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Autore: Melina     15/09/2010    5 recensioni
[Traduzione da Katie Forsythe]
"Sono certamente contento di venire a conoscenza di nuove acclamazioni internazionali nei suoi confronti" sorrisi "Ma come potremmo mai essere d'aiuto noi?".
Si accese una sigaretta e diresse la sua attenzione verso il fuoco morente. "Infatti, Watson, penso che questo sia un affare che potrei meglio condurre senza la sua assistenza"
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Untitled Document Ok, siamo alla fine. Spero davvero che questa storia abbia toccato anche voi ^^ il pezzo che c'è qui subito all'inizio è una vera chicca *.* adesso capirete, buona lettura!



PARTE 4

La porzione del nostro viaggio verso Calais si svolse in maniera molto più tranquilla, perché Holmes dava l'impressione di essere più affaticato ad ogni giro dell'orologio. Mi assicurai che facesse una visita al vagone ristorante, e mi abbandonai alla sua solita abilità di conversazione mentre consumavamo un pasto veloce, ma tutto quello che speravo era che il treno potesse viaggiare alla velocità della luce. Quando finalmente ci accostammo al traghetto a Calais mi rallegrai al pensiero che molti dei nostri problemi erano giunti al termine, ma immediatamente dopo la mia prenotazione di uno scompartimento privato, il mio amico collassò sdraiandosi per il lungo su uno dei sedili.
"Holmes cosa c'è?" chiesi trasalendo alla vista del suo aspetto cinereo.
"È solo un attacco. Passerà, come tutti gli altri".
Spruzzai un po' d'acqua su un fazzoletto che presi dalla mia valigia e lo posizionai sulla sua fronte.
"Vuoi che ti porti qualcosa? Acqua? Del brandy magari?"
"Sai benissimo anche tu che non servirebbe a un granché" rispose con impazienza "Sei un medico. Sai perfettamente che l'unico elemento che funzioni in questo caso è il tempo".
Mi sedetti alla fine del sedile e lo aiutai a tirarsi su così che potesse appoggiare la testa sul mio petto. La porta era chiusa a chiave, le tende tirate, e la nazione in cui questi comportamenti erano perseguibili con un soggiorno alla prigione di Reading si avvicinava sempre di più. Cercai di non pensarci.
"So che detesti essere visto in questo stato, ma non potrei stare peggio io vedendoti soffrire" non poi trattenermi dal dire. La sua natura stoica e orgogliosa non sarà stata di certo confortata da un'affermazione del genere, lo sapevo, ma sfortunatamente l'inizio della ma relazione intima con Sherlock Holmes segnò anche la fine della mia capacità di trattenermi in sua presenza.
"Non è così terribile" mi assicurò "non ti preoccupare"
"Cosa si prova?" sussurrai.
Considerò la domanda "È come se tutto quello che c'è di bello sia tenuto talmente lontano da te da farti dimenticare cosa fosse"
"Oh, Holmes. E non è così terribile?"
"Molto bene. È terribile. È miserabile e terrorizzante, e mi merito ogni minuto di questa tortura. Sembra anche che io mi meriti di essere esposto a una conversazione come questa. Adesso, per l'amor di Dio lasciami in pace".
Feci scorrere le mie dita nei suoi capelli "Mi dispiace" dissi sconsolato "vorrei poter fare qualcosa".
Aprì gli occhi per un momento "Lo stai già facendo. Ora per favore, Watson, se mi hai mai stimato in una qualche maniera, smetti di parlare".
Immaginai di dire al mio amico quanto esattamente fosse profonda la mia stima nei suoi confronti. Sentii il bisogno urgente di dover esprimere i miei sentimenti per lui nella maniera più fervente possibile perché sapevo che se i nostri ruoli fossero stati capovolti io avrei trovato conforto anche solo nel sentire il suono della sua voce.
Ma Sherlock Holmes, ricordai appena in tempo, non era affatto come me: non era come nessun altro uomo che avessi incontrato. Quello che voleva da me, io lo stavo già facendo. E aveva ragione, il resto era solo una questione di tempo.


