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Autore: _Pulse_    25/06/2010    5 recensioni
In lontananza si sentivano i loro schiamazzi, finalmente Tom era riuscito a prendere Ale fra le braccia e lei stava cercando di liberarsi perché era bagnato. Sorrisi a quella scena e poi tornai a guardare Bill:
“Te lo saresti mai immaginato, tutto questo?”
“Ahm”, corrugò la fronte, guardando l’orizzonte, l’azzurro del cielo e del mare che si fondevano. “No.” Mi guardò e scoppiammo a ridere insieme.
E pensare che, davvero, tutto era iniziato per gioco… mi metteva i brividi.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nota: I Tokio Hotel non ci appartengono e con questo nostro scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendiamo dare una rappresentazione veritiera del carattere di questi quattro giovincelli, nè offenderli in alcun modo.

Ciao a tutti! :)
Eccola qua, finalmente è arrivato il giorno tanto atteso (più da noi che da voi, fidatevi xD) di introdurvi “Mistake of twins”!
Questa FF è una round, scritta dalle manine di Utopy e dalle mie (Non ci separiamo più ormai!). Essendo una storia scritta a quattro mani, appunto, ci siamo divise i capitoli (alternando, uno io e uno lei, uno io e uno lei e così via...) e per questo motivo le due protagoniste, che conoscerete presto, parlano entrambe in prima persona a turno, un capitolo una e un capitolo l'altra. E' anche comodo, perché si hanno entrambi i punti di vista! ;) (Chi ci conosce già sa che lavoriamo in questo modo).
Bene, detto questo... Ah, possiamo garantirvi che siamo superlegate a questa storia e ne siamo superorgogliose *-* È proprio una bimba per noi, quindi tratte tela con il dovuto rispetto ù.u
Okay, dopo gli atti intimidatori (xD), sfruttiamo il momento introduttivo per ringraziare Layla, Tokietta86 e BigAngel_Datrk che hanno recensito l’ultimo capitolo di “Incastrate”, la nostra prima figlioletta che rimarrà sempre nei nostri cuori. Grazie mille! :D
La foto che vedete qui sotto è un po' la "locandina" di questa FF, l'abbiamo fatta noi e speriamo vi piaccia :)
Ora non possiamo far altro che augurarvi una buona lettura e sperare che sia davvero apprezzata e piacevole, poiché presupponiamo che vi accompagnerà per tutta l’estate, se non di più.
Un Grazie anticipato a tutti, vi amiamo!
Le vostre, Ale&Ary.

   

 

Prologo

 

Aprii lentamente le palpebre, sentendo il sole battere su di esse, e mi guardai intorno. Come se tutto fosse un sogno, mi trovai a socchiudere le labbra, divertita.

“Provaci!? Tuo figlio non conoscerà mai suo padre!”, gridò Ale contro un Tom che sorrideva malefico, le braccia spalancate, tutto bagnato: era appena uscito dall’acqua cristallina.

“Ehi, guarda che mi serve!”, le gridai, ridacchiando, ma non parvero sentirmi, tanto erano presi a giocare come due ragazzini, nonostante non lo fossimo più da un pezzo.

“Dai Ale, è solo un po’ d’acqua!”, continuò Tom, avvicinandosi sempre di più a lei, che invece indietreggiava, fino a quando non si voltò e ridendo iniziò a correre a piedi nudi sulla sabbia.

Sentii un sospiro felice e mi voltai verso la mia sinistra, dove vidi Bill che si stava sedendo al mio fianco, un sorriso rilassato sulle labbra.

“Sono sempre i soliti bambini”, ridacchiò.

“Sì, è vero”, annuii felice. “E quando si sono baciati, ti ricordi?”, ridacchiai.

“Sinceramente non ricordo, io ero impegnato con te.”

“Cavolo se ero ubriaca quella sera!”

In lontananza si sentivano i loro schiamazzi, finalmente Tom era riuscito a prendere Ale fra le braccia e lei stava cercando di liberarsi perché era bagnato. Sorrisi a quella scena e poi tornai a guardare Bill:
“Te lo saresti mai immaginato, tutto questo?”

“Ahm”, corrugò la fronte, guardando l’orizzonte, l’azzurro del cielo e del mare che si fondevano. “No.” Mi guardò e scoppiammo a ridere insieme.

