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Autore: _Pan_    19/06/2010    4 recensioni
Mikan è al suo primo anno di superiori, ma niente si prospetta come lei lo aveva immaginato: tra l'amore, inganni, e addii, la sua permanenza nella Alice Academy si preannuncia molto movimentata.
La storia tiene conto del manga (a tratti da capitolo 51 in su), quindi ci sono spoiler disseminati un po' ovunque. Inoltre, sarà raccontata alternativamente sia dal punto di vista di Mikan che che da quello di Natsume, ma non ci saranno capitoli doppi, nel senso che uno stesso capitolo non sarà raccontato da entrambi.
Coppie principali: Mikan/Natsume, Hotaru/Ruka (accennata)
Genere: Comico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hotaru Imai, Mikan Sakura, Natsume Hyuuga, Ruka Nogi
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 13 – Dal nonno
(Mikan)


Durante il viaggio mi accorsi che i timori di Natsume sarebbero stati difficili a realizzarsi anche se avessi voluto. Quel professore non parlava molto, anzi, da quando eravamo saliti in macchina credevo di non aver più sentito la sua voce. Proprio uno strano tipo; chissà che materia insegnava. Beh, magari avrei potuto chiederglielo, dopotutto Natsume mi aveva raccomandato solo di non toccarlo. Non aveva accennato niente a riguardo di una possibile discussione o al fatto che il suo Alice funzionava anche con le parole. Sembrava che chiedere non costasse nulla e poi... ero molto curiosa. Natsume sembrava conoscerlo eppure io non l'avevo mai visto. Non solo non sapevo che materia insegnasse, ma neanche in quale sezione, e sembrava anche molto giovane. Forse era un nuovo insegnante delle elementari... prima di fare qualunque cosa, cercai di costruire mentalmente la sua possibile storia, ma non arrivai a quasi nessuna conclusione.
Aprii la bocca per parlare ma la richiusi immediatamente: lui mi metteva terribilmente in soggezione. Aveva l'aria gentile, ma non sapevo se mi avrebbe considerata invadente come mi aveva fatto notare Hotaru tempo fa a proposito del misterioso comportamento di Sumire. Mi accorsi solo in quel momento che lo stavo fissando da tutto il tempo e che lui, in quell'istante, mi stava restituendo lo sguardo. Deglutii: i suoi occhi di ghiaccio mi misero i brividi, come se all'improvviso mi avessero immersa in una ghiacciaia. Forse Natsume non aveva tutti i torti.
Mi scappò un sorriso nervoso, mentre il professore tornava a fissare il panorama. Mi concessi un sospiro di sollievo, pensando al nonno. Speravo tanto di ricordarmi la strada di casa, e mi era anche venuta una strana voglia di rivedere la mia cameretta: non sapevo se era rimasto tutto come l'avevo lasciato, ma dubitavo che avrei notato delle differenze, dal momento che non entravo lì da molto. Mi misi a fantasticare sulla settimana che avremmo passato insieme: sulle cose che avremmo potuto fare e mi appuntai una specie di elenco mentale per assicurarmi di non dimenticare nulla. Non sapevo neanche quanto mancasse all'arrivo ed ero sempre più in fibrillazione, senza che ne capissi precisamente il motivo. Ero sicuramente emozionata all'idea di rivedere il nonno, ma mi sentivo come se avessi dovuto sostenere una specie d'esame, forse perché ero convinta che fosse arrabbiato con me per essermene andata senza averlo consultato e per avergli lasciato come saluto soltanto una breve lettera. Lui aveva sempre tenuto particolarmente a queste cose, e sospettavo che, appena mi avesse visto, nonostante nelle sue lettere non ne avesse mai fatto menzione, mi avrebbe sottoposto a un corso intensivo sulle buone maniere che non era riuscito a trasmettermi in dieci anni di convivenza, con suo grande rammarico. Ma io, nonostante tutta la mia buona volontà, non riuscivo mai a ricordarle: erano troppo complicate.

