatta alla mia immagine riflessa.

Uscii quasi di fretta, lasciandomi alle spalle il calore confortevole della mia dimora, riscaldata precedentemente dal camino ormai spento.

Anche quella casa era perfetta. Avevo impiegato ore ed ore a progettare l’arredamento, colori e materiali.

E la trovavo perfetta.

Fu quando il gelo mi sferzò il volto che mi riscossi da quella dolce sensazione di frenetica calma.

Dov’ero diretta?

Mi ero preparata con cura maniacale, per far cosa? Non mi aspettava nessuno, non avevo nessun progetto.

Poi ricordai: ero Ginny Weasley, ed ero una sognatrice.

Fui tentata dal tornare dentro, piangere le mie lacrime amare dentro la vasca da bagno piena di bolle ed andare a dormire, cullata dalla musica, unica vera compagna della mia solitudine.

Ma ormai era fatta, e mi sarei sentita peggio tornando indietro, così mi incamminai, tentando di ripararmi dal freddo pungente.

Mi diressi verso il centro della città, con andatura lenta ma decisa.

Mi chiesi cosa mai potesse pensare di me la poca gente che incontravo per strada. Forse pensava che fossi brutta, o magari che avessi un appuntamento galante, così ben vestita.

E se davvero avessi avuto un appuntamento galante?

Allora avrei camminato più velocemente, avrei fantasticato su cosa dire. Scusa per il ritardo, buonasera…ehi, ciao! Aspetti qualcuno?

Avrei esordito con una battuta ed un sorriso, decisamente! E gli avrei stretto la mano o l’avrei baciato sulla guancia? O magari sulle labbra?

Avrei sfiorato la sua pelle morbida e calda, mi sarei persa nel suo sorriso, sarei annegata nei suoi occhi. Perché avrebbe avuto dei begli occhi. Verdi magari.

Mi avrebbe portata a cena, e poi a fare una passeggiata romantica sul Tamigi. Ci saremmo baciati sotto le stelle, e probabilmente mi avrebbe dichiarato il suo amore.

Ed io l’avrei ricambiato ovviamente, perché lo amavo.

Senza nemmeno accorgermene mi ero già innamorata di quella figura, della quale, solo gli occhi (verdi), mi era concesso conoscere.

Ma io non avevo un appuntamento galante: ero solo Ginny Weasley, ed ero una sognatrice.

Assunsi un’espressione di irreale calma, mentre passeggiavo sul lungofiume, magari proprio nel punto in cui avrei potuto ricevere la mia prima dichiarazione d’amore. La mia unica dichiarazione d’amore.

Un pregio di noi sognatori, è quello di esser capaci di diventar felici o caricarci di adrenalina, solo grazie alle immaginazioni prodotte dalla nostra fervida fantasia. Così io, attraversando quel lungofiume, in un’atmosfera talmente romantica, mi sentivo felice, addirittura i miei occhi brillavano, come se davvero stessi ripercorrendo quei bei momenti vissuti.

Come se davvero qualcuno, nella mia casa perfetta mi stesse aspettando con ansia.

Attraversai il Lambeth Bridge e svoltai a destra, con l’intenzione di costeggiare l’Archbishop Park. Era buio, un lampione si era spento su quella strada.

Quello che vidi poco dopo mi spaventò a morte. Sperai ardentemente fosse soltanto un altro dei miei sogni.

Una figura nera, incappucciata, si dirigeva correndo verso di me. In tempo di guerra, purtroppo, quelle figure dal manto nero erano il peggior incubo della popolazione, ed io ero stata davvero una sconsiderata ad uscire a quell’ora.

Se mi avesse visto?

Avevo già immaginato il mio rapimento, la mia consegna a Voldemort, le mie torture…ma quello che invece successe, credo fosse fuori dalla portata della mia immaginazione.

La figura si tolse il mantello in fretta dando una sistemata ai capelli scompigliati e mi si avvicino, prendendomi sottobraccio e facendomi bruscamente tornare sui miei passi.

Credo che in quel momento il mio cuore avesse preso a correre furiosamente e, Dio sa, quanti improbabili avvenimenti stessero già avendo luogo nella mia mente.

So per certo, ad ogni modo, che arrossii.

Appena svoltato l’angolo, la figura aveva rallentato il passo e, ignorandomi volutamente, stava in ascolto, preoccupato forse che il suo persecutore (ero già arrivata alla conclusione che fosse perseguitato dalla legge) avesse potuto scoprirlo.

-Scusi per il disturbo arrecatole, andrò via presto!-

Sobbalzai. La sua voce aveva fatto accentuare il rossore sulle mie guance. Aveva un timbro bellissimo, basso ma melodioso, e la sua stretta sul mio braccio era calda.

-No, la prego! Resti ancora un po’!-

Mi guardò stupito, puntando i suoi occhi nei miei. Fu allora che lo riconobbi.

Quelle iridi di ghiaccio erano inconfondibili.

-…Malfoy…- sussurrai sul suo viso, mentre la sua espressione mutava dallo stupito all’ironico (la mia mente era troppo occupata a vivere quel momento per poter suscitare in me quel consueto sentimento di disprezzo).

-Weasley!-

Aveva parlato ad alta voce. Ebbi la sensazione che il mio nome, pronunciato dalle sue labbra, mi rimbombasse nel sangue, e non seppi se definirla una sensazione piacevole o spiacevole.

-Dovresti aver paura di me, non chiedermi di restare!-

Lo guardai stupita per qualche secondo, rendendomi conto di quanto avesse ragione, ma la ragione mi aveva abbandonata nel momento in cui l’avevo visto dirigersi verso di me.

