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Autore: Ashbear    22/06/2010    1 recensioni
Rinoa e Squall. Una storia per tutti coloro che non avrebbero mai voluto che la storia d'amore finisse. Nella buona e nella cattiva sorte, questa storia segue i primi quattro mesi della loro relazione. È il viaggio della scoperta, il viaggio che insegna.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rinoa Heartilly, Squall Leonheart
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo VI: Tempo di Cucire ~

15 aprile

Le mani di lui scostarono pian piano le dense erbacce, ed eccolo lì, inciso nel granito, che si ergeva come un guglia che s'innalzasse a liberarsi dalla terra. Le sue dita seguivano con dolcezza le incrinature mentre rimuovevano le tracce di anni di copertura. L'emblema appariva, scolpito nella roccia, altrettanto regale che se fosse stato forgiato dall'argento più puro. Il mausoleo era rimasto lì in quella terra sacra per più di un secolo, quasi dalla nascita del villaggio.

Si deterse il sudore dalla fronte e poi continuò ad usare il machete. A ogni rapido movimento riusciva a vedere una porzione sempre maggiore della struttura emergere dalle piante che l'avevano invasa. Stava venendo lentamente sepolta dal passare del tempo, ma lui aveva intenzione di farne la sua personale missione per mostrare il rispetto che il loro onore aveva meritato.

L'improvviso spezzarsi di un ramo dietro di lui lo fece arrestare a metà di un colpo. Senza preavviso si voltò e, con uno scatto del polso, lanciò il coltello. Quello fendette l'aria, roteando su se stesso finché la punta non penetrò il terreno con una precisione fenomenale.

Lei urlò, ma allo stesso tempo si sentì sollevare da terra da qualcuno. "Squall, lo sai che mi hai fatto morire di—"

Le parole si persero quando lui si piegò a chiuderle le labbra con le sue. E la paura che aveva provato quando era volata l'arma divenne immediatamente un lontano ricordo. Quando si separarono non poté fare a meno di ridere di quella situazione.

"Pensi che basti a salvarti?"

Mentre ancora la cullava fra le braccia, rispose irriverente, "già... era quello il piano."

"Gran bel piano," replicò lei, dandogli col dito un colpetto sul naso. "Adesso mi puoi spiegare perché ho camminato per un'eternità in miniatura per arrivare qui? Il biglietto diceva trecento metri... sono sicura che questo fosse più di cinque volte tanto."

"Non ho mai detto di essere bravo con le distanze," ribatté lui mentre la rimetteva con i piedi a terra. Abbassando lo sguardo si accorse delle scarpe che portava. "Rinoa, il biglietto diceva anche di mettere scarpe da tennis. Guarda un po' come segui bene le direttive..."

"Non cominciare Leonhart," rispose lei, e si voltò verso il grande edificio di pietra. "Che posto è questo? Mi stanno improvvisamente venendo dei vivi flashback della Tomba del Re Senza Nome."

"Vieni qui," disse, prendendole la mano e conducendola verso l'entrata.

"È questo?"

"Sì... è Griever." Posò la mano sul simbolo e tolse ancora dell'altro sporco.

Rinoa rimase accanto a lui, fissando il dettagliato emblema che le era diventato familiare in quell'ultimo anno. Sollevò la mano con cautela e intrecciò le dita con quelle di lui. Poi allungò l'indice, la punta dell'unghia sull'occhio del leone.

"È fantastico." sussurrò roca.

"No, è storia." Si voltò verso di lei, osservando i suoi occhi scuri seguire le curve del simbolo inciso. "È quello che io sono."

"Non... non capisco." Sorrise, anche se i suoi occhi non abbandonarono mai la pietra.

Alcuni grossi insetti le svolazzarono intorno e la distrassero momentaneamente. Per scacciarli dal viso Rinoa perse l'equilibrio e stava per inciampare all'indietro, ma una mano l'afferrò salda alla base della schiena, raddrizzandola su quel terreno accidentato.

"Questa è la mia Rinoa, che combatte i nemici più terribili del mondo con ai piedi un paio di sandali." Indicò una piccola radura lì vicino. "Ho bisogno di parlarti... Vieni, ho visto un posto laggiù."

