“Io ho
abbozzato qualche progetto per il soggiorno, ma prima di iniziare a fare
qualsiasi cosa devo vedere tutte le stanze” mi spiega. “Deve esserci armonia
tra i vari ambienti della casa, e non posso creare armonia se non ho prima
visto tutto.”
“Pensavo di
averti mostrato tutta la casa, l’altra volta.”
“Ehm,
veramente mi hai suggerito di tenermi lontana dalla tua stanza, sostenendo che
una zona terremotata sarebbe stata più in ordine.”
“Temo che da
allora la situazione non sia cambiata.”
Sorride. “Non
ti conviene costringermi a tornare un’altra volta.”
“Non
capisco.”
“Beh,
immagino che presto o tardi qualcuno noterà la frequenza con la quale vengo
qui. Ti metteranno un paparazzo alle costole, e addio tranquillità.”
Devo avere
un’aria decisamente sconvolta.
“Scherzavo”
mi rassicura.
“No, cavolo,
hai ragione” ribatto. “Il tuo ragionamento non fa una piega. Beh, se sei un
tipo avventuroso, puoi aprire quella porta” scherzo, indicando la porta della
mia camera da letto.
La osservo
mentre spinge il battente e oltrepassa la soglia. “Wow” è il suo unico
commento.
“Beh, ti
avevo avvertita che…”
“No, il ‘Wow’
era perché pensavo di essere l’unica della mia generazione ad amare ancora gli
animali di peluche” mi interrompe, indicando il gigantesco panda che troneggia
al centro del mio letto.
“Oh, quello. Beh, è un bel ricordo della mia
infanzia.”
Annuisce,
mentre raggiunge una mensola. “Ehi, ma questo…” inizia, allungando una mano
verso un altro pupazzo.
“Sì”
ammetto. “Sono un fan de ‘La Bella e La Bestia’.”
“Il tuo
personaggio preferito?” mi chiede, voltandosi verso di me senza smettere di
giocare con il mio Tokins di peluche.
“Dovresti
capirlo da te.”
“Tokins? Ma è
odioso!”
“Ultimamente
ho imparato a rivalutarlo. E poi, mi ricorda tanto Brian, il mio manager.”
Lo osserva
attentamente e scoppia a ridere. “Sì, forse hai ragione.”
“E il tuo?”
“Il mio
cosa?”
“Il tuo
personaggio preferito.”
“Dì che sono
banale e scontata, ma adoro Belle.”
“Sei banale
e scontata.”
“Grazie. No,
in realtà provo simpatia per Gaston. Insomma, tutti lo odiano, nessuno riesce a
sopportarlo, ma è…”
“…complesso.”
“Esatto. In
lui c’è molto più di quanto la gente riesca a vedere. Un po’ come…”
“…i vip.”
“Esatto”
conferma ancora.
“Beh, allora
cos’hai intenzione di fare per la mia cameretta?”
Riflette. “Niente.”
“Niente?”
“Niente.”
“Ma il
discorso sull’armonia, eccetera?”
“Oh, era
tutta una balla. In realtà volevo solo curiosare. Sai, la camera da letto di
una persona rivela molto sulla sua personalità.”
Chissà che cosa c’è nella tua, mi trovo a
pensare.
“Quindi
Tokins può rimanere sulla sua mensola?”
Annuisce.
“Bene,
perché ormai è quello il suo posto. Non lo sposterò nemmeno quando mi sarò
sposato.”
“Hai… hai in
programma di sposarti?”
“Se troverò
una ragazza tanto pazza da dirmi di sì, perché no?”
Sorride,
senza rispondermi.
“Sempre che
a forza di scrivere stronzate, i giornalisti non riescano a convincermi che
sono davvero diventato gay” continuo, facendo il serio.
Scoppia a
ridere. “Dev’essere orribile.”
“Essere gay?”
“Essere
continuamente bersagliati dalla stampa, essere criticati per ogni singolo passo
falso, per ogni dettaglio subire un processo… insomma, con tutto il rispetto
per il lavoro che fai, ma non baratterei la mia vita con la tua nemmeno per
tutto l’oro del mondo.”
Mentre
parla, non riesco a staccarle gli occhi di dosso. È così seria, così… è davvero
convinta di quello che dice. E la convinzione la rende davvero carina.
“Beh, c’è un
lato positivo in tutto ciò” intervengo, oltrepassandola per rimettere Tokins
sulla mensola.
“Ovvero?”
“Lo chiamano
il principio ‘Occhio non vede, penna non scrive’.”
“Vuoi dire
che riesci comunque a fare tutto quello che vuoi senza farti scoprire?”
“Esatto.
Basta fare attenzione a eludere tutti i giornalisti.”
“E dove
finisce la libertà? Insomma, non c’è differenza tra il non fare nulla per
timore di essere scoperti e il fare tutto di nascosto.”
“C’è il
gusto del proibito.”
Sbuffa,
alzando gli occhi al soffitto. “No, grazie. Preferisco vivere la mia vita
tranquilla e priva di emozioni forti.”
Il
campanello mi impedisce di risponderle.
***
Siamo seduti
fianco a fianco, in cucina, e stiamo sfogliando le tavole che ha preparato,
mentre attacchiamo la pizza che abbiamo ordinato, preferendola al cibo
preparato con tanta cura da mia madre.
“Vedi, per
il salotto ho pensato a questa soluzione: un divano ad angolo che copra questo
lato e questo” mi spiega, aiutandosi con i disegni. “Per i muri pensavo al
giallo, oppure ad un arancione sfumato… sono i colori più adatti per non sprecare
la luce fantastica di cui gode questo appartamento.”
“No, fammi
capire” la interrompo, con la bocca ancora piena. “Sei stata qui una sola volta
e sei già riuscita ad elaborare un simile progetto?”
“Beh, è il mio
lavoro” sussurra, arrossendo appena.
“Io non ci
capisco niente, ma credo che tu sia bravissima. Insomma, ti sei ricordata ogni
dettaglio senza nemmeno dover fare una fotografia. Sei una specie di genio!”
“Quando…
quando un progetto mi appassiona, mi capita.”
“E questo
progetto ti… appassiona?”
“Sei il
primo vip che mi chiede di lavorare per lui” mi spiega, facendo spallucce.
Aspetto che
riporti lo sguardo sul progetto, faccio un respiro profondo e prendo coraggio. “Grace…”
Si volta, e
riesco finalmente a fare ciò che avrei voluto fare la prima volta che ci siamo
incontrati. La mia mano si adatta perfettamente alla curva della sua guancia,
mentre con le mie labbra raccolgo dalle sue il sale del cibo appena mangiato. Mi
sento imbranato come la prima volta in cui Lucy e io ci baciammo: eravamo
entrambi inesperti, e fu un vero disastro. Non mi sembra che stia andando
diversamente, ora. Quando la lascio andare, Grace riapre gli occhi, ma senza
riuscire a guardarmi.
“Devo… io
devo andare.”
Prima che
possa rendermene conto, ha raccolto le sue cose e se n’è andata.