Quando il professore mi chiamò, mi sembrava che avessi appena cominciato a contorcermi le mani, ma quando mi affacciai al finestrino e riconobbi il panorama, capii che era passata almeno qualche ora. Lo fissai, terrorizzata: non ero ancora pronta!
«Ci rivediamo qui tra una settimana esatta. Sono stato chiaro?» dichiarò glaciale, mentre l'unica altra cosa di cui ero cosciente era il tremore alle gambe. Annuii febbrilmente, cercando di aprire la portiera... ma c'era un problema: non avevo idea di come fare. Avevo la mano tesa verso la maniglia invisibile e mi domandai se ci fosse qualche trucco particolare per farla apparire. Avrei potuto scommettere che Hotaru o Natsume, in una situazione del genere, mi avrebbero detto “scema” e avrebbero aperto la portiera come se quello fosse stato il loro mestiere. L'unica altra persona a cui potevo chiedere mi terrorizzava. Deglutii, prima di aprire bocca.
«Ehm... non è che...» cominciai, suscitando il suo interesse. Mi incoraggiai, magari non era così freddo come l'avevo immaginato. «sa dov'è... la maniglia?» la sua espressione cambiò di colpo, e mi raggelò in un secondo.
«Esattamente sotto la tua mano.» guardai più attentamente e mi accorsi che aveva ragione. Risi nervosamente, precipitandomi fuori dalla macchina. Appena riaprii gli occhi, trovai la valigia proprio vicino a me e la macchina era sparita; ma fu quando alzai lo sguardo che mi resi conto che ero veramente arrivata a casa e che non ero più dentro l'Accademia. Era una sensazione molto strana: immaginavo di sentirmi come gli animali vissuti negli zoo che venivano rimandati nel loro ambiente naturale, ecco! Proprio come una scimmia.
Camminando, riconobbi la strada che facevo per tornare da scuola insieme a Hotaru quando eravamo piccole, e mi sentii come se non fosse passato neanche un giorno. Svoltai l'angolo, intravidi la casa del nonno e mi bloccai, come se tra me e il giardino ci fosse stato un muro di vetro. In effetti, diversamente da tutto il resto del villaggio, la casa del nonno aveva qualcosa di diverso: sembrava trascurata e pareva proprio che quel buco nel tetto fosse lì da molto tempo. Immediatamente, mi portai le mani al viso, terrorizzata: che il nonno avesse lasciato che tutto andasse in malora perché era disperato per la mia partenza? Come avevo potuto non considerare ciò che avrebbe potuto significare per lui non avermi più con sé? Cominciai a correre, chiamando il nonno a squarciagola: se aveva lasciato che la casa arrivasse a quelle condizioni, non riuscivo proprio a immaginare cosa aveva potuto fare a se stesso!
«NONNO!» spalancai la porta e lo spettacolo che mi si parò davanti era terribile: un disordine che in casa non c'era mai stato. Il nonno era sempre stato un tipo preciso: mi diceva sempre di rimettere al loro posto i giocattoli, una volta finito di usarli. E lui non aveva mai lasciato che neanche un qualsiasi oggetto fosse in un posto diverso da dove lui aveva deciso che dovesse stare, e adesso era tutto così... così... come se ci fosse passato un uragano. «Nonno? Nonno, ci sei?» non ricevetti risposta, e corsi in camera sua, preoccupata. Mi aspettavo di trovarlo nel suo letto, malato o qualcosa del genere, ma quando spalancai la porta, il futon era ripiegato vicino all'armadio e di lui non c'era traccia. Scossi la testa, disorientata. Pensai a tutti i posti in cui poteva essere, ma era tardi e tutte le piccole botteghe del villaggio erano chiuse. Inoltre, non c'erano negozi o supermercati, quindi dove poteva essere?
Tornai in cucina: magari aveva lasciato un biglietto per avvertirmi che partiva per un pellegrinaggio chissà dove, in fondo aveva sempre detto che voleva vedere il mondo. Mi avvicinai al tavolo con trepidazione, ma non c'era niente, né sopra, né sotto. Le finestre e le tende erano chiuse, come se la casa fosse stata disabitata da tempo. Cos'era successo al nonno? Pensai subito all'ipotesi di Natsume: che fosse davvero stato rapito? Se era così, dovevo subito avvertire la polizia! Forse anche a quell'ora avrei trovato qualcuno.

