8 anni
dopo.
Alex si
districò fra le lapidi, sotto il sole di Giugno.
Gli
occhiali da sole sul viso, un mazzo di fiori colorati in una mano e un
TomTom
ficcato in testa.
Si fermò
solo quando riconobbe il viso della madre. Sorrideva.
La foto
doveva essere di Natale. O forse no, era di Capodanno.
Ma che
importava? Era comunque bellissima.
Si
avvicinò ancora e si fermò solo quando vi fu
davanti.
« Ciao
mamma. »
Abbozzò un
sorriso e poi cambiò l’acqua, buttando i fiori
secchi e mettendo i nuovi nel
vaso.
« Come
stai? Scusa se non sono più venuta, ma non ho avuto molto
tempo ultimamente.
Sai com’è: il lavoro, la casa. Troppe cose a cui
pensare e non avevo mai tempo.
Ma alla fine sono tornata. »
Sistemò un
altro fiore.
« Ti
piacciono questi fiori? Mi sei venuta in mente appena li ho visti. Sono
così
colorati e allegri, proprio come te. »
Accarezzò
la foto della madre, giusto per far finta che fosse ancora
là con lei, e poi si
alzò.
« Ora devo
andare. Ma ti prometto che tornerò presto. »
Voltò le
spalle alla tomba. Ogni volta andare via da quel cimitero era come
abbandonarla. Ma cercava di convincersi che lì
c’era solo il suo corpo e che la
sua anima era sempre al suo fianco, per vegliarla.
Aprì lo
sportello della macchina e si sedette.
« Tutto
ok? »
Voltò lo
sguardo verso Tom e sorrise.
Lui mise
in moto la macchina e partì verso
Tom
suonò
il campanello e dopo qualche istante Bill aprì la porta.
« Tom! Che
sorpresa! »
I due
gemelli si abbracciarono e Bill fece entrare il fratello nella sua
dimora.
« Eric! »
Dalla
cucina uscì un alto ragazzo biondo, dagli occhi color
ghiaccio e si avvicinò
con un sorriso.
« Ciao
Tom! Che sorpresa! »
« Ciao
Eric. Come va? »
« Tutto
ok, ce la passiamo bene. »
Eric passò
un braccio muscoloso sulle spalle di Bill, sorridendo.
« Sì,
vedo. Oh già, son venuto per portarvi questa. »
tirò fuori una cartolina e la
porse a Bill. « E’ di mamma e papà ma
hanno sbagliato indirizzo e l’hanno
mandata a me. »
Bill la
prese e iniziò a leggerla.
« Deduco
che si stiano divertendo. »
« Oh sì,
alla grande. La mamma ha già chiamato Alex una trentina di
volte da quando sono
partiti. »
«
Incredibile! » commentò Eric.
« Non
avrei mai dovuto parlargli dell’Italia. » rise
Bill, rigirandosi la cartolina
fra le mani.
« Se si
trasferiscono là sono cazzi poi! »
commentò il gemello.
« Resti?
Ti preparo qualcosa da bere. »
Eric si
era già allontanato verso la cucina ma Tom scosse la testa,
con un sorriso
idiota stampato sul volto.
« Devo
andare a prendere Alex. Oggi è il nostro anniversario.
»
Bill vide
gli occhi ambrati del gemello trasformarsi in due diamanti e
guardò Eric con
l’espressione di chi la sa lunga.
« Allora
perché sei ancora qua?! »
« Giusto!
Vado! Statemi bene ragazzi! »
Tom si
dileguò velocemente e si diresse verso la sua auto.
« Salutami
Alex! » strillò Bill prima di chiudere la porta.
Tom
rispose con un gesto e si tuffò alla guida, mettendo in moto
e uscendo dal
parcheggio.
Portò un
braccio fuori dal finestrino e si fissò la mano al volante.
La fede
splendeva ancora come sei anni prima.
