Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Nicolessa    10/09/2010    0 recensioni
Mi macava qualcosa, quel qualcosa che ogni giorno mi permetteva di respirare, quel qualcosa che mi faceva vivere giorno per giorno... e non c'era più. Cosa potevo fare? Non potevo non respirare, non potevo non vivere, dovevo trovare una soluzione e in fretta.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Maledetta scatola palpitante!

CAPITOLO 5     Maledetta scatola palpitante!

 

 

Axel si leccava i baffi  nella speranza di assaporare meglio il gusto dei pancakes che si era divorato in meno di due minuti, Felix raccoglieva con un dito le briciole rimaste sul piatto e Sharon mi guardava mentre avevo ancora tra le mani il mio ultimo pezzo traboccante di panna.

-         “Guardami quanto vuoi ma non ti cederò mai il mio ultimo pezzo, l’ho tenuto per ultimo apposta!” le dissi scuotendo la testa.

Mi guardavano tutti e tre o meglio,  guardavano il mio ultimo boccone con ingordigia.

-         “R-Ragazzi, non penserete davvero di privarmi del mio ultimo brandello di felicità?” recitai ironicamente.

-         “No, non preoccuparti. Non sentirai nulla se stai ferma!”

-         “Fratello famelico! Allontanati da me!”.

Misi una mano tra di noi come per poterlo fermare nel suo intento.

Con un balzo mi saltò addosso tentando di divorarmi anche l’intera mano se fosse stato necessario.

-         “Axel lascia in pace tua sorella!”.

-         “Mamma! Papà!” esultai dalla gioia lanciando in aria il dolce.

Axel lo riprese con la bocca.

-         “Può andarti di traverso, cretino!” esclamò preoccupata Shay che con la mano salutava i miei genitori.

Si guardava compiaciuto, era riuscito nel suo intento.

Felix accennò un movimento con testa e sorrise, era perfettamente a suo agio.

-         “Tesoro, non stringerci così forte! Abbiamo le ossa fragili!” tossì.

-         “Si , scusa papà ma non vi vedevo da molto tempo”.

-         “Siamo venuti a prendere la tua roba, come avrai saputo domani ti dimettono” mi disse mia madre con un sorrisone.

-         “Certo! Non vedo l’ora! Ma… cosa avevo? O cosa ho… non so ancora il motivo del mio ricovero, ti sembra normale?” chiesi preoccupata a mia madre.

-          “Avevi la pressione sanguigna alle stelle e non si stabilizzava, i medici temevano che avessi avuto un infarto cardiaco, avevi il cuore che stava per balzarti fuori dal petto. Poi hanno pensato all’ipertensione essenziale quando hanno notato che non ti svegliavi ma si sono tranquillizzati quando ti hanno vista cosciente… più o meno…”

Non risposi.

Capivo perfettamente cosa volessero dire tutte quelle parolone da dottori.

Io e mamma capivamo qualcosa di medicina mentre Axel e Antony, possiamo dire che se non ci fosse stata mamma mi avrebbero dato per morta solo per aver sentito nominare: ipertensione, infarto e cuore.

-         “Quindi il suo cuore non è apposto adesso?” domandò impaurita Sharon.

-         “No, è tutto ok, si è ripresa benissimo… per questo la lasciano andare già da domani” la tranquillizzò.

-         “Bene, io… voglio bene al mio cuore! Ogni tanto impazzisce ma è del tutto normale, tutti diamo i numeri  ogni tanto”.

-         “No, non è per niente normale!” berciò Felix aggrottando la fronte.

Ci teneva a me, lo faceva vedere tranquillamente a tutti, non ne aveva paura né vergogna.

Lo vidi così spaventato, nervoso, si sentiva impotente.

Non mi importò niente, dovevo tranquillizzarlo ma temevo che il mio superpotere non sarebbe bastato.

Mi diressi verso di lui abbracciandolo forte, le lacrime mi rigarono il volto.

Avrei voluto dirgli che io e il mio cuore non saremmo andati da nessuna parte ma non potevo. Saremo andati via, in Canada, dove avremo sofferto tutti e due: io e la mia imprevedibile scatola di metallo che mi batteva nel petto, incapaci di poterci opporre a quella sensazione.

Tutti nella stanza mi guardavano con tenerezza. La mia famiglia sapeva perfettamente il motivo del mio malessere.

-         “Dimmi che non permetterai al tuo stupido cuore di andare via…” supplicò Fel.

No, non te lo dirò. Non posso… cerca di capirmi ti prego…

-         “Felix, possiamo parlare?” lo invitò Axel con le mani in tasca e con  l’espressione più seria che abbia mai visto sul suo viso.

