Erano
già passati 20 minuti da quando aveva telefonato a sua
sorella e lei non
l’aveva ancora richiamata. Si sedette allora in soggiorno,
appoggiando i gomiti
sul tavolino in vetro rilegato che aveva comperato insieme a Deryck
nell’autunno del 2008 e che lei si prese avidamente quando
vennero compilati i
dati per il divorzio.
Tamburellò
le dita sul tavolino, guardò l’ora sullo Swatch
bianco che le aveva regalato
Brody e constatò che la lancetta non si era mossa di un
millimetro.
Si
alzò in piedi, prese a girare per la stanza, diede una
sbirciatina fuori dalla
finestra e si rimise a sedere. Prese in mano il telefonino ma non vi
era
nessuna chiamata persa.
Sentiva
allo stomaco delle contrazioni, non riusciva a rimanere ferma per
più di 20 secondi
e stava sudando freddo. Non si era mai sentita così agitata,
neanche prima di
un concerto. Eh no, perché prima di salire sul palco, veniva
travolta da una
forte scarica di adrenalina che le dava quell’energia
necessaria per scatenarsi
e per fare scatenare il suo pubblico.
Non
vi era né timore né insicurezza, solamente una
grande voglia di divertirsi.
Ormai
era passata una mezz’ora e per bloccare questa sua
inarrestabile trepidazione,
decise di scendere e di andare nello studio di registrazione che si
trovava nel
piano inferiore per ricontrollare qualche sua nuova canzone, anche se
sapeva
che oramai aveva apportato tutte le modifiche necessarie per renderle
alle sue
orecchie soddisfacenti.
Dunque,
non potendo mettere più di tanto mano alle sue creazioni,
prese in mano la
chitarra classica e cominciò ad intonare
[I]Nobody’s Home[/I], in quanto
rifletteva il suo attuale stato d’animo.
Alle
19.30 già non ci sperava più nella telefonata di
Michelle.
Era
in casa da sola, si era messa ai fornelli e voleva cucinare una
deliziosa torta
al cioccolato, giusto così, per smorzare il tempo. Aveva
preso tutto
l’occorrente, dagli ingredienti agli attrezzi alla ricetta
che aveva preso da
Internet.
Mise
la pizza dentro il forno e guardò l’ora: 19,50.
Alle 20:05 doveva ricordarsi di
toglierla altrimenti tutto l’impasto si sarebbe bruciato.
Appena
posò le presine per i fornelli, sentì una musica
provenire dal piano di sopra.
Si
fermò un attimo ad ascoltare e riconobbe il ritornello di
[I]Complicated.[/I]
[I]Oh
cazzo è il mio telefono![/I]
Si
precipitò per le scale, rischiando anche di cadere e di
battere il mento, attraversò
di gran corsa la mansarda, entrò in camera e si
slanciò sul letto per
rispondere in tempo al cellulare.
“Miche!”
“Av,
ho controllato attentamente l’elenco telefonico per ben 3
volte, ma non ho
trovato nessuna Maggie Stradford.”
“Ma
come? Sei sicura?”
“Sì,
sì, non esiste. Ho chiesto aiuto anche alla mamma e a
qualche vicino, ma non
l’hanno mai sentita nominare”
Ci
fu una breve pausa.
“L’unica
cosa che mi viene in mente sarebbe quella di controllare
all’anagrafe”
“Inviami
per posta l’elenco telefonico”
“Eh,
sorellona, non ti fidi per caso?”
“Devo
vedere delle cose”
“Cosa?”
“Affari
miei” Rispose Av scocciata.
“Simpatica
come pochi” Disse sarcastica.
“Dai
Miche, tu fai ciò che ti dico e io ti prometto che un giorno
ti racconterò
minuziosamente tutta la storia”
“Sì,
okay. Lo farò”
“Grazie.
Ti voglio bene”
Michelle
chiuse la conversazione e gettò il telefono sul letto.
[I][Ruffiana[/I],
pensò.
Avril
era sollevata di questa chiamata, anche se però non aveva
concluso granché,
poteva comunque chiamare tutti gli Stradford della zona e chiedere a
loro se
conoscevano una certa Maggie Stradford. Era un lavoro di notevole
impegno, ma
lei otteneva sempre quello che voleva. Si stravaccò sul
divano accanto alla
porta-finestra e
cominciò a fissare il
soffitto.
Aveva
la testa in subbuglio, era presa da mille pensieri che riguardavano
ricordi del
passato, castelli in aria e lei, Maggie Stradford.
Si
fermò un attimo a pensare su come potesse essere cambiata in
tutti questi anni.
Forse
era diventata alta più di un metro e ottanta,oppure poteva
essere rimasta un
metro e cinquantacinque. Poteva pesare 80 kg, come pesarne 56. Ma era
sicura
che l’avrebbe riconosciuta fra mille; per quei suoi occhi di
un verde intenso,
che l’avevano sempre affascinata. Non era un colore misto al
marrone, questo
era un verde puro e il ricordo era nitidissimo nella sua mente.
L’immagine che
aveva in testa non era affatto sfuocata, anzi, era luminosa.
Ripensò con
nostalgia a Maggie fin a quando sentì una puzza di bruciato
provenire dal
pianterreno. Scattò subito in piedi e si diresse rapida in
cucina per tirar
fuori dal forno la pizza che aveva con cura impastato quel tardo
pomeriggio.
Alzò
la pietanza per vedere se si era bruciata troppo e constatò
che era
carbonizzata.
Aprì
allora lo sportello sotto il lavandino e gettò nel bidone la
pizza che poteva
essere tutto tranne che commestibile.
[I]Anche
se cotta al punto giusto sarebbe stata ugualmente disgustosa[/I],
pensò.
Prese
in mano il telefono e chiamò ad un locale di pizza da
trasporto.