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Autore: Looney    13/07/2010    5 recensioni
Voi credete agli angeli? Bene, se avete risposto sì a questa domanda allora non poteva essere meglio. La storia in questione narra appunto di un angelo meraviglioso, costretto a sopportare la vita, che viene salvato per caso da una ragazzina umana dal cuore d'oro nella sua stessa identica situazione, diventandone così il migliore amico. Lei non sa però che il piccolo angelo da quel momento in poi ha un grande debito da saldare ed a distanza di ventuno anni dal loro primo incontro si presenta di fronte a lei con una misteriosa sorpresa, la quale ricompenserà la donna della sua fedeltà nei confronti dell'angelo. E allora voi chiederete, cosa c'è di strano in tutta questa storia? Gli angeli non possono fare regali agli esseri umani? Certo che possono. Ma i regali degli angeli non sono come i nostri... Bene, dopo questa breve presentazione spero di aver infuso un po' di suspense in tutti voi, questa storia sarà abbastanza lunghetta e coloro che si impegneranno nel leggerla lo devono sapere per non cadere in uno stato di trance nervoso!!XD è robetta leggera, non preoccupatevi per questo, ma mooolto interessante, fidatevi!!;) Come titolo ho usato una canzone meravigliosa che amo moltissimo, Will You Be There appunto, ma non c'è un legame preciso con ciò che andrò a raccontare nella FanFiction, mi ispirava la canzone tutto qui!!^^ E naturalmente il co-protagonista indiscusso sarà il nostro splendido Michael, attorniato da personaggi bizzarri ed una ambientazione decisamente particolare... Curiosi, eh??^^ Se avete coraggio iniziate a leggere il primo capitolo!!**
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Will You Be There '
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                                You Must Be An Angel

 

                                       (E non è tutto…)

 

“Sei sicura di volerglielo dire proprio ora?”

“E quando, sennò? Se continuo a rimandare, non glielo dirò più!

“Ma se ne accorgerà comunque, Katie! In fondo, la pancia deve pur crescerti tra qualche mese…

“Non parlarmi della pancia, altrimenti mi sento male! Come farò a scuola, in giro per la città, a casa mia

“In questo momento la pancia è il problema minore: si tratta solo di far conoscente tua madre della tua gravidanza! So che non la prenderà bene…”

“Si darà la colpa per la mia imprudenza, e cadrà nella depressione…

“Non dire così, tua madre non ne sarebbe capace!”

“Tenterà di suicidarsi, Sandy!”

“Ma chi te lo dice?”

“Lo dico io, cazzo! Tu non conosci mia madre: si dispererà inutilmente quando verrà a sapere che sono incinta, e non mi farà più uscir di casa per il resto dei miei giorni! Sai che è terribilmente protettiva, non si darà pace finché non avrà capito perché è successo quel che è successo

“E se invece la prende bene?”

“Non la prenderà bene, maledizione!”

“C’è sempre una possibilità, Katie! Ora tu ritorni a casa, e le dici chiaro e tondo che sei incinta!

“Non mettermi ansia, so perfettamente quello che devo fare!”

“Ed allora fallo

“Aspetta un secondo”

“Cosa c’è?”

“Come glielo dico?”

“Potresti prenderla da una parte, e cominciare immediatamente, senza tanti preamboli. Però, mi raccomando, guardala in faccia mentre le stai parlando: capirà che ti fidi di lei, e che non aspetti altro che ti dia qualche consiglio su come affrontare la tua situazione nel migliore dei modi. Dopotutto lei ci è passata prima di te, e saprà rassicurarti alla perfezione

“Okay. Però c’è un altro problema, Sandy…”

“E cioè?”

“Vorrà sapere… Insomma… Chi è stato…”

“E tu glielo dirai. Non c’è nulla di più semplice!”

“Sì, ma…”

“Fidati di me, Katie. Scommetto che non farà commenti poco ortodossi su Joe. Tua madre non è il tipo per queste cose”

“Lo so… Bene, allora vado…”

“Vai, con forza e coraggio!”

“Lo spero!”

 

Possibile che il 31 di ottobre facesse un caldo tremendo?

Okay, abito a Los Angeles, una delle città più assolate di tutto il mondo, ma mi pare abbastanza esagerato tenere le finestre aperte e gironzolare per casa a piedi nudi, sventolandomi con Rolling Stones e sorseggiando the freddo al limone.

Ah sì, stavo cominciando a sudare come un bufalo.

E tutto questo per colpa di Michael e della sua stupida sorpresa!