Mi voltai verso di lui, fulminandolo con lo sguardo.

-         “Ora o mai più” mi rispose rassegnato avendo notato la mia faccia.

Cosa? Sta per dirgli tutto? È impazzito? Non può farmi questo…

-         “Non lo fare, c’è ancora tempo. Lo prometto, lo farò io! Ti prego!” lo implorai.

-         “Capisci che non può continuare così? La vuoi smettere di fare del male a tutti?” sbraitò contro di me.

-         “Neanche tu hai detto niente alla tua ragazza e al tuo amico, anche tu fai del male a tutti! Sei codardo quanto me!” lo aggredii.

-         “È da tre settimane che prometti di dirlo, io non posso aspettare ancora: o lo dici adesso tu oppure lo faccio io”.

Né Shay né Fel riuscivano a trovare una logica nella nostra discussione, ascoltavano stupiti quella lite, non sapendo cosa pensare.

Percepii una fitta allo stomaco, esattamente come quella che ebbi sul treno.

Non posso svenire o dirà tutto! Non adesso, maledetta scatola palpitante! Aveva ragione Felix, ho un cuore stupido!

-         “Axel esci subito da qui!” ordinò mio padre.

-         “Cosa?” sbottò.

-         “ Hai sentito tuo padre? Muoviti!” lo spalleggiò mamma.

Uscì dalla stanza sbattendo la porta.

Mi sdraiai sul letto, cercai di regolare il battito cardiaco e chiusi gli occhi per concentrarmi.

Antony seguì mio fratello nel corridoio, i miei amici si guardavano l’un l’altro e mia madre mi mise al braccio la flebo che avevo dimenticato.

Sapevo di non averne bisogno, ormai il pericolo era passato.

Axel non poteva dire niente: lo avevano allontanato.

Alla prima occasione che gli fosse capitata gli avrebbe riferito tutto.

Devo farlo io. Magari quando starò meglio…

Stavo rimandando ancora una volta.

Gli dirò tutto quando starò meglio… lo prometto a me stessa.

-         “Non voglio riposare ancora, ho dormito abbastanza” sussurrai.

-         “Ok, ma rimani stesa intesi?” mise in chiaro Amanda.

Acconsentii facilmente, non avevo nessuna intenzione di alzarmi e nemmeno nessuna forza.

Si poteva perdere le forze in così poco tempo? Il corpo umano è una bomba ad orologeria, può esplodere da un momento all’altro per qualsiasi motivo, anche per il più superficiale.

-         “Tesoro, prendo la tua roba e corro a casa. Deve essere tutto pronto al tuo ritorno”.

Aprì l’armadio che si trovava di fronte al mio letto, afferrò un sacco di lenzuola, vestiti e asciugamani con un braccio solo mentre l’altro era occupato a ghermire due cuscini dall’altra anta.

La osservavo in tutta la sua agilità.

Non l’avevo mai vista fare le pulizie,noi avevamo Sofie, la nostra domestica che si occupava di tutto.

I miei genitori erano troppo occupati con il loro lavoro e noi con la scuola e le partite, ci serviva una mano: la casa era grande, aveva anche il giardino, la stanza da lavoro della mamma era sempre piena di stoffe e  nastrini buttati per terra, doveva cucinare, lavare, stirare, spolverare e poi… la stanza di Axel era una discarica monumentale.

Nonostante la sua età, se la cavava benissimo. Portava i suoi 54 anni con meravigliosa allegria.

Anche lei era parte della famiglia.

Ricordo che al suo dodicesimo mese di servizio, le arredammo una stanza tutta per lei in modo che potesse rimanere a dormire invece di guidare di notte fino a casa sua... dopotutto anche lei aveva una sua famiglia: un bellissimo bambino di tre anni e una sorella, Linda, che badava a lui quando lei lavorava, praticamente era la sua seconda mamma.

Geof era un pupo dagli occhi particolari: ne aveva uno verde ed uno castano.

In effetti Sofie aveva gli occhi verdi mentre il suo marito gli aveva castani, «una rara situazione genetica» dicevano i medici.

Purtroppo il signor Oliver non fece in tempo a vedere suo figlio nascere: perse la vita a causa di un tumore ai polmoni.

A metterci al corrente di tutto fu la sorella… da quel giorno la famiglia Fox e la famiglia Mills condivisero il tetto.

Lo spazio non mancava e sarebbe stato più comodo per Sofie così, decidemmo di unire le due famiglie.

Ne era entusiasta: si sentiva proprio a casa sua.

Aveva solo la famiglia un po’ più grande: io e Axel facevamo i babysitter a Geof, la mamma cuciva vestiti per tutti e papà… beh… portava lo stipendio.

