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Autore: GiuUnderground    29/12/2010    3 recensioni
La mia prima Fan Fiction che vede protagonista la mia eroina: Avril Lavigne. Lei è un modello da imitare ed è fonte di ispirazione per me.
In questa storia, Avril dovrà fare i conti con il suo passato. Un passato che non le lascia tregua e che la riduce in un penoso stato di impotenza. Come sarà cambiata Maggie Stradford in tutti questi anni?
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Erano già passati 20 minuti da quando aveva telefonato a sua sorella e lei non l’aveva ancora richiamata. Si sedette allora in soggiorno, appoggiando i gomiti sul tavolino in vetro rilegato che aveva comperato insieme a Deryck nell’autunno del 2008 e che lei si prese avidamente quando vennero compilati i dati per il divorzio.

Tamburellò le dita sul tavolino, guardò l’ora sullo Swatch bianco che le aveva regalato Brody e constatò che la lancetta non si era mossa di un millimetro.

Si alzò in piedi, prese a girare per la stanza, diede una sbirciatina fuori dalla finestra e si rimise a sedere. Prese in mano il telefonino ma non vi era nessuna chiamata persa.

Sentiva allo stomaco delle contrazioni, non riusciva a rimanere ferma per più di 20 secondi e stava sudando freddo. Non si era mai sentita così agitata, neanche prima di un concerto. Eh no, perché prima di salire sul palco, veniva travolta da una forte scarica di adrenalina che le dava quell’energia necessaria per scatenarsi e per fare scatenare il suo pubblico.

Non vi era né timore né insicurezza, solamente una grande voglia di divertirsi.

Ormai era passata una mezz’ora e per bloccare questa sua inarrestabile trepidazione, decise di scendere e di andare nello studio di registrazione che si trovava nel piano inferiore per ricontrollare qualche sua nuova canzone, anche se sapeva che oramai aveva apportato tutte le modifiche necessarie per renderle alle sue orecchie soddisfacenti.

Dunque, non potendo mettere più di tanto mano alle sue creazioni, prese in mano la chitarra classica e cominciò ad intonare [I]Nobody’s Home[/I], in quanto rifletteva il suo attuale stato d’animo.

 

Alle 19.30 già non ci sperava più nella telefonata di Michelle.

Era in casa da sola, si era messa ai fornelli e voleva cucinare una deliziosa torta al cioccolato, giusto così, per smorzare il tempo. Aveva preso tutto l’occorrente, dagli ingredienti agli attrezzi alla ricetta che aveva preso da Internet.

Mise la pizza dentro il forno e guardò l’ora: 19,50. Alle 20:05 doveva ricordarsi di toglierla altrimenti tutto l’impasto si sarebbe bruciato.

Appena posò le presine per i fornelli, sentì una musica provenire dal piano di sopra.

Si fermò un attimo ad ascoltare e riconobbe il ritornello di [I]Complicated.[/I]

[I]Oh cazzo è il mio telefono![/I]

Si precipitò per le scale, rischiando anche di cadere e di battere il mento, attraversò di gran corsa la mansarda, entrò in camera e si slanciò sul letto per rispondere in tempo al cellulare.

“Miche!”

“Av, ho controllato attentamente l’elenco telefonico per ben 3 volte, ma non ho trovato nessuna Maggie Stradford.”

“Ma come? Sei sicura?”

“Sì, sì, non esiste. Ho chiesto aiuto anche alla mamma e a qualche vicino, ma non l’hanno mai sentita nominare”

Ci fu una breve pausa.

“L’unica cosa che mi viene in mente sarebbe quella di controllare all’anagrafe”

“Inviami per posta l’elenco telefonico”

“Eh, sorellona, non ti fidi per caso?”

“Devo vedere delle cose”

“Cosa?”

“Affari miei” Rispose Av  scocciata.

“Simpatica come pochi” Disse sarcastica.

“Dai Miche, tu fai ciò che ti dico e io ti prometto che un giorno ti racconterò minuziosamente tutta la storia”

“Sì, okay. Lo farò”

“Grazie. Ti voglio bene”

Michelle chiuse la conversazione e gettò il telefono sul letto.

[I][Ruffiana[/I], pensò.

 

Avril era sollevata di questa chiamata, anche se però non aveva concluso granché, poteva comunque chiamare tutti gli Stradford della zona e chiedere a loro se conoscevano una certa Maggie Stradford. Era un lavoro di notevole impegno, ma lei otteneva sempre quello che voleva. Si stravaccò sul divano accanto alla porta-finestra  e cominciò a fissare il soffitto.

Aveva la testa in subbuglio, era presa da mille pensieri che riguardavano ricordi del passato, castelli in aria e lei, Maggie Stradford.

Si fermò un attimo a pensare su come potesse essere cambiata in tutti questi anni.

Forse era diventata alta più di un metro e ottanta,oppure poteva essere rimasta un metro e cinquantacinque. Poteva pesare 80 kg, come pesarne 56. Ma era sicura che l’avrebbe riconosciuta fra mille; per quei suoi occhi di un verde intenso, che l’avevano sempre affascinata. Non era un colore misto al marrone, questo era un verde puro e il ricordo era nitidissimo nella sua mente. L’immagine che aveva in testa non era affatto sfuocata, anzi, era luminosa. Ripensò con nostalgia a Maggie fin a quando sentì una puzza di bruciato provenire dal pianterreno. Scattò subito in piedi e si diresse rapida in cucina per tirar fuori dal forno la pizza che aveva con cura impastato quel tardo pomeriggio.

Alzò la pietanza per vedere se si era bruciata troppo e constatò che era carbonizzata.

Aprì allora lo sportello sotto il lavandino e gettò nel bidone la pizza che poteva essere tutto tranne che commestibile.

[I]Anche se cotta al punto giusto sarebbe stata ugualmente disgustosa[/I], pensò.

Prese in mano il telefono e chiamò ad un locale di pizza da trasporto.

  
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