«
Per oggi
basta ragazzi, siete stati bravissimi. »
La classe
salutò e piano piano uscirono tutti dalla sala di hip hop.
Alex si
voltò verso lo stereo e si riprese il CD di Eminem,
rimettendolo dentro la
borsa e poi uscendo.
«
Signorina Meyer, il signor Schmidt ha chiamato per chiedere conferma
per la
gara del mese prossimo. »
Helen, una
donna paffuta con tre figli alle spalle che lavorava da tempo con Alex,
le si
avvicinò con una cartella fra le mani. Erano uno di quei
tipi che ripete la
stessa cosa per almeno dieci volte ed era solita chiamare Alex con
“Signorina
Meyer” ogni volta che ci parlava.
« Che
gara? » domandò la ragazza.
«
Alex
abbassò lo sguardo abbozzando un sorriso e scosse la testa.
No, non
l’aveva assolutamente dimenticato. Non aveva dimenticato un
solo istante di
quando aveva vinto lei quella sfida.
« No, ora
mi ricordo. Certo, conferma pure. »
« Perfetto
signorina Meyer, vado a chiamare subito il signor Schmidt! »
Helen si
allontanò velocemente verso l’ufficio al piano di
sotto ma poi si bloccò con
una scivolata degna da cartone animato.
«
Dimenticavo, signorina Meyer! Suo marito la sta aspettando di sotto.
»
Alex
guardò al piano inferiore e vide la figura di Tom guardarsi
attorno,
impaziente.
Scese la
scalinata centrale e arrivò al piano di sotto. Tom la vide e
le sorrise.
« Che
sorpresa! » commentò lei.
« Pensavi
ti avrei lasciata tornare a casa a piedi?! »
Le labbra
di Tom si posarono dolcemente su quelle della ballerina.
« Non
sarei stata di sicuro sola. »
Alex
indicò con la testa un punto oltre le spalle di Tom.
Il ragazzo
si voltò e sorrise posando lo sguardo su una graziosa
creaturina dai lunghi e
boccolosi capelli castano chiaro che si torturava le mani, nel suo
piccolo
vestitino con tutù bianco.
Si
inginocchiò poggiando le braccia sulle gambe, da sopra i
suoi jeans oversize.
« Ciao
Nicole. »
La bambina
scoppiò in una fragorosa risata e si tuffò fra le
braccia di Tom, squittendo un
adorabile: « Papà! » e circondandogli il
collo con le sue piccole braccine.
« Com’è
andata le lezione? »
« Bene, ma
la maetra mi ha fatto toiere le cappe. »
Tom
abbassò lo sguardo verso i piedi della sua bambina e vide un
paio di scarpe da
tennis che non avevano assolutamente nulla a che fare con il suo
tutù.
« Quando
qualcuno ha brutte influenze in fatto di vestiario! »
commentò Alex, ancora in
piedi al loro fianco.
Tom
sollevò lo sguardo, ormai abituato a quelle prese in giro, e
la bambina si
lanciò addosso alla madre, chiamandola a gran voce e
tirandola verso l’uscita.
«
Vestiario che ti piace parecchio addosso a me. »
replicò Tom stizzito, mentre
uscivano.
« Oh
credimi, mi piaci anche senza vestiti addosso. »
Tom prese
il suo pacchetto di sigarette e raggiunse Alex nel giardino, sotto il
gazebo
che avevano costruito insieme.
Alex
andava quasi ogni sera là, perché le piaceva
guardare l’immensità del cielo e
il suo manto stellato.
Vide Tom
arrivare con la sua solita camminata e gli fece spazio sulla panchina.
Alex aveva
smesso di fumare quando aveva scoperto di essere incinta di Nicole e da
allora
non aveva più ripreso.
Tom le si
sedette accanto, facendo un lungo tiro, e poi la avvolse con un braccio.
« Com’è
andata oggi? »
«
Abbastanza bene. Il mese prossimo i ragazzi hanno la loro prima gara.