Fece strada fino a trovare un albero caduto, e la sollevò sul tronco. Lei si sedette, sistemandosi e tenendosi in equilibrio con entrambe le mani. Lui si appoggiò contro l'albero, gli occhi ancora fissi su di lei; prese un respiro profondo prima di espirare lentamente, stanco per le fatiche della mattinata.

"Squall, va tutto bene?" Cercò di non apparire troppo nervosa, ma aver sentito la frase 'Ho bisogno di parlarti', che spesso aveva significato negativo, non era la cosa più confortante.

"Tutto bene." Scosse appena la testa, poi si tirò indietro i capelli con le mani. "È solo che..." Maledizione, queste cose non gli riuscivano. Gli dessero pure qualcosa da combattere, qualcosa da pianificare; bastava che non gli dessero qualcosa da dire...

"È una cosa che riguarda Griever?" Pregò solo che fosse qualcosa di quel genere. "Sul perché sia stato messo su una costruzione nel mezzo del nulla?"

"Sì, è così... non sta nel mezzo del nulla. È proprio qui che fu combattuta la battaglia."

"Battaglia? Una battaglia a Winhill?"

"Beh, in realtà 'un po' fuori' dalla città... come suggeriva il tuo commento di prima sul camminare."

Lei lo guardò, strizzando gli occhi per la sua replica sarcastica. "Ah ah."

"Stanotte ho cominciato a pensare a una delle nostre conversazioni. Beh, delle tue conversazioni in realtà... perché tu parlavi e io ascoltavo," aggiunse con un'ombra di sorriso, prima di sentire lei che gli dava di gomito. "Hai accennato ai tuoi nonni, quelli che ti hanno cresciuta a Timber dopo che morì tua madre. Sai, fino a poco tempo fa non volevo anche solo pensare ai miei genitori, figurati ai nonni. Come parlavi della famiglia del lato di tua madre... eri così orgogliosa. Voglio dire, hai cominciato a combattere in un gruppo di resistenza per quegli antichi legami... Gli unici legami che io abbia mai avuto erano al Garden."

Distolse lo sguardo mentre un gruppetto di merli si posava sulle estremità dei rami lì intorno. Sembrava che i raggi del sole stessero riuscendo a far capolino dalle fenditure delle nubi. Quando il calore iniziò a riempire la radura circondata dagli alberi, Squall colse l'opportunità per alzare gli occhi al cielo. Poi sentì un inconscio sospiro profondo venire dalla persona che sedeva pazientemente accanto a lui. Anche se lei non lo aveva spronato a riprendere il discorso, Squall spostò di nuovo lo sguardo su di lei, scrollando appena il capo in segno di scusa.

"Insomma, dopo che siamo tornati nelle nostre camere ho cercato di dormire... come al solito troppe cose mi giravano per la testa, e ho finito per provare a fare una passeggiata. Su una cosa almeno Laguna aveva ragione, non sono troppo entusiasti degli estranei che vagabondano senza motivo la notte. Sono tornato alla locanda e, chissà perché, mi sono seduto nell'ingresso. La donna che mi ha registrato all'arrivo si è avvicinata e ha iniziato a parlare di Raine. All'inizio volevo scappare, davvero, non volevo sentire niente di tutto quello. Poi ha iniziato a parlare dei genitori di Raine..."

"I tuoi nonni," soggiunse Rinoa, mentre cominciava a capire quale fosse la connessione con il mausoleo. "Leonhart, Griever... sono sepolti qui."

"Non l'ho mai saputo." Spostò di nuovo lo sguardo sull'edificio. "Voglio dire, tanto tempo fa mi dissero che l'anello e la catena erano della famiglia di mia madre. Ho fatto fare qualche altro ciondolo simile quando sono stato più grande, ma per me era solo un simbolo."

"Un simbolo figo." Rinoa si abbassò con aria quasi giocosa a prendere in mano il pesante monile che aveva al collo. Lui tornò a voltarsi verso di lei, e questa volta si permise di spostarsi direttamente di fronte alla ragazza, posando le mani sulle sue.