-Voglio che resti! Non mi capita spesso di poter trascorrere del tempo con qualcuno.-

Avevo abbassato lo sguardo pronunciando le ultime parole, nonostante un senso di felicità mi stesse invadendo le membra.

La felicità del sognatore? In quel momento, mi dissi di no.

Era reale ciò che mi stava accadendo, non poteva essere solo una delle mie solite utopia.

Ero Ginny Weasley, ed ero (una sognatrice) felice!

Lui mi guardò di nuovo, leggermente divertito. Credo avesse fatto una delle sue solite battute, ma io non la sentii (per tanti giorni avvenire mi rimproverai di quella distrazione).

-Cosa ti fa credere che io sia abbastanza affidabile? Sono un Mangiamorte, ricordi?-

Devo ammettere che, in quella situazione, le mie capacità di sognatrice mi furono molto utili. Non fu difficile per me, ripescare, da una di quelle volte in cui avevo sognato di essere una fuggiasca, o un braccio della legge, una scusa per convincerlo a restare.

-Ma hai avuto bisogno di nasconderti. Non puoi farmi del male. Sarebbe pericoloso anche per te.-

Rise (Merlino, quanto mi piaceva la sua risata).

-Sagace, Weasley!-

Ero compiaciuta. Dannatamente compiaciuta. Già pensavo a quando, da sola nel mio letto, avrei arricchito quegli avvenimenti di piacevoli particolari, avrei sospirato su quanto la sua voce fosse profonda e la sua risata contagiosa (e non lo era).

Perché i sognatori hanno il difetto di non riuscire a vivere, se non nel loro cantuccio immaginario. Non riescono a godere dei momenti reali, troppo impegnati nella loro vita fantastica.

Camminammo per un po’ sul lungofiume, in silenzio.

-Cosa ti porta qui?- chiesi innocentemente, ansiosa di riempire quel silenzio.

-Tante cose. Meno fantastiche di quelle che potresti immaginare.- rispose sollevando lo sguardo verso le stelle.

Sussultai. Perché quel riferimento alla mia immaginazione? Che avesse capito tutto?

Era un uomo intelligente. Capiva le persone. Era perfetto (come la mia casa, come me quella sera).

Ero troppo felice per ricordarmi che fosse un Malfoy e, forse, per una volta, il mio esser sognatrice, non mi avrebbe portato ad una delusione.

Guardai anch’io il cielo, seguendo il suo sguardo. La luna era ormai alta e l’orologio della cattedrale in quel momento suonava l’una.

Quanto corre il tempo quando si è felici!

-Credo sia ora di andare a nanna, Weasley!-

Lo guardai tra il deluso e l’ammirato. Sembrava avermi letto nel pensiero (forse lo aveva fatto, era un esperto di Magia Oscura). Poteva un essere tanto perfetto essere lì con me quella sera?

-Ti prego…-

Lo stavo pregando. Tempo dopo mi sarei disprezzata per quel tono così umile e supplichevole ma adesso, a distanza di tanti anni, ritengo che, potendo tornare indietro, userei il medesimo tono e le medesime parole.

Perché forse, se non avessi agito in quel modo, tutto sarebbe andato diversamente. Ed io in quel momento, avevo bisogno di vivere. Volevo che lui restasse con me, che mi parlasse, volevo restare sveglia, non volevo tornare nel mio mondo, fatto di sogni e fantasie.

Gli presi le mani, stupendomi ancora di quanto fossero calde. Lui era stupito, credo non fosse abituato a simili atteggiamenti e ad una tale vicinanza, non lo sapevo ancora.

-Potremmo rivederci domani, Weasley!- sussurrò sorridendo (quanto era bello!).

-Certo, a domani!- gli strinsi ancora le mani, scuotendole un po’ per suggellare quell’appuntamento -A domani, a domani!-

-Ci vediamo alla stessa ora…laggiù! Vedi quella panchina sul molo?-

Abbassai vigorosamente la testa -Certo, ci vediamo lì! A domani!-

Si sciolse dalla mia stretta, le mie mani rabbrividirono per il freddo, e, voltando le spalle, si incamminò per la sua strada.

Dio, come mi sentivo viva! Ero felice, mi diressi verso casa, con uno sguardo diverso. Se avessi rincontrato la gente vista all’andata, vedendomi così felice avrebbe pensato che il mio appuntamento fosse andato a gonfie vele.

Quell’uomo! Quell’uomo, l’ho visto prima!

-Sono felice!- urlai, rendendomi conto solo dopo di quanto dovessi apparire ridicola. Lui scosse semplicemente la testa sorridendo e continuò per la sua strada.

Iniziai a cantare (anche la canzone che avevo intonato, era già stata la colonna sonora di uno dei miei sogni!).

Tornai in fretta a casa. Dovevo dormire. Si, avrei dormito fino a mezzogiorno, fino alla notte dopo se necessario, così la giornata sarebbe passata in fretta, e avrei potuto rincontrare Draco (avevo iniziato anche a chiamarlo per nome).

 

 

 

 

 

Lungi da me voler imitare il grande Dotoevskij! Ho solo preso spunto dal suo genio e sto utilizzando, grossomodo, la sua stessa suddivisione della storia. Non andrà per le lunghe, saranno solo quattro capitoli, massimo cinque. All’inizio avevo intenzione di farne una one shot, ma poi ho visto che i capitoli riuscivano abbastanza lunghi, quindi ho optato per una storia a capitoli.

Naturalmente spero mi lascerete qualche recensione…mi aiuterebbe davvero ad andare avanti, soprattutto in questo momento (l’ispirazione lascia a desiderare!).

 

   
 
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