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Autore: _Pan_    30/08/2010    5 recensioni
Mikan è al suo primo anno di superiori, ma niente si prospetta come lei lo aveva immaginato: tra l'amore, inganni, e addii, la sua permanenza nella Alice Academy si preannuncia molto movimentata.
La storia tiene conto del manga (a tratti da capitolo 51 in su), quindi ci sono spoiler disseminati un po' ovunque. Inoltre, sarà raccontata alternativamente sia dal punto di vista di Mikan che che da quello di Natsume, ma non ci saranno capitoli doppi, nel senso che uno stesso capitolo non sarà raccontato da entrambi.
Coppie principali: Mikan/Natsume, Hotaru/Ruka (accennata)
Genere: Comico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hotaru Imai, Mikan Sakura, Natsume Hyuuga, Ruka Nogi
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 16 – Bugie svelate
(Natsume)

Appena posai il portafotografie, notando che c'erano anche altre foto oltre a quella col bamboccio, qualcuno bussò alla porta. Non avevo idea di chi fosse lo stramaledetto idiota che veniva a disturbarmi a quell'ora di notte, domenica notte, peraltro, subito dopo che avevo avuto una chiacchierata abbastanza rivelatrice – anche se avevo ancora la certezza che mancasse qualcosa – con Narumi.
Scocciato, mi diressi verso la porta e la aprii, facendo bene intendere a chiunque si trovasse lì dietro che non ero proprio felice di vederlo. Era una ragazza bionda, che credevo di non aver mai visto. Incrociai le braccia, aspettando che parlasse, sperando che non fosse lì a chiedere un appuntamento come avevano fatto tante altre durante tutta la settimana, anche a orari assurdi come quello. Pensavano di avere campo libero solo perché Mikan era via. Pazzesco.
«Ehm...» cominciò lei, spostandosi una ciocca dietro l'orecchio. «Hyuuga-kun... il Preside delle Elementari ha detto che... ti... ti deve parlare.» sbuffai, a quelle parole. Forse era meglio una petulante bambina delle medie.
Non era abbastanza che qualcuno venisse a rompere le scatole a quell'ora assurda, ci si metteva anche il Preside. «E che vuole?» chiesi più a me che a lei. Non mi andava affatto di parlare con quel tipo, specialmente se aveva qualcos'altro da dirmi riguardo alla missione. Ne avevo fin sopra i capelli e avrei tanto voluto che nessuno me la nominasse più fino a settembre.
«Io... non lo so.» ammise lei, quasi spaventata. Alzai gli occhi al cielo, non ero stato con lei neanche due minuti e già non la sopportavo: parlava sicuramente troppo. Chiusi la porta alle mie spalle e mi incamminai, con lei che mi veniva silenziosamente dietro. Immaginai che dovesse fare la mia stessa strada per uscire dal dormitorio maschile, ma che andasse nell'edificio delle elementari sembrava assurdo. Mi voltai. «Senti...» mi accorsi solo in quel momento di non sapere il suo nome, beh, poco importava. «tu... come ti chiami, non ho bisogno della balia. Conosco la strada.»
Lei parve un po' spiazzata e, forse, anche delusa. Beh, non potevo ricordare i nomi di tutti gli studenti della Alice Academy, non ricordavo neanche quelli dei miei compagni di classe. «Il mio nome è Kamiya Kisaki, anche se non te lo sei mai ricordato. Sono nelle Abilità Pericolose da due settimane. E il Preside mi ha convocata, solo che ha detto di portarti con me, perché deve parlarti. Non ti sto seguendo!» scrollai le spalle, continuando a camminare.
Fortunatamente, decise di rimanere in silenzio fino a che non arrivammo davanti alla porta dell'ufficio del Preside. Entrammo subito dopo aver ricevuto la benedizione dall'interno.
«Grazie Kamiya, per averlo portato qui. Non dev'essere stato facile.» fu lui a parlare, con quell'onnipresente sorriso ironico. Forse era per colpa sua se non mi piacevano i bambini.
«Oh, no è stato mol...» la interruppi, con un gesto della mano, infastidito. Non eravamo certo lì per parlare di quanto gentile fossi stato con una che dovevo conoscere ma con cui ero certo di non aver mai parlato prima.
«Sì, d'accordo.» sbottai, mentre lei mi guardava, stupefatta. «Perché sono qui?» il Preside sospirò, sistemandosi meglio contro lo schienale della sua sedia, decisamente troppo grande per lui.
«Una firma.» rispose lui, senza abbandonare la propria espressione rilassata. Dunque, ricapitolando la situazione: mi aveva fatto chiamare nel bel mezzo della notte per una stupida firma. Fantastico! «E qualche spiegazione, ma prima finiamo con te, Kamiya. Firma qui.» lei fissò il foglio per qualche minuto. Forse lo stava leggendo. «Beh, che hai? Firma.»
Alzò lo sguardo, sobbalzando. «Mi chiedevo... solo... cosa fosse.» rispose lei, timorosa. Lui alzò gli occhi al cielo.
«È semplicemente la richiesta per diventare presidente del comitato studentesco che domattina presenterai al Preside della tua sezione.» lei parve del tutto sorpresa, come se non avesse mai pensato di fare il presidente del comitato in tutta la sua vita. «E togliti quell'espressione dalla faccia. Ho deciso così.» aggrottai le sopracciglia: sembrava che avesse una specie di crisi premestruale, e se si pensava che era un poppante, maschio, era preoccupante. «Puoi andare, grazie.» lei annuì, ripiegando il foglio con cura. Dopodiché scappò dalla stanza, salutando velocemente. «E ora a te. Firma qui, anche tu.»
Abbassai lo sguardo sul foglio, con la penna in mano. Sapere cosa fosse non cambiava molto le cose, perché avrei dovuto firmare comunque, ma ad una rapida occhiata sembrava che fosse una richiesta per diplomarsi in anticipo. Ah, quanto adoravo le questioni burocratiche! Firmai, senza prestarci troppa attenzione.
Il Preside tornò a sorridere. «Bene,» commentò, compiaciuto. «adesso, ecco quello che dovrai fare.» intrecciò le dita delle mani su alcune carte che teneva davanti a sé. «Domani mattina, anzi, tra qualche ora, porterai questo foglio al tuo Preside, sai... inutile burocrazia.» mosse la mano come se avesse dovuto scacciare una mosca fastidiosa. «Subito dopo la cerimonia d'apertura del nuovo anno scolastico ti verranno consegnati i documenti per il diploma e tutto il resto, ti verrà anche comunicata la data. I risultati saranno affissi al massimo una settimana dopo che avrai concluso la tua prova. Puoi andartene quando vuoi, una volta visti i risultati. Ma,» e qui fece una pausa per enfatizzare il tutto, una specie di ciliegina sulla torta. «pretendo che tu sia fuori da quest'Accademia entro due o, al massimo, tre giorni, ma... ti confesso che, se dovessi scegliere la seconda opzione, potrei irritarmi. Molto. Ti daremo un telefono non rintracciabile per comunicare con noi e per trasmettere tutte le informazioni di cui l'Organizzazione Anti-Alice dispone.»
Feci schioccare la lingua, del tutto scettico. «Quest'organizzazione è composta da completi idioti?» lui parve un po' sorpreso all'inizio, e mi guardò come se fossi totalmente uscito di senno. «Mi presento lì un giorno e gli dico che voglio perorare la loro causa? Mi crederanno su due piedi?»
Storse la bocca, e pensai che fosse perché non aveva ancora una risposta da darmi. «Ovviamente no.» rispose, contrariato. «Ma se tu non avessi la brutta abitudine di interrompermi mentre cerco di spiegarti il piano, lo sapresti.» cercai di trattenere al meglio un sospiro esasperato: se non ci avesse messo dei secoli per spiegarmi una cosa semplicissima, io avrei smesso sicuramente di fare delle domande! E, soprattutto, a quell'ora ignobile della notte, quando la gente normale dormiva. «Ho molta fiducia nei tuoi... mezzi, per così dire. L'attività di facciata è un centro per l'impiego, è così che assumono i loro dipendenti. Tutti i diplomati della nostra Accademia vanno lì per cercare lavoro, ma non c'è mai stato nessuno che fosse adatto per questo compito.» il suo sorriso si allargò anche di più. «Non quante te, almeno. Quanto ci metteranno a darti una risposta, dipende da quando arriverà il tuo curriculum al direttore e da quali mani passerà, soprattutto.»
Io ancora non capivo. «Non capisco perché il mio curriculum dovrebbe sconvolgerli.» sapevo che magari non dovevo interromperlo ancora, ma era una cosa a cui non potevo proprio resistere.
«Oh, Natsume! Il tuo nome apre molte porte.» spiegò lui, quasi gongolando. Che cos'avesse da goderci tanto, era un mistero. «Specialmente, data... la fama di Kaoru.»
Avrei preferito che avesse evitato di nominare mia madre, un tipo come lui non meritava neanche di vederla di sfuggita una come lei, figuriamoci parlarne. «È tutto?» speravo ardentemente che fosse così: non avrei resistito un attimo di più in quell'ufficio soffocante. Lui, con un gesto della mano, mi fece capire che potevo anche andarmene. Finalmente!
«Aspetta,» mi bloccò, appena ebbi abbassato la maniglia. Repressi la voglia di dargli un pugno e mi girai, cercando di esibire la mia migliore espressione vuota. «se il tuo Preside dovesse farti qualche domanda, digli che sono fatti personali e che non vorresti parlarne.» ah, come la faceva semplice!