In fin dei conti, ero dubbiosa… non vedevo Sofie nei paraggi… forse era rimasta a casa.

Il cigolio della porta mi distrasse, facendomi ritornare con i piedi per terra.

Sono sola adesso! Mi chiederanno della scenata fatta poco fa davanti ai loro occhi. Cosa cavolo dico? Non mi sono ripresa del tutto! No, stronzate! Mi sono ripresa eccome! Non mi nasconderò più ora, se chiederanno risponderò.

Silenzio totale.

Mi mangiavo le unghie per il nervoso.

Aspettavo che qualcuno parlasse, forse avevano paura del mio cuore.

-         “Vado a vedere come sta Axel” ruppe il silenzio Sharon.

-         “No! Non andare!” la fermai cercando di distrarla dalle sue intenzioni.

-         “Perché?” chiese dubbiosa.

-         “Dovresti farmi un favore” temporeggiai cercando una scusa giusta per fermarla senza dire nessuna bugia.

-         “E quello che sto cercando di fare, scemotta!” mi fece l’occhiolino senza farsi vedere da Felix.

Cosa? Non voleva davvero parlare con Axel? Era una scusa per lasciarci soli? Non voleva sapere nulla sulla lite? Non potevo azzardare una mossa del genere, dovevo assicurarmi in qualche modo che non sarebbe andata da mio fratello che rischiava di spifferarle tutto.

-         “Beh grazie, ma dovresti farmene un altro oltre a questo” dissi imbarazzata.

-         “E sarebbe?” chiese falsamente scocciata.

-         “Non parlare con Axel se lo vedi e se ti vuole parlare, tu non lo ascoltare… per favore, ti spiego tutto dopo, promesso”.

-         “Va bene… anche se mi stai chiedendo di non parlare al mio ragazzo. Lo posso almeno baciare? Giuro che non mi farò dire niente” domandò supplicandomi.

-         “Ma certo, quello che fate non mi riguarda. L’importante e non parlargli e non lasciare che ti parli. Puoi baciarlo ad oltranza per non fargli aprire bocca, per me va benissimo”.

-         “Ok, perfetto… allora… vado, a dopo”.

Fece una piroetta facendo svolazzare tutti i capelli e se ne andò.

Felix non diceva nulla, non alzava lo sguardo: se non lo conoscessi, avrei detto che fosse una statua di cera.

Pensava a qualcosa, probabilmente alla discussione con Axel.

Anche in quel momento speravo che non mi chiedesse nulla, avrei dato la notizia a tutti e due nello stesso modo e nello stesso momento.

Dalla sedia si spostò accanto a me sul letto.

-         “Devi dirmi qualcosa?” chiese freddamente senza alzare lo sguardo dal pavimento.

-         “Qualcosa a proposito di che?”.

-         “A proposito della lite con Axel”.

Presi fiato per rispondere in qualche modo vago ma mi pose un’altra domanda non appena aprii bocca.

-         “E Sharon sa di noi?”.

Finalmente alzò lo sguardo.

Come potevo nascondere quel problema ai suoi occhi?

Decisi di rispondere solo alla sua seconda domanda e sperando che si fosse aperto da lì a poco un nuovo discorso che non riguardava Axel e me.

-         “Si, Shay non è stupida. Ha capito tutto da sola non appena mi ha vista in faccia” gli sorrisi piegando leggermente la testa.

-         “Ah… ok. Ha detto qualcosa che esprimesse il suo dissenso? O disgusto, o disapprovazione, insomma hai capito”.

-         “No anzi, è contentissima per… noi”.

-         “Bene” mi rispose, solo un bene.

Rivolse ancora una volta lo sguardo sulle piastrelle della stanza.

Stava pensando troppo, si avvicinava il momento della verità ed io ero pronta a ritardarlo in qualsiasi modo.

-         “Non riesco a non pensarci, te lo devo chiedere…”

No, no, no, no, ti supplico, ti supplico…

-         “Cosa voleva dirci Axe…”

-         “Baciami!” lo interruppi avvicinando il mio viso al suo.

-         “Come? Hai per caso detto…”

-         “Ho detto baciami Felix” ripetei con voce tremolante.

Mi fissò per un po’… almeno… così mi sembrò.

Aveva capito che evitavo il discorso ma non controbatté, mi afferrò per i fianchi e mi tirò verso di sé.

Avrei voluto che quel momento non finisse mai.

Per me il sipario poteva benissimo calare in quel momento.

Continuavo a baciarlo e ad accarezzargli i capelli.

Il mio respiro gli appannò gli occhiali, li afferrai e li lanciai non so dove.

