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Autore: Cristina Black    03/07/2010    3 recensioni
Quella che vi voglio offire è una versione parallela della saga che tutti conosciamo, partendo da quando Bella decide di saltare dalla scogliera in New Moon. Piccole ma decisive modifiche nei comportamenti e nei ragionamenti, cambieranno il suo destino. Una Bella che vede i suoi rapporti sentimentali in modo diverso, come molte di noi avrebbero voluto. La domanda che caratterizza questa nuova versione è: come sarebbe andata, se Bella avesse fatto un’altra scelta? Spero vi piaccia!!
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward, Bella/Jacob
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più libri/film
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    Il sole era appena spuntato da dietro le nuvole bianche, e i suoi raggi erano insolitamente nitidi e luminosi, in questa domenica di settembre.

    La luce filtrava da dietro le tende dorate della nostra camera da letto, mentre il cinguettio degli uccellini accompagnavano il mio risveglio.

    L’aroma di cafè invadeva la stanza come ogni mattina. Forse era proprio questo che mi svegliava, come capitava a Charlie quando ero io a preparare la colazione.

    Più di ventisei anni fa.

    «Buongiorno raggio di luna», sentì sussurrare dolcemente al mio orecchio. La sua voce rauca non mancava mai di salutarmi appena sveglia.

    Mi voltai verso di lui con il solito sorriso appagato sulla faccia, scoprendo le rughe che rendevano il mio viso stranamente più interessante.

    «Buongiorno raggio di sole», rispondevo sempre. Era diventato una specie di rituale. Ma l’ispirazione me la dava lui, ogni mattina.

    Non c’era altro modo di descrivere Jacob, se non paragonandolo al sole.

    Il tempo non ha potuto nulla contro il calore del suo sorriso, nonostante le rughe gli inconriciassero il viso bronzeo.

    Stava li, al mio fianco come da quasi trent’anni, con il gomito sul cuscino e la grande mano che gli reggeva la folta chioma di capelli di seta nera, con qualche timido capello bianco appena accennato. Le lenzuola bianche creavano un invitante contrastro con la pelle ramata del suo petto nudo.

    Nonostante i suoi quarantadue anni suonati e le limitatissime trasformazioni nel lupo dal pelo di un rosso lievemente sbiadito, i suoi pettorali erano ancora in grado di stimolare il mio desiderio. Come tutto il resto del suo corpo.

    Mi morsi il labbro avvicinandomi a lui con aria maliziosa, mentre Jake allargò il sorriso e mi avvolse con l’altro suo braccio.

    «Ma non ti stanchi mai?», mi sussurrò.

    «Senti chi parla», ribattei mentre sentivo la sua mano scivolare sotto le lenzuola e cercare la mia biancheria intima.

    Rise e iniziò a baciarmi e a rigirarmi sotto di lui. Com’era accaduto per tutta la notte.

    Ci eravamo allenati parecchio, in questi anni, e ormai conoscevo i suoi punti deboli, come lui conosceva i miei.

    D’improvviso sentimmo un tonfo provenire dalla mia vecchia stanza. Io e Jacob ci guardammo negli occhi e sospirammo.

    «Reneah», sbuffammo all’unisono. Uscimmo dal letto e ci infilammo qualcosa addosso.

    Aprimmo la porta e vidi la folta chioma di nostra figlia che le copriva le spalle, sdraiata sul letto e avvolta dalle coperte. Innaturalmente immobile, la finestra aperta come al solito.

    D’improvviso la nostra attenzione venne attirata dalla corsa su per le scale di un passo pesante.

    «Ti ho beccata questa volta! T’ho vista arrampicarti sull’albero ed entrare dalla finestra!», sbraitò Charbill irrompendo nella stanza e sovrastandomi con il suo metro e ottantasette. Era un gigante di diciotto anni, dai capelli castani e riflessi rossicci come i miei, gli occhi neri e profondi come quelli di Jacob, e la pelle di una strana tonalità di oro.

    Esageratamente muscoloso e ovviamente licantropo.

    Come si era supposto, Jacob aveva trasmesso il suo gene a nostro figlio, scattato dalla costante presenza dei Cullen. Ma non obbediva ad alcun ordine. Casomai era lui ad impartirne agli altri del suo branco, composto dai figli di Sam, Jared, Seth e gli altri. Era l’erede di Jacob.

    Era il maschio Alpha, dal pelo dorato con striature marroni sul muso e sul dorso.

    E il caso della vita ha voluto che avesse l’imprinting con Leah Clearwater. Infatti lei era rimasta giovane, nella speranza di poter sfogare la sua perenne frustrazione dando la caccia ai pochi vampiri che riuscivano a penetrare le difese dei Cullen.

    «Brutto lupo spelacchiato e spione!», tuonò Reneah voltandosi di scatto ed incenerendolo con lo sguardo. Era ancora vestita da capo a piedi. Non riconobbi nemmeno uno dei capi che indossava.

    Le visioni di Alice di ventisei anni fa, erano incredibilmente verosimili.

    Era identica a me. Ma molto più bella, a parer mio.

    Gli stessi occhi color cioccolato miei e di mio padre, lo stesso viso a forma cuore, lo stesso groviglio di capelli e la stessa testardaggine. Da Jacob, aveva preso il nero corvino della chioma, il sorriso solare, la pelle lievemente ramata e il calore che avvolgeva chiunque entrasse nella sua sfera.

    «Basta ragazzi», disse Jacob. «Avanti, che hai combinato questa volta signorina?», domandò spazientito alla mia fotocopia migliorata.

    Lei aggrottò le sopraciglia. «Sono andata ad una festa, e ho fatto un po’ tardi. Tutto qua», rispose con la sua voce delicata e innocente.

    Charbill brontolò qualcosa d’incomprensibile.

    «A dare spettacolo in una bella casa tra i boschi, inaccessibile dagli esseri umani, giusto?», continuò Jacob con le braccia incrociate.

    Reneah fece spallucce con aria indifferente. «Non ricordo».

    «Come sta Alice?», domandai interrompendo l’interrogatorio.

    Sentì le fiamme degli occhi di Charbill su di me. Da sempre avevo preso le parti di mia figlia per lasciarle frequentare i Cullen. Era un toccasana per loro. Aveva riportato la vita e il calore nella loro famiglia, già dalla tenera età.

    E sospettavo che si fosse presa una cotta per Edward.

    «Divinamente come sempre! Quella vampiretta è la sorella che ho sempre desiderato! Altro che questo zoticone di mi fratello. E Rosy! Il mio modello di bellezza! Alice ha realizzato un paio di modelli che ho disegnato durante l’ora di spagnolo e le stanno d’incanto! Questo vestito invece me lo hanno comprato quando siamo uscite a Seattle! Che meraviglia!», disse tradendosi da sola con ogni parola. Non resisteva a raccontarmi tutto di loro, dato che andava a trovarli molto spesso, ed eravamo complici. «Edward poi si diverte un mondo a leggere i miei pensieri. Dice che in testa ho un vero e proprio caos. Spesso si confonde anche lui», raccontò divertita e con le guance scure lievemente imporporate.

    Ridemmo entrambe, ignorando gli spettatori particolarmente irritati.

    «Papà, non ne posso più di fare da balia a questa stupida. Le ho persino imposto un ordine Alpha ma non ha funzionato. Che devo fare?», domandò esasperato Charbill.

    Anche se non sembrava, voleva un bene incredibile alla sorella. Aveva paura si facesse male.

    Jake scoppiò in una risata fragorosa che mostrava i solchi segnati ai lati della bocca piena. «Ma è ovvio che non ha funzionato, stupido Mr Muscolo! Non è mica un lupo come noi. Più che altro è una bella gatta da pelare, figlio mio», disse posando una mano sulla sua spalla e mordendosi le labbra pensieroso. 

  
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