Ma quando cavolo si volevano presentare entrambi?

Ho ricontrollato trentasette volte la data sul calendario appeso in cucina e se ancora la vista mi regge segna il giorno venerdì 31 ottobre 1986, ovvero il giorno in cui la sorpresa di quel benedetto ragazzo dovrebbe presentarsi a casa mia.

È da mezzanotte che aspetto ma ancora non ho visto nulla!

Oh, che strazio!

Decisi di sedermi sul divano ed aspettare la sorpresa comodamente seduta: se disgraziatamente fossi svenuta per l’emozione la mia testa non si sarebbe sfracellata al suolo, bensì sui morbidi cuscini del divano.

Mi stavo appisolando quando sentii sbattere violentemente il portone d’ingresso, tanto che il divano vibrò sotto di me: non avevo dubbi su chi fosse appena entrato.

Mi sporsi un poco per osservare Katie che si toglieva il cappotto e lo appendeva nel vestibolo: dalla lentezza dei suoi gesti sembrava molto stanca, e decisi di non infastidirla ulteriormente con le mie chiacchiere insensate, anche perché se avessi osato avvicinarla in simili frangenti non sarei uscita viva od almeno con tutte le parti del corpo al loro posto.

Infatti mi stupì molto vedermela davanti agli occhi dopo qualche momento, le mani dietro la schiena e gli occhi bassi.

Il mio istinto materno non mentiva mai, e compresi che c’era qualcosa che non andava: non la vedevo così preoccupata da quando aveva cinque anni ed aveva paura di cadere dalla biciclettina senza ruote.

“Devo parlarti, mamma…”

Oh fantastico. Ora sì che mi sento meglio!

“Siediti accanto a me, tesoro, e dimmi tutto. Non aver paura”

“No, non fa niente, mamma! Rimango in piedi, non preoccuparti”

“Okay… Allora, cosa c’è?”

“Non è facile spiegarlo… Non so neanche da dove cominciare… Insomma…

Il nervosismo nella voce e nei gesti di Katie cominciò a rendere nervosa anche me: quando mai mia figlia era stata così ansiosa?

Bene, quasi mai in tutta la sua breve vita.

Deglutii e la rassicurai, dicendole di fare un bel respiro e di dire ciò che doveva dirmi nel modo più semplice ed immediato.

Dopo qualche minuto di tentativi le gambe di Katie smisero di tremare così come la sua voce.

Ne rimasi molto sollevata, anche se avvertii un presentimento che svolazzava felice attorno al mio naso, e di solito i miei presentimenti non si sbagliano mai, per la gioia dei diretti interessati.

“Allora…”

Quella parolina così piccola ed insignificante mi fece aggrappare alla fodera del divano, stringendola a tal punto che temevo di strapparla.

Ma in fondo succedevano cose peggiori!

“Il punto è che…”

Mi sporsi verso Katie, in preda all’angoscia dell’attesa, e sicuramente la mia faccia era mostruosamente deformata perché arricciò il naso ed arretrò di un passo.

“Sono incinta!”

Bene.

“Mamma?”

Okay, Fiordaliso.

“Mamma?”

Abbiamo proprio svoltato!

“Mamma, mi senti?”

E come faccio a sentirti se sono svenuta?

 

“Ma cosa diavolo hai combinato per ridurla così, Katie?”

“Niente, le ho solo detto una cosa”

“E di che cosa si tratta?”

“Beh… È una storia lunga”

“…Che tu mi dirai non appena tua madre si sarà ripresa!”

“Perché mai dovrei dirtelo, impiccione di un maggiordomo?”

“Perché è mio diritto saperlo, ragazzina!”

“Ma come ti permetti? Questa è violazione della privacy altrui!

“Ehi, voi due, smettetela! Si sta risvegliando! Ehi Fiorellino, mi senti? Tutto okay?”

Insomma, non che mi sentissi molto bene.

Dopotutto mia figlia di quattordici anni mi aveva appena detto che era incinta, o sbaglio?

Eppure al solo udire quella voce le mie membra si ammorbidirono ed i miei occhi lentamente si riaprirono alla luce: all’inizio riuscii a scorgere soltanto delle ombre sfocate dalla lampada del soggiorno e dalla mia indisposizione ma dopo un po’ mi riabituai al mondo dei non-svenuti e potei mettermi a sedere sul divano.

A fissarmi con aria confusa c’erano mia figlia, Fernando e Michael…

Ecco di chi era la voce che mi aveva risvegliato! E di chi, sennò?

Riuscirei a distinguerla anche in un nugolo di persone vocianti.