Quando uscii dalla porta vidi Jinno che stava camminando, del tutto scocciato, per quel corridoio. Aggrottai le sopracciglia, guardando l'orologio. Che diavolo ci faceva in giro alle quattro di notte?
«Che ci fai qui, Hyuuga?» era stato lui, a quanto pareva, il primo a chiederlo. Aprii la bocca per rispondergli, ma lui lasciò perdere ancora prima che riuscissi ad emettere suono: «Ah, non importa. Muoviti a tornare nel tuo dormitorio, o potrei anche decidere di punirti.» era sempre il solito diplomatico.
E lui dove stava andando? La questione puzzava parecchio: di tutte le – troppe – volte che ero stato convocato dal Preside a orari assurdi come quello, lui non si era mai fatto vedere. Mi venne da chiedermi se stessero portando qualche altro bambino in Accademia. Volevo assolutamente saperne di più su quella storia, soprattutto perché non mi era ben chiara l’utilità che potessero avere. Che dovessero entrare nella classe di Abilità Pericolose non era di sicuro l’obiettivo principale. Cominciai a seguire Jinno, tanto che quello sembrava essere stato il mio sport della settimana. Lo vidi uscire nel cortile sul retro da una porta che non avevo neanche mai notato, e non sembrava neanche troppo contento di doverlo fare. Sbuffando, si sedette sul muretto, mentre io decisi di aspettare dietro una colonna: una punizione era l’ultima cosa che mi serviva.
Dieci minuti più tardi, dopo aver passato tutto il tempo a intrecciare fili d’erba nei modi più assurdi – anche perché con i lampioni spenti non si vedeva quasi niente –, una macchina oltrepassò il cancello: era la solita maledetta, noiosa macchina nera. Come avevo previsto, la prima a scendere fu una bambina e, subito dopo di lei, Persona. Si dissero qualcosa che non riuscii a sentire, dopodiché Jinno si affacciò dentro la macchina e poi se ne andò, portandosi dietro la piccola.
Sinceramente, non mi aspettavo che fosse Mikan l’ultima occupante della macchina, che partì per il garage subito dopo che lei aveva messo i piedi e la valigia a terra. Mi dava le spalle e si guardava intorno confusa, forse non riusciva a vedere niente. Sorrisi, forse l’avrei spaventata, ma non provare sarebbe stato un peccato.
«Hai presente da quanto tempo sto aspettando?» feci in modo che riuscisse a sentirmi, ma non che capisse perfettamente da dove venisse la mia voce. Non si mosse, e pensai di rincarare un po’ la dose. «Pensavo che ci avresti messo più entusiasmo.»
La sentii ridere mentre mi avvicinavo. «Non ti vedo, Natsume.» sospirai, non potendo evitare di alzare gli occhi alzare gli occhi al cielo: quanto poteva essere messa nel sacco da chiunque da uno a dieci?
«Questo,» cominciai, circondandole la vita con le braccia. «perché stai guardando dalla parte sbagliata.» lei sobbalzò per la sorpresa, voltando la testa verso di me a appoggiandosi. «Com'è andata?»
Lei abbassò lo sguardo, improvvisamente. Sembrava quasi triste. «Abbastanza bene.» mormorò, ma sembrava che fosse appena tornata da un funerale.
«Accidenti, come sei loquace, stasera.» tentai di sdrammatizzare, anche se non ero esattamente in vena. Specialmente la tasca destra, in cui avevo messo quel foglio del cavolo, pesava come se ci fosse stato dentro un macigno. Mikan si limitò a fissarmi, come se avessi perso la testa, io alzai, di nuovo, gli occhi al cielo. Avrei dovuto semplicemente chiederlo. «Era un modo per dire: “Ehi, dimmi che ti prende”, allora?»
Sfoderò il suo sorriso più falso, e abbassò ancora lo sguardo. «Solo un po' di... nostalgia, credo. È un po'... triste allontanarsi dalle persone a cui tieni.» decisi di usare la stessa tattica: non era esattamente il momento per discorsi, in particolare, per frasi del genere, che mi avrebbero fatto sentire un verme. Decisi di evitare totalmente l’argomento: la trascinai per un braccio in direzione dei dormitori. Ritirata, insomma. Sentivo che mi stava fissando, ed era una sensazione abbastanza fastidiosa, soprattutto perché sarebbe arrivata presto una domanda alla quale non sapevo se volevo davvero rispondere. «Qualcosa non va?»
Feci una smorfia: non si poteva evitare. «No... niente.» risposi, abbassando la voce. La guardai per un attimo e mi sorprese la sua espressione sconvolta. Strinsi la presa sulla sua mano e la attirai verso di me, baciandola. La sentii rigida per un attimo, poi mi abbracciò anche lei, smettendo di trattenere il respiro. «Va tutto bene.» cercai di rassicurarla, ma non ero certo di poter mentire così spudoratamente ancora per molto.

«E tu,» cominciò lei, una volta che entrammo nei dormitori. Non avevo ascoltato con troppa attenzione tutte le cose che le erano successe, troppo occupato a pensare a quali parole avrei potuto usare per parlarle del mio diploma. All’inizio ero davvero convinto che sarei riuscito a dirglielo, ma lei aveva avuto la fantastica idea di dire quella frase e la mia già scarsa convinzione si era ridotta al minimo, così come era aumentata la voglia di nascondere tutto quanto in un cassetto e ricoprirlo di altri pensieri meno inquietanti. Era decisamente umiliante. «che cos'hai fatto in questa settimana?»
«Niente di particolare, ho...» mi morsi la lingua, prima di dire che avevo studiato, pensai semplicemente di raccontare una mezza verità. «...letto delle favole a un'irritante bambina.» e ora che ci pensavo avevo anche saltato l'appuntamento serale. Non che mi dispiacesse più di tanto, di sicuro stava già dormendo della grossa anche senza favola. Era anche ora che si abituasse a farlo sempre.
Mikan parve incredula. «Non ci posso credere!» commentò, infine, senza chiudere la bocca per lo stupore. «Eccezion fatta per Youichi non sei mai stato dietro a un bambino!»
Non risposi. Non ero esattamente dell'umore per parlare, e stavo anche morendo di sonno. «Sono una sorpresa continua.» ironizzai. Ma ancora non sapevo bene se le sorprese fossero buone o meno. «Te la farò conoscere.» Feci qualche passo, prima di accorgermi che Mikan non era più vicino a me. Mi voltai, chiedendole tacitamente con lo sguardo che avesse.
Lei si morse il labbro inferiore, senza accennare a muoversi. «Va... va tutto bene... davvero?» era preoccupata. Mi venne quasi da ridere: avevo fatto tutto quello per evitarlo, e succedeva comunque. Ah, accidenti, che disastro totale!
Risi, scuotendo la testa. «Sì, davvero.» assicurai, sperando che fosse l'ultima volta che me lo chiedeva. Lei parve tranquillizzarsi, e mi venne incontro, prendendomi un braccio.
«Scusami,» rise nervosamente. «ho tenuto praticamente il muso da quando sono scesa. Mi dispiace, non ci vediamo da una settimana e...», tutto quello che aveva detto, da quando l'avevo vista era stata una continua pugnalata allo stomaco. La zittii con un bacio, di nuovo. Lei parve un attimo sorpresa, ma sorrise contro le mie labbra.
Fu più o meno così che arrivammo davanti alla mia camera, senza allontanarci per più di un secondo. Mi separai da lei solo il tempo di aprire la porta. La tirai dentro la stanza per un braccio e ripresi da dove avevo lasciato. Quando arrivammo al letto, ci separammo per riprendere fiato. Appoggiai la fronte alla sua e, improvvisamente, mi ritornarono in mente le parole che aveva detto subito dopo che era scesa dalla macchina. Era frustrante non essere in grado di dire la verità. Quella faccenda era diventata una specie di persecuzione. Sbuffai, anche se avrei tanto voluto evitare di farlo.
«Che c'è?» mi domandò lei, confusa. Mi spostai di lato, buttandomi di peso sul materasso. Ero così dannatamente patetico! Avrei dovuto solo sbattere la testa contro un muro.
«È che... è stata una settimana piuttosto stancante. Per tutti e due, immagino.» buttai lì, non sapendo che altra scusa inventare. «Sto morendo di sonno, sarebbe meglio dormire.» data l'ora, non credevo assolutamente che, se non mi fossi spostato, avremmo dormito granché. Sospirando pesantemente, mi girai dall'altra parte e chiusi gli occhi.
«Natsume?» la sentii spostarsi sul materasso. E quando la guardai era seduta più o meno dove l'avevo lasciata prima, solo che era appoggiata su un braccio per guardarmi. «Sei arrabbiato?»
Inarcai un sopracciglio: quando avevo dato quest'idea? Mi misi a sedere, guardandola. Che c'entrasse quel tipo che avevo visto nella foto? Mi feci più sospettoso. «Perché mai dovrei essere arrabbiato?» non con lei, almeno.
«Non lo so.» ammise, corrugando la fronte. Era ancora troppo presto per rilassarsi, chissà che cosa aveva potuto dirle. «È solo che oggi sei molto diverso dal solito. Non capisco... sei molto distante. E...» arrossì, riducendo il tono di voce, tanto che dovetti avvicinarmi per sentire. «non mi avevi mai dato la schiena, prima... per dormire.»
Sorrisi, scuotendo la testa. Soltanto lei poteva farmi un discorso del genere e sembrare di aver capito tutto quanto. A volte era preoccupante. «Ti ho già detto che va tutto bene.» a forza di ripeterlo mi sembrava quasi di essere diventato un robottino. Le passai un braccio dietro al collo e la attirai verso di me, dopodiché tornai ad appoggiare la schiena sul materasso. «Così va meglio?»
Lei mugolò un assenso. «Buonanotte.» abbandonai la testa contro il cuscino e non risposi.