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La vista del nostro appartamento di Baker Street fu un tale sollievo dopo il viaggio lungo e difficoltoso, che Holmes riuscì addirittura a radunare il buon umore necessario per ripetere alla signora Hudson che sarebbe stato bene in ben quattro separate occasioni.
Cenammo tranquilli, anche perché io a questo punto mi sentivo scosso almeno tanto quanto sembrava esserlo Holmes. Nessuno dei due disse molto, e dopo cena i nostri brandy furono scolati più che assaporati. Il mio amico si concesse una sola pipa e fin troppo presto, dandomi una stretta alla spalla con un sorriso assente, si avviò verso la sua camera e chiuse la porta dietro di lui come faceva sempre.
Avrei potuto interpretare quest'azione in diversi modi e realizzai, sedendo davanti al caminetto del nostro soggiorno mentre un'ondata di panico si impossessava di me, che per quanto profonda fosse la mia conoscenza del mio eccentrico amico, non sapevo assolutamente nulla delle sue abitudini in quanto amante, e l'idea mi terrorizzava letteralmente. Ogni cosa che davo per scontata riguardo all'uomo che adoravo si era rivelata fondamentalmente errata; cos'altro potevo aver giudicato male? Aveva altri amanti? Mi voleva nel suo letto? Il mio costante desiderio di stare con lui poteva arrivare ad irritarlo nel modo in cui lo irritava ogni luogo comune? Poteva avermi considerato solo come un altro dei suoi casi complessi e una volta risolto volere scaricare l'intero affare? Ero talmente ignaro su come procedere che mi avviai con esitazione al piano di sopra, chiusi la mia porta e cominciai tranquillamente a prepararmi per la notte.
Quaranta minuti dopo ci fu una bussata alla mia porta ed ecco Sherlock Holmes in piedi in vestaglia con una candela in mano e un sopracciglio alzato.
"Se davvero sei più comodo qui non ho obiezioni, ma il mio letto è più grande e la mia finestra dà su un muro di mattoni" osservò.
Dovetti essergli sembrato abbastanza imbarazzato perché aggiunse in un tono più inquieto "O c'è qualcos'altro che ti tormenta?" chiuse la porta dietro di lui e vi si appoggiò.
"Sono un po' preoccupato" ammisi "ma sono irritato con me stesso. Scoprire che entrambi abbiamo ingannato l'altro in modo così elaborato per tutti questi anni mi ha lasciato sconcertato per un momento. Volevo sapere… non so cosa volessi sapere. Non è niente".
Questo non era esattamente vero. Cominciavo a sapere cosa volessi, ma ero infastidito dal fatto che il mio desiderio fosse così inutile e irrazionale. Sapevo, con tutta la sicurezza con cui un uomo possa sapere qualcosa, che Holmes teneva a me. Non c'era nessun dubbio nella mia mente riguardo quel saliente fatto. Comunque lo adoravo talmente che le parole per dichiararlo avevano posato a lungo sulle mie labbra, e questo anche prima di quell'indimenticabile viaggio in treno, e sapevo che sarebbe stato impegnativo soffocarle tutte. Anche mentre lui se ne stava lì in piedi a braccia conserte la mia mente era affollata da un migliaio di frasi che non gli sarebbero di certo piaciute. Se ne avesse pronunciata anche soltanto una lo avrei considerato come la peggior derisione dei miei sentimenti che potesse esistere.
"Hai ragione" mi concesse mentre appoggiava la candela accanto alla mia sul tavolino di fianco al letto "la nostra abitudine di menzogna resa salda da così tanti anni adesso sarebbe come un mantello che ci ingoffisce"
Holmes era sempre stato capace di esprimersi in modo lampante e per questo gli ero grato. "È esattamente così" dissi io "è come se, dopo tutto questo tempo, non sapessi niente di te"
"Intendi i miei antenati?"
"No, anche se per me è certamente un argomento di grande interesse. Ma ho sempre pensato che detestassi tutto ciò che aveva a che fare con l'amore".
Si sdraiò sul mio letto sorreggendosi la testa con una mano. Era più debole di quanto non lo avessi mai visto e la costernazione che mi causò vederlo così andò a competere per la supremazia con la crescente gioia di averlo finalmente sul mio copriletto, a suo agio e assonnato. "La spiegazione è semplice. Io sono un investigatore criminale e so perfettamente quanto sia facile determinare se un uomo frequenti o meno certi club per gentiluomini. So anche quanto sia semplice venire coinvolti in uno scandalo come conseguenza ad una sola notte passata con un ragazzo a pagamento di Whitechapel. Ho deciso di non lasciare che le mie tendenze affondino la mia carriera. O addirittura la mia vita"
"Capisco" dissi dubbioso.
"Ammetterò che non sono mai stato influenzato dalle fantasie romantiche, quindi una decisione del genere è stata più facile per me rispetto a molti altri".
Un'affermazione del genere, anche se perfettamente in linea col suo personaggio, non fece altro però che intensificare i miei dubbi. "Quindi" andai avanti sedendomi a mia volta sul letto e cercando di mantenere la mia voce neutrale "la mia vicinanza geografica rappresenta una comodità per te"