Quando arrivai davanti alla piccola stazione di polizia, in cui di solito c'erano tre poliziotti, le luci erano ancora accese e così entrai. Era una stanza abbastanza piccola con due scrivanie e una specie di ufficio separato dal resto da dei mobiletti bassi. Mi guardai intorno: neanche lì c'era anima viva. La paura che un gruppo di alieni avesse deciso di rapire tutti gli abitanti per fare su di loro degli strani esperimenti mi paralizzò. A giudicare dallo stato del posto, doveva essere stata anche una cosa recente. Non sapevo cosa fare: chi dovevo avvisare in casi del genere?
Una voce alle mie spalle mi fece sussultare: gli alieni stavano per rapire anche me? Chi l'avrebbe detto ai ragazzi in Accademia? E al professore che tra una settimana mi avrebbe aspettata inutilmente? «Che ci fai qui ragazzina?» sembrava stesse masticando qualcosa, pregai che non fosse mio nonno. Mi voltai, aspettandomi una forma di vita con la testa verde spropositatamente grande, come quelle che comparivano una volta ogni tanto sulle locandine dei film che vedevo occasionalmente sui giornali che portavano in Accademia, ma quello che avevo davanti era solo un normalissimo poliziotto. Sospirai di sollievo: qualcuno a cui potevo raccontare la tragica scomparsa del nonno!
«Ho bisogno di aiuto!» strillai, quando mi ripresi dalla paura. «Mio nonno è sparito!» la reazione non fu proprio quella che mi ero aspettata.
L'uomo sbadigliò, finendo di masticare la sua ciambella, si sedette alla sua scrivania e prese un foglio. Poi, con aria assonnata, afferrò una penna e tornò a fissarmi. «Quando e dove l'hai visto per l'ultima volta?»
«Beh...» ci pensai su: erano circa... «dieci anni, su per giù. Ed era a casa sua. Ora non c'è più!» improvvisamente, mi domandai perché suonasse così strano.
L'uomo si massaggiò una tempia, con la mano libera. Era simile al gesto che compiva spesso Natsume quando aveva un disperato bisogno di riprendere la calma. «Scusami, ragazzina... siamo qui perché tuo nonno non è a casa, giusto?» annuii con forza. «E mi stai dicendo che l'ultima volta che l'hai visto è stato dieci anni fa?»
«Esattamente.» risposi, dopotutto era giusto che confermasse le testimonianze.
«Senti...» si alzò e mi porse la mano. «vai a casa, eh? Insomma, se era vecchio, è possibile che possa essere... sai com'è... al cimitero.» Eh? Al cimitero? Il nonno?
«Ma non avrebbe motivo per andarci!» asserii, sconcertata. «Non ha nessuno da andare a trovare!» poi all'improvviso il significato della frase del poliziotto mi colpì come un pugno. «Ma... ma...» cominciai a balbettare, sentendo le lacrime pizzicarmi gli occhi: non era possibile! «Il nonn... il nonno...» mi aggrappai al braccio che mi offriva e cominciai a singhiozzare: il nonno non poteva essere morto! Non avrei mai potuto accettarlo, soprattutto perché i ricordi che avevo di lui erano quelli di un anziano davvero pimpante per la sua età. Non poteva essere morto!
«Che succede, Eichi?» fu una seconda voce sconosciuta a parlare, mentre la porta si richiudeva. «Oh, no! Non dirmi che anche lei è una delle tue fidanzate! Te l'avevo detto che non era una buona idea tenere il piede in più di una scarpa, ma tu non mi ascolti mai, vecchio...» si bloccò di colpo. «Oh... non è una di quelle, eh?»
Tirai su col naso e mi staccai dal suo braccio. «Sto cercando mio nonno.» magari lui ne sapeva qualcosa in più: non potevo smettere di cercare. L'altro poliziotto si grattò il collo, chiedendomi il suo nome, cosa che non mi era neanche venuta in mente di fare qualche minuto prima.
Risposi a tutte le sue domande, e iniziò a ridere come se qualcuno gli avesse appena raccontato la barzelletta migliore del mondo. Immaginai che fosse un buon segno, ma la tensione non era ancora passata.
«Accidenti, se l'avessi saputo prima ci saremmo risparmiati tutto il lavoro!» commentò, dandomi una pacca sulla spalla che ebbe il potere di spostarmi di qualche passo. «La casa stava andando a pezzi e un suo amico gli ha proposto di andare a vivere da lui e sua moglie, dato che hanno una casa molto grande; lui ha accettato perché era solo. È proprio sulla collina. Sono sicuro che lo troverai lì.»
Spalancai gli occhi per la sorpresa, mentre quelle parole uscivano dalla sua bocca: non avrei potuto sentire notizia migliore! «Grazie mille!» gli strinsi la mano che mi porgeva e uscii dalla stazione di polizia. Mi rilassai, improvvisamente: il nonno stava bene, non c'era più bisogno di preoccuparsi. Mi stiracchiai e partii alla volta della casa sulla collina, trascinandomi dietro il mio enorme bagaglio: forse Natsume aveva avuto ragione per quanto riguardava il peso.
Compresi solo più tardi quanto, effettivamente, avesse avuto ragione, e precisamente quanto vidi tutte le scale che avrei dovuto salire per arrivare al portone della villa. Erano quasi le sette di sera, e stavo per rinunciare quando, di nuovo, una voce dietro di me mi fece sobbalzare.
«Ehilà!» mi girai di scatto, trovandomi di fronte una ragazza un po' più grande di me con dei lunghi capelli castani. «Ti sei persa? Hai bisogno di aiuto?» sembrava molto gentile, e io avevo davvero bisogno di aiuto.
«Ecco... io sto cercando mio nonno, so che è venuto a vivere con degli amici che abitano lì.» le indicai la casa che troneggiava sopra di noi. Lei alzò lo sguardo, che si accese improvvisamente di comprensione.
«Oh, ma certo!» trillò, sorridendo. Mi prese per mano e afferrò il borsone, prima che potessi dire un'altra sola parola. «Tu devi essere Mikan, giusto?» rimasi interdetta per un attimo: lei come faceva a sapere il mio nome quando io non le avevo detto quasi niente? Cominciò a trascinare sia me che il mio bagaglio come due sacchi di patate, tutto alla velocità della luce. «Sai, tuo nonno parla un sacco di te, aveva detto che prima o poi saresti venuta a trovarlo. Ti aspetta da un bel po', sai?» sorrisi nervosamente. D'altra parte non ero mai riuscita a superare gli esami con il massimo dei voti, e le cose non erano proprio cambiate... «Scusami, che maleducata, non mi sono neanche presentata! Sono Harada Mitsuki, i miei nonni sono i proprietari di questa casa. A proposito quei due sono un po' rimbambiti perciò ti consiglio di chiamarmi per nome, altrimenti potrebbero confondersi.» scoppiò a ridere.
«Oh, certo!» avrebbe potuto insegnarmi come ci si comporta fuori dall'Accademia e potevamo anche diventare amiche! Sarebbe stato meraviglioso! «Molto piacere, Sakura Mikan!» mi resi conto solo dopo che l'informazione era completamente superflua, dato che lei lo sapeva già.
Quando arrivammo davanti alla porta, io avevo il fiatone e credevo di non ricordare come si respirava, mentre lei sembrava che fosse appena uscita da un centro benessere, esattamente com'era successo con Natsume quella volta in moto. Avevamo salito almeno cento scalini tutti di corsa. Mi appoggiai al muro, sicura che sarei caduta, esausta. Però era stato divertente!
«C'è nessuno?» gridò Mitsuki, spalancando la porta. «Nonno, nonna?» sentii un sacco di voci in lontananza, e immaginai che stessero guardando la televisione. «Sono di sicuro in cucina a giocare a carte.» sospirò, distruggendo la mia teoria. «Se anche questa volta mio nonno bara spudoratamente solo per essere l'unico a non portare niente alla festa di paese giuro che quelle carte le brucio nel camino!»
«C'è una festa?» domandai, incredula. Non che non ce ne fossero mai state, quando ci abitavo io, ma non c'ero quasi mai stata perché al nonno non piacevano e si spaventava a sapermi lì da sola o con qualcun altro che non fosse lui.