Mi svegliai qualche ora dopo. Fin troppo presto, a giudicare dalla sveglia che segnava le sei e mezzo di mattina. Neanche due ore di sonno. Questo contribuiva senz'altro al mio proverbiale buonumore. Decisi di alzarmi dopo dieci minuti: riprendere sonno era fuori discussione.
Quando uscii dal bagno, trovai Mikan sveglia, si alzò in piedi sul materasso, non appena mi vide, biascicando un “Buongiorno”. La vidi perdere l'equilibrio, e sarebbe caduta a terra, rompendosi qualcosa, se non l'avessi presa.
«Di un po',» tentai, credendo che si fosse riaddormentata. «pensi di essere di gomma?» la scossi un po', non riuscivo a vederle la faccia, per la posizione in cui era. Ma sospettavo che se l'avessi lasciata andare, sarebbe caduta a terra come un sacco di patate. «Mikan...?»
La sentii lamentarsi. «Scusa.» sbadigliò, tirandosi su. «Mi sono alzata troppo in fretta e la testa ha cominciato a girarmi in modo strano.» scosse la testa, e poi si stiracchiò. Non mi fidai ancora a lasciare la presa sulle sue braccia.
«Tutto a posto?» Mikan fece una smorfia, appoggiando la testa sulla mia spalla, con gli occhi chiusi. Assentì, senza muovere un muscolo. Poi aprì gli occhi, confusa.
«Stavi andando da qualche parte?» mi ricordai che effettivamente, avevo qualcosa da fare: andare dal Preside e consegnargli la mia spontanea dichiarazione di volermi diplomare in anticipo.
«Sì... c'è qualcosa che devo dare al Preside.» spiegai, rimanendo il più possibile sul vago. Lei mi guardò curiosa. «È un foglio da parte di quello delle elementari. Niente di grave.» più o meno.
«Ah...» parve delusa per un attimo. Magari aveva immaginato di passare un po' di tempo insieme, subito dopo che era tornata. Sospirai, il Preside mi stava dando più grane di quante ne meritassi. «posso... venire con te?»
Non era proprio una felice decisione. Però avevo un'alternativa che le avrei proposto in ogni caso, dato che sapevo perfettamente che ci teneva. «I ragazzi partono, oggi.» le dissi, ricordandomi di cosa mi aveva detto Ombra, il giovedì precedente. «Nobara e gli altri hanno detto che volevano salutarti.» poteva essere un buon compromesso, dopotutto.
«Tu non vuoi salutarli?» sembrava che avesse quasi paura ad andarci da sola. Schioccai la lingua.
«Lo sai che non mi piacciono le scene madri.» cercai di smorzare la tensione, ma forse con scarso effetto. «Non ti mangiano mica, anche se sei sola.»
Lei sorrise. «Lo so,» confermò, abbassando lo sguardo. «ma piangerò come una fontana se non ci sarà nessuno lì con me!» mi morsi l'interno della guancia: ecco, questo era un problema di cui non conoscevo la soluzione.
Sospirai, pensando a un metodo per tranquillizzarla. «Verrò anch'io. Tanto sicuramente finirò prima che voi finiate di salutarvi, conoscendo Ombra.» Mikan sorrise, riconoscente.
Mi gettò le braccia al collo, rischiando seriamente di sbilanciarmi. «Sei un tesoro!» mi stritolò, riconoscente. «Ci vediamo giù, allora!» e mentre lei andava a farsi una doccia, io andavo nell'ufficio del Preside. Ne vedevo troppi, ultimamente..
Uscii dal dormitorio e mi diressi verso l'edificio delle aule, stiracchiandomi. Doveva essere ancora maledettamente presto, dato che il sole non dava neanche troppo fastidio. Entrai e, durante il tragitto, incontrai la stessa ragazza che, la sera prima, mi aveva accompagnato nello studio del Preside delle Elementari. Se avesse dovuto chiedermi ancora il suo nome, non avrei saputo cosa rispondere.
«Buongiorno.» mi disse, quasi scoraggiata e sparì dalla mia visuale. Alzai le spalle, e continuai per la mia strada. Appena arrivato davanti alla porta, bussai, sbuffando mentre tiravo fuori dalla tasca il foglio che dovevo consegnare. Dentro sentii cadere qualcosa e qualcuno borbottare, scocciato.
«Avanti.» alzò la voce, con un certo fastidio. Aprii la porta e trovai il Preside che raccoglieva dei libri e, dopo averli rimessi sulla scrivania, inarcò un sopracciglio. «Com'è che oggi tutti quanti volete candidarvi per il comitato studentesco?»
Guardai il foglio che avevo in mano. «Ehm...» tenni per un po' il foglio in mano, sventolandolo, incerto se consegnarlo o meno. Non che avessi molta scelta, però... «veramente... non sareb...» peccato che non ebbi occasione di concludere.
«Senti,» si sedette, immaginai in un disperato tentativo di recuperare la calma. Da che l'avevo visto la prima volta, non mi era mai sembrato un pazzo isterico come quella mattina. «essere presidente del comitato studentesco porta solo un sacco di grane, nessuna gloria e nessuno sa il tuo nome.» sembrò fermarsi a ragionare su ciò che aveva appena detto. «D'accordo, più o meno.» si tolse i capelli da davanti agli occhi e sospirò. «Comunque sia, te lo sconsiglio vivamente, tutti quegli studenti che...»
«Preside,» lo interruppi, cercando di dargli un'idea dei fatti. «non sono qui per questo.»
«Oh,» parve stupito. Poi alzò le spalle, come se non fosse successo niente e si appoggiò allo schienale della sua poltrona per poi indicarmi una sedia davanti alla scrivania. «perché non l'hai detto subito?» accettai l'invito e gli porsi il pezzo di carta. Corrugò la fronte, appena ebbe iniziato a leggere. Dopo qualche minuto, lo posò con calma sul tavolo, come se stesse pensando a quali parole scegliere. «Posso...» esitò, fissando di nuovo ciò che gli avevo dato. «Posso chiederti perché... vuoi diplomarti in anticipo?»
«Perché?» magari non era educato rispondere a una domanda con un'altra domanda, ma, sinceramente, non mi ero preparato una risposta, e avevo il serio dubbio di non potergli snocciolare la verità senza problemi.
«Quest'anno la... classe speciale è ben nutrita.» non sembrava molto contento della cosa. «Ora, mi chiedo perché quindici persone tra studenti del secondo e terzo anno abbiano deciso, a una settimana prima della scadenza delle iscrizioni, che è divertente diplomarsi prima degli altri.» corrugai la fronte: certo che potevano trovare scuse migliori. «Quando ho chiesto loro perché non potessero aspettare sette mesi, mi hanno risposto che era per “affari personali”. Ingegnoso. Non hai idea del lavoro che c'è da fare per diplomarsi in anticipo. Specialmente per uno studente del secondo anno.» secondo anno neanche iniziato, per di più. Non sapevo che diamine inventarmi. «Senti, sono disposto a far finta di non averla mai vista, se vuoi ripensarci.»
Se avessi potuto farlo, sarebbe finita nel cestino subito dopo essere uscito dall'ufficio del marmocchio. E invece avevo proprio paura che questa possibilità non esistesse. «Non voglio ripensarci.» era davvero il mio tono più convincente. Ero pronto per Hollywood.
«D'accordo.» concesse, probabilmente sapendo che non avrebbe potuto dirmi niente per farmi cambiare idea. «Anche se, francamente, non ho proprio idea del perché un ragazzo che ha rifiutato persino il premio per il miglior studente dell'anno, voglia provarle tutte per andarsene.»
A questo non avrei potuto ribattere con una risposta logica. «È stata...» cominciai, incerto. «una decisione... ehm...» non ero mai stato bravo a trovare scuse sul momento che avessero delle buone possibilità di reggere. «difficile, ma...» pensai che non fosse utile peggiorare le cose. «è così e... beh, tutto qui.»
Lui mi guardò, scettico. Forse avrei dovuto rinunciare all'improvvisazione. «Quand'è così.» si alzò e feci lo stesso. «Puoi andare.»
«Arrivederci.» salutai, e mi avviai verso la porta.
«Aspetta,» mi morsi l'interno della guancia: cos'era, un'abitudine dei Presidi bloccare la gente sulla porta? «lascia che ti dica ancora una cosa.» tornai a dare le spalle alla porta. «Qualunque stupidaggine la gente ti obblighi a fare, con qualunque mezzo, ricordati che c'è sempre una scappatoia. Trovala, e fai ciò che vuoi fare.»
Perché sembrava che avesse capito tutto senza che gli avessi detto niente? «Lo faccio sempre.» dichiarai, salutandolo di nuovo, prima che mi fermasse un'altra volta. Ero certo che anche Mikan si stesse chiedendo che fine avessi fatto.