“Michael… Ma tu che ci fai qui?”

“Mi hanno chiamato Katie e Fernando, no? Volevano un supporto per farti rinvenire, perciò ho lasciato tutto il mio bel lavoro a metà e sono venuto da te” mi rispose, sorridendomi.

“Oh, ma perché l’hai fatto? Non ce n’era bisogno, Michael!”

“Per te questo ed altro”

Si sistemò accanto a me, circondandomi i fianchi con un braccio, e lì mi sentii svenire di nuovo, se non mi avesse sussurrato all’orecchio una frase che sviava tutte le sue potenziali azioni pericolose: mi fidavo di Michael, ma più passava il tempo e più mi accorgevo che il suo atteggiamento nei miei confronti stava cambiando, e non sapevo dire con esattezza se in meglio o in peggio.

Veniva spesso a trovarmi, ed era molto protettivo: delle volte trascurava il suo lavoro per stare con me, e tutto ciò mi rendeva abbastanza nervosa.

Chiedeva spesso di Katie, ed io gli rispondevo che era sempre impegnata con i suoi amici, con la scuola, con i suoi imprevedibili sbalzi d’umore, e lui ci rimaneva molto male: erano sempre stati buoi amici, ma un così tale attaccamento non l’avevo mai visto.

Cominciai a preoccuparmi per noi due: Michael era una persona misteriosa ed il suo comportamento era difficile da prevedere, ne aveva già dato prova molto tempo prima.

Tuttavia riuscivo a scorgere nei suoi occhi un bagliore di sincerità, anche se piuttosto timoroso: chissà cosa avesse in serbo per me.

Me lo chiedevo da più di un anno.

“Non preoccuparti, Katie mi ha raccontato tutto”

Sussultai sotto il suo candido tocco.

“Capisco quanto possa essere difficile, ma tieni duro. Saprai consigliarla a dovere, lei non aspetta altro

Al suono di quelle parole gli occhi scuri di Michael furono sostituiti da due pupille dorate molto famigliari: dove avevo già visto quegli occhi?

“Ha un grande compito da assolvere…”

Un momento…

“Proteggila…”

Ma non può essere…

“Stalle accanto…”

“Ma come facevi a sapere…”

Le mie labbra si bloccarono impedendomi di finire la frase, così come gli occhi erano fissi su Michael: era come se avessi trovato la soluzione ad un enigma infinito, sciogliendo i nodi che mi tenevano lontana dalla verità.

Finalmente ogni cosa combaciava al proprio posto: come cavolo non avevo fatto ad accorgermene prima?

“Ti senti bene, mamma?”

I mormorii di Katie mi riportarono a galla dai miei infallibili presentimenti, e dopo averla rassicurata sulla mia salute decisi che in quel modo non si poteva più continuare: o la verità o niente!

Perciò cacciai dal soggiorno sia mia figlia che Fernando, che se ne andarono via mogi come due cani bastonati: li avrei fatti rimanere se solo non avessero dovuto sentire ciò di cui dovevamo discutere io e Michael.

Per quanto volessi bene ad entrambi la situazione era troppo delicata: prima avrei preteso la verità, poi mi sarei occupata d’altro.

Quell’altro era Katie: mi sentivo una scatola di fagioli vuota dimenticata sul marciapiede per averla buttata fuori in quel modo, fregandomene completamente della sua condizione e del suo stato d’animo, ma i miei presentimenti, non sbagliando mai, pensavano che se prima avessi risolto un problema più grande, come quello di Michael, dopo sarei riuscita a dedicare più tempo a mia figlia.

Dopotutto la sorpresa era un problema, no?

A quanto pare anche dei ricconi come Michael non andavano molto d’accordo con i servizi postali.

A proposito di Michael, perché era così impaurito?

Di solito sfoggia quella irresistibile faccetta da schiaffi con la quale è impossibile insultarlo senza cadere nei sensi di colpa, ed invece ora devo sorbirmi questa nuova particolare espressione con la quale Michael non si divertirà più a regalarmi sorprese.

“Innanzitutto devo porti due basilari domande, Michael

Bene, si comincia!

“Okay, dimmi” rispose Michael visibilmente preoccupato.

“Prima basilare domanda: come facevi a sapere che mia figlia era incinta prima che lo venissi a sapere io? Te l’ha detto lei, per caso?”

“No, non mi ha detto nulla…”

“Centra qualcosa una certa indigena con un nome che ora non mi ricordo?”

Michael mi fissò interdetto, cercando di afferrare il concetto della mia affermazione.