«Sì, la prossima domenica. Quest'anno ci siamo organizzati perché tutti portino qualcosa, e adesso di là sicuramente si stanno giocando a carte l'immunità. Ma mi sentirà quel vecchio scorbutico!» risi, mentre lei diceva quelle parole con un'espressione davvero decisa. Aprì violentemente la porta di cucina, facendo sobbalzare tutti i suoi occupanti. Erano più di dodici anziani che sedevano intorno al tavolo con delle carte in mano, ma la luce soffusa mi impediva di vederli bene tutti. «Che cos'è?» la voce di Mitsuki era veramente indignata, anche se io non ne capivo il motivo. «È poker, disgraziato di un vecchio? Come ti è venuto in mente?»
«Ci eravamo stancati di giocare a briscola.» protestò lui, alzando le spalle e tornando a rivolgere l'attenzione alle proprie carte. Vidi Mitsuki rimanere senza parole per qualche secondo. Scosse la testa, con espressione decisamente sdegnata, come se stessero facendo qualcosa di male. Non avevo idea di come si giocasse a poker, ma sembravano divertirsi parecchio: che poteva esserci di male? «Punto duecento yen!» e li gettò con un gesto sicuro al centro del tavolo.
«NONNO!» strillò di nuovo Mitsuki, riprendendo i soldi e rimettendoli vicino a suo nonno. «Ora smettetela. Abbiamo un'ospite e vi state facendo riconoscere subito. Questa non è la casa delle scommesse clandestine, è una cucina e io non permetterò che tu prosciughi le pensioni dei tuoi amici in questo modo. È chiaro?»
«Quali scommesse clandestine? È solo un gioco tra amici, niente di illegale!» sbottò l'anziano signore, alzando di nuovo le spalle, con noncuranza. «Tu ci rovini sempre il divertimento, e poi dicono tanto dei vecchi che sono bigotti!» poi si volse a guardarla, decisamente più interessato di prima. «Hai detto che abbiamo un'ospite?»
«Credo di averlo detto, sì. È Mikan, la nipote del tuo amico, ricordi? O a poker ti sei giocato anche il cervello?»
«Hai ereditato la lingua di tua madre.» commentò suo nonno, con una smorfia. «Se la nipote di Takuma è qui, non credi che sia il caso di mostrarle la sua stanza e farle fare un bel bagno? Che razza di padrona di casa sei?»
Mitsuki spalancò la bocca, se possibile ancora più indignata di prima. «Credevo semplicemente che prima volesse vedere suo nonno e sono felice del fatto che non si sia unito alla vostra cricca! Bene, dov'è?» a quanto pare sembrava una cosa buona che il nonno non fosse lì, anche se di quella discussione non ci stavo capendo davvero una parola. Mi limitavo semplicemente ad alternare lo sguardo dalla mia nuova amica a suo nonno.
«Ehm... ecco...» balbettò l'uomo, improvvisamente a disagio. Sperai che non fosse niente di grave. «Lui è... ecco...»
«Sono tornato! Ragazzi ho portato la rob...» quella era inequivocabilmente la voce del nonno, stavo per correre ad abbracciarlo quando vidi che si era praticamente pietrificato sulla soglia con una busta in mano. «Come va... Mitsuki-chan?»
Lei aveva una brutta espressione in viso, quasi il nonno l'avesse delusa profondamente e ora si stesse arrabbiando molto. Faceva paura quasi quanto JinJin. «Cosa c'è in quella busta, Takuma-san?»
Il nonno guardò la busta e poi di nuovo Mitsuki, dopodiché nascose tutto dietro la schiena. «Quale busta?» aveva l'espressione più innocente del mondo. Non avrei mai creduto che il nonno potesse comportarsi in maniera simile.
Mitsuki si massaggiò le tempie, come aveva fatto il poliziotto poco prima. Si voltò verso suo nonno, mordendosi il labbro inferiore. «Adesso mi dirai che vi eravate stancati dei sigari e che siete passati agli oppiacei?» l'uomo voltò lo sguardo verso il suo vicino che si stava accendendo un sigaro e fece finta di niente. «Dimmi che quelli non sono alcolici!» indicò il nonno.
«Di sicuro, quello è Takuma.» ci fu un attimo di silenzio dopo questa frase, e mi sembrò quasi la quiete prima della tempesta. La tensione era quasi palpabile, ma mi chiedevo per quale motivo. Quegli anziani signori erano così allegri e divertenti! «Hai visto, la mia nipotina ti ha riportato a casa la tua.»
Quasi mi ero dimenticata che ancora non ci eravamo salutati. «Mikan?» domandò il nonno, incredulo guardando in giro per la stanza. La luce, però, era troppo bassa perché potesse vedermi da dove si trovava. «Mikan è qui? Accidenti, proprio quando ho dietro la schiena un sacco di birr.. cioè... dove sei, cara?»
«Sono qui, nonno.» mossi le braccia per farmi vedere, mentre stavo per commuovermi di nuovo. Era tanto tempo che non lo vedevo, ma non sembrava cambiato di una virgola. Lui posò le birre a terra, facendo l'occhiolino al suo amico e venne verso di me con un sorriso. Lo abbracciai di slancio, mentre lui mi accarezzava i capelli.
«Ah, la mia nipotina!» disse, scoppiando a ridere. «Sei proprio cresciuta, accidenti! Che ti hanno dato da mangiare in quella scuola? Hai un sacco di cose da raccontarmi, signorinella e...» improvvisamente, mi sentii come se avessi immerso i pedi in una pozzanghera. «Che cavol...»
Abbassai lo sguardo, ancora offuscato dalle lacrime, troppo confusa per capire che stesse succedendo. Tuttavia, dalla busta che il nonno aveva portato con sé stava uscendo dello strano liquido che non sembrava acqua, ma sotto quella luce non avrei saputo dirlo con certezza. Aveva anche uno strano odore.
«Accidenti! Si è aperta una bottiglia!» fu il nonno di Mitsuki a parlare. «Mitsuki, che diamine, porta la ragazza a cambiarsi!» lei si limitò a sospirare, toccandomi un braccio e facendomi cenno di seguirla.
«Su, vai a riposarti cara.» mi disse mio nonno, dandomi una leggera pacca sulla spalla. «Appena torni ti insegnerò a giocare a poker!» sembrava una bella idea, dopotutto era un gioco divertente a giudicare dal loro stato d'animo. Forse era quello che aveva permesso loro di mantenersi così giovani dentro. Avrei dovuto parlarne con Natsume. Abbracciai di nuovo il nonno prima di seguire Mitsuki e, proprio prima che lei chiudesse la porta alle nostre spalle sentimmo un frammento della loro discussione:
«Devo aver urtato qualcosa mentre venivo qui... te l'ho detto che con le bottiglie di vetro può accadere più volte.» sembrava quasi un rimprovero da parte del nonno.
«Non importa. Sempre meglio dell'altra volta: Renji se l'è bevute tutte durante il tragitto!» fu la risposta di un altro di quei simpatici signori anziani.
«La prossima volta aspettiamo che quella scocciatrice torni a lavorare!» propose il nonno di Mitsuki. «Ci rovina sempre la festa!» questa affermazione suscitò una risatina da parte sua.
«Vecchi pazzi!» commentò Mitsuki, con totale disapprovazione. «Non hanno il fegato per reggere un succo di frutta, figuriamoci una bottiglia di sakè! Ci scommetto che ne avevano una ciascuno!» solo allora mi accorsi che la busta che prima teneva mio nonno adesso era nelle sue mani. Lei dovette notarlo. «Beh, almeno così non corriamo rischi, no? Hai presente che vuol dire avere dodici vecchi ubriachi in giro per una casa come questa? Dove dovrei andare a ritrovarli?» poi alzò le spalle. «Tanto passeranno almeno dieci minuti prima che se ne accorgano. Credo proprio che penseranno a pulire prima che arrivi mia nonna. Lei può essere molto pericolosa, in effetti.»
Mi sarebbe tanto piaciuto conoscerla immediatamente, ma non potevo andare in giro con quelle ciabatte completamente zuppe. Qualunque cosa ci fosse stata in quelle bottiglie aveva un odore pungente che pizzicava il naso.
«Allora, Mikan...» si volse verso di me, con un'espressione rilassatissima. «vuoi fare un bagno per riprenderti dalla stanchezza della giornata?» improvvisamente, quella proposta mi sembrò l'unica da prendere in considerazione, come se avessi l'impellente desiderio di vedere una vasca da bagno.

