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Autore: hellomelancholy    27/12/2010    1 recensioni
Hayley Williams è la cantante di una band. Hayley è la Dea rosso fuoco dei Paramore. La sua vita e scandita da spettacoli, viaggi, città e persone nuove, ma qualcosa non cambia mai; i ragazzi della band sono i suoi migliori amici, la sua famiglia e più di tutti le stanno vicino. Ma cosa succede quando all'interno della band, tra due persone comincia a crearsi un forte legame? Cosa succede quando, i sentimenti rischiano di rovinare ciò che si è faticosamente costruito? Hayley non lo sa. L'unica cosa che vuole fare è scoprirlo, continuando ad alimentare le fiamme che la circondano.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hayley Williams, Jeremy Davis, Josh Farro, Taylor York, Zac Farro
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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“Tanti auguri, Hayley” diceva una bella grafia, su un biglietto sotto il mio albero di Natale. Il natale era passato da due giorni, ma quell'albero era di nuovo colmo di pacchettini. Potevo immaginare che anche tutti gli altri pacchetti portavano la solita scritta di auguri di buon compleanno. Nella luce del salotto della mia casa, ancora addormentata, presi i pacchetti e alcuni me li misi in grembo, altri sul divano accanto a me. Li smistai, guardando chi me li aveva lasciati. C'erano i regali di Jeremy, Taylor, Zac, quello dei miei genitori, quello delle mie sorelle. Rovistai ancora, sino a trovare quello che stavo cercando. Il pacchetto era piccolo e il bigliettino attaccato portava la scritta “Buon compleanno. Josh” scritto anch'esso in bella grafia. Agitai il pacchetto, sentendo dentro qualcosa di piccolo e leggero che sbatteva da una parte all'altra della scatolina facendo un leggero rumore. Li misi in un angolo, con il cuore in gola e iniziai a scartare gli altri regali. Alcuni rivelarono essere cd, pupazzi, capi d'abbigliamento che mi piacquero ma che in quel momento non attirarono troppo la mia attenzione. Il regalo di Josh continuava a guardarmi, con un fare severo, quasi spingendomi ad aprirlo. Così, non avendo altre scuse per rimandare quel momento, afferrai il pacchetto e lo aprii. Feci volare via la carta e il fiocco attentamente e perfettamente sistemati, non rispettando troppo l'impegno di chi aveva fatto il pacchetto, stracciando la carta. All'interno vi trovai una scatolina, una comune scatolina di gioielleria, nera e rigida, liscia e fredda sotto il tatto delle mie dita. Titubante, con lentezza, presi la forza di aprire la scatolina. Mi chiedevo perché avevo così poco coraggio. Era solo un regalo. Cosa mi aspettavo? Una dichiarazione d'amore non sarebbe uscita da quella scatolina, tanto meno Josh. Era una fantasia impossibile.

“Buongiorno” disse una voce assonnata alle mie spalle. Notai che era mia sorella, la più grande, che mi sbirciava da dietro il divano, alle mie spalle. Richiusi la scatolina semi aperta che avevo tra le mani, senza averne scoperto il contenuto. La infilai nella tasca della mia felpa.

“Buongiorno” risposi, ostentando un sorriso. Il mio umore non era dei migliori, ma non potevo certo dimostrare di essere triste per quei pochi giorni che passavo con la mia famiglia. Loro si aspettavano che, come minimo, fossi la stessa ragazza sorridente e scatenata che ero sempre. Eppure, nonostante dimostrassi di esserlo, le ombre mi inseguivano sempre.

“Vuoi che ti prepari la colazione?” chiesi a mia sorella che sbadigliava e si sfregava gli occhi.

“Sì, ho fame” rispose. Mi alzai, sentendo nella tasca la scatolina che mi premeva contro la pancia, e continuava a mandarmi messaggi severi durante tutto il tempo in cui la tenni in tasca, mentre preparavo la colazione. Per occupare il mio tempo, la preparai per tutta la famiglia che di li a poco si sarebbe alzata. Ma appena finii con la mia colazione, mi alzai da tavola e tornai nella mia camera. Lì, presi ancora la scatolina tra le mani e senza pensarci troppo, nella calma e nel silenzio del mattino e della mia camera, la aprii. Una collanina giaceva nella scatolina. Una collanina argentata, la catenina fine e il ciondolo a forma di cuore. La tirai fuori, prendendola con attenzione, quasi avessi paura di rovinarla. Qualcosa nella mia mente, mi fece andare in tilt.

“Ti odio” fu l'unico pensiero che riuscii a fare, senza molta fatica. Lanciai sul comodino la collana, e affondai il viso nel cuscino.