"Un simbolo molto figo," ripeté quasi meccanicamente. "Ma invece è di più, è quello che io sono. Credo di aver sempre pensato a questa figura come ad una rappresentazione della forza. In un certo senso lo è ancora... solo, in un modo che non avrei mai potuto capire. Era uno dei quattro originari simboli sullo stemma della mia famiglia; dopo che fu fondato il villaggio di Winhill, i miei nonni abbandonarono gli altri."

"Perché?"

"Prima della Prima Guerra della Strega e dopo la distruzione dell'Impero di Centra, da una disputa territoriale partì un conflitto. Anche se non fu mai dichiarata una guerra da parte del regime di Galbadia, ci fu una sommossa tra le due fazioni. Centinaia di persone morirono in battaglia, mentre altri si rifiutarono di prender parte ad una guerra in cui non credevano. Questi ultimi furono perseguitati per la loro decisione di non voler combattere. Emersero due uomini che condussero via gli oppressi per un lungo viaggio su per le montagne: e alcuni mesi dopo arrivarono e fondarono il Villaggio di Winhill."

"Grazie per la lezione di storia, ma questo esattamente cosa avrebbe a che fare con te?"

Lui le circondò la vita con le mani, sollevandola pian piano dall'albero prima di rimetterla a terra.

"Tutto... Il mio bisnonno era uno degli uomini che fondarono questo villaggio. Per quello che racconta la storia, il padre di Raine fu il primo bambino nato a Winhill. Il Griever è stato adattato dall'originario blasone galbadiano; le ali dietro furono aggiunte dopo per simboleggiare il volo verso la libertà."

"Oddio Squall, è incredibile... i tuoi parenti erano i padri fondatori... Aspetta, hai parlato di una battaglia, quale battaglia?"

"Quando si insediò il successivo dittatore di Galbadia, volle dare l'esempio ai colonizzatori. Mandarono truppe oltre le montagne, e anche alcune navi che li aiutarono a rafforzare le loro posizioni nelle acque circostanti. Sembra che un loro emissario vivesse qui all'insaputa dei cittadini, e sapeva dove stavano le loro debolezze."

"E allora attaccarono..."

"E fu tutto perché avevano accolto quello straniero... la cittadina non si risollevò mai completamente. Galbadia fece costruire una grande villa al margine della città. Quando Deling cominciò ad aver problemi con Esthar, ritirarono i loro interessi da qui. Winhill diventò territorio libero in teoria... ma tecnicamente ricade sotto il governo galbadiano. Visto che non aveva nessuna importanza economica, a differenza di Timber, è stata dimenticata. È stato solo l'anno scorso che hanno costruito la strada tra le montagne... quella per cui siamo arrivati."

"Penso che mi abbia appena insegnato più tu in cinque minuti che l'intero sistema scolastico galbadiano."

"Grazie," rise, appena udibile. Le afferrò la destra intrecciando le dita con le sue. Cominciò lentamente a riportarla verso il monumento; lei fu lì lì per scivolare un paio di volte, inciampando sulle radici che affioravano dal terreno. Quando raggiunsero la costruzione Squall si piegò ancora una volta a guardare l'incisione sulla porta di pietra.

"Mio nonno morì in battaglia, poi costruirono questo per la nostra famiglia."

Allungò la mano libera e percorse con i polpastrelli l'intaglio nel granito. E poi lei uscì dal disegno, tracciando un secondo paio di ali attorno a Griever - ali da angelo come quelle che portava.

"Magari posso aiutare a proteggerli," aggiunse, posando la testa sulla sua spalla.

"Grazie, Rinoa... grazie."

*~*~*~*~*

Rinoa aprì la borsa da viaggio, cercando qualcosa da mettersi. Si maledì per essersi sforzata di essere troppo pratica: normalmente un weekend fuori avrebbe previsto perlomeno una valigia, ma visto che era il primo viaggio con Squall... non voleva sembrare una di quelle donne che dovevano portarsi via tutto, incluso il lavello di cucina, per andare in vacanza.