Quando uscii, avevo completamente perso la cognizione del tempo: l'unica cosa chiara era che era ora di cena, a giudicare dal buon odorino che proveniva dalla cucina. Quando entrai c'erano solo Mitsuki e un'anziana signora che pensai fosse la famosa nonna; stavano amabilmente chiacchierando, ma smisero, quando sentirono la porta aprirsi.
«Salve, signora. Sono Sakura Mikan, piacere di conoscerla.» salutai, sorridendo. Mitsuki mi fece un cenno con la testa, prima di sbadigliare. Mi sedetti accanto a lei, che aveva le braccia incrociate sulla tavola e la testa sopra di esse.
«Ciao cara! Sono Harada Midori, molto piacere.» mi rispose, mentre sistemava l'ultimo bicchiere sulla tavola. Sembrava una stanza completamente diversa da quella che avevo visto al mio arrivo. Era tutto perfettamente in ordine e la luce della lampada illuminava l'ambiente come se fosse stato giorno. «Mitsuki-chan mi stava raccontando della vostra disavventura con quei vecchi maniaci del gioco.» Io mi limitai ad annuire, anche se non riuscivo bene a collegare quei simpatici vecchietti alla parola maniaci. «E... quindi? Che fine ha fatto il sakè?»
«L'ho buttato, che altro?» l'espressione dell'anziana signora sembrava quasi dispiaciuta. «Non permetterò che in questa casa si ubriachi qualcun altro, nonna. Non voglio ripetere l'esperienza di Capodanno! Per settimane ho dovuto raccogliere vom...»
«Non è il caso di rendere noti i dettagli disgustosi, cara.» la bloccò sua nonna, con un sorriso nervoso. Mitsuki sbuffò, appoggiando il mento sopra la mano, quasi rassegnata.
«Io non so più cosa fare. Il nonno è completamente andato! Oggi giocavano a soldi!» sospirò, mugugnando qualcosa sui vecchi squinternati e tornò a fissare Midori-san, aspettando che dicesse qualcosa. Ma lei era occupata a cucinare. Mitsuki mi lanciò un'occhiata furtiva, a quel punto e con gli occhi mi indicò uno sportello di un mobile alle mie spalle. La guardai, in cerca di spiegazioni. Che stava cercando di dirmi? Si avvicinò a me un po' di più. «Lì dentro ci sono dei biscotti al cioccolato.» bisbigliò, guardandosi intorno, forse in cerca di orecchie indiscrete. «fatti in casa.» le sorrisi, annuendo, ma che avrei dovuto fare? Passammo un'infinità di secondi a fissarci. «Beh? Che hai? Aprilo e prendili!»
Spalancai la bocca, incredula. «Okay.» risposi, dimenticandomi di abbassare la voce. Mi tappai subito la bocca, ma Midori-san non sembrava essersi accorta di niente. Mi alzai, tentando di non fare rumore, ma inciampai nella gamba della sedia e, fortunatamente, il mobile frenò la mia caduta. Mitsuki non era riuscita a trattenere un urlo spaventato e sua nonna si era girata per controllare la situazione.
Mi guardò, spaventata, e mi alzai tentando di rassicurarla sulle mie condizioni di salute: dopotutto, non volevo che stesse in pensiero per me. «Vieni qui, cara.» mi indicò una sedia più vicina a lei dove potessi sedermi. «Non dovresti fare movimenti bruschi.»
«Questo non succederebbe,» iniziò Mitsuki, avvicinando una sedia al mobile. «se tu non nascondessi i biscotti in posti assurdi!» salì su di essa e si allungò per arrivare allo sportello.
«Mitsuki!» si allarmò subito Midori-san. «Scendi di lì, puoi farti male! E poi è ora di cena, non è il caso di prendere quei biscotti!» in effetti anche il nonno mi proibiva sempre di mangiare qualcosa subito prima di cena: diceva che mi rovinavo l'appetito. «A te neanche piacciono.»
«Non è il caso di fare tutte queste scene, ti pare? Hanno riposato abbastanza.» ribatté Mitsuki-chan, piccata. «E poi sarebbe scortese non offrirli a Mikan adesso che sa che li hai cucinati, no?»
«Ecco... veramente...» cominciò a balbettare lei, sempre più preoccupata. Avrei tanto voluto sapere se mi sarei comportata allo stesso modo con i miei nipotini. Forse era normale per i nonni essere così apprensivi. «Li prendiamo dopo cena, che ne dici?»
Mitsuki si voltò verso di lei, con la mano sulla maniglia. «Nonna,» esibiva un sorriso a trentadue denti. «mi stai per caso nascondendo qualcosa?» aspettava una risposta che non arrivò. Sentendosi autorizzata da quel silenzio, aprì lo sportello e si mise a gridare talmente forte che non capii quasi niente di quello che diceva, se non alcune cose come “alcolici”, “delusione” e poi “non me l'aspettavo da te”.
Quando si calmò, tornò a parlare normalmente. «Biscotti al cioccolato, eh?» riprese ancora una volta fiato, infuriata. «Buona scusa, dato che a me non piacciono. Non sarei mai andata a guardare! Non credevo davvero che ti saresti messa in combutta con quei furfanti!»
Midori-san la guardò, colpevole. «È stato tuo nonno a convincermi.» protestò poi. «Lo sai che sono contraria a queste cose.» Mitsuki scosse la testa e sospirò.
«Lasciamo perdere. Tanto ormai ho capito che è impossibile vincere contro dei vecchi che si alleano.»