«Ehi...» la chiamai. Lei mi dava le spalle e stava fissando il cancello, ormai chiuso. Forse ero arrivato tardi per salutare. L'unica cosa positiva della giornata: detestavo i saluti. Lei si girò verso di me, gli occhi erano gonfi e rossi. Aveva proprio mantenuto la promessa.
«Ti ha intrattenuto più del previsto, eh?» si asciugò un occhio, prendendo un bel respiro. Probabilmente aveva il naso tappato. Annuii, e l'abbracciai, sperando che potesse tirarla un po' su.
«Aveva voglia di chiacchierare e lamentarsi delle candidature a presidente del comitato studentesco.» spiegai. «Non l'ho mai visto così fuori di sé.» le accarezzai la schiena. «Tu, tutto bene?»
«Ora va bene.» rispose lei. Andava... bene? «Avresti dovuto vedermi prima...» si passò ancora una mano su una guancia. «Sai.. non avevo intenzione di farlo, ma... ho visto piangere gli altri e non sono riuscita a trattenermi.»
«Onii-chan!» mi irrigidii un momento, non poteva essere. «Sei stato molto cattivo!»
Mikan mi guardò confusa. Scossi la testa, come per dirle che non era importante. «Avevo altro da fare.» lei mi guardò sospettosa, mentre Mikan alternava lo sguardo da me a lei.
«Non sono riuscita a dormire perché non sei venuto a leggermi la storia!» aveva le braccia conserte e sembrava che mi stesse rimproverando. Ci mancava solo questa: essere rimproverato da una bambina con meno della metà dei miei anni. Ero davvero a posto.
«Tu sei la bambina di cui mi ha parlato!» Mikan con un sorriso. Si abbassò all'altezza di Miyako e le porse la mano. «Sakura Mikan, piacere di conoscerti.» la sua voce era ancora un po' impastata, ma sembrava che non piangesse più. La bambina la guardò confusa. Le tese anche lei la mano.
«Aihara Miyako.» si presentò, poi sorridendo a sua volta. «Sei un'amica di Natsume?» Mikan ridacchiò, grattandosi una tempia e cominciando a balbettare.
Alzai gli occhi al cielo e sbuffai, vedendola in imbarazzo. «È la mia ragazza.» tagliai corto. Miyako corrugò la fronte, confusa.
«E questo che c'entra con il fatto che non sei venuto a leggermi la favola?» repressi l'istinto di dirle che me l'aveva chiesto lei: dovevo ricordarmi che aveva solo otto anni.
«Potresti sempre rimediare adesso.» propose Mikan, e pensai che sarebbe stato perfetto avere qualcosa per imbavagliarla. Miyako, infatti, sembrava proprio gradire l'idea.
«E cosa? Ormai so a memoria quelle favole.» mi ero proprio stufato di leggere sempre le stesse cose. «Non ho intenzione di rileggerle un'altra volta.»
Mikan si fece pensierosa e sperai che non avesse una soluzione fulminante anche per quel problema. «C'è una sezione di libri per bambini in biblioteca.» non ebbi neanche la forza di muovermi: come diamine faceva una che aveva scoperto da qualche settimana l'esistenza della biblioteca a sapere di una sezione che non usava anima viva, in una parte dell'edificio dove nessuno andava mai se non per i libri di cucina? «Potremmo trovare qualcosa di interessante, non credi, Miyako-chan?»
Lei sorrise a trentadue denti, e poi si rivolse a me. «La tua ragazza mi piace tantissimo!» cominciò a saltellare e a incamminarsi nella direzione della biblioteca. Ah, che cosa meravigliosa!
Mikan ed io rimanemmo qualche passo indietro, e le rivolsi un'occhiataccia. «N-non... sarai arrabbiato, vero?» balbettò, nervosa. Ridacchiò, indietreggiando di un passo. «Volevo... beh, sai...»
«Lasciamo perdere.» la interruppi, avviandomi verso Miyako.
«È da quando me l'hai detto che volevo sentirti leggere una favola.» mi confessò, venendomi vicino. «Scusa...»
Sbuffai, rassegnato. «Non importa.» dissi, anche se non ne avevo assolutamente voglia, specialmente davanti a Mikan.
Quando entrammo lei aveva già scelto almeno cinque libri. Mikan mi rivolse uno sguardo di scusa, e io alzai le spalle. «Non qui di sicuro.» decretai, prendendo i libri e trascinando Miyako per una mano al tavolo più nascosto della sezione per bambini dietro a degli scaffali inutilizzati, e anche penosamente illuminato. Presi il primo libro “Hanaco dal grande cappello”. Mai sentito.
Mi sedetti e lei fece lo stesso, piazzandosi di fronte a me, con un'espressione di estrema aspettativa, la stessa che era stampata sul viso di Mikan. Evitai di guardarle ancora.
«Dunque,» iniziai, scorrendo con gli occhi tutta la fiaba. «tanto tempo fa, viveva in Giappone un samurai ric...»
«Natsume!» mi rimproverò la bambina. Alzai lo sguardo, col chiaro intento di fulminarla, ma la sua espressione di disappunto non scomparve. «Che ti prende? Sai fare di meglio!» poi sorrise, birichina, rivolgendo uno sguardo fugace a Mikan. «Sei emozionato, per caso?»
«Vuoi che ti legga questa cosa o no?» la mia più grande aspirazione non era esattamente essere preso in giro da lei. «Allora: un samurai ricco, potente, generoso e buono.» e continuai finché non sua figlia non sposò il principe, alla fine della storia. Mikan stava ridendo, e mi chiesi se fossi sembrato tanto ridicolo.
«Non credevo,» disse, guardandomi in modo strano. «che fossi così bravo.» le rivolsi un'occhiata scettica. «Dico davvero, ci sai fare con i bambini, non ti sto prendendo in giro.» accennò a Miyako con la testa: dormiva con le braccia incrociate sotto la testa, tipo cuscino, appoggiata al tavolo.
Mi alzai, dopo aver posato il libro. «Portiamola in camera sua.» proposi, prendendo Miyako in braccio. Mikan si portò le mani al petto, quasi... commossa?
«Sembrate davvero padre e figlia!» pensai che fosse ammattita e sgranai gli occhi, atterrito: sperai solo di aver sentito male. Non avevo piani per avere figli a diciassette anni.