La giovane strega osservò le due camicette che le erano rimaste, domandandosi quale presenza demoniaca l'avesse spinta a fare i bagagli alle quattro e mezzo della mattina. Guardò l'orologio e si chiese come stesse Squall: l'aveva lasciato da solo quel pomeriggio, era tempo per lui di riportare alla luce la sua stirpe... e al momento lei era soltanto una spettatrice nelle sue scoperte.

Mise entrambe le camicette sul letto, le studiò con attenzione. Quando non riuscì ad arrivare ad una decisione, seguì l'antica e onorata tradizione di 'ambarabà-ciccì-coccò'. Finalmente scelse la 'vincitrice', e si fece il promemoria mentale di ripensare il suo guardaroba una volta tornata a casa.

Mentre si stava abbottonando nella stanza risuonò un debole bussare. Sospirò, si guardò allo specchio tirandosi fuori i lunghi capelli dal colletto. Aperta la porta, si rese conto che lui si era cambiato rispetto ai suoi soliti abiti, visto che portava una maglietta scura e i jeans. Squall rimase fermo senza dire niente, lo sguardo diritto sulla sua blusa.

Alla fine ruppe il silenzio. "Bella camicia."

Rinoa sorrise, riflettendo, prima di notare che lui le stava ancora fissando il petto. Quando abbassò lo sguardo si accorse che nella fretta si era dimenticata i primi bottoni: era parecchio più scoperta del solito, e si voltò di scatto, imbarazzata per il suo errore.

Squall si portò la mano alla fronte, non riusciva a credere di aver detto quella cosa ad alta voce... e di aver perso momentaneamente la facoltà di distogliere lo sguardo da 'quella' parte del suo corpo.

Cavolo, cavolo, cavolo! Di' qualcosa di intelligente. Strusciò il piede sul pavimento di legno, pensando a un cambio di argomento appropriato. "Ho parlato con la proprietaria dell'albergo, mi ha segnalato un piccolo ristorante giù per questa via che è specializzato nel petto ripieno. Voglio... ehm... voglio dire... petto di pollo ripieno."

Se avesse potuto sbattere la testa contro il muro senza attirare ancora di più l'attenzione su di sé, l'avrebbe fatto. Quello che l'aveva traumatizzato era stato vedere Rinoa che si girava, assolutamente isterica: non stava facendo nessun tentativo di lasciar passare inosservato il suo scivolone, anzi, trovava spassoso quel suo momento da adolescente imbarazzato. Superandolo, lei gli diede un piccolo bacio sulla guancia ora rossa, e gli sussurrò, "meno male che non andiamo a nuotare."

*~*~*~*~*

Il ristorante era davvero tradizionale e ottimo come aveva detto la donna. Gli alti divisori tra i tavoli garantivano a tutti i clienti una certa privacy, e questo giovava all'atmosfera. I due sedevano ad un tavolo in fondo e stavano finendo la loro cena; sia Squall che Rinoa si erano misteriosamente tenuti alla larga dallo speciale piatto della casa del giorno... petto di pollo di Dollet marinato.

Per la maggior parte del tempo lui aveva parlato molto poco dopo essere tornato dal luogo della battaglia. Rinoa gli aveva fatto qualche altra domanda, a cui lui aveva replicato con risposte delle solite tre sillabe o anche meno. Era stato solo dopo che la cena era stata servita e quasi finita che aveva cominciato di nuovo a parlare liberamente.

A volte Rinoa veramente non capiva. Proprio quando sembrava aprirsi un po', Squall ricadeva nel suo vecchio modo di fare; era stato solo con pazienza e comprensione che era riuscito ad arrivare fino a quel punto. Eppure stasera le era chiaro che c'era qualcos'altro che lo turbava, da quella mattina a quella parte. Aveva avuto tutto il tempo per pensare, e ovviamente aveva pensato... scoprire su cosa avesse riflettuto sarebbe stato il difficile.

"Squall..." S'interruppe, chiedendosi quale fosse il modo migliore per dar voce alle sue preoccupazioni. Per qualche motivo, sentiva che se avesse formulato male le sue frasi lui avrebbe ricominciato a innalzare le sue barriere.