Durante la cena Mitsuki rimproverò suo nonno per l'inammissibile comportamento, sembrava quasi una madre con i suoi bambini dispettosi. Lui si limitava ad alternare lo sguardo da lei alla televisione, sbadigliando di tanto in tanto. Era un vecchietto così buffo che era impossibile anche prendersela a male.
«Insomma!» sbottò lei, poi, andando su tutte le furie. «Puoi fare almeno finta che la cosa ti interessi?»
«Mitsuki,» suo nonno le parlò come se stesse per affrontare la discussione più seria di tutta la sua vita. «il fatto è che anche tu quando avrai la mia età avrai bisogno di sentirti giovane. Passiamo tutte le giornate a giocare a briscola da anni! Ci siamo stufati di bere sempre quella sottospecie di tè. Anche noi abbiamo bisogno del cambiamento.»
«Non sapevo che il mio tè ti disgustasse così tanto.» ribatté lei, offesa. «Avresti potuto dirmelo. Potevo comprare dell'aranciata.» lui sbuffò, come se l'ipotesi non dovesse neanche essere presa in considerazione. «Ah, certo!» riprese lei, facendomi sobbalzare per lo spavento. «Passare dal tè agli alcolici sembra la cosa più logica da fare, in effetti!»
«Adesso sì che capisci!» si alzò, stiracchiandosi. «Lasciamo stare. Io vado a dormire. Se ti sento urlare ancora un po'... credo che diventerò più sordo di quello che sono.»
«Già,» convenne lei, arrendevole per la prima volta in tutta la giornata. Quasi avevo creduto che non si sarebbe mai rassegnata dal riprenderli. In effetti potevo capirla benissimo: era solo preoccupata per loro. Chissà che quelle bottiglie che aveva trovato non facessero male alla salute... «anche io sono stanca di gridare.»
Midori-san sorrise, rilassandosi. «Bene, è il caso che andiamo tutti a fare una bella dormita.» non sembrava una cattiva idea. Ma era anche vero che con tutto quello che era successo quel giorno, non ero ancora riuscita a parlare col nonno per più di cinque minuti.
Ci sedemmo sul balconcino che dava sul giardino circostante. Tirava un venticello fresco che mi fece sentire improvvisamente meno stanca.
«Allora, Mikan...» mi incalzò il nonno, sedendosi vicino a me. Alzai lo sguardo su di lui e sorrisi. Mi sembrava impossibile che fosse davvero lì, a pochissimi passi da me, dopo tutto questo tempo. «racconta. Che cos'hai fatto da quanto sei andata via?»
«Mmh...» ci pensai un po' su. Dovevo riassumere più o meno dieci anni, e di cose ne erano successe parecchie. Decisi di cominciare dall'inizio, esattamente da quando avevo lasciato casa e poi continuai raccontandogli di tutto quello che avevo dovuto passare prima di diventare un membro effettivo della classe; tutto quanto, fino a che non ero riuscita a tornare a casa. Gli descrissi tutti i miei amici e gli mostrai le foto che avevo portato con me. Ci vollero un paio d'ore, ma lui non sembrò stanco neanche per un attimo, si limitava ad ascoltarmi. Mi soffermai in particolar modo su Natsume e su quello che aveva fatto per permettermi di tornare da lui, tentando in tutti i modi di fargli capire in che tipo di rapporti eravamo, senza riuscire a dirglielo direttamente.
Il nonno storse il naso, restituendomi il portafotografie che mi aveva regalato Hotaru. «Di' a questo tipo, per favore, di non allungare troppo le mani, non ha una bella faccia. Non mi fido, qualunque cosa abbia fatto per te. Ha la faccia da furfante.» mi limitai a ridere nervosamente. Non avrei mai associato Natsume ad una faccia da furfante. «Spero proprio che tu non gli dia troppa confidenza. Devi imparare a riconoscere le amicizie buone da quelle che non lo sono, Mikan. È quello che ho cercato di insegnarti tutta la vita.» all'inizio ci rimasi un po' male. Non avrei mai voluto che fosse questo il giudizio del nonno su Natsume, ma era anche vero che da una foto non si poteva cogliere davvero il suo carattere e che, a guardarlo e basta, magari poteva sembrare un po' scorbutico e il nonno aveva ingigantito un po' le cose.
«Non è come sembra. È gentile.» protestai, debolmente. Non riuscivo proprio a capire come associare la descrizione che aveva fatto il nonno al Natsume che conoscevo io. Non avevano niente in comune. Ma come potevo spiegarglielo?
«Stai attenta ai ragazzi come lui, Mikan. Fanno soffrire le ragazze.» mi mise in guardia, deciso. «Non dargli troppa confidenza, ripeto.»
«Ma nonno... io...» tentai di replicare, e quando vidi che aspettava che continuassi, improvvisamente il coraggio venne meno. Ma non potevo di certo lasciare che avesse un'opinione così sbagliata di Natsume. «ecco... noi... siamo...» con un cenno della testa mi invitò a completare la frase. Presi un respiro profondo, mentre il cuore mi batteva all'impazzata. Avevo il terrore di scoprire quale sarebbe stata la sua reazione. «siamo fidanzati.»
«CHE COSA?» avevo quasi paura che sarebbe svenuto, o che sarebbe corso a costruire una bambolina wodoo per pizzicargli la schiena a distanza. Si passò una mano sugli occhi, palesemente disperato. Avrei tanto voluto fare qualcosa per questo. «Dove ho sbagliato?» mi guardò, ed ebbi paura che potesse mettersi a piangere. «Dove ho sbagliato? Quale dei miei insegnamenti non hai recepito?» scosse la testa, apparentemente deluso. Mi sentivo davvero l'ultimo essere della catena alimentare. L'ultima cosa che volevo era deludere il nonno, ma a quanto pare c'ero riuscita in pieno. La cosa peggiore era che non avevo ancora capito perché. «Da quanto tempo dura?»
«Beh... ora che ci penso... è quasi un anno, ormai.» il nonno ripeté l'ultima parte della mia frase, come se dovesse realizzarne davvero il significato. «Nonno, tutto bene?»
«O santo cielo! È peggio di quel che credessi!» giunse le mani, sconcertato. «Dimmi almeno che gli hai detto di tenere le mani a posto!»
«Certo che gliel'ho detto!» protestai. Come dimenticare quando si era comportato da ficcanaso? L'espressione del nonno si rilassò, e sospirò di sollievo. «Aveva cominciato a rovistare nel cassetto delle mie mutande!» fu come se si fosse strozzato con del cibo. Diventò quasi viola. Mi preoccupai.
«MA È UN MANIACO, MIKAN!» gridò, e per un attimo pensai che avesse svegliato tutti i paesini vicini. «Devi liberartene, e in fretta! Prima che succeda l'irreparabile!» cosa avrebbe potuto esserci di irreparabile? Non era così male stare con lui, dopotutto. Lo sapevo che avrei dovuto portarlo con me per farglielo conoscere!
«Non esagerare, nonno!» cercai di calmarlo. «È tutto a posto. Non è successo niente di irreparabile, tranquillo.» lo diceva sempre lui che l'unica cosa a cui non c'era rimedio era la morte. Forse era questo che intendeva. In effetti, Natsume rischiava la vita ogni giorno, quando andava in missione.
Il nonno si rilassò definitivamente. «Sia ringraziato Dio!» soffiò, appoggiandosi allo schienale della sedia. «Non avresti potuto darmi notizia migliore, nipotina mia. Sono così fiero di te!»
Mi sentii improvvisamente leggera e felice. Ero contenta di non averlo deluso e del fatto che, finalmente, avesse capito e accettato il mio rapporto con Natsume. Il nonno, anche se a volte poteva dimostrarsi un po' burbero, era sempre stato comprensivo.
«Tu, però, devi ancora dirmi cos'hai fatto durante tutto questo tempo!» e così anche lui mi raccontò di quanto avesse borbottato sul fatto che me ne fossi andata e su quanto era stato contento quando Narumi-sensei gli aveva portato tutte le lettere che gli avevo scritto. Aveva avuto paura quando aveva visto l'acqua che quasi allagava la casa e poi era stata la volta del buco nel tetto. Finché il suo amico, Shinji-san, il nonno di Mitsuki non gli aveva offerto un posto a casa sua e lui aveva accettato di buon grado, dato che viveva da solo. Ero proprio felice che non avesse dovuto passare tutto il tempo che io ero mancata da solo. I nonni di Mitsuki dovevano essere delle persone davvero splendide ed erano anche simpatici!
Sbadigliai, quando il nonno finì il racconto. «Su, ora vai a dormire. Scommetto che questa giornata ti ha stancata molto.» mi aiutò ad alzarmi e mi diede una pacca affettuosa sulla testa. «Tanto abbiamo tutta la settimana, no?»
Sorrisi e annuii. «Proprio così. Buonanotte, nonno.»