**

Il giorno di iniziare di nuovo il nostro tour, arrivò velocemente. I giorni di vacanza non furono altro che un vortice di felicità a volte finta a volte vera, un vortice di colori che già cominciavano ad appannarsi nella mia mente. Il capodanno passò lento e l'anno nuovo, a detta di tutti sarebbe stato un anno diverso, migliori. Mi chiesi in cosa potesse essere migliore o diverso, un anno che cominciava con il precedente e come il precedente sarebbe con tutte le probabilità finito allo stesso modo. Avevo preparato una lista di buoni propositi che non ero intenzionata a seguire. L'avevo fatto con le mie sorelle, per mantenere con loro le abitudini di sempre, di ogni anno, perché a loro piaceva. In quelle giornate fredde, prendere un quaderno e scrivere i nostri buoni propositi davanti al caminetto e con una cioccolata calda in mano era confortante, una routine. Alla fine, confrontavamo tutti i i buoni propositi degli anni precedenti e neanche uno era andato a buon fine. Il pensiero di affrontare un altro lungo viaggio con la mia band mi rallegrava. Mi rallegrava ma allo stesso tempo mi atterriva pensare che ci sarebbe stato anche Josh. Sempre lì, come un'ombra, sempre lì ad osservarmi, con i suoi pensieri confusi sul nostro “amore”. Era difficile definire amore una relazione del genere, la nostra. Mi confortava che i ragazzi e in particolare Jeremy fossero li a sostenermi quando le cose sarebbero andate male. In particolare, quell'anno, avevo deciso di iniziare un nuovo lavoro. Il nostro prossimo album sarebbe uscito alla fine di quell'anno e io avevo già buttato giù delle bozze delle canzoni che poi avrei sottoposto ai ragazzi. Un altro dei nostri sforzi, sarebbe poi stato ripagato con l'appoggio dei nostri fans.

“Sei pronta, Hayley?” chiese mio padre, sulla porta mentre raccoglieva la mia valigia.

“Sì” il viaggio ricominciava di nuovo da quel momento. Mio padre mi aiutò, portando la mia roba fuori. Avevo messo nelle valigie anche gli ultimi regali che mi erano stati fatti, tra cui i cd, i libri che sapevo non avrei avuto troppo tempo di leggere, l'abbigliamento che avevo avuto tempo di misurare e notare mi stesse a pennello, e infine la collana di nuovo nella sua scatolina. Jeremy aspettava già fuori casa, con la macchina. Mi aiutò a sistemare la roba nel cofano della macchina e insieme ci avviammo verso l'aeroporto. Verso il nostro aereo, verso un altra città, un altro palco, un'altra camera d'hotel lussuosa e povera di familiarità. Tenevo la collana nella tasca del giubbotto, toccandola di tanto in tanto. All'aeroporto, i ragazzi erano già tutti davanti all'entrata. Josh era leggermente in disparte, ma guardava nella mai direzione e ogni tanto abbassava lo sguardo. Taylor sembrava il più felice di vedere me e Jeremy arrivare. Si sfregava le mani, l'una contro l'altra per farsi calore.
“Finalmente siete arrivati!” esclamò, felice. Sorrisi. Una cosa buona dello stare con la mia band era che, c'era sempre qualcuno pronto a donare un sorriso. Taylor era sempre felice di partire, tutti insieme. E ritrovai quella gioia anche io, grazie a lui, pensando che sarebbe stata un'altra avventura. Nel momento in cui dovevamo entrare all'aeroporto, Jeremy, Zac e Taylor mi sorpassarono e cominciarono a camminare veloce, davanti a me. Era il giochetto che facevano di solito, quando per volere mio o di Josh volevano lasciarci da soli. Quella volta sembravano aver preso l'oro l'iniziativa, perché Jeremy prese la mia valigia e se la portò dietro e Zac trascinò via quella di Josh. Io e lui rimanemmo da soli, davanti all'entrata. Mi trattenne tenendomi per un braccio, per non farmi entrare.

“Non hai al collo la collana che ti ho regalato” disse. Sapevo che il suo sguardo su di me era più attento di quello di qualsiasi altro. L'avevo sempre pensato e quella non era che la conferma.
“Ce l'ho.. è qua” risposti, tirandola fuori dalla tasca, senza avere il coraggio, neanche per un attimo di guardarlo negli occhi. Mi prese la collanina dalle mani e, spostandosi alle mie spalle, me la mise al collo.

“Dovresti metterla sempre. Ho pensato subito a te, quando l'ho vista. E con questa, mi porterai sempre addosso. Vicini, sempre.”

“Vorrei fosse così facile” furono le uniche parole che riuscii a pronunciare, mentre fissavo i leggeri fiocchi di neve che riprendevano a cadere dal cielo. Non mi rispose, ma vidi che aveva un'espressione strana in volto. Come se volesse dirmi qualcosa e non ci riuscisse. Ma per quella volta, lasciai perdere. Mi abbandonai a un bacio e cercai di godermi quella poca calma che la neve mi donava, come stesse nevicando direttamente sul mio cuore.

  
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