Scesi le scale, totalmente svogliato. Come tutti gli anni, dovevo sottopormi a quella grossissima noia della cerimonia d'apertura dell'anno scolastico. Una cosa totalmente inutile, a cui avrei volentieri evitato di partecipare, come era successo negli ultimi anni. Ma Mikan mi aveva pregato di esserci, sarebbe stata la penultima a cui avremmo partecipato. Beh, almeno per lei questo era vero.
Era passata una settimana esatta da quando Mikan era tornata in Accademia e adesso le favole le leggevamo in due. La sera dopo che mi aveva sentito leggere, aveva fatto l'ennesima proposta indecente: montare una specie di teatrino dove io ero la voce narrante e i personaggi maschili mentre lei era quelli femminili. Ed era del tutto imbarazzante, ma avevo evitato di protestare.
Quella mattina, Mikan era scappata via a razzo, dopo avermi detto “buongiorno” perché voleva assolutamente andare alla cerimonia con Imai, dato che non avevano passato più tanto tempo insieme da quando lei era andata a trovare suo nonno e si sentiva in colpa. Io avevo semplicemente alzato le spalle, e adesso mi trovavo in compagnia di Miyako che mi aveva raggiunto mentre attraversavo il cortile, perché non conosceva ancora nessuno e si sentiva in imbarazzo ad andare con gli altri bambini che già si conoscevano da un paio d'anni.
«Ah, smettila con queste scemenze.» le dissi, a un certo punto. Lei mi guardò, risentita. «Per voi bambini socializzare è la cosa più semplice della Terra.»
Lei non sembrava molto convinta. «Io non ho mai fatto amicizia facilmente.» rispose, allungando il muso. Alzai gli occhi al cielo: era incredibile!
«Senti, non è possibile che in qualunque posto capiti non ci sia qualcuno con cui vai d'accordo. Ci sono un sacco di bambini che la pensano come te, perché non ti fai avanti tu e cominci a chiacchierare?» più o meno era quello che si intendeva con socializzazione, no? Io non avevo mai avuto di questi problemi. La gente cominciava sempre a parlare con me e basta.
«Ci devo pensare.» concluse lei, incrociando le braccia. «E cosa dovrei dire?» sembrava seriamente preoccupata a riguardo.
«Presentati, tanto per cominciare.» se non altro, era un buon inizio. «Di' loro del tuo Alice e poi... beh, immagino che comincerà una conversazione.» o almeno era quello che succedeva alle persone normali.
Neanche stavolta sembrava proprio sicura di quello che dicevo. «Sarà.» commentò, infatti. Arrivammo nel piazzale principale del campus, gremito di studenti. Non sapevo esattamente dove cercare gli altri, così cercai di individuare Ruka: era l'unico con un coniglio in braccio in tutta l'Accademia. Per fortuna.
«Su andiamo!» trascinai Miyako verso gli altri. Almeno non sarebbe rimasta da sola a guardare gli altri bambini che ridevano tra loro. Non era un granché come immagine, per una come lei. Mi avvicinai al gruppo, Ruka aveva proprio il coniglio sulla testa: niente di meglio per riconoscerlo.
«Ehi.» salutai e lui mi rivolse un sorriso. Prendendo una mini carota e porgendola al coniglietto che accettò con piacere.
«Tutto okay?» mi domandò, guardando Miyako con espressione confusa. In risposta diedi una scrollata di spalle. Poteva andare meglio.
«Mikan-onee-chan!» fu allora che sbucò dalla folla una bambina, sembrava quasi terrorizzata. In lontananza, sopra le chiacchiere, si sentiva bene anche la voce di Jinno: stava rimproverando qualcuno. Non che fosse strano, era l'occupazione preferita di quel tipo. «Il professore si è arrabbiato! Non ho fatto niente, davvero! Stavo soltanto facendo un giretto e lui ha cominciato a inseguirmi urlando! Ho paura!» e davanti avevamo il suo obiettivo.
Mikan si abbassò all'altezza della bimba, con espressione comprensiva. Ci era passata anche lei, dopotutto, e anche di recente. «Che è successo, Maika-chan?» lei, però, invece di rispondere le buttò le braccia al collo e cominciò a singhiozzare. Mikan, dapprima spiazzata, cercò di tranquillizzarla, accarezzandole i capelli. «Sta' tranquilla. Sono sicura che se gli spiegheremo cos'è successo, andrà tutto bene.»
La bimba tirò su col naso. «Non mi metterà in punizione?» domandò, portando il labbro superiore a coprire quello inferiore. Mikan non rispose: effettivamente non poteva assicurarglielo, e lei capì che non ne era del tutto convinta. Perciò riprese a piangere.
Io non sopportavo i bambini che piangevano, era proprio una cosa che mi mandava in bestia. «Senti.» la staccai da Mikan e la presi in braccio. Sembrava essere il mio mestiere, da un po' di tempo a quella parte. «Jinno non è un tipo paziente, ma una cosa è certa: se fai la brava e fai come ti dice non ti spaventerà più.»
«Davvero?» era ancora insicura. Io annuii, con fare quasi solenne e con l'espressione più convincente che avessi mai usato in tutta la mia vita. «Ma... io non conosco nessuno. Non so quello che devo fare.» sorrisi, consapevole di aver già sentito quelle parole giusto qualche minuto prima.
«Conosco qualcuno che può aiutarti.» la posai a terra, proprio di fronte a Miyako. «Ecco qui, questa è Miyako. Sono certo che saprà aiutarti.» lanciai un'occhiata di intesa a lei, che mi restituì uno sguardo incerto. Una buona opportunità per fare amicizia, no?
L'altra era ancora un po' dubbiosa. «Ciao.» disse solo, porgendole la mano. «Mi chiamo Maika. Otomiya Maika. Sono qui solo da una settimana... vorresti... diventare mia amica?»
Miyako tese la mano, con un po' di sforzo. «Io sono Aihara Miyako.» poi sorrise. «Vieni con me!» la prese per mano e si unirono al gruppo di bambini delle elementari. E menomale che non facevano amicizia facilmente!
«Ecco...» commentò Mikan, sinceramente stupita. «Arrivi tu e risolvi tutto in cinque minuti.» non potei evitare di rivolgerle un sorriso ironico.
«È perché io sono un genio, Mutande-a-Pallini.» lei mi sorrise, lasciandomi un attimo interdetto: credevo che mi avrebbe accusato di averle dato della stupida.
«Lo so,» rispose, abbracciandomi. «sei il mio piccolo genio.» cercai di divincolarmi: non poteva dire cose del genere! Suonava così semplicemente... sdolcinato!
«Mikan, puoi evitare certe smancerie in pubblico?» lei mi fissò, contrariata e si staccò, sbuffando.
«Uffa, che antipatico!» si voltò e si diresse verso il punto in cui si trovavano alcuni dei nostri compagni. Sospirai: soltanto lei poteva farmi sentire uno schifo dopo una semplice, normalissima frase.
«Ehi.» l'afferrai per un braccio e lei si girò a guardarmi. «Mi dispiace.» spalancò gli occhi, incredula. Si avvicinò, preoccupata, mettendomi una mano sulla fronte.
«Stai bene?» mi pareva una sorta déjà vu: io dicevo qualcosa di carino e lei mi chiedeva se era tutto a posto. Dovevo imparare, una buona volta, a tenere il becco chiuso.
Il sospiro che mi uscì, stavolta, era rassegnato. «Benissimo.» conclusi, secco. Lei sorrise, e mi sembrò più tranquilla. Donne.
«Sarà meglio avvicinarsi.» propose Ruka, indicando il palco, allestito per l'occasione. «Oppure Jinno inseguirà noi invece della piccola Maika.» e non era una possibilità da scartare. Vidi Mikan incamminarsi e incitare anche Imai a fare la stessa cosa. Jinno la terrorizzava, anche dopo tutti questi anni.
Appena arrivammo, il Preside chiese subito silenzio. Sbuffai, i discorsi del Preside delle Elementari alle cerimonie erano ancora più noiosi e prolissi del normale, solo che non portavano a niente. Incrociai le braccia, preparandomi psicologicamente a una dormita in stile cavallo.
«Benvenuti, ragazzi.» cominciò, con un sorriso oltremodo falso stampato in faccia. «Innanzitutto, vorrei dare il benvenuto ai ragazzi che sono qui per la prima volta, specialmente ai bambini della sezione elementare, e un augurio ai ragazzi che cambiano sezione.» venne interrotto da qualche debole applauso, ma il suo sorriso non si incrinò. Gli piaceva rimproverare solo me per queste cose. «Spero tanto che quest'anno scolastico vada per il meglio per tutti voi. E, già che ci sono, vi presento il vostro nuovo presidente del comitato studentesco: Kamiya Kisaki, della sezione superiore.» lei, che era sul palco insieme agli altri componenti del comitato, salutò con un movimento secco della mano. Non sembrava affatto il tipo adatto per essere presidente del comitato studentesco, ma avevo il sospetto terribile che il Preside lo sapesse perfettamente. «Inoltre vorrei anche ringraziare i ragazzi della classe speciale, quest'anno particolarmente nutrita, come il mio collega, Yukihira, Preside della sezione superiore, mi ha fatto notare.» lo indicò e ci fu un grosso applauso. Sospirai. Ma fu il suo sorrisetto a spaventarmi: che intenzioni aveva? «Vorrei ringraziarli uno per uno, dal momento che si diplomeranno a settembre. Mi fa piacere che ci siano così tante menti brillanti nella nostra Accademia.»
«Chi vorrebbe diplomarsi in anticipo?» chiese Mikan, contrariata. «Non è forse più divertente farlo con i compagni con cui sei stato in classe molto tempo?» mi morsi la lingua. Il Preside stava per elencare i nostri nomi. Che... bastardo. Aspettai con nervosismo il mio nome, mentre con lentezza scorreva quella lista. Ogni tanto i nomi erano seguiti da urla o applausi, o entrambe le cose. Il mio ovviamente, ultimo, fu seguito da un silenzio tombale. «Nat...sume?» evitai lo sguardo di Mikan e puntai il mio a terra, senza dire una parola. Sembrava sconvolta. A quanto pare, l'aveva saputo comunque e nel modo più sbagliato in cui poteva accadere. «Natsume?» inclinò la testa, e la guardai. «È... è vero?» la voce le tremava, non sapevo però se per rabbia o disperazione.
«Sì... io...» tentai di spiegare, ma cos'avrei potuto dire? Che non gliel'avevo detto... perché? Non lo sapevo neanche io il perché!
«E perché non me l'hai detto?» indignazione. Questo traspariva dalla sua voce. «Lo sai da tanto tempo, vero? Da quando... credevo...» la voce le si spense in un sussurro. Mi voltai verso di lei, forse in un tentativo estremo di spiegarmi, ma tutto quello che mi arrivò in risposta fu uno schiaffo. Non stava piangendo, non stava gridando – non ancora, perlomeno – ma, di sicuro, era furiosa. «Tu,» mi indicò, con rabbia. «non parlarmi per una settimana!» ero troppo spiazzato per replicare. L'unica cosa che fui in grado di fare fu guardarla mentre spariva tra la folla di studenti, ancora troppo scosso per realizzare che avevo ricevuto davvero una manata da lei, la seconda da San Valentino.
Vidi Imai sorridere, serafica. Le scoccai un'occhiataccia, che però non vide, già troppo occupata a continuare a seguire la cerimonia d'apertura. Poco dopo arrivò Ruka, massaggiandosi il viso.
«Che ti è successo?» domandai, vedendo l'ironia della sorte: entrambi con una bella impronta di mano su una guancia.
«La tua ragazza è calma, questo è certo: ma se vuole picchiare, sa farlo bene.» fu tutto quello che disse, prima di toccarsi di nuovo la parte dolorante, facendo una smorfia.
«E perché ti avrebbe picchiato?» non riuscivo proprio a capire. Mikan non era il tipo che tirava schiaffi a chiunque le capitasse a tiro. Era anche vero che non credevo che potesse dare schiaffi, ma questa era tutt'altra faccenda.
«Perché credeva che lo sapessi. Mi ha rimproverato perché continuavo a negare. Dev'essere difficile farla arrabbiare, e tu ci sei riuscito in pieno.» rispose, cercando di tranquillizzare anche il suo povero coniglietto, probabilmente traumatizzato dalla reazione di Mikan. Riuscivo difficilmente a immaginarla mentre prendeva Ruka a schiaffi. «Cavolo, Natsume!» sbottò poi, guardandomi deciso. «Posso capire che tu non l'abbia voluto dire a me, ma almeno avresti potuto farlo con lei! È la tua ragazza e saperlo così non è proprio il metodo migliore.» non è che avessi proprio bisogno di sentirmi dire quelle cose dal mio migliore amico, ma probabilmente era una specie di legge del contrappasso. «A volte proprio non ti capisco.»
«Già...» concordai, sbuffando. Il problema adesso era cosa fare con lei: se mi fossi ripresentato, mi avrebbe tirato qualcosa.
«Va' a chiederle scusa, invece di stare qui. Parlale. Risolvi questo problema.» mi consigliò, sospirando sconsolato. «Non vorrai mica andartene senza aver risolto, no?» mugugnai in risposta. «A proposito...» aggiunse, confuso. «perché cavolo hai fatto richiesta per diplomarti in anticipo?»
«Ruka,» risposi, guardandolo. Lui deglutì. «tu che mi conosci bene, diresti mai che ho fatto tutto di mia spontanea volontà?»
Lui assunse un'espressione pensierosa. «Beh,» rispose, incerto. «no.» ecco, appunto.