"Mmm?" Nel guardarla fece cadere un po' del suo drink attorno al bicchiere.

"Tutto bene?" Beh, forse alle volte l'approccio diretto era il migliore.

Gli venne fuori un suono che era quasi una risata mentre riappoggiava sul tavolo il bicchiere. "Sì sì... è solo stata una lunga giornata." Vide la cameriera che passava e le fece cenno di portare un altro drink. Sollevò un sopracciglio all'indirizzo di Rinoa, con uno sguardo interrogativo; lei scosse la testa per dire di no, e Squall le fece un mezzo sorriso in risposta. "Sapevi che in realtà i miei nonni ebbero due bambini? Mio zio morì quando io avevo più o meno quattro anni... era un ingegnere della prima torre di comunicazione di Dollet. Ironia della sorte, che il fratello di Raine avesse aiutato a costruire la torre che noi abbiamo quasi distrutto, eh?"

I suoi occhi erano pieni di tristezza mentre parlava dei suoi parenti al passato. Un pensiero mise in apprensione Rinoa, e forse l'unico modo di formularlo era affrontarlo direttamente.

"Squall... volevo chiederti, sembra che tu stia accettando piuttosto in fretta la tua eredità. Ti riferisci a loro come ai tuoi nonni, e parli di tuo zio... ma tua madre la chiami sempre 'Raine'. Non sono molto sicura di quello che sto cercando di dire..."

"Lo so," rispose quasi bruscamente, infilzando un pezzo di cibo con la forchetta. "Immagino sia più facile per me pensare di essere parte di loro... che di essere parte di lei. Rinoa, io l'ho vista... e... Raine, non ne avevo assolutamente idea."

Sentì una mano che gli toccava il braccio poggiato sul tavolo. Sussultò a quel contatto, ma poi si rilassò per la sensazione di conforto che racchiudeva. "Shhh, mi dispiace," lo fece tacere comprendendo come si sentiva. "Forse con il tempo."

"Non essere... tu hai tutto il diritto di domandare, di sapere." Abbassò la forchetta, trovò il coraggio di sostituire alla sua superficie metallica quella morbida delle dita di lei.

"Se vogliamo parlarci francamente, Rinoa, posso chiederti una cosa?"

"Certo," annuì, stringendo le dita attorno alle sue.

"Perché sei venuta qui con me? Non te l'ho mai chiesto per bene."

"Perché lo volevo," rispose più sinceramente che poteva senza però spaventarlo con un fardello di emozioni troppo forti. "Non devi sempre chiedermelo: sai che ci sarò. C'è tanta comprensione sottintesa fra di noi, e per me... questo adesso è più bello di sentire qualsiasi parola. Tempo, Squall... tutto ha bisogno di tempo." Si interruppe, sperando di non aver detto troppo. "Ehm... Squall... ora posso chiederti io una cosa?"

Lo sguardo di lui si sollevò lentamente dal punto in cui le loro dita s'intrecciavano agli occhi di Rinoa, dandole il suo tacito assenso.

"Perché hai deciso di tornare a Winhill così all'improvviso? Sono passati mesi da quando hai parlato con Laguna, e la tua è sembrata una decisione sbucata fuori dal nulla."

"Non lo era," confessò, spostando la mano di lei di nuovo sul tavolo, e semplicemente da quel suo modo di agire lei seppe che il ragazzo si stava ritirando in posizione difensiva. "Ci pensavo da un po'. Una cosa che mi ha detto la Madre mi ha fatto capire che era il momento."

"La Madre?" Non avrebbe voluto ripetere la parola ad alta voce, ma era sorpresa che Edea avesse qualcosa a che fare con quel loro viaggio. In effetti, non che Rinoa sapesse tutto quello che Squall faceva durante il giorno, e neanche la sera se era per questo. Si sforzava molto di lasciargli tutto lo spazio personale di cui aveva bisogno, ma normalmente avrebbe sentito di una cosa del genere, se non da Squall, allora da Cid.

"Sì... qualche settimana fa. È venuta da me mentre mi stavo esercitando, una sera. Io non avevo mai tirato fuori l'argomento; stavo ancora cercando di raccapezzarmi tra le cose."