La mattina dopo, mi svegliai davvero tardi. Per casa c'era davvero un gran trambusto e gli amici del nonno e di Shinji-san erano tutti indaffarati a fare qualcosa. Correvano da una parte all'altra della villa e non riuscivo a seguirli per quanti erano e per quanto erano veloci. Andai alla ricerca disperata di Mitsuki, in modo che potesse spiegarmi che stava succedendo, dato che il nonno mi aveva salutata e poi era scappato via. Speravo solo che non fosse una specie di malattia, non sapevo se dovevo cominciare a preoccuparmi seriamente oppure no. Aprii piano la porta di cucina, per non farla sbattere addosso a qualcuno che, eventualmente, si trovava dall'altra parte.
«Sì, sì...» sentii la voce di Mitsuki-chan e mi affacciai per vederla davanti ai fornelli, al telefono. «tutto bene, tranquilla. Sì, è andata bene. Te l'ho detto. Tutto... oh, buongiorno, Mikan!» mi salutò con la mano, mentre l'altra era impegnata col mestolo. «Aspetta, non ho capito... dove?» prese un foglietto di carta e cominciò a scrivere. «Soltanto una? Okay. No, tranquilla, posso pensarci io, nessun problema.» sembrava che fosse una telefonata importante. Ora che ci pensavo, non sapevo neanche che lavoro facesse la mia amica. «Posso tenerla per un po', in fondo si divertirebbe alla festa di paese. Starà bene...» sentii dei suoni confusi, erano le parole del suo interlocutore. «D'accordo quindi, ci vediamo lunedì. Buona giornata, capo.» attaccò, e ricominciò a mescolare il contenuto della pentola. «Dormito bene? Hai fame?»
«Sì... ecco...» balbettai, in cerca delle parole giuste da usare. Come spiegarle che in casa erano diventati tutti matti? «Cos'è... cos'è successo a...?» accennai alla porta con la testa e lei rise.
«Oh, beh... sai... quando ci sono feste in arrivo diventano sempre così. Tra qualche ora passerà l'euforia. Stanno rimediando le decorazioni per la piazza. Per l'ora di pranzo sarà tutto come prima.» annuii, cercando di convincermi che forse aveva ragione lei. «Mi preoccupa lasciarti da sola con quei tre, domani mattina. Devo fare una cosa per il mio capo.»
«Oh, giusto...» esclamai, sperando di non sembrare un'impicciona, come mi aveva detto Hotaru. «posso... posso sapere che lavoro fai?»
Lei mi sorrise, nervosamente. «È... complicato da spiegare. Lavoro... lavoro in un'azienda di... collocamento.» rispose, grattandosi il collo. Non avevo idea di cosa fosse un'azienda di collocamento, ma preferii non fare domande. «Devo... solo stare dietro a sua nipote per un po'...» mi fece un sorriso più rilassato e tornò a dedicarsi alla colazione. «Allora, hai fame?»
«Beh... in effetti...» balbettai, un po' in imbarazzo per via del mio stomaco che aveva cominciato a lamentarsi rumorosamente. Lei mi mise di fronte un piatto di frittelle dall'aspetto davvero invitante. Come avrei potuto rifiutarle?