Spalancai la porta, mentre lei mi guardava stupita. Era stesa sul letto e si mise a sedere, del tutto esterrefatta e contrariata. Avevo pensato a lungo a cosa dire e a cosa non dire. Non ero il tipo che faceva piani prima di agire, specialmente in casi come questi e mi era passato tutto completamente di mente.
«Metti qualcosa di comodo e scendi.» suonò quasi come un ordine. Uscii e mi avviai per il corridoio, per poi tornare indietro. «Dieci minuti, se non sei troppo arrabbiata.» mi scappò un sorriso, quando la vidi ancora ferma nella stessa posizione, come se avesse messo al proprio posto una statua di cera.
«Okay,» disse, appena uscii fuori dalla porta, sembrava ancora un po' – forse un po' tanto – irritata. Per la prima volta nella storia, aveva seguito il mio “consiglio”: aveva addosso qualcosa di comodo. «cos'è quest...» le lanciai un casco e lei mi restituì uno sguardo scettico, ma non riuscì a trattenere un sorriso.
«Andiamo.» proposi, mettendomi il mio, e abbassando la visiera. Non poté vedere il ghigno che mi era comparso sulle labbra. Lei fissò il casco, indecisa. «Avanti, sei ancora arrabbiata?»
«Beh, considerando che... tra meno di sei mesi te ne vai, non c'è molto tempo per essere arrabbiati.» constatò, tristemente, sollevando entrambe le sopracciglia per un attimo. Poi tornò a fissarmi con uno sguardo disarmante. «Perché non me l'hai detto?» ci fu una pausa di parecchi minuti. «Perché non rispondi? Sai... ho passato ore a pensarci, ma... non ho trovato una risposta, perciò... se volessi dirmi perché...» gesticolava in modo strano. «mi sentirei... non dico meglio, ma... quasi.»
Mi appoggiai al manubrio della moto. «Credo di non averlo mai accettato al punto di... dirtelo, forse... e non sapevo neanche come fare.» lei fece un sorriso stentato.
«Beh,» rispose, stringendo il casco tra le braccia. «scommetto che ci hai provato un sacco di volte, ma non ho capito niente.» strinse ancora di più la presa. «Sono proprio un disastro, io...»
«Stronzate!» sbottai. Che volesse prendersi anche questa colpa era semplicemente assurdo. «Sali.»
Lei annuì, e mi guardò, imbarazzata. Dopodiché mise il casco, e si sedette dietro di me, stringendomi.
Poco più tardi eravamo a Central Town, piena di studenti che si godevano l'ultimo pomeriggio di libertà. Spensi la moto e scesi dopo Mikan, che si stiracchiò. «Dove andiamo?» volle sapere, curiosa. Io sorrisi.
«Sorpresa.» risposi, senza dare ulteriori spiegazioni. Le feci cenno di seguirmi: avevo sentito dei ragazzi che ne parlavano e volevo provare. Arrivammo in una piazzetta, poco lontano dal mio obiettivo. «Aspettami qui, torno tra cinque minuti.» il tempo di fare la fila.
Stranamente, non c'era molta gente, forse perché ormai, tutti gli studenti dell'Accademia l'avevano provato. Pagai e tornai indietro, porgendole il suo e addentando il mio.
«Questo è...» ci pensai un attimo. «un'offerta di pace.» ed era anche una cosa buonissima.
«Un fluffa-puffa enorme?» chiese lei, con gli occhi che brillavano, prendendolo con entrambe le mani. Non era solo quello. Era ripieno. Nel mio c'era cioccolato, per esempio. Lo addentò e masticò con lentezza, come se volesse assaporarlo bene. «È...» cominciò, con gli occhi chiusi, sognante. «la cosa più buona che abbia mai mangiato!»
«Fa' assaggiare.» dissi, sedendomi accanto a lei e dando un morso al suo fluffa-puffa. Lei sembrò contrariata per un attimo, ma scoppiò a ridere quando vide la mia espressione disgustata. «Cosa diamine c'è dentro?» era... semplicemente orribile.
«Avevo dei dubbi, prima.» confessò lei, allontanando da me il suo dolcetto. «Ma adesso sono sicura che sia lampone.» bleah.
«Ora sì che si spiega tutto.» rabbrividii e addentai il mio. Molto meglio. Poi glielo porsi, un morso per un morso, dopotutto. Lei mi guardò, diffidente. «Non sono io quello che ha tentato di avvelenarti. È buono.»
Lei assunse un'espressione dispiaciuta. «Scusa.» mormorò, mordendosi un labbro. Io scrollai le spalle. «E anche per stamattina...» continuò. «ti ho fatto male?» mi sfiorò la guancia che aveva colpito quella mattina con le dita.
«Nah!» feci un gesto con la mano, come per dire che non era importante. Poi cercai di trattenermi dal ridere. «Ma scommetto che Ruka è ancora col ghiaccio sulla faccia. Era davvero traumatizzato.»
«Oh, poverino!» si portò la mano alla bocca, mortificata. «Devo assolutamente chiedergli scusa!»
«Non credo se la sia presa.» osservai, continuando a mangiare. Ma lei non sembrava aver cambiato idea. «Quando...» prese una pausa prima di continuare. «quando hai deciso di diplomarti in anticipo?» perché diamine tutti quanti credevano che avessi deciso tutto da solo? Sembrava davvero che volessi andarmene?
«Non l'ho deciso io.» puntualizzai, forse con una punta di risentimento. Lei mi fissò, scioccata. «È stato il Preside. Ha detto: “diplomati”» cercai di imitare la sua voce da bambino. «Non mi ha lasciato molta scelta.»
«E perché?» domandò, posando il fluffa-puffa sulle gambe, avvolto dalla carta.
«Perché è pazzo. Pensa di usarmi per una cosa assurda.» spiegai, molto sommariamente. «Io credo che sia solo fuori come un balcone.» e, in effetti, era assurdo. Mi sarei presentato lì, in quell'ufficio, avrei detto “Ehi, gente! Sono Natsume Hyuuga!” e tutti mi avrebbero svelato i loro peggiori segreti? Non lo credevo possibile.
«Mi sembra proprio incredibile.» si appoggiò allo schienale della panchina. A chi lo diceva. Guardai l'orologio, erano quasi le sette, ora di cena. Peccato che quei cosi riempissero come se fossero dei grossi tacchini farciti..
«Che facciamo, torniamo indietro?» proposi, lei annuì, portandosi dietro il fluffa-puffa.