"Capisco." E capiva davvero anche lei. Era contenta che lui riuscisse a parlare con qualcun altro oltre a lei. Non che Squall comunicasse solo a parole; c'erano altri mezzi, se uno sapeva come leggerlo.

"Se ho intenzione di essere un cavaliere... ci sono delle cose che devo affrontare."

Rinoa incrociò le braccia sul tavolo, strofinandosele con le mani. Le era venuto un freddo improvviso a sentire quelle parole pronunciate in un luogo pubblico. Non che normalmente ne parlassero spesso: per la maggior parte del tempo lei cercava di dimenticare di essere una strega. Sentirlo parlare della verità la trascinò di nuovo dentro ad una realtà - una che non era sicura di essere pronta ad accettare.

"Rinoa... non volevo sottintendere niente, sto solo dicendo..."

"Sì, che non siamo normali." La voce della ragazza assunse un tono più tagliente di quello che lui si aspettava.

"Cosa?" Si sporse sulla tavola e le mise una mano sulla spalla, carezzandola lievemente con il pollice. "Certo che siamo normali... abbiamo famiglie schizzate proprio come tutti gli altri." Cercò di alleggerire l'atmosfera con un raro tentativo di scherzare.

Lei ricacciò indietro una risatina bassa. "Perché non possiamo semplicemente essere normali? Saremo sempre strega e cavaliere? Non possiamo essere solo un fidanzato e una fidanzata? O Squall e Rinoa... solo persone che cercano di capire chi sono?"

Squall capì quello che stava dicendo anche se lei non aveva mai pronunciato quelle esatte parole. Rinoa odiava essere una strega - o odiava l'etichetta che di generazione in generazione era stata affibbiata a quel ruolo. Il suo desiderio più grande era semplicemente far parte di un gruppo, non essere tenuta a distanza da titoli messi a forza su di lei.

Squall si guardò intorno e tirò fuori il portafogli. Lasciò denaro più che sufficiente per coprire il conto e la mancia, e si alzò dal tavolo avvicinandosi a lei. "Vieni..." disse, guardandola negli occhi mentre gli tendeva la mano. Sembrava aver fretta di andarsene da quella parte più vivace della cittadina, e lei ebbe difficoltà a mantenere il suo passo. Dopo averla portata in un luogo dove c'era nessuno in vista si fermò e si voltò.

"Ascoltami Rinoa, io non voglio essere normale."

Si abbassò e le prese entrambe le mani, tenendole nelle sue, poi le avvicinò al petto di lei. Allungò l'indice per lasciare che il Griever pendesse tanto quanto permetteva la catena.

"Pensi che fossero normali, loro? Guarda cos'hanno fondato... guarda cosa ha fatto nascere questo simbolo."

Lasciò ricadere l'anello sul suo petto prima di ripetere il gesto con l'altro gioiello di platino che adornava la collana.

"Pensi che tua madre fosse normale? No, Rinoa, erano tutti differenti, ognuno a modo loro... il tuo è che ti ritrovi ad essere una strega... e questo ti rende speciale. Non voglio negare la parte di me che è il cavaliere, esattamente come non voglio negare quella parte di me che è il loro nipote."

Facendo ricadere il secondo anello lasciò andare del tutto le mani della sua ragazza. Fece qualche passo più in là, scuotendo la testa.

"Forse è per questo che ho parlato con la Madre. Forse ho parlato con lei perché non volevo fare gli stessi errori di Cid."

Era questa, capì Rinoa, la cosa che lo turbava. Forse, scoprendo la sua storia, si era all'improvviso sentito come se fosse predestinato in qualche modo a fallire. Si era sentito come se fosse condannato a ripetere gli errori di quelli che erano venuti prima di lui - fossero combattenti o cavalieri.

"Rinoa, quando tra due settimane me ne andrò a Trabia... come penserai a me?"

Sussultò al pensiero di lui che partiva, si sarebbe sentita così vuota senza averlo vicino. Anche se non passavano tantissimo tempo insieme c'era sempre il conforto di sapere che era lì se aveva bisogno di lui. Era il pensiero di incontrarlo per i corridoi o pranzare di corsa con lui alla mensa che la faceva andare avanti.

