Fanfic su artisti musicali > Josh Groban
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Autore: EffieSamadhi    09/09/2010    1 recensioni
Ha ventinove anni, un bel sorriso e una personalità dirompente. Ha una voce che incanta, adora gli animali di peluche e ogni minuto della sua vita è pianificato dal suo manager. Ma Josh ha voglia di scoprire che cosa c'è oltre l'orizzonte, ha voglia di uscire dallo schema. Gli basta prendere un aereo, e tutto cambia. ***I personaggi di questa ff non mi appartengono (se Josh Groban mi appartenesse sarei qui? XD) e la storia non è scritta a scopo di lucro.***
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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6.

Da quando ho scoperto che mio padre non ha più molto tempo, trascorro ogni momento libero in ospedale, anche se ancora non ho trovato il coraggio di entrare nella sua stanza. La mamma, invece, non ha il coraggio di uscirne, però dovrebbe farlo: dovrebbe imparare a stare lontana da lui, perché quando arriverà il momento della separazione definitiva, avrà un crollo. Lo so anche senza essere uno psicologo.

La mamma è troppo coinvolta, io sembro uno che se ne frega, e mia sorella… Allie dovrebbe ricevere la medaglia d’oro al valor civile, per l’impegno che mette in ogni cosa che fa: si occupa della famiglia, del negozio, della mamma e di me.

“Ehi fratellino… hai bisogno di qualcosa?”

Alzo lo sguardo su mia sorella, e per la prima volta mi rendo conto di quanto sia stanca.

“Sì, Allie. Ho bisogno che tu vada a casa, a riposare.”

“Riposare? Non sono stanca.”

“Le occhiaie ti arrivano alle ginocchia. Vai, riaccompagno io la mamma.”

“Josh…”

“Allie, vai. Per favore.”

 

***

 

“Tesoro, posso andare a casa in autobus. Non c’è bisogno che mi accompagni.”

“Che razza di ragionamento è, mamma? Accompagnarti a casa non è una punizione. Lo faccio volentieri.”

“Non vorrei che avessi problemi sul lavoro.”

Salgo in auto e allaccio la cintura, aspettando che mia madre faccia lo stesso. “Mamma, dovete smetterla di trattarmi come se la mia vita contasse più della vostra.”

“Noi non ti trattiamo…”

“Oh, mamma, smettila! È tutto un continuo ‘Josh, non vorrei che’, ‘Non potrei perdonarmi se’… sono stufo. Solo perché tutti conoscono il mio nome, non significa che dobbiate trattarmi con i guanti. Allie non può continuare a fare tutto. È ora che anche io mi prenda la mia fetta di responsabilità.”

Gli occhi di mia madre si velano di lacrime. “Mio Dio… mi sembra di vedere tuo padre.”

 

***

 

L’orario di visita termina tra mezz’ora. Ancora trenta minuti prima che la caposala mi sbatta fuori a calci. Ancora trenta minuti per trovare il coraggio di entrare in quella stanza e sedermi accanto al letto di mio padre. Non dovrei essere così spaventato, però… non so, lo sono. Ha ripreso conoscenza pochissime volte, e mai per più di qualche minuto. Forse ho paura che si svegli mentre sono con lui. Forse ho paura di quello di cui potremmo parlare. Forse non voglio parlare di quello che gli sta succedendo. Di quello che sta succedendo a tutti noi. Di quello che succederà alla nostra famiglia quando lui se ne sarà andato.

Non riesco a capire quali siano le cause della mia paura. So soltanto che ho appena oltrepassato la porta della sua stanza, e ora sono immerso nel silenzio e nel buio. Sono immerso nella paura, a pochi centimetri da lui.

“Ciao, papà.”

Il dottor Carver dice che parlargli può essere un buon modo per aiutarlo a riprendere conoscenza, di tanto in tanto. Ma io non sono bravo con le parole. Me la cavo meglio con la musica. Forse cantare può essere una soluzione, dopotutto.

…she turns to the window, to sway in the moonlight, even her shadow has grace…

Canto sottovoce, senza lasciare la sua mano.

…she lifts her hands to the sky… she moves with the music, song is her lover, the melody’s making a cry…

Una leggera pressione sulle mie dita mi spinge ad aprire gli occhi, e ad incontrare i suoi.

“La più bella canzone che tu abbia mai cantato.”

Sto per arrossire come un cretino. “Non hai sentito l’ultima che ho scritto.”

“Come si intitola?”

“’My Soul’s Mirror’. L’ho scritta pensando a Grace. Sai, la ragazza di cui ti ho parlato. A Brian è piaciuta.”

“A Brian è piaciuta la tua ragazza?”

“No, la canzone. E comunque, Grace non è esattamente la mia ragazza.”

“Però ci sei stato a letto.”

“Papà!”

Il suo sorriso porta i segni della malattia, però riesce a contagiarmi, come sempre.

“E va bene, l’abbiamo fatto. Due volte” aggiungo, notando i suoi cenni d’intesa. “In due giorni.”

“Bravo, figliolo.”

“Papà…” bisbiglio, facendomi serio. “Perché non ci hai detto niente?”

“Non volevo che vi preoccupaste.”

Rido. “Certo, perché scoprire all’improvviso che stai morendo non è fonte di preoccupazione.”

Sospira. “In tutta sincerità, speravo che mi prendesse in fretta, all’improvviso. Sarebbe stato più semplice.”

“E’ per questo che volevi lasciare la mamma? Perché lei pensasse che non vi amavate più, così avrebbe superato la tua morte più in fretta?”

“Forse. Non so che cosa stessi pensando. La verità è che la mia vita non ha mai avuto senso, senza di lei. Da quando l’ho incontrata, la strada è sempre stata in salita… ma quanto è stato bello il viaggio.” Sospira ancora, perdendosi nei ricordi, mentre io mi perdo nei suoi occhi, senza riuscire a convincermi che non brilleranno così per sempre.

   
 
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