“Stai parlando di Elizabeth?”

“Di chi?”

“Di Elizabeth. Occhi Che Vedono Nel Buio è il suo nome indiano, non lo usa molto spesso. Anzi, ora che ci penso, non lo usa mai! Come fai a conoscerla?”

“Come fai a conoscerla tu!

“È… Una mia vecchia amica”

“Quanto vecchia?”

“Ha più o meno la tua età. Ci frequentiamo da parecchio, ma non siamo mai andati oltre… Siamo solo buoni amici

“Lo immagino”

“Dove l’hai conosciuta?”

“Non importa! Ciò che mi ha sconvolto è quanto mi ha detto su Katie, praticamente le stesse cose che mi hai detto tu! Cioè, ci ha azzeccato!”

“Per forza, è una veggente”

“Davvero?”

“Sì. Sapeva di lei ancor prima che Katie conoscesse il padre di sua figlia

“Sua figlia?”

Indietreggiai terrorizzata e rischiai quasi di cadere per colpa del maledetto tavolinetto del soggiorno che si era appostato dietro di me, ma fortunatamente mi ci ritrovai seduta sopra, fissando Michael come se fosse stato un cervo a tre teste che stava bevendo Coca Cola con le orecchie.

Quel ragazzo mi è sempre apparso diverso dagli altri, ed ora avevo la prova che lo era: non sapevo cosa in realtà fosse, se non che non era umano.

A meno che non fosse anche lui un veggente, come aveva fatto a sapere che Katie aspettava una bambina?

Il sesso del neonato è uno dei problemi minori di una mamma: l’importante è che suo figlio sia sano e cresca bene, perciò, conoscendo Katie, pensai che non gliene interessasse nulla.

Inoltre prima di qualche mese non si nota neanche, e Katie presentava ancora la sua solita pancia da adolescente seria e magra.

Conosceva anche il padre della piccola!

No no, non può essere umano…

“T-tu come cavolo fai a… A sapere…”

“Calmati, Fiordaliso, non è successo niente…

“I-io sono calmissima, Michael… Vorrei solo capire in che guaio mi sono cacciata… E come mai tu sai di mio, anzi, di mia nipote…

“Ti spiegherò tutto, ma stai calma, per favore!”

Michael riuscì a bloccare le mie braccia che stavano per strozzarlo e con esse si bloccarono anche le mie labbra, non tanto perché stavo per ricevere la verità tanto agognata, quanto per la tranquillità interiore che mi trasmetteva il tocco di Michael.

Ancora un altro inspiegabile fenomeno che a distanza di anni non ho ancora compreso…

“Allora, Fiordaliso…So così tante cose sul conto di tua figlia perché…

“Perché?”

“Perché…Oh, così è troppo difficile da spiegare!”

“Ed allora spiegati diversamente!”

“Okay, allora… Hai presente la tua sorpresa?”

“Ho presente, purtroppo”

“Bene, allora devi sapere che…”

Michael trattenne il respiro per un tempo che mi sembrò infinito. O forse è la mia fervida immaginazione che mi fa allungare il tempo?

“La sorpresa che avresti dovuto ricevere oggi…

Stavolta ero io a trattenere il respiro: la situazione mi ricordava tanto quei concorsi alla TV nei quali il conduttore ti lascia addirittura il tempo di depilarti entrambi le gambe prima di designare il nome del vincitore.

Odio i concorsi televisivi.

“È tua nipote”

Bene, questa ci voleva proprio!

 

“Sei svenuta un’altra volta?”

“Oh figuriamoci, con tutto quello che mi è successo oggi è un miracolo che sia partita per poco tempo!”

“Scusami”

Per la seconda volta Michael mi aiutò ad alzarmi, stavolta dal pavimento, e mi fece accomodare sul povero divano, che in meno di mezz’ora ne aveva passate di tutti i colori.

Dopo che mi fui ripresa mi chiese se poteva continuare la sua spiegazione ed io, curiosa e senza alcuna preoccupazione sulla mia emotività vacillante, accettai.

Non mi preoccupavo di perdere i sensi se c’era Michael a soccorrermi.

“Innanzitutto devi sapere che io non sono un vero e proprio essere umano… Bensì un angelo

“Questo me l’ero immaginato”

“Perché ora non ti stupisci… E non svieni?” mi chiese Michael confuso dal mio tono di voce pacato.