*****

Intanto chiedo scusa per l'enorme ritardo XD, ma l'ispirazione è davvero dispettosa, e, se non c'è, la faccio venire a forza, perché questa storia deve finire assolutamente, la adoro ;). Per ora, anche di questo sono arrivata alla fine XD. Comunque penso di aggiornare (o quantomeno scrivere) più di frequente ora che, finalmente [!!!], sono iniziate le vacanze. Mi sono resa conto che l'ultimo capitolo non ha riscosso molto successo... speriamo di essere migliorati. Ditemi tutto, mi raccomando ;)

Risposte alle recensioni:

marzy93: ne deduco che non ne sei rimasta proprio entusiasta, a giudicare dall'ultimo commento XD. Dai, spero che con questo io sia ritornata in carreggiata, staremo a vedere :P
Annie Jackson: ben arrivata XD, nuovi recensori (manco io so come si dice al femminile, di preciso XD sono sempre stata indecisa tra recensora e recensitrice XD) sono sempre ben accetti! Sono contenta che ti sia piaciuta e spero che anche questo capitolo non sia stato da meno ;)

Inoltre, ringrazio tutte le persone che hanno inserito la mia storia tra i preferiti:

1. Erica97
2. Kahoko
3. mikamey
4. piccola sciamana
5. rizzila93
6. smivanetto
7. marzy93
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21. CarlyCullen
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23. neko_yuki
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E in particolare le new entry:

29. Annie Jackson
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Chi ha inserito la mia storia tra le storie da ricordare:

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11. marrion
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16. Bliss_93
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Per parcondicio, pure di qua ne abbiamo persa una XD:

1. 95etta

  
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