"Be', certo" mi assicurò
"Sono lieto che tu abbia trovato un così felice assetto"
"Watson" disse seriamente, anche se i suoi occhi erano imperscrutabili "mi stai chiedendo se ho intenzione di esserti fedele? Perché ti assicuro che non sono il tipo di persona capace di rischiare…"
"No, non si tratta di niente del genere" sospirai lasciandomi cadere sui cuscini per disperazione.
Sembrò addolorato per un istante, e poi la sua fronte cominciò a rilassarsi mentre si avvicinava a me "Oh, capisco" non si fermò fino a che mi fu addosso, le sue labbra solo a pochi millimetri dalle mie "mi stai chiedendo se avessi intenzione di stare con te e nessun altro" iniziò a spogliarmi senza che i suoi occhi lasciassero mai i miei "potrei farti la stessa domanda, sai? Non hai mai detto niente"
"Certo che non l'ho fatto!" esplosi "tu detesti il sentimentalismo. Tutto quello che ho fatto per cinque anni e più è stato un unico colossale tentativo di provarti i sentimenti che ho per te. Non pensavo fosse necessario dirlo" cercando di eludere il suo sguardo, cominciai frettolosamente a sbottonare la camicia al di sotto della sua vestaglia.
"Ben fatto Watson" disse semplicemente "l'hai esposto in modo mirabile. Credo che prenderò in prestito la tua fraseologia alterando solo un pronome per adattare il tutto al mio proposito. Io detesto il sentimentalismo. Tutto quello che ho fatto per cinque anni e più è stato un unico colossale tentativo di provarti i sentimenti che ho per te. E non pensavo fosse necessario dirlo".
Tornai a guardare il suo viso. Era sincero anche se sembrava auto disapprovarsi, ed era preoccupato ma terribilmente bello.
"Non sarebbe necessario in condizioni normali" risposi leggermente tremante "ma sembra che io sia decisamente innamorato di te"
"Lo sei?" sorrise "Ne sono molto felice" si liberò dalla camicia e dalla vestaglia e le fece cadere entrambe sul pavimento.
"Perché?" chiesi mentre gli sfilavo i pantaloni, leggermente stordito dalla visione del mio amico senza nemmeno un vestito addosso.
Ritornò alla sua posizione precedente, sdraiato nel letto vicino a me "Perché se mi ami, come dici di fare, non sarai tentato dalle eventuali avance degli altri uomini, che adorano la tua gentilezza, la tua delicatezza e la tua forza, che scuserai i miei significativi difetti, e credo di poter azzardarmi a dire che rimarrai mio come lo sei ora"
"Sono sempre stato tuo" risi combattendo il groppo che avevo in gola mentre mi liberavo delle ultime cose che avevo indosso e mi posizionavo su di lui. "Non te ne sei accorto"
"Sì, be'" biascicò "me ne accorgo ora". Mi abbassai per mordere il suo collo e lui ansimò in un modo per me molto appagante. "Anche un ispettore di Scotland Yard adesso se ne accorgerebbe. Penso, mio caro ragazzo, che dovremo davvero essere supremamente prudenti rispetto a tutto ciò" riuscì a dire poco prima che la mia lingua raggiungesse i suoi pettorali lisci e definiti e lui perdesse il filo del discorso.
"Senza dubbio" borbottai con noncuranza. Era da anni che non avevo un uomo nudo nel mio letto, ed era passato più tempo ancora dacché qualcuno che amassi si fosse trovato in quella posizione. Il banchetto che giaceva davanti a me era troppo inebriante per le parole.
"Seriamente, mio caro amico. Non ho chiuso a chiave la tua porta" il suo fiato si mozzò appena le mie attenzioni si concentrarono sulla pelle sensibile che circondava le ossa del suo bacino, già fin troppo visibile per i miei gusti. Realizzai che avrei prima dovuto discutere il menu con la nostra buona padrona di casa se non fossi stato attento.
"La signora Hudson è andata a letto da tempo e non penso proprio che Billy possa bussare alla mia porta a quest'ora" liquidai l'argomento e lo presi nella mia bocca.
"Questa è un'emergenza" disse ad occhi chiusi "Watson, non siamo più su un treno. Io sono piombato qui Dio solo sa quante volte…"
"Un altro vantaggio dell'essere un detective, immagino"
"No davvero, amore, sono serio… so che fuori di qui c'è solo un platano, ma devi riconoscere che entrambe le candele sono ancora accese".
Non so se per il vezzeggiativo col quale mi aveva appena chiamato o per il tono urgente che aveva usato, ma non potei più ignorare la sua richiesta. Mi alzai per serrare la porta mentre lui si inumidiva le dita e spegneva le candele. Per cui quando mi riavvicinai al letto lo feci nella più completa oscurità, e Holmes era riuscito a cambiare completamente posizione nel momento in cui arrivai; quando mi abbassai ancora una volta e ripresi il compito che prima stavo così tanto apprezzando, fui accolto da una bocca egualmente entusiasta della mia regione pelvica. Non questionai ma lo strinsi forte a me fino a che i nostri corpi non furono un'unica linea armoniosa e io mi perdessi in lui.