“Per far contento te? Ormai non mi emoziono più per così poco, al mondo succedono cose peggiori. E poi me lo aspettavo: una persona meravigliosa come Michael Jackson non può certo venire da questo mondo

“Grazie per avermi fatto notare il fatto che io sia un extraterrestre” rispose ironicamente, facendomi ridacchiare soddisfatta.

“Anche se non sono un extraterreste: sono un angelo”

“Questo l’avevo capito. Ma cosa centra con la mia sorpresa?”

Michael sospirò e mi guardò stancamente.

“È una storia troppo complicata: non posso iniziare da metà racconto e poi terminare al suo inizio. Perciò ti farò conoscere la nostra storia, e poi arriverò alla tua sorpresa

“Okay, ma sbrigati, sono impaziente!”

Michael sospirò ancora.

“E va bene! Innanzitutto devi sapere che gli angeli si dividono in varie categorie, ma ce ne sono due estremamente importanti…

“Okay…”

“La prima è rappresentata dagli essere umani che morendo si trasformano in angeli custodi, (di solito proteggono le persone che più hanno amato nella loro vita terrena) ma naturalmente non sanno che, arrivati in Paradiso, diventeranno messaggeri del Signore.

La seconda categoria, cui appartengo io, contiene degli angeli molto particolari, che nascono con il potere di trasmettere messaggi al mondo ed all’umanità attraverso il loro talento divino: sono gli artisti. Pittori, musicisti, scrittori, cantanti, ballerini, disegnatori, e quant’altro sono i messaggeri del Signore per eccellenza: attraverso la loro arte il messaggio divino arriva diretto al cuore di ogni persona, e fa sì che si trasmetta più velocemente, da individuo a individuo.

“Sospettavo anche questo”

“Mi fa piacere, vuol dire che hai recepito il messaggio!”

“Certamente! Ma la mia sorpresa?”

E qui Michael sospirò per la terza volta.

“Ci sto arrivando!”

“Okay”

“Bene! Dicevo, noi artisti siamo consapevoli sin da subito dell’influenza divina in noi, e questo non può far altro che accentuare le nostre capacità.

Naturalmente abbiamo caratteristiche diverse dai nostri colleghi terrestri: possiamo calmare gli animi affannati semplicemente stando accanto ai diretti interessati. L’effetto, di solito, è immediato.

Poi, ogniqualvolta ci troviamo in pubblico, ogni attenzione è concentrata su di noi, e non possiamo assolutamente evitarlo: purtroppo ne so qualcosa…

“Già!”

“E, cosa più importante, possiamo proteggere un umano mentre siamo ancora in vita.

Ma non siamo noi a sceglierlo”

“Perché?”

“Siamo angeli particolari, e non possiamo privilegiare una persona, ben sapendo che ce ne sono altre che hanno più bisogno del nostro aiuto. Perciò ci accontentiamo di quello che ci viene dato

“Ma non è giusto! Magari vi capita un cretino che odia la vostra arte, e voi ve lo dovete portare appresso finché non muore!

“Col tempo si diventa amici, tranquilla. Esistono problemi peggiori”

“Anche questo è vero. Ma la mia sorpresa?”

Michael non ne poteva più di sospirarmi in faccia, perciò si limitò a guardarmi esausto.

“Ora ci arrivo. Stavo parlando dei nostri protetti, che quasi sempre sono semplici esseri umani. Dico quasi sempre perché può capitare che ci vengano dati angeli custodi come noi.

È un fenomeno rarissimo, che si ripete ogni secolo: in questi cento anni a quattro angeli custodi molto influenti viene affidato un bambino, che può nascere in qualsiasi anno ed in qualsiasi luogo, ma solo il suo protettore può sapere ciò.

Prima della loro nascita noi incontriamo i loro parenti, ai quali diamo tutte le informazioni necessarie per crescere e tenere al sicuro il piccolo prima che venga affidato a noi. Lì diventiamo amici dei bambini, facendogli conoscere la loro vera natura, e non ci separeremo finché loro moriranno. In certi casi siamo noi a morire, ma non lasciamo mai solo il nostro protetto: il rapporto che ci lega è così forte che neanche la morte può spezzarlo

“Perciò tu vuoi dire che…”

“Sì, la bambina che sta aspettando Katie è la mia protetta. Ed è un angelo custode… Come me”

“Forte!” dissi dopo parecchi minuti di silenzio.

Veramente non sapevo cos’altro dire: la notizia era sconvolgente.

Troppo sconvolgente.

“Sorpresa?”

“Molto. Però mi aspettavo di peggio”

“Davvero?” ridacchiò Michael.