»
« Wow, ma
è fantastico! Immagino che tu sia abbastanza in ansia.
»
« Lo ero
di più quando toccava a me salire sul palco. Ma sono molto
contenta del loro
lavoro e anche se non dovessero vincere, sono degli ottimi ballerini.
»
« Tu resti
comunque la mia ballerina preferita. »
Fece un
altro tiro mentre Alex sorrise, arrossendo.
Erano
passati anni, ma continuava ad arrossire ogni volta che lui le faceva
un
complimento.
E Tom
amava il suo colorito. Le sue guance si coloravano naturalmente, non
era un
rossore esagerato ma era tremendamente delicato da renderla sempre
più bella.
E anche a
Nicole succedeva la stessa cosa.
« Ti
ricordi quando mi hai detto di essere incinta? »
Alex annuì.
« Eravamo
seduti qui e tu fumavi, come ora. »
Tom sorrise.
La loro quotidianità lo sorprendeva costantemente.
« E ti
ricordi cosa ti dissi? »
Alex rise,
poggiando la testa sulla sua spalla.
« Che
quello era il secondo giorno più bello della tua vita.
»
« Esatto.
E sai qual è stato il più bello in assoluto?
»
Alex
scosse la testa e lo guardò, attendendo risposta.
Tom fece
l’ultimo tiro e gettò via la sigaretta.
«
Esattamente sei anni fa. »
Alex
strabuzzò gli occhi.
« Te ne
sei ricordato! »
« Certo
che sì. » rise lui. « Però
non ti ho preso nessun anello come l’anno scorso.
Non mi piace fare sempre lo stesso regalo. Ho pensato a
qualcos’altro. »
« E
sarebbe? »
Tom si
alzò, tossendo.
« Vediamo
se mi ricordo ancora come si fa, allora… »
Si voltò
verso Alex e le porse la mano.
« Mi
concede un ballo, signorina Meyer? »
Alex si
lasciò sfuggire una risata e scosse la testa, ricordandosi
della prima volta
che lei e Tom avevano ballato insieme.
« O forse
dovrei dire signorina Kaulitz? »
La
ballerina fissò la mano di Tom e vide la fede risplendere.
Poggiò la sua mano e
si alzò, lasciando che Tom la prendesse fra le sue braccia.
Iniziarono a
dondolarsi da una parte all’altra, fissandosi negli occhi e
reprimendo
diecimila dichiarazioni d’amore.
« Ieri
mattina Nicole mi ha chiesto quando avrà un fratellino.
» esordì Alex.
Tom
sghignazzò.
« E’ un
modo carino per chiedermi di portarti a letto? »
« No,
stupido. E’ un modo intelligente per chiederti se vorresti
avere un altro
figlio. »
Tom le
strinse la mano.
« Che sia
uno, che siano tre o cinque o undici, l’importante
è che siano miei e tuoi. Li
amerei tutti dal primo all’ultimo. »
Quello era
il Tom che amava. Il Tom legato ad ogni cosa appartenesse ad entrambi,
anche la
più insignificante.
La porta
per il giardino si chiuse con un tonfo e Scotty e Sveva uscirono
accompagnati
da un esercito di piccoli cuccioli dalle mille sfumature.
« Beh,
vedo che non siamo gli unici a voler allargare la famiglia. »
commentò lui.
Alex
poggiò la testa sulla sua spalla e inspirò il suo
profumo.
Erano
passati sei anni. Sei meravigliosi anni da quando lei e Tom si erano
sposati.
E quattro
indimenticabili anni dalla nascita di Nicole.
La loro
vita diventava ogni giorno più bella, ricca di sorprese e
soprattutto d’amore.
Tom e Alex
non si sarebbero mai lasciati, avrebbero continuato a sostenersi,
curarsi e
amarsi fino alla fine dei loro giorni, con una splendida famiglia
attorno a
loro. Come avevano promesso.
C’erano
una ragazza ed un ragazzo soli, in meno.