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Autore: Sten__Merry    23/09/2010    2 recensioni
Una lite tra Bones e Booth, un nuovo caso che li avvicinerà di nuovo o li dividerà definitivamente.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Seeley Booth, Temperance Brennan, Zack Addy
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti!!
Scusate per il ritardo!
Sono impegnata a lottare con la sessione di settembre uscendone sconfitta (nel senso che non riesco a studiare, ergo continuo a rimandare sti due esami del caspio) e mi sono buttata a capofitto nel blog sulle serie tv ( a proposito se vi va di passare ci fa veramente piacere! /momento pubblicità chiuso/).
Comunque sono resuscitata portando con me un capitoletto, let me know!


CAPITOLO 11

“Dunham, Bones. Bones, Dunham” biascicò Booth frettolosamente, sorrisi educatamente e allungai la mano
“Dottoressa Temperance Brennan” lo corressi, in risposta ottenni un sorriso caloroso
“Chiamami pure Olivia” disse lei con una voce un’ottava più grave di quanto mi aspettassi. Annuii e mi affrettai a lasciare la presa, un po’ troppo, forse.
Qualcuno alle spalle della donna si schiarì leggermente la voce costringendo i miei occhi a posarsi su un ragazzo avvolto in una dolcevita scura e abbracciato da un cappotto nero lungo, alzai un sopracciglio in attesa che parlasse
“Peter Bishop” allungai la mano e strinsi la sua balbettando leggermente il mio nome. Un brivido in fondo alla schiena. Sorrisi. “lei non è dell’ FBI, vero?” continuò, scossi la testa
“Antropologa forense” specificai, lo vidi aggrottare le sopracciglia
“eppure il suo viso non mi è nuovo” scossi le spalle
“magari ha assistito a qualche mia conferenza” mi accorsi solo in quel momento che per tutto il tempo in cui avevo parlato mi ero torturata una ciocca di capelli facendola passare un infinito numero di volte tra l’indice e il medio della mia mano destra mentre ancora con la sinistra stringevo la sua incapace si lasciarla andare, arrossii impercettibilmente allargando lievemente le dita per liberarmi dalla presa
“insomma, che ci fate qui a Boston?” chiese la ragazza dall’ampio sorriso
“dobbiamo parlare con Mayer” spiegò Booth, inclinando la testa in mia direzione e alzano gli occhi al cielo
“Auguri davvero” disse il ragazzo, lei lo guardò sbieco
“beh, ora noi torniamo al lavoro. Vedrò che si può fare. Vi va di vederci per cena? Vi faccio sapere se riesco a farvi ricevere da Mayer” propose lei, mi affrettai ad accettare prima che Booth potesse lamentarsi del fatto di essere stanco per aver dormito poche ore la notte precedente
“ci vediamo” disse l’uomo che si era presentato come Peter, guardandomi fisso negli occhi
“non vedo l’ora” mi morsi il labbro quando quelle parole ancora non avevano terminato di scivolare fuori dalla mia bocca. Non appena li superammo mi voltai per lanciar loro un’ultima occhiata, vidi la donna dargli una gomitata scherzosa all’altezza delle costole ed entrambi scoppiarono a ridere fragorosamente. La voce di Booth mi riportò alla realtà
“oh, oh!” esclamò “ci siamo prese una bella cotta” scossi la testa
“ma che dici, Booth?” le mie guance divennero presto paonazze
“hai le guance più rosse di un culo di un babbuino!” esclamò mentre affrettavo il passo per uscire dall’edificio
“dacci un taglio!” sibilai cercando di non attirare l’attenzione delle persone che ci stavano attorno
“e ammettilo, su!” mi esortò. Non appena fummo all’aria aperta mi girai verso di lui
“ok, mettiamola così” dissi fissandolo con aria di sfida “sai che dico sempre che hai un’ ottima struttura ossea? beh, la sua è decisamente migliore” lo osservai quel tanto che bastava per riuscire a notare un’ ombra di delusione sul suo volto e poi aggiunsi “caffè? c’è una tavola calda qui di fronte” annuì e mi seguì mesto.
Gli avevo mentito.
No, non sulla struttura ossea, quello era vero.
Gli avevo mentito perchè nel momento stesso in cui Peter mi aveva sfiorato la mano, io avevo immaginato i suoi polpastrelli sfiorare delicatamente i miei fianchi e la sua bocca appoggiata al mio collo.
“cosa prendi?” mi chiese Booth allontanandomi dalle fantasie che stavano ottenebrano la mia mente
“un caffè nero, la ringrazio” dissi rivolgendo un sorriso amorevole alla cameriera
“un vero colpa di fortuna aver incontrato Olivia, non trovi?” mi chiese
“già, non mi avevi detto di avere un contatto nell’FBI di Boston” storse la bocca
“non sapevo fosse a Boston, anzi, a dirti la verità non sapevo lavorasse ancora nell’FBI. Sicuramente non si occupa di omicidi o rapimenti altrimenti negli anni mi sarebbe capitato di incontrarla” improvvisamente sembrò pensieroso “a meno che...” si fermò e lasciò la frase in sospeso
“A meno che, cosa?” chiesi, si allungo sul tavolo e si avvicinò a me
“ho sentito parlare di una divisione che si occupa di eventi inspiegabili, cose veramente strane. Si chiamava qualcosa come Finge, Tringe, Bringe.” schioccò la lingua rapidamente “no, proprio non ricordo” scossi le spalle
“beh, se davvero fa parte di una divisione simile, magari avrà familiarità con casi di occultismo. Potremmo chiedere loro una consulenza sul nostro caso”
“loro?” chiese
“sì, a Olivia e al suo partner Peter” socchiuse gli occhi un istante
“e chi ti ha detto che è il suo partner?” chiese curioso
“solo così possono avere quell’affinità che dimostrano d’avere”risposi, lui scoppiò a ridere
“questa è bella!” esclamò “Bones che analizza gli atteggiamenti delle persone e ne trae conclusioni. Incredibile!”
sorrisi
“devo aver imparato dal migliore” esclamai portandomi la tazza alle labbra. Avvolsi la ceramica bianca con le mani e continuai “Dunham, eh?” chiesi allusiva, lui afferrò la forchetta che giaceva nel suo piatto e inizio a giocarci nervosamente
“un’ amica dei tempi dell’accademia” alzai un sopracciglio, scettica.
Sbuffò poi
“sai?” disse “mi piaceva di più la vecchia Bones! Quella che non capiva nulla di esseri umani ancora in vita, questa nuova te è decisamente seccante!” scoppiammo a ridere
“sicuro fosse solo un’ amica?” lo incalzai, spinta da un’ immensa curiosità
“beh, no, cioè sì, beh, noi abbiamo avuto una storia” sorrisi mordendomi il labbro inferiore
“interessante!” esclamai “quindi il sorriso ebete che ti si è dipinto sul volto poco fa significa che non è acqua del tutto passata?” chiesi poi socchiudendo un occhio, cercando di dissimulare il mio interesse trascinando l’intera situazione nell’ambito comico
“beh, devo dire che mi ha fatto un certo effetto”. Strinsi i denti un po’ di più sul labbro e sentii il sapore del sangue che scivolava sulla lingua.




Sten <3


   
 
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