“Sì. Pensavo che fossi un extraterrestre, e che volessi regalarmi una nipote extraterrestre. Ma fortunatamente non è andata così.

Mia nipote è un angelo”

Sorrisi a quel maledetto ragazzo che mi aveva cambiato la vita in meno di dieci minuti, con una piccola frase.

Ne avrei viste di peggiori, ora che mi toccava allevare una creatura molto particolare e delicata, ma sapevo che con il suo aiuto sarei riuscita in qualunque impresa.

Ma c’era ancora qualcosa che volevo sapere.

“Ed il ciondolo?”

“Cosa?”

“Il ciondolo a forma di coroncina che mi avevi regalato… È per lei, vero?”

“Sì. Le servirà per farsi riconoscere dai suoi tre simili, e dovrai donarglielo tu, visto che sei la prima alla quale il suo protettore ha parlato

“Ho capito. Perciò ora lo dirai anche a Katie?”

“Ed anche a Fernando”

“Quel capoccione non ti crederà mai!”

“Dovrà, per forza. Anche lui fa parte della tua famiglia”

“Già. Allora… Glielo diciamo subito?”

“Come vuoi”

“Okay, vado a chiamarli!”

Mi alzai velocemente dal divano e corsi verso la porta, ansiosa di raccontare alla mia famiglia ciò che avevo scoperto: certamente ci sarebbero rimasti di stucco come me, ma mi sentivo in dovere di farlo.

Michael si fidava di me, non potevo deluderlo.

Mi resi conto solo allora della luce misteriosa che aleggiava per tutta la nostra casa: la dolce luce di un angelo in arrivo.

 

Come avevo previsto, al ricevimento della notiziona, Katie si immobilizzò come un palo del telefono e non si mosse fin quando Michael non la rassicurò dolcemente, e Fernando cominciò ad urlare insulti e scongiuri all’indirizzo mio e di Michael, tantoché dovemmo inondarlo di camomilla e carezze.

Tutto sommato, però, mi aspettavo una reazione peggiore da entrambi: dopo lo sconvolgimento iniziale si ammorbidirono e promisero di mantenere il segreto fin quando la piccola nel grembo di mia figlia non fosse stata abbastanza autosufficiente e matura da cavarsela da sola nel temibile mondo in cui sarebbe nata.

Nel frattempo noi quattro l’avremmo educata e protetta, a partire dalla madre, che sarebbe stata la sua prima amica.

Negli otto mesi che seguirono quel meraviglioso Halloween la gravidanza di Katie procedette a meraviglia, con qualche disturbo tipico del periodo e continui sbalzi di umore della diretta interessata, che tuttavia non si preoccupava minimamente della sua condizione, come invece molte ragazze della sua età facevano: ciò mi rese decisamente più tranquilla, e meno apprensiva, anche se l’ansia di diventare nonna così giovane (avevo pur sempre trentacinque anni!) non diminuiva col passare del tempo.

Fernando e Michael, gli uomini della situazione, furono molto interessati a ciò che succedeva a mia figlia, visto che le volevano entrambi molto bene, ma poterono stare poco tempo con lei: Fernando doveva tener pulita la casa e sbrigare tutte le sue mansioni da brava governante, mentre Michael era impegnato a perseguire la sua brillante carriera, rimanendo ore e ore rinchiuso negli studi di registrazione assieme ai suoi fidati collaboratori.

Il panico si scatenò il giorno del parto: era un caldo giorno estivo, e Katie aveva da poco finito la scuola quando avvertì degli strani dolori provenire dal suo pancione, che durarono per molte ore, diventando via via più intensi, e costringendola a sdraiarsi sul divano.

Io e Fernando la spingevamo a correre in ospedale ma lei, che odiava qualsiasi medico e qualsiasi nosocomio esistente sulla faccia della Terra, preferiva sopportare i dolori del travaglio nella sua accogliente casetta; anzi, si era ripromessa che sua figlia sarebbe nata nel soggiorno di casa sua.

Le sue previsioni si avverarono, il giorno 18 giugno 1987, alle prime luci del mattino, dopo una notte intera passata nel dolore e nell’ansia.

Dopo qualche ora di tentativi, mia nipote venne alla luce, infagottata nel liquido amniotico e nel sangue, ma bellissima, così bella che mi era impossibile smettere di guardarla.

Michael mi aveva avvertito riguardo ciò: loro angeli sono attraenti, anzi, magnetici, ma naturalmente innocui.

Mi aveva anche detto che, nonostante il piccolo angelo custode somigli molto ai suoi genitori, sia fisicamente che caratterialmente, chiunque lo conoscerà non potrà far a meno di dire che gli ricorda moltissimo una persona: nel caso di mia nipote, perciò, Michael Jackson.