E pensare che, davvero, tutto era iniziato per gioco… mi metteva i brividi.

 

 

Capitolo 1: La festa

 

Mi passai le mani sui fianchi, stirandomi il vestitino nero che indossavo, e mi girai di traverso ammiccando allo specchio: quella sera sarebbe stato davvero uno sballo. Erano mesi che aspettavamo quella festa e finalmente era arrivata. Mancavano giusto poche ore e poi ci saremmo divertite così tanto da dimenticarci pure i nostri nomi.

“Sì Ary, sei bellissima come al solito, hai finito?”, mugugnò una voce che non avrei mai confuso nemmeno fra un milione. Perché era unica. Perché era la mia.

Mi girai e incrociai le braccia al petto, guardandola alzando il sopracciglio.
“Ci vuole tempo per queste cose, Ale! Voglio essere perfetta.”

“È tre ore che sei di fronte a quello specchio! Ha la nausea di te, fra un po’!”

“Beh, allora mi sa che si sentirà male quando vedrà te”, ridacchiai.

“Molto divertente.”

Ale si alzò dal letto sul quale si era spaparanzata aspettandomi e si mise al mio fianco, un sorriso dolce sulle labbra mentre iniziava a pettinarmi i capelli biondo cenere che cadevano lisci sulla schiena.
Io la guardai attraverso lo specchio, soffermandomi sui suoi occhi castani che in confronto ai miei, nonostante fossero identici, erano qualcosa di completamente affascinante.

Guardare lei era come guardare me, eravamo l’una lo specchio dell’altra e ogni volta che ci pensavo mi si riempiva il cuore di gioia, perché solo Dio sapeva quanto mi aveva resa felice facendomi nascere esattamente cinque minuti dopo di lei.
Non potevo nemmeno immaginare una vita senza di lei, la mia gemella, non era proprio possibile. Senza di lei non ce l’avrei mai fatta, era parte di me e togliermela sarebbe stato come strapparmi il cuore dal petto.

“Hai sentito Andy, alla fine?”, mi chiese distraendomi dai miei pensieri.

“Sì, ha detto che ci saranno anche Bill e Tom”, sogghignai passandomi la lingua sul labbro inferiore.

“Non fare quella faccia, pervertita!”, scoppiò a ridere, contagiandomi. “Tanto non si accorgeranno mai di noi, dai… Loro sono delle star internazionali ormai!”

“E dunque? È solo per divertirci Ale, nulla di serio! Ma ti pare?!”

“Come sempre. Tu ti vuoi divertire e basta. Quando metterai la testa a posto?”

“Ah, ti prego, non fare come mamma!”

“Non sto facendo come mamma… sono solo preoccupata per te!”

Mi girai e la guardai negli occhi, prendendole le spalle fra le mani:
“Preoccupata di cosa?”, sorrisi.

“Non lo so… Prima o poi succederà che ti incastrerai in qualche legame senza volerlo e potresti anche soffrirne…”

“Oh Ale, stai tranquilla! Non succederà mai. Ora aiutami a scegliere le scarpe, siamo in ritardo!”

Ale scosse la testa e mi guardò saltellare a piedi nudi verso la scarpiera, un sorriso da bambina sul viso.
“Non vorrai davvero mettere le All Star, vero?”, chiese ridacchiando; io mi bloccai con la mano su quelle scarpe, colta in flagrante. “Non si intonano per niente con il vestito.”

“Ok, ho capito”, sospirai prendendo degli stivaletti di pelle nera con il tacco.
Me li infilai e dopo un ultimissimo veloce controllo al trucco nero intorno agli occhi, scesimo di sotto, dove trovammo Davide svaccato sul divano a guardare svogliatamente la tv.

Il nostro fratellone. Era più grande di noi di quattro anni: lui ne aveva ventidue e noi ne avevamo appena compiuti diciotto. Finalmente maggiorenni! Quello per noi sarebbe stato l’ultimo anno di liceo e poi ce ne saremmo andate da qualche parte in America, forse a Chicago, o ancora meglio a New York. Sempre se tutto sarebbe andato secondo i piani.

“Non esci stasera, Dave?”, chiesi mentre Ale mi passava il cappotto: eravamo davvero in ritardo!