Si sentì il rumore provocato dalla caduta non molto lontano dal lettino che ormai, non ospitava solo un corpo ma due.

Lo avevo trascinato con me sulla branda, continuavo a baciarlo con passione, cominciò a baciarmi sul collo mentre io odoravo il suo profumo.

Io non mi sarei fermata, ero troppo coinvolta per farlo, non gli davo un attimo di libertà, neanche il tempo necessario per respirare.

Era inutile respirare, dopotutto il quel momento lui era il mio ossigeno ed io ero il suo.

-         “Dovrei farti questa domanda ogni volta per ottenere questo?” sorrise in quel piccolo istante di tregua.

-         “Non contarci troppo” gli sussurrai nell’orecchio sarcasticamente.

-         “La speranza è l’ultima a morire”

-         “Si certo”.

Continuavo a baciarlo, volevo solo sentire il suo sapore unirsi al mio, se avessi continuato così mia avrebbe scambiata per una maniaca.

-          “Sai, il tuo stupido cuore mi piace da impazzire. Mi dispiace averlo insultato prima”.

-         “Stai parlando troppo, zitto e baciami”.

Ero senza controllo.

-         “Dico sul serio” si fermò all’improvviso.

-         “Lo so, ma stai tranquillo… il mio cuore non potrebbe stare meglio di così”. Lo rassicurai.

Poi pensai che, in realtà, la mia scatola metallica sarebbe potuta stare meglio di come stesse in quel momento.

Sapendo che avrei dovuto allontanarmi da loro, era come se mi prendessero il cuore tra le mani e iniziassero a stritolarlo per poi farlo esplodere.

Faceva male, faceva male per davvero.

Rallentai il ritmo dei baci per recuperare un po’ di regolarità cardiaca ma non cambiò nulla: faceva ancora male.

Mi fermai del tutto e fermai anche lui.

Capì al volo che non stavo bene.

-         “Fermiamoci qui, basta per oggi, posseduta!” scherzò poggiandomi la testa sul cuscino.

-         “E pensa che la flebo mi è stata d’intralcio” confessai ironicamente.

-         “Oh mamma mia, incominci a farmi paura! Comunque vado a cercare Shay”.

-         “Potresti trovarla attaccata ad Axel come un polipo” scoppiai a ridere.

-         “Per questo vado a cercarla, non voglio un’altra ricoverata!”

-         “Si giusto…Felix…” lo fermai prima che potesse varcare la soglia.

-         “Dimmi”.

-         “Non sparire dietro quella porta. Troppe volte ti ho visto farlo”.

-         “Mmm… vediamo.. si, si può fare” pensò tra sé e sé.

-         “Si può fare cosa?” mi incuriosii.

-         “Non mi vedrai sparire da una porta… la finestra va bene?”

-         “Cosa? Sei impazzito? Siamo al primo piano! Ti farai male, io non intendevo…”

-         “Tu non preoccuparti, ci vediamo presto Ell!”

Si catapultò fuori dalla finestra e poi udii un tonfo.

Oh mio Dio! Si è ammazzato!

Mi alzai dal letto in preda al panico, mi lanciai verso la finestra e guardai per terra sperando di non trovarlo in preda al dolore.

Ero terrorizzata da quello che avrei potuto vedere quella mattina, non avrei potuto assistere ad una scena di quel calibro.

Se così fosse stato, non avrei neanche perso tempo a scendere le scale.

Mi sarei buttata anch’io, senza dubbio.

Probabilmente mi sarei fatta male, ma non mi importava, potevo  insabbiare quello spasimo, non potevo pensare a me.

-         “Ell tranquilla, sto benissimo. Sei contenta?” mi urlò dal pianoterra, soddisfatto di avermi accontentata.

Tirai un sospiro di sollievo.

-         “Non farlo mai più! Potevi rimanerci secco. Hai rischiato di farmi morire d’infarto! Tu sei pazzo!”  ribattei con rabbia.

-         “Non è la pazzia la ragione per il quale qualcuno agisce follemente, ma è il motivo per cui è tentato di farlo, nel mio caso tu” sorrise.

-         “No nel tuo caso è la pazzia, credimi!” arrossii.

Abbozzò un sorriso e si diresse verso l’entrata dell’ospedale.

Ha fatto un gesto del genere solo per farmi contenta, è proprio pazzo!

Se devo dirla tutta, oltre ad essere blandita, ero anche molto appagata.

Sapere che si sarebbe lanciato dalla finestra per me, oltre che a farmi paura, mi faceva sentire, in un certo senso, al centro della mia vita.

Sentivo che aveva uno scopo, quello che molti ignorano o che rigettano: l’amore.

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Nicolessa