Ebbi la conferma di questa bizzarra affermazione lavandola ed asciugandola con cura nel lavandino del bagno: il colore della sua pelle era leggermente più scuro di quello di Katie, gli occhi scuri come i miei, ma molto più grandi, dotati di ciglia lunghe e ricurve, strane per una neonata, ed i capelli neri le avvolgevano la testolina in un nugolo di riccioli incredibile.

In effetti, seppur fosse appena nata, mi ricordava terribilmente sia Katie che Michael.

Aveva qualcosa anche del padre, ma non sapevo distinguere cosa: forse non aveva preso molto da lui, dopotutto i caratteri dominanti appartenevano alla madre, ma aveva qualcosa di lui.

Mi sembrava impossibile, ma stavo ammirando una meraviglia della natura, e non lo dicevo solo perché la bimba in questione era mia nipote, poiché chiunque si sarebbe accorto della sua particolarità: la piccola era così bella da non sembrare addirittura umana.

Anche sua madre si stupì, la prima volta che la prese in braccio: nonostante gli avvertimenti di Michael il risultato era assolutamente inimmaginabile, poiché nel suo dolce visino ci vedeva tre persone completamente diverse.

Fu sua l’idea di donare un nome speciale a quella creatura traboccante di magia, e tutti, compreso quello scettico di Fernando, furono d’accordo.

Aspettammo il ritorno di Michael dai suoi impegni, che negli ultimi tempi si erano infittiti, e ci sedemmo con calma sul famoso divano del soggiorno: i primi a parlare furono io e Michael, poiché Katie voleva che il primo nome di sua figlia fosse scelto dal suo padrino e da sua nonna, dopodiché sarebbe arrivato il suo, e poi quello di Fernando.

Sia io che Michael eravamo molto indecisi sull’argomento: in fondo non era una cosetta da poco!

Dopo vari ripensamenti, però, arrivammo alla soluzione: Michael era il nome giusto per la bambina, e l’avrebbe portata fiera come una medaglia.

Dapprima Katie e Fernando ci fissarono torvi, poiché erano dell’opinione che Michael fosse un nome maschile, poco adatto allo splendore che riposava tranquillo tra le braccia della mamma e su cui erano puntati i miei occhi da molto.

Giustificai la nostra scelta dicendo che conoscevo molte ragazze che si chiamavano Michael, e che nessuna si era mai lamentata.

In realtà non conoscevo nessuno, ma sempre meglio fare un po’ di scena per far valere le proprie idee.

Fatto sta che i due testardi accettarono la mia richiesta, e Katie si accinse a rivelare il secondo nome per la figlia.

L’aveva deciso da parecchio, perciò non dovette pensarci su: fu così che a Michael si aggiunse Diana, sotto l’appoggio di tutti.

Rimaneva Fernando, che in quanto a nomi aveva gusti molto discutibili: sin dalla nascita della sua famiglia i bambini si erano dovuti sorbire i nomi dei propri nonni, ed in un’epoca del tutto superata per questa tipologia di rituale, lui si presentò con Maria Teresa, la sua dolce nonnina andata ormai da anni.

Naturalmente nessuno si trovò d’accordo con lui: a Katie non piaceva, io lo ritenevo troppo antiquato e Michael disse che era troppo lungo.

Continuammo così fin quando Fernando propose il nome della sua bis-bis nonna, Josefina, una tipa tosta, nonché ottima cuoca.

Aspettò il nostro responso con un grande sorrisone stampato in faccia, fin quando Michael alzò il suo viso pensieroso dalla contemplazione del pavimento e disse:

“Mi piace”

Io non sapevo cosa dire, poiché Josefina mi ricordava terribilmente Joseph… Ma pensandoci bene, il padre della bambina si chiamava Joseph, perciò non c’era rischio di viscidi fraintendimenti.

Piacque anche a mia figlia, ribadendo che un omaggio a Joseph Johnson era d’obbligo, anche se non sapeva ancora come avrebbe spiegato a sua figlia dove cavolo si era cacciato suo padre.

Ma questo, per lei, era uno dei problemi minori, come la giovinezza storpiata: infatti, se qualche mese prima si era disperata per la sua gravidanza, sbattendo la testa addosso al muro fino a far vibrare le tegole del tetto, ripetendosi ad alta voce insulti e piangendo come un’isterica, ora era la ragazza più felice del mondo.