“No, Marika ha la febbre.”

“Oh, capito. Allora possiamo prendere la tua macchina?”

“Sì, ma voglio che torni intatta, chiaro?”

“Cristallino come la rugiada all’alba!”, alzai i pollici sorridendo.

“State attente bambine, divertitevi!”

“Sì, mamma”, cantilenò Ale, prima di trascinarmi alla porta e di uscire nel buio della sera.

“Guido io!” Mi catapultai al posto del guidatore ed emozionata misi le mani sul volante.

“Ricordi quello che ha detto Dave? La rivuole intatta. E l’ultima volta che ti ho lasciato guidare siamo finite addosso ad un palo della luce dopo nemmeno quattro metri!”

“Dai Ale, non l’avevo visto!”, sfarfallai le ciglia tendendo la mano verso di lei, che si arrese e mi diede le chiavi.

 

***

 

Eravamo arrivate alla festa in perfetto orario, ero stata brava a guidare quella volta: il cofano non si era schiantato contro nessun palo della luce. Ero orgogliosa di me.
Avevamo fatto gli auguri ad Andreas, il festeggiato, che conoscevamo da qualche anno a quella parte ormai, e poi ci eravamo guardate intorno cercando le nostre due prede, ma di loro ancora nessuna traccia.
“Arriveranno, non vi preoccupate!”, ci aveva detto lui ridendo, e io ero davvero impaziente.

Ora, fra suoni, luci, colori, avevo perso di vista mia sorella. Anzi, avevo perso prima la vista che lei: vedevo doppio. Forse avevo sbagliato a prendere tutti quei cocktail di fila nell’attesa. Lei me l’aveva detto… Ma io, cocciuta, non l’avevo ascoltata.
Volevo divertirmi senza essere rimproverata né controllata da nessuno, tantomeno da lei. La mia metà avrebbe dovuto capirmi!

Mi girai di scatto, travolta da un ragazzo alto e dai capelli corvini che gli sparavano sulla testa in una cresta di almeno quaranta centimetri.
“Ehi, stai attento, maleducato!”, strepitai sentendo delle forti fitte alla testa: quella sbornia non sarebbe passata tanto in fretta.

“Scusa, non ti ho vista”, disse il ragazzo, voltandosi verso di me.

Vedevo due volte il suo bel viso androgino, erano addirittura quattro i suoi occhi nocciola contornati da ombretto e matita neri. Sembrava un alieno!
Mi trovai a ridacchiare a quel pensiero: in effetti gli mancavano solo le antennine verdi e sarebbe stato perfetto!
Qualcosa mi diceva però che non veniva da Marte, e dopo averci pensato un po’ su mi resi conto che quello era proprio Bill Kaulitz. Era tutta la sera che cercavo con Ale i due gemelli Kaulitz, senza successo, e quando per un momento avevamo lasciato perdere la nostra caccia il minore si presentava di fronte a me? A saperlo prima!

“Tu sei bella ubriaca, eh?”, ridacchiò.

“Ma va’, che dici?!”

Qualcun altro mi passò accanto e io traballai pericolosamente, ma Bill fece in tempo a sorreggermi per un braccio, aiutandomi a non fare una figuraccia. Ero pure sui tacchi! Colpa di mia sorella.

“Magari un po’ d’aria fresca ti farebbe bene”, ridacchiò di nuovo, portandomi fuori con sé. Che ci trovava di tanto divertente? Mi ero persa forse qualcosa?

Uscimmo fuori dal locale e all’arietta fredda della sera venni percossa da un brivido che mi riportò almeno in parte alla lucidità.

“Conosci Andreas?”, mi chiese appoggiandosi alla parete dietro di sé, le mani in tasca.

“Sì! Dalle superiori! Cioè, quando noi eravamo in prima lo conoscevamo di vista, nei corridoi, al bar… robe così… Poi, a metà della seconda, un suo amico ci ha presentati, in un pub, e siamo diventati amici amici! È stato anche il mio ragazzo per tre… quattro… forse cinque giorni… Quel biondino così carino… Ma eravamo troppo diversi… Impossibile che durasse! E così ci siamo lasciati… Era troppo possessivo… Ma ora siamo ottimi amici! Non vi ha mai parlato di noi? Strano!” Parlavo sempre tanto, ma quando ero ubriaca diventavo proprio logorroica!