Eravamo appena tornati dalla mensa, dove tutti gli altri mi avevano riempito di domande a cui non avevo risposto. Tutte sul mio diploma. Erano stressanti: ne sapevo quanto loro!
«La prossima volta che succede una cosa del genere, mi chiudo in camera, come in una prigione.» insomma, dov'era il punto nel farsi gli affari degli altri?
«Ecco...» iniziò lei, appoggiata alla porta, con lo sguardo rivolto alla parete della mia stanza più che a me. «non credi che, in questo caso, dovremmo passare più tempo insieme?»
Sorrisi, malizioso. Doveva assolutamente prestare più attenzione alle parole che sceglieva di usare. Si avvicinò a me, guardandomi, forse, in cerca di una risposta. Mi finsi pensieroso. «Mhm...» mugugnai, portandomi una mano sotto al mento. «e come avresti intenzione di...» poi le strinsi l'altro braccio intorno alla vita, in modo da attirarla del tutto verso di me. «impiegare questo tempo?» la mia voce era poco più che un sussurro. La sentii rabbrividire, quando le sciolsi uno dei nastri per capelli. Lei, però, si staccò velocemente, e mi accorsi che era arrossita. Confuso, cercai di prenderle la mano, ma lei indietreggiò ancora. «Che ti prende?» era davvero incredibile: prima se ne veniva fuori con frasi del genere – d'accordo, opportunamente riutilizzate – e poi scappava via, senza un chiaro motivo. Seriamente, non riuscivo a capirla. Continuai a camminare verso di lei, tanto più indietro della parete non sarebbe potuta andare.
«C-che...» balbettò, schiacciandosi contro il muro. «che intenzioni hai?» pensai che avrei dovuto sentirmi offeso per una domanda del genere, ma poi ragionai sul fatto che lei era Mikan. Era semplicemente fatta così.
Mi fermai davanti a lei, che mi guardava ancora tremendamente imbarazzata. Mi abbassai all'altezza del suo orecchio. «Credevo,» sussurrai, senza poter trattenere un sorrisetto. «che le mie intenzioni... fossero abbastanza chiare.» piegai il collo, in modo da sfiorare il suo con la punta del naso, per poi sostituirlo con le labbra. La sentii stringere la presa sul mio polso, e non potei non sorridere, di nuovo. Passai a sbottonarle il primo bottone della camicetta, facendola scorrere un po' lungo le spalle, per soffermarmi su un punto che sapevo piacerle.
Però c'era qualcosa che non andava: il suo respiro era certamente irregolare, ma non come al solito. Era come se fosse... a disagio? Mi allontanai da lei, scioccato, per un attimo. «Mikan, che hai?» non riuscii bene a nascondere la vena di preoccupazione nella mia voce. La guardai: era ancora tutta rossa, con gli occhi lucidi e una delle sue mani stringeva la camicetta per tenerla ben chiusa.
«Non guardare...» quasi supplicò, mormorando, mentre stringeva la presa ancora di più. Mi trovai del tutto spiazzato, tanto che il momento in cui non sapevo come dirle che l'avrei lasciata prima del previsto, mi sembrava niente al confronto. Distolse lo sguardo, che vagava per la stanza, ma non si soffermava mai su di me. Che diamine stava cercando? Cercai di capirlo osservando nella sua stessa direzione, ma non c'era niente che potesse darmi neanche il più piccolo indizio. «Natsume...» mi chiamò, sempre con lo stesso tono. Spostai lo sguardo di nuovo su di lei, non sapendo bene dove focalizzare l'attenzione, e la vidi mordersi un labbro. «...da dove si spegne la luce?» nascose il volto nell'incavo del mio collo e strinse la mia camicia in un pugno.
Mi rilassai improvvisamente: era solo per quello! E io avevo quasi preso un infarto. Mi lasciai andare a un sospiro liberatorio, dopodiché le passai un braccio intorno alla vita per allontanarla dal muro: per forza non riusciva a trovare l'interruttore, ce l'aveva dietro la schiena! «Scema.» commentai, dopo aver fatto ciò che mi aveva chiesto. Non osai muovermi per un po', e non lo fece neanche lei. Dopo qualche minuto, mi sentii troppo ridicolo, in quella situazione. «Ehi...» interruppi il silenzio e la sentii sussultare. Immaginai che non fosse niente di più di quel che meritavo. «ti va un po' di cioccolata calda?» che non fosse il momento per altre cose, lo capivo anche da solo. Lei si allontanò da me, e potei vedere i suoi occhi illuminarsi. Le porsi il nastro che le avevo preso poco prima e lei lo strinse in mano. Poi tornò a guardarmi, scettica.
«Ma non hai i fornelli.» mi fece notare, suscitando un sorriso da parte mia. «Hai... hai solo un frigo e un congelatore.»
Mi limitai a roteare gli occhi, con fare teatrale. «E chi diamine ne ha bisogno?» ribattei, retorico. La presi per mano e la trascinai nell'altra stanza.

Venti minuti dopo, eravamo seduti sul pavimento della “cucina” a ridere come due matti, ricordando eventi particolarmente divertenti che ci erano capitati durante la nostra permanenza in Accademia.
«Sì...» concordai, dopo che lei aveva tirato fuori il suo primo Alice Festival, il gioco di Aladino e la sua conseguente schiavitù. «in effetti, potevo essere un po' più...» non riuscii a trovare un aggettivo adatto al concetto che volevo esprimere.
«Lascia perdere.» interruppe la mia ricerca, con tono divertito, colpendo un mio piede con il suo e bevendo poi un altro sorso di cioccolata. «Rifaresti la stessa cosa, anche due milioni di volte.» feci una smorfia pensierosa e poi alzai le spalle, con noncuranza.
«Sì, probabilmente hai ragione.» commentai, con un ghigno, che però lei non vide perché eravamo ancora al buio. Non avevo ancora capito perché tutto quel terrore della luce elettrica. Non era ancora mai morto nessuno per aver tenuto la luce accesa di sera, per quel che ne sapevo io. A meno che non avesse deciso di attaccarsi ai fili della corrente senza staccarla dal contatore. O questo, o aveva intrapreso la politica del risparmio energetico. «È stato divertente tenerti al guinzaglio, però.»
Dopo il mio intervento, restammo in silenzio per un po', finché non la sentii emettere uno strano suono, e aggrottai la fronte: avevano rapito Mikan e l'avevano sostituita con un clone? Pensavo proprio che mi avrebbe gridato qualche insulto, o qualcosa del genere, invece si era limitata a mugolare dopo qualche minuto, neanche con troppo interesse. Mi misi sulle ginocchia, e cominciai ad andare verso di lei, a qualche passo di distanza, o almeno dove mi sembrava che fosse. «Che c'è?» quando non mi rispose, cercai di indagare più a fondo. «La cioccolata fa schifo, eh?» era una domanda più che legittima, dal momento che era la prima volta che “cucinavo” qualcosa su una mano. Lei scosse semplicemente la testa. Mi sedetti di fronte a lei, sospirando. Era una serata davvero... strana. «Ho una proposta interessante.» cominciai, ma lei neanche alzò la testa. Lo presi come un invito a continuare. Se lei non parlava, qualcuno doveva pur farlo. «Tu mi dici che hai, e poi...» ci pensai un po', ma non mi venne in mente niente. «vediamo che si può fare a riguardo.» la sentii tirare su col naso e mi avvicinai di più. Che stesse... nah! Che motivo aveva per piangere se fino a due secondi prima ridevamo come due deficienti? Inclinai la testa per avere una miglior visuale, ma la luce era spenta ed era una notte di luna nuova, insomma una fortuna allucinante. Sentii il suo respiro farsi più pesante, come se fosse raffreddata. Già: stava sicuramente piangendo, e poteva esserci un'unica, ovvia conclusione. «Mikan...» tentai di trovare una sorta di lato positivo della cosa, benché fosse davvero difficile. «manca ancora un sacco di tempo al diploma, più di cinque mesi. È tanto.» non era proprio tanto, ma... forse riuscivo a tirarle su il morale. «L'hai detto anche tu, no? Possiamo fare un sacco di cose... tipo...» solo che, sfortunatamente, al momento non me ne veniva in mente neanche mezza. «tipo...» ero decisamente un disastro in materia. E forse stavo anche peggiorando la situazione. Non suonava molto bene dire “fare quello che facciamo tutti i giorni” e “stare insieme” era fin troppo sdolcinato. No, non avrei mai detto cose del genere.
«Sai... ho sempre immaginato che... avremmo fatto delle foto, il giorno del diploma.» mi confessò, con voce impastata. «Sarebbe stato carino fotografarci con quei cappelli buffi, tutta la classe insieme... fare una festa...» sorrisi: doveva tenerci davvero molto.
«Possiamo sempre farle e riderci su... tra...» beh, dire due anni non era esattamente una fantastica idea, dato che sembrava un sacco di tempo, sul momento. «beh... dopo il tuo diploma.»
«È diverso.» affermò lei, senza nessuna forza. Tirò di nuovo su col naso. Sospirai, passandole un braccio dietro al collo per abbracciarla: non sapevo che dirle, e non mi sembrava esattamente il momento di chiederle di smetterla di piangere come se fossi dovuto andare a morire. Avevo la sensazione che non avrebbe risolto granché. «Scusa...» mormorò, poi, staccandosi un po'. «non è esattamente il miglior finale di serata...» stronzate.
«Non dovresti piangere così.» tentai, distogliendo lo sguardo da dove credevo che fosse, anche se non ce n'era alcun bisogno. «Anche se passerà del tempo, ci rivedremo, no?»
Lei assentì, ma non pensavo che fosse così tanto d'accordo. Mi posò le mani sulle spalle e spostò il suo peso sulle ginocchia. Aspettai che parlasse, ma non disse niente. Si avvicinò e posò le labbra sulle mie. Non aveva mai preso l'iniziativa per baciarmi, avevo sempre semplicemente pensato che si sentisse troppo in imbarazzo per farlo. Ma il fatto che l'avesse fatto subito dopo avermi chiesto di non guardare, quando non riuscivo a vedere niente comunque, era abbastanza... come dire... contorto. «Hai ragione tu.» disse poi, tornando ad abbracciarmi. «Non ha senso piangere adesso.» la sentii asciugarsi le lacrime con una mano. «Non posso promettere niente per il momento dei saluti, però.»
«Non è il caso di pensarci adesso, direi.» insomma, ogni cosa a suo tempo. Lei si alzò e mi tese una mano, invitandomi a fare lo stesso. Mi tirai su, stiracchiandomi. La cioccolata era stata un fiasco, ma l'avrei preso come ammonimento per la volta successiva.
«Sai, Koko mi ha detto che più tardi spareranno dei fuochi.» mi prese per mano, improvvisamente felice. «Che ne dici di andare a vederli? Solo che sono tardi, se dovessimo addormentarci...»
«Oh... non preoccuparti.» sorrisi, avvicinandomi per baciarla. «ho qualche... idea per passare il tempo. Tu che ne pensi?» mi diede un leggero schiaffo sul braccio.
«Che scemo.» scosse la testa, circondandomi il collo con le braccia. Ghignai: io ero dannatamente serio. La baciai per non lasciarle il tempo di dire altro.