"Penserò a te come a Squall." Non sapeva bene quale tipo di risposta lui cercasse, o quale spiegazione dare. "Siamo normali, no? Immagino che non ci siano in giro molte diciottenni che hanno accanto apprendisti cavalieri."

"Già, perché poi c'è questo... quando... come? Come faccio a sapere quando non sarò più un apprendista? Ho provato a chiederlo alla Madre, ma non mi ha mai dato veramente una risposta diretta... e non voglio proprio parlare con Cid."

"Io penso che lo saprai," rispose, avvicinandosi e avvolgendogli le braccia attorno al collo. "Non è una cosa che uno possa far succedere con una cerimonia, è qualcosa che è dentro di noi. Io penso che sia esattamente come saprai quando sarà il momento di chiamare Raine tua madre."

*~*~*~*~*

Era troppo presto perché gli abitanti del villaggio fossero svegli. Le gocce della prima rugiada mattutina stavano appena cominciando a formarsi sull'erba lì intorno. Lui chiuse con cura la porta dell'albergo, assicurandosi di aver messo bene il chiavistello. La ghiaia si spostava ad ogni passo, ed era praticamente l'unico suono che si sentisse a parte i grilli. Con una mano teneva il suo thermos di caffè appena fatto, con l'altra trovò la maniglia della portiera dell'auto.

Entrando guardò la sua passeggera, che aveva già trovato una posizione comoda e stava di nuovo sprofondando nel suo mondo silenzioso del sonno; ma quando chiuse lo sportello il corpo di lei si mosse reagendo alla vibrazione della macchina. Lui girò la chiave e cominciò a tentare di trovare una stazione alla radio. Quando capì che la sua ricerca era vana, visto che l'unica cosa che si prendeva era un programma am sull'attuale tasso di riproduzione dei chocobo, fece scivolare un cd nello stereo.

Mentre ascoltava l'inizio della canzone fu sorpreso nell'accorgersi di quanto la sua esistenza girasse attorno alla musica... anche se non ne era sempre stato cosciente. Ora ogni volta che attaccava una canzone, ripensava ad un particolare punto della sua vita, in un modo che lo aiutava a ricordare quello che i GF avevano portato via.

Eppure le canzoni migliori erano quelle che gli rievocavano quest'ultimo anno - il nero, il bianco, e tutte le sfumature di grigio nel mezzo. Mentre la melodia risuonava in sottofondo, lui cominciò a mettere in moto la macchina, ma poi per ragioni inspiegabili si fermò. Era quasi quarantott'ore prima che si erano trovati in quelle esatte posizioni. Adesso sentiva di aver appreso un altro pezzo del puzzle che formava la sua vita. E proprio come due giorni prima, guardò la sua passeggera che se ne stava accanto a lui con le ginocchia ripiegate. La sua pelle non appariva pallida come l'altra notte, ma le ombre dei lampioni le colpivano il volto in maniera un po' differente.

Sospirò, allungandosi a scostarle dal viso i capelli spioventi. "Non dimenticherò mai questo weekend."

"Nemmeno io." Stavolta fu il suo turno di sobbalzare leggermente quando lei parlò.

"Pensavo dormissi."

"Invece no," rispose, aprendo solo un occhio per guardarlo. Squall riusciva a vedere il suo sorriso, e non poté fare a meno di ricambiarlo. Lei sollevò la mano per sfiorare piano la sua. "Hai afferrato quello che eri venuto a cercare qui?"

"Sì, e molto di più. Dovevo sapere chi sono io, prima di sapere chi siamo noi due."

"E chi sei?"

"Squall Leonhart."

*****
Nota delle traduttrici: nonostante la caratteristica della storia sia che ogni capitolo può essere letto come una oneshot a sé stante, questo e il precendete sono legati abbastanza tra loro:) Consiglio quindi a chi legge la storia come raccolta di oneshot di leggere prima il capitolo 5 e poi il 6, come se fossero un'unica storia. Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

   
 
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