“Di voi chi, scusa? Mi sa che ho perso un pezzo.”

“Di me e di mia sorella!”

“Aspetta… Non mi dire che tu e tua sorella siete le gemelle pazze di cui ci parla sempre!”

Corrugai la fronte, poi annuii scoppiando a ridere. “Siamo noi!”, gridai alzando le braccia al cielo. “Ahia, mi gira la testa…”, mugugnai subito dopo e conclusi in bellezza cadendo fra le sue braccia, che per fortuna mi sorressero.
Sollevai il viso verso il suo e sorrisi prima di baciarlo sulle labbra fresche e carnose, prendendolo alla sprovvista.

Bill mugugnò e si allontanò un po’: “Ma che fai?! Non so nemmeno come ti chiami!”

“Arianna. Sì, Arianna”, ridacchiai lasciandogli tanti bacetti asciutti sulla bocca.

“E sei ubriaca!”, continuò prendendomi per le braccia.

“E quindi?”

“E quindi domani non ti ricorderai assolutamente nulla!”

Sogghignai. “Nah… come posso dimenticarmi il tuo bel visino? E poi che ti importa? Non ci pensare ora…” Chiusi gli occhi al contatto con le sue labbra e Bill quella volta ricambiò, forse convinto dalle mie parole, forse notando che era pur sempre un’occasione per divertirsi un po’ senza troppi pensieri.

Portò le mani calde e sulla mia schiena e sorrisi, in un attimo di lucidità, pensando che alla fine ce l’avevo fatta a raggiungere il mio scopo: divertirmi fino a dimenticare il mio nome. Avevo seri dubbi sulla mia identità con tutto quell’alcool nel sangue.

“Ho trovato tua sorella!”, sghignazzò qualcuno all’entrata dal locale, poco distante da noi.

Bill si staccò velocemente e girò il viso verso destra, aprendo e chiudendo la bocca come un pesce fuor d’acqua, shoccato.

“Ah, eccoti qua!”, tuonò una voce che invece riconobbi all’istante: Ale. Ora capivo il perché dello shock di Bill: si era trovato la mia gemella davanti, senza ricevere prima nessun avvertimento.

Mi girai e la guardai, una nana in confronto al ragazzo che aveva accanto, che una volta messo a fuoco lo identificai come Tom Kaulitz, il fratello del mio divertimento.
“Oh, hai trovato il tuo Kaulitz!”, ridacchiai aggrappandomi di più a Bill per non perdere l’equilibrio.

Ale si irrigidì e mi guardò male arrossendo lievemente sulle guance, mentre il ragazzo al suo fianco tratteneva a stento le risate.
“La festa è finita, sorellina”, disse severa strappandomi dalle braccia di Bill, a cui rivolse un sorriso imbarazzato.

“Ma io mi stavo divertendo!”, piagnucolai mentre mi portava con la forza alla macchina.

Prima che riuscisse a farmi sedere sul sedile del passeggero, ad allacciarmi la cintura e a chiudere la portiera, salutai Tom con la mano, un sorriso malizioso sulle labbra. Poi rivolsi la mia attenzione a Bill, al quale feci segno di chiamarmi portandomi la mano all’orecchio.
Ale scosse la testa e accennò un saluto ai ragazzi, aprì la portiera e senza nemmeno rendersene conto la fece schiantare contro quella della macchina accanto, lasciandole una riga di vernice blu sulla carrozzeria grigio metallizzato.

“Merda”, sbuffò innervosita, poi si mise al mio fianco e sbattè la portiera con un rumore sordo che infastidì i miei timpani in quel momento molto più sensibili del solito.

“Che c’è Ale, non ti sei divertita?”, chiesi con un sorrisetto ebete. Lei borbottò qualcosa infastidita e sgommò via.

 

***

 

Tom si avvicinò al fratello e guardò assieme a lui la macchina delle gemelle allontanarsi e voltare l’angolo scomparendo alla sua vista. Bill, le mani nelle tasche, scosse la testa e ridacchiò.

“Perché ridi?”, gli chiese il maggiore.

“Perché non mi ha dato il suo numero, come faccio a chiamarla?”

Si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere.

   
 
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