*****

Sono quasi arivata a 50 recensioni e non sapete quanto la cosa mi faccia piacere, perciò un grazie mille a tutti quanti i commentatori (e anche ai lettori XD)! Dunque, il prossimo capitolo sarà pubblicato tra pochi giorni (spero, ancora non è pronto), circa una settimana perché sarà l'anniversario della pubblicazione del primo capitolo (sì, insomma, è assodato che sono una che tiene alle date XD). E il prossimo... capitolo diciassette! Tanto atteso (da me, almeno) e tanto temuto, perché mi vergogno troppo XD.
Poi *inizio pubblicità abusiva* ho pubblicato:
1) Una one-shot su Bleach The traitor takes in twice, coppia Gin/Rangiku per chi potesse interessare XD. Fateci un salto, se volete.
2) E un'altra one-shot su questa sezione: I Wanna Know You, coppia Yuka/Izumi *.* *fine pubblicità abusiva*
E ora, una piccola anticipazione! *musica per i momenti di tensione di sottofondo* Ci sarà una – brutta – sorpresa. Insomma, quando si arriva in fondo non solo si può risalire, ma si può anche cominciare a scavare XD, credo che Mikan e Natsume lo scopriranno presto. Volevo copiare anche una piccola citazione perché ho scritto già qualche pagina, ma... ci ho ripensato: niente spoileroni XD.
Ecco un'altra cosa! Quest'immagine (da capitolo 135 del manga) mi ha davvero rimanere così *ç* per un tempo considerevole, perciò volevo condividerla con voi, in attesa della traduzione del 136 :3 (non so se si vede perché sono un'imbranata)



Diciamocelo, il manga è tutta un'altra cosa XD, però si intona bene col capitolo :P

E ora... le risposte alle recensioni!

AkA GirL: oddio XD. E io che speravo che si capisse, sono un disastro con le descrizioni subliminali *sob*. Vabbé, questo capitolo dovrebbe aver chiarito i dubbi (almeno spero), però voglio spiegare per bene il suo comportamento. Penso di averlo un po' compreso, povero Natsume. All'inizio ho pensato a quello che avrei fatto io se avessi dovuto andarmene senza volerlo (probabilmente piangere a catinelle XD), e quello che avrebbe fatto lui (incavolarsi come una miccia, senza dubbio). Nello scorso capitolo probabilmente non si è molto capito che lui era un po' giù di corda perché Mikan non lo sapeva (e neanche lo immaginava, poveretta XD), e non è neanche molto recettiva per capire che c'era qualcosa che non andava da parecchio tempo, da prima degli esami. Per lui invece è tutto un altro paio di maniche. Stava male per svariati motivi: primo tra tutti, era "ferito" nell'orgoglio per non riuscire a trovare il coraggio di dirglielo, si sentiva una specie di codardo e non poteva davvero sopportarlo (uno come lui, poi XD). Non ho volutamente messo in evidenza un altro aspetto della cosa, perché Natsume non mi sembra il tipo che farebbe pensieri del genere. L'aspetto di cui parlo è quello del cambiamento: infatti, se lui gliel'avesse detto, le cose sarebbero radicalmente cambiate. Nessuno dei due avrebbe più potuto evitare di pensare che qualunque momento trascorressero insieme, sarebbe stato uno degli ultimi, in questo modo lei poteva essere semplicemente felice e contenta, rendendo la cosa molto più lontana di quanto in realtà non fosse. Volevo rimarcare questa cosa quando lui non è riuscito ad andare "avanti" all'inizio (quasi :P) di questo capitolo. Si sente un approfittatore (più o meno XD), perché non riesce a dirle la verità, gli sembra proprio di prenderla in giro (è per questo che si fa molti più scrupoli dopo che lei l'ha saputo, su cosa dire e cosa no). Forse è difficile da ammettere dal suo punto di vista, ma, anche se vuole fare il duro, sotto sotto è un tenerone (*.*), e non vuole vederla soffrire. Ha sempre l'impulso di dirle tutto quanto ma c'è qualcosa che lo blocca, una sua frase, o un commento. Si sente proprio come se stesse facendo (e in effetti è così) qualcosa di male a lei, per questo è “bloccato”. Con questo papiro, spero di aver fugato tutti i possibili dubbi :P. Nel caso ne avessi ancora, dimmelo pure XD. Penso si sia capito che adoro parlare XD.
marrion: figurati, te l'ho detto XD, la leggevo e neanche sapevo che l'avessi scritta tu *Ale è senza speranza*. Sono anche in arretrato di un po' di capitoli, ma appena posso, la leggerò! Mi fa molto piacere che la storia continui a tenerti attaccata allo schermo. Speriamo che sia così fino alla fine XD.
marzy93: grazie mille XD, ho cercato di creare quei vecchi più divertenti che potessi, altrimenti i capitoli del nonno sarebbero stati anche una noia da scrivere, oltre che da leggere. Insomma, lavoro sì, ma anche svago, giusto? XD. Felice di sapere che ti piaccia ancora :).
E volevo anche ringraziarti per il commento alla mia one-shot, sono davvero contenta che ti sia piaciuta.
Luine: sì, l'Alice della bimba è proprio divertente XD e, a quanto pare, i vecchi hanno spopolato tra il pubblico XD. Non sarà certo l’ultima volta che compariranno sui nostri schermi, comunque :P, anche loro non vedono l’ora di tornare alla ribalta e hanno promesso di picchiarmi se non darò loro un altro po’ di spazio XD! Grazie di tutti questi complimenti ^.^. I personaggi sbroccati sono quelli che mi riescono meglio, sarà che sono come loro O.o?
lidya: dunque XD. Non ho ben capito che vuoi dire, però risponderò a ciò che ho interpretato XD. Innanzi tutto, non preoccuparti, non me la prendo assolutamente e ti vorrei anche ringraziare dei complimenti, in effetti ho lavorato parecchio per mantenere i caratteri dei personaggi il più simili possibile all'originale, infatti credo che andando avanti coi capitoli, siano sempre più vicini agli “originali” (ho anche intenzione di rivedere capitolo uno, a questo proposito). Ecco, dopo questo punto ho perso un po' il filo. Per quanto riguarda gli intrighi, non ho ben capito se intendi amorosi o di altro tipo, perché questi ultimi ce ne sono, pure troppi XD. Ti faccio degli esempi: la pietra Alice che Narumi ha regalato a Mikan, il sesto senso di Mikan che non è una cima nelle deduzioni, e la chiacchierata di Natsume con Narumi che non ha ancora un vero e proprio punto, per non parlare di tanti altri piccoli dettagli. Per ora queste cose sono state sviluppate ben poco. Pensavo di aver lasciato un po' di perché XD. Se intendi intrighi amorosi o cose del genere, non vedo dove potrei, dopotutto Mikan e Natsume sono innamorati (e non è poco), in un certo modo destinati a stare insieme (perdona la spiegazione mediocre, nel manga si capisce molto meglio, ma è una cosa lunga), non voglio fare una cosa tipo Edward Cullen che abbandona Bella Swan, la quale cade nell'oblio (oddio ¬.¬). Non sto mica scrivendo la saga di Twilight XD. Per quanto riguarda il distacco di Natsume da Mikan l'ho spiegato anche un po' più su, nella risposta ad AkA GirL, è tutto un fatto di orgoglio personale, a cui si aggiunge la preoccupazione per lei che rimarrà da sola: non avrebbe molto senso allontanarsi troppo (almeno per come la vedo io); non so se il capitolo ha rispecchiato le tue aspettative perché il pezzo era già scritto prima che ricevessi la recensione XD. Qualunque altro dubbio/domanda/perplessità tu abbia, non esitare a dirmelo :)

Già che ci sono, vorrei ringraziare anche feddy_chan555 per aver commentato la one-shot su Yuka e Izumi.

Inoltre, ringrazio tutte le persone che hanno inserito la mia storia tra i preferiti:

1. Erica97
2. mikamey
3. rizzila93
4. marzy93
5. sakurina_the_best
6. _evy89_
7. Luine
8. Yumi-chan
9. Veronica91
10. lauretta 96
11. EkoChan
12. stella93mer
13. giuly_chan95
14. _Dana_
15. simpatikona
16. CarlyCullen
17. asuka_hime
18. neko_yuki
19. XIUKY88
20. Manila
21. giadinacullen
22. twilighttina
23. SEXY__CHiC
24. Annie Marie Jackson
25. valuzza92
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27. amorelove
28. Animexx
29. forzaN
30. federicaa
31. AkA GirL
32. thedarkgirl90

E in particolare le new entry:

33. Spuffy93

Chi ha inserito la mia storia tra le storie da ricordare:

1. marrion
2. aliasNLH
3. sakura2611
4. thedarkgirl90

E in particolare le new entry:

5. AkA GirL
6. MissAnime4Ever

E anche chi ha inserito la mia storia tra le seguite:

1. Mb_811
2. punk92
3. naruhina 7
4. MatsuriGil
5. Miki89
6. _evy89_
7. tate89
8. Janika Criselle
9. EdelSky
10. simpatikona
11. marrion
12. XIUKY88
13. laurA_
14. dolce_luna
15. feilin
16. Bliss_93
17. shinigamina_love
18. _Hakura_
19. sailorm
20. sakura92
21. ChibiRoby
22. forzaN
23. Spuffy93
24. thedarkgirl90


E in particolare le new entry:

25. AkA GirL
26. grifoncina93
27. BlAcK_pAnTeR_94
28. Lizzie23
29. MissAnime4Ever

  
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