Fanfic su artisti musicali > Josh Groban
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Autore: EffieSamadhi    29/08/2010    1 recensioni
Ha ventinove anni, un bel sorriso e una personalità dirompente. Ha una voce che incanta, adora gli animali di peluche e ogni minuto della sua vita è pianificato dal suo manager. Ma Josh ha voglia di scoprire che cosa c'è oltre l'orizzonte, ha voglia di uscire dallo schema. Gli basta prendere un aereo, e tutto cambia. ***I personaggi di questa ff non mi appartengono (se Josh Groban mi appartenesse sarei qui? XD) e la storia non è scritta a scopo di lucro.***
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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6.

“Io ho abbozzato qualche progetto per il soggiorno, ma prima di iniziare a fare qualsiasi cosa devo vedere tutte le stanze” mi spiega. “Deve esserci armonia tra i vari ambienti della casa, e non posso creare armonia se non ho prima visto tutto.”

“Pensavo di averti mostrato tutta la casa, l’altra volta.”

“Ehm, veramente mi hai suggerito di tenermi lontana dalla tua stanza, sostenendo che una zona terremotata sarebbe stata più in ordine.”

“Temo che da allora la situazione non sia cambiata.”

Sorride. “Non ti conviene costringermi a tornare un’altra volta.”

“Non capisco.”

“Beh, immagino che presto o tardi qualcuno noterà la frequenza con la quale vengo qui. Ti metteranno un paparazzo alle costole, e addio tranquillità.”

Devo avere un’aria decisamente sconvolta.

“Scherzavo” mi rassicura.

“No, cavolo, hai ragione” ribatto. “Il tuo ragionamento non fa una piega. Beh, se sei un tipo avventuroso, puoi aprire quella porta” scherzo, indicando la porta della mia camera da letto.

La osservo mentre spinge il battente e oltrepassa la soglia. “Wow” è il suo unico commento.

“Beh, ti avevo avvertita che…”

“No, il ‘Wow’ era perché pensavo di essere l’unica della mia generazione ad amare ancora gli animali di peluche” mi interrompe, indicando il gigantesco panda che troneggia al centro del mio letto.

“Oh, quello. Beh, è un bel ricordo della mia infanzia.”

Annuisce, mentre raggiunge una mensola. “Ehi, ma questo…” inizia, allungando una mano verso un altro pupazzo.

“Sì” ammetto. “Sono un fan de ‘La Bella e La Bestia’.”

“Il tuo personaggio preferito?” mi chiede, voltandosi verso di me senza smettere di giocare con il mio Tokins di peluche.

“Dovresti capirlo da te.”

“Tokins? Ma è odioso!”

“Ultimamente ho imparato a rivalutarlo. E poi, mi ricorda tanto Brian, il mio manager.”

Lo osserva attentamente e scoppia a ridere. “Sì, forse hai ragione.”

“E il tuo?”

“Il mio cosa?”

“Il tuo personaggio preferito.”

“Dì che sono banale e scontata, ma adoro Belle.”

“Sei banale e scontata.”

“Grazie. No, in realtà provo simpatia per Gaston. Insomma, tutti lo odiano, nessuno riesce a sopportarlo, ma è…”

“…complesso.”

“Esatto. In lui c’è molto più di quanto la gente riesca a vedere. Un po’ come…”

“…i vip.”

“Esatto” conferma ancora.

“Beh, allora cos’hai intenzione di fare per la mia cameretta?”

Riflette. “Niente.”

“Niente?”

“Niente.”

“Ma il discorso sull’armonia, eccetera?”

“Oh, era tutta una balla. In realtà volevo solo curiosare. Sai, la camera da letto di una persona rivela molto sulla sua personalità.”

Chissà che cosa c’è nella tua, mi trovo a pensare.

“Quindi Tokins può rimanere sulla sua mensola?”

Annuisce.

“Bene, perché ormai è quello il suo posto. Non lo sposterò nemmeno quando mi sarò sposato.”

“Hai… hai in programma di sposarti?”

“Se troverò una ragazza tanto pazza da dirmi di sì, perché no?”

Sorride, senza rispondermi.

“Sempre che a forza di scrivere stronzate, i giornalisti non riescano a convincermi che sono davvero diventato gay” continuo, facendo il serio.

Scoppia a ridere. “Dev’essere orribile.”

“Essere gay?”

“Essere continuamente bersagliati dalla stampa, essere criticati per ogni singolo passo falso, per ogni dettaglio subire un processo… insomma, con tutto il rispetto per il lavoro che fai, ma non baratterei la mia vita con la tua nemmeno per tutto l’oro del mondo.”

Mentre parla, non riesco a staccarle gli occhi di dosso. È così seria, così… è davvero convinta di quello che dice. E la convinzione la rende davvero carina.

“Beh, c’è un lato positivo in tutto ciò” intervengo, oltrepassandola per rimettere Tokins sulla mensola.

“Ovvero?”

“Lo chiamano il principio ‘Occhio non vede, penna non scrive’.”

“Vuoi dire che riesci comunque a fare tutto quello che vuoi senza farti scoprire?”

“Esatto. Basta fare attenzione a eludere tutti i giornalisti.”

“E dove finisce la libertà? Insomma, non c’è differenza tra il non fare nulla per timore di essere scoperti e il fare tutto di nascosto.”

“C’è il gusto del proibito.”

Sbuffa, alzando gli occhi al soffitto. “No, grazie. Preferisco vivere la mia vita tranquilla e priva di emozioni forti.”

Il campanello mi impedisce di risponderle.

 

***

 

Siamo seduti fianco a fianco, in cucina, e stiamo sfogliando le tavole che ha preparato, mentre attacchiamo la pizza che abbiamo ordinato, preferendola al cibo preparato con tanta cura da mia madre.

“Vedi, per il salotto ho pensato a questa soluzione: un divano ad angolo che copra questo lato e questo” mi spiega, aiutandosi con i disegni. “Per i muri pensavo al giallo, oppure ad un arancione sfumato… sono i colori più adatti per non sprecare la luce fantastica di cui gode questo appartamento.”

“No, fammi capire” la interrompo, con la bocca ancora piena. “Sei stata qui una sola volta e sei già riuscita ad elaborare un simile progetto?”

“Beh, è il mio lavoro” sussurra, arrossendo appena.

“Io non ci capisco niente, ma credo che tu sia bravissima. Insomma, ti sei ricordata ogni dettaglio senza nemmeno dover fare una fotografia. Sei una specie di genio!”

“Quando… quando un progetto mi appassiona, mi capita.”

“E questo progetto ti… appassiona?”

“Sei il primo vip che mi chiede di lavorare per lui” mi spiega, facendo spallucce.

Aspetto che riporti lo sguardo sul progetto, faccio un respiro profondo e prendo coraggio. “Grace…”

Si volta, e riesco finalmente a fare ciò che avrei voluto fare la prima volta che ci siamo incontrati. La mia mano si adatta perfettamente alla curva della sua guancia, mentre con le mie labbra raccolgo dalle sue il sale del cibo appena mangiato. Mi sento imbranato come la prima volta in cui Lucy e io ci baciammo: eravamo entrambi inesperti, e fu un vero disastro. Non mi sembra che stia andando diversamente, ora. Quando la lascio andare, Grace riapre gli occhi, ma senza riuscire a guardarmi.

“Devo… io devo andare.”

Prima che possa rendermene conto, ha raccolto le sue cose e se n’è andata.

   
 
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