Perché, nonostante dovesse badare da sola ad una bambina, senza un padre né la maturità di un adulto, pensava che tutto sarebbe andato per il meglio, senza intoppi.

Mia figlia sognava, e non era l’unica: anche io mi lasciavo andare alla convinzione che nulla avrebbe intaccato la nostra felicità.

In fondo, bastava crederci.

Nulla è reale, tutto è possibile.

Al termine della nostra riunione Michael se ne ritornò nella sua accogliente casetta di Encino, salutando la sua omonima baciandola dolcemente sulla fronte, e lei, avvertendo il tocco del suo padrino, si sbracciò per ringraziarlo, parlandogli in una lingua sconosciuta a noi esseri umani.

Compresi, quindi, che mia nipote non solo era bellissima ma anche intelligentissima, forse più intelligente di un bambino di due anni, lei, che aveva neanche due giorni.

A molti avrebbe spaventato tenere un angioletto in casa, oltretutto se si trattava di un angelo speciale come la piccola Michael: gli angeli sono così sensibili che si ha sempre paura di parlargli o di toccarli, facendo sì che loro si scostino da noi e ritornino nel loro mondo incantato, popolato da esseri simili a loro, in cui la realtà viene del tutto cancellata.

Le esperienze passate mi avevano aiutata ad affrontare la realtà, non a fuggirla, seppur con fatica: sono sempre stata una sognatrice, e mi era difficile dimenticare il passato per pensare meglio al presente.

L’avventura che stavo cominciando con mia nipote, però, rappresentava una brillante scusa per rianimare la non-realtà, tutto ciò che supera i limiti convenzionali della ragione, e certe volte anche della fantasia.

L’unico modo per proteggerla era viaggiare sulle vette dell’immaginazione.

E sicuramente né io né lei mancavamo di immaginazione.

Sì, sarà una meravigliosa avventura.

 

 

                                   The End        

 

 

 

Buonasera a tutti, gentili signori.

Chi vi parla è la vostra amata Looney, ovvero l’autrice di questa pregevole opera ù___ù

Ebbene, siamo arrivati alla fine, e ciò mi dispiace parecchio (spero che dispiaccia anche a voi!XD)

Comunque ora non voglio dilungarmi tanto, poiché sicuramente siete stanchi di sorbirvi i miei capitoli chilometrici, e le mie innumerevoli “cosette”: vi dirò soltanto qualcosina riguardo la seconda parte della storia, e poi passerò ai ringraziamenti.

Innanzitutto la seconda parte di Will You Be There arriverà verso la fine dell’estate, poiché voglio prima scrivere un considerevole numero di capitoli prima di pubblicarla, così non mi ammazzerò come ho fatto quest’anno… Non ne parliamo .___.

Poi non sarà più raccontata da Fiordaliso, bensì dalla sua nipotina Michael, che io chiamo Mike per comodità, ma voi potete chiamarla come vi pare XD state tranquilli, perché Fiorellino non se ne andrà! Le piace essere al centro dell’attenzione, in qualsiasi momento, e la dovrete sopportare ancora per molto XD

Poi, poi… E poi cosa c’è da dire? °__°

Aaaaaah, ecco….!*___*

Ehi, ma perché devo dirvelo? <___<

Se lo faccio, vi rovinerete tutta la sorpresa, ed è l’ultima cosa che voglio fare!ù__ù

Perciò, passiamo subito ai ringraziamenti, così tolgo immediatamente il disturbo, ed inizio a scrivere la seconda parte!*__*

Vorrei ringraziare, prima di tutti:

·        Le persone meravigliose che in questo anno mi sono state vicine, e mi hanno aiutato, anche semplicemente con la loro presenza, ad alleviare la fatica e la stanchezza del duro mestiere di scrittore. Ma anche del duro mestiere di ragazza di sedici anni;

·        Tutto ciò che mi circonda, a partire da tutto ciò che non è come sembra, e da tutto ciò che è ma non esiste, ovvero la non-realtà;

·        La mia inafferrabile cultura, ed il mio egocentrismo senza pari (appunto ù__ù);

 

E per ultimo, ma non meno importante, Michael Jackson: perché senza di lui questa storia non sarebbe mai esistita.

Ti ringrazio dal profondo dell’anima, Michael, angelo custode di tutti coloro che ti hanno amato e continueranno a farlo per sempre, come me.

Ti voglio bene, ricordati di me passeggiando tra le nuvole con i tuoi simili.

 

 

E dopo questa, passo e chiudo!

A presto

                                                                                  **Looney**

 

   
 
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