----


La mattina dopo scesi le scale per trovare Holmes, sempre pallido ma non più tremante, seduto al tavolo della cucina.
"Era un trucco" dichiarai sedendomi e alzando il coperchio del mio vassoio"
"Sei fin troppo perspicace perché io sia ancora tuo socio per molto, Watson" sorrise "ma non hai del tutto ragione. In ogni caso la porta non era un trucco. Era una precauzione importante. Le candele potevano o non potevano essere un trucco"
"Erano un trucco" ripetei "chi ti ha mandato quel telegramma?"
"Ti direi di leggerlo da solo ma è in francese" disse passandomi il foglio "è da parte di Michel; LaRothiere è stato messo sotto custodia anche se non si può provare niente contro di lui. È stato comunque informato che se io dovessi incorrere in qualsiasi tipo di disavventura lui sarà seguito giorno e notte in maniera tutt'altro che confortevole. Ha quasi la stoffa dell'agente internazionale e non mi stupirei se le nostre strade si incrociassero di nuovo"
"E il suo socio?"
"Per quello che ne so sta ancora vagando per i binari della Gare de Lyon" disse piatto, anche se io sapevo che era soddisfatto di sé.
"E tu?" finii "sembra che tu stia meglio. Oserei dire che non hai niente che un cambiamento d'aria non possa curare"
"Sì, mi sento più me stesso. Senza dubbio sarà il sollievo di sapere che ancora una volta c'è la Manica a separarmi da mio cugino"
"Gli sono piuttosto grato, lo sai?" osservai.
"Lo dici ora" replicò civettuolo "ma presto cambierai tono. Mi hai dovuto sopportare solo per questi tre giorni. Sono estremamente irritante, lo sai?".
Lo guardai mentre sorseggiava il suo caffè e cercava di leggere tre dei quotidiani che gli erano rimasti indietro mentre era all'estero simultaneamente.
"Non sarà così terribile" dissi con affetto "non c'è bisogno che ti preoccupi".


FINE

   
 
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