La loro vita, il loro destino, tutto era già stato scritto:
A levante stella,
lei, brillante e vivace,
riempirà il loro io
di innocente purezza
e la via della quiete
s’alzerà a grandi strade
nei loro occhi, allora, il riflesso
unico e solo
il calore dell’amore
Ma a ponente stella,
lei, dolce e mortuaria regina della notte,
quello stesso riflesso di azzurro cielo
tramuterà in riflesso di ramato rosso
spietato, crudele
e l’innocenza diverrà
muta solitudine
di mille corpi che si schiantano
nella cruenta carneficina del male
Ecco a voi la mia seconda fanfic su Shaman King. Una
struggente storia d’amore e di morte,
cupa e complessa… Non aspettatevi un lieto fine, perché non c’è…
**Starring§TrioHana&Hao**
ROSES
ARE RED
§§**Don’t be afraid… I’m
with you… I’ll not hurt you… This Time…**§§
Il fango schizzava da tutte le parti a ogni passo della
bestia, i quali zoccoli colpivano le pozze di terra marcia del sentiero
abbandonato, imputridendo di quel liquido vischioso l’aria bagnata di pioggia battente.
Il temporale sembrava non cessare, il vento era sempre più insistente. Il
giovane alzò gli occhi al cielo, sentendo le orbite riempirsi di sporca acqua
piovana che cadeva inesorabile dalle cupe nuvole scure. Chiuse d’istinto gli
occhi, strofinandoseli con la manica della giacca, perdendo la vista per
qualche attimo, sbiadita dalla pioggia che continuava a cadere. “Ah! Maledetta
pioggia!” esclamò tra sé, rimettendo a fuoco l’immagine della via che aveva di
fronte ormai da numerose ore e che sembrava non cambiare, rimanere sempre la
stessa… Lo stomaco brontolava, erano ormai circa due settimane che non toccava
cibo se non per le estreme emergenze. Le provviste erano finite, ma d’altra
parte non aveva quantificato che il suo viaggio si sarebbe rivelato così lungo
e stancante. Doveva resistere, probabilmente entro poco avrebbe trovato un
villaggio o un’osteria, e allora avrebbe potuto riconciliarsi e proseguire la
sua missione. Perché è di una missione che si trattava.
Tormentato da tetri pensieri il giovane continuava per
quella lunga strada, quel sentiero fangoso e nauseante, con la pioggia che non
dava segni di dover smettere presto.
Passò un’ora, e poi un’altra ancora, fino a che il ragazzo
sentì le forze abbandonarlo. Gli girava la testa dalla sete e dalla fame, era
bagnato fradicio, cominciava a tossire insistentemente. Ma i guai sembravano
perseguitarlo, visto che il cavallo decise proprio in quel momento di fermarsi
a brucare. “Accidenti a te, anch’io ho fame, ma non possiamo fermarci adesso!
Bah, stupida bestia…” Il ragazzo scese dall’animale visibilmente scocciato,
tirandolo per le briglie a forza. Scivolò più volte sul terreno fangoso, fino a
che non fu troppo stanco per rialzarsi. Chiuse gli occhi; le gocce di pioggia
si posavano su di lui picchiettandogli la veste, ma ormai non le sentiva
nemmeno più. Per un attimo credette di essere diventato cieco, muto e sordo,
ignaro di tutto ciò che lo circondava. Voleva solo mangiare, bere a volontà e
mettersi a dormire in un bel letto caldo e accogliente, cullato dal dolce suono
del silenzio…
…
E il silenzio fu.
…
“E’ forse un cittadino del villaggio?” “Oh, no, parola mia,
non ho mai visto questo giovane da queste parti!””Vuoi dire che abbiamo a che
fare con un forestiero?” “Ho paura di sì” “In questo caso non siamo più al
sicuro…” intervenne una voce. Le due ragazze intente a risvegliare il nostro
eroe che avevano parlato fino ad allora si voltarono verso l’uomo entrato nella
calda stanza. Il giovane sbattè più volte gli occhi tentando di mettere a fuoco
la situazione, notando per prima cosa di trovarsi in una camera da letto
illuminata da alcune candele. C’era un forte rumore di sottofondo, il che gli
fece capire di essere finito in un’osteria lungo la strada. Forse era svenuto
da parecchie ore, forse era passato addirittura un giorno. Ma una cosa era
certa: la fame era così tanta che il ragazzo non riusciva più a inghiottire.
“Cibo… Io… Perfavore…” riuscì a mormorare. Le due giovani si voltarono stupite
verso di lui, affermando “Oh, si è svegliato!” “Sembra affamato…” aggiunse la
più giovane delle due. L’uomo (se così lo si poteva chiamare) entrato prima si
avvicinò scrutando il ragazzo con sospetto, per poi affermare “Credo che
dovremmo andarci un po’ cauti, Tamao… Ricordate che è pur sempre uno straniero,
e con i tempi che corrono la prudenza non è mai abbastanza…” non aveva un
bell’aspetto. La pelle era di una leggera sfumatura verdastra e i capelli neri
raccolti in un’unticcia coda giusto in cima alla testa. Aeveva l’aria di un
bandito, e la voce era viscida e tagliente come quella di un rettile. La
ragazza, la prima che aveva parlato, rispose stizzita “Sei sempre il solito,
Tokageroh, sospettoso e rigido! Anche se vorresti con piacere soffiare il posto
a Maestro Faust non sei ancora il capo qui dentro!” Il ragazzo era più stordito
che mai. Ora però aveva messo bene a fuoco la stanza che aveva di fronte: la
ragazza che aveva parlato era piuttosto carina, dai lunghi capelli turchesi
raccolti in una coda di boccoli. Era vestita da servetta, il che fece capire al
nostro eroe che lavorava nella Taverna dove era capitato. Anche l’altra portava
lo stesso abito, ma aveva un‘aria molto più timida, e aveva i capelli corti e
scalati, di un rosa intenso. La sottospecie di rettile che stava con loro fece
una smorfia in direzione della ragazza rispondendo stizzito “Lo sai benissimo,
Pilica, che quel posto lo avrò senz’altro un giorno! E comunque, la mia è pura
e semplice prudenza!” Pilica mise le mani ai fianchi, ribattendo “Per te ormai
sono Padrona Pilica, Tokageroh, mi dispiace che alla tua lingua costi così
tanta fatica pronunciarlo…”L’altro rispose ancora e il ragazzo li sentì
continuare a battibeccarsi per un po’, mentre la giovane Tamao si avvicinò a
lui mormorando “Chi sei, straniero? Da dove vieni?” Lui si mise seduto sul
letto di paglia dove era situato, guardandosi un po’ intorno prima di
rispondere “Mi chiamo Hao. Provengo dal lontano paese di Namash”
La servetta sorrise dolcemente, porgendogli un bicchiere
ricolmo d’acqua, che Hao afferrò senza troppi complimenti. “Devi provenire da
molto lontano per essere così vorace…” intervenne Pilica che nel frattempo
aveva smesso di litigare con Tokageroh. Hao si limitò ad annuire, mentre il
rettile si avvicinava sibilando “E quale folle motivo ti ha spinto a giungere
da così lontano fino alle Terre di Ròsedern?” Hao lo fissò per qualche secondo,
ma non rispose. Tokageroh insistette “Di questi tempi, poi, solo i più audaci
si avvicinano a questa zona del paese; i più saggi se ne vanno, e i più folli
vi entrano…” Gli occhi di Hao erano fissi su quelli dell’uomo, e Pilica
intervenne brusca con aria di rimprovero “Smettila con le tue paranoie,
Tokageroh, non vedi che questo ragazzo ha fame? Su, aiutatemi a portarlo di
sotto che gli preparo un po’ del mio piatto speciale” Tamao domandò con un fil
di voce “Non domandiamo prima il permesso al Maestro Faust?” Pilica rispose
mentre lei e Tokageroh afferravano da sotto le braccia Hao “Avvertilo tu,
vedrai che lo accoglierà con un sorriso. Il nostro Maestro è buono come il pane,
al giorno d’oggi di uomini come lui ne sono rimasti pochi…” Tokageroh emise un
verso misto tra un grugnito e uno sbuffo, e con Hao si allontanarono tutti e
due giù per una rampa di scale di pietra illuminate da torce traballanti. Tamao
intanto corse verso una stanzetta in fondo al corridoio che avevano di fronte
prima.
.
Nella stanza del locale c’era una folla incredibile. Uomini
e donne, mostri e umani di ogni forma e colore urlavano e bevevano a tutto
andare, con camerieri e servette che andavano e venivano dai banconi portando
cibi incredibilmente fantasiosi e curiosi. Ad Hao non importava: aveva bisogno
di mangiare qualcosa; che cosa, era un dettaglio…
Lo fecero sedere a un tavolo singolo, portandogli poco dopo
un arrosto fumante di succulento tacchino. In più, tutt’attorno c’erano un
corteo di patate e dell’insalata freschissima a coronare il tutto. Un
bicchierone gigante di birra bionda di prima qualità fu l’ultima goccia per
Hao: dimenticandosi completamente di tutto il resto, prese ad ingozzarsi come
non aveva mai fatto.
.
“Era buono, vero?” disse tutta orgogliosa Pilica nonappena
il piatto fu vuoto. “Delizioso. Davvero” mormorò Hao beatamente, dopo aver
terminato quello che gli parve il pasto più buono e gustato della sua vita. “E’
naturale, l’ho fatto io!” aggiunse Pilica ripulendo tutto. In quel momento
arrivò dalle scale un uomo alto e magro, dai capelli biondi arruffati e
l’aspetto piuttosto trasandato. Aveva una faccia stanca e inquietante, con un
lieve sorriso tetro stampato sulle labbra. Dietro di lui c’era Tamao, con le
mani giunte elegantemente dinnanzi a sé. Pilica subito si avvicinò all’uomo
esclamando “Maestro Faust, meno male che sei arrivato. Ecco lo straniero”
indicò con l’indice della mano sinistra Hao, mentre l’uomo gli si avvicinava
sempre con il suo inquietante sorriso. “Benvenuto nelle Terre di Ròsedern… Sai,
mi stupisce sapere che qualcuno si avventura ancora fino a qui. Molti di noi se
ne sono andati da parecchio tempo, a causa della tragedia…” ci fu una pausa
preoccupante, mentre il rumore assordante del resto della sala continuava a
ruminare incessante. Hao finalmente si decise a domandare “Vorrei chiedervi per
favore di fermarmi qui, stanotte. Non ho posto dove andare, e non so ancora di
preciso quanto manchi alla destinazione che cerco…” Faust si sedette di fianco
a lui, non distogliendo neanche per un istante lo sguardo dal suo. “E dove sei
diretto, forestiero, se mi è lecito domandarlo?” Per un attimo Hao tacque, e in
quel momento le grida di alcuni uomini a un altro tavolo li sovrastò “Sì, sì,
ve lo giuro! Le ho viste l’altra notte, proprio come tutti le raccontano! Nere
come la morte, belle come le rose e spietate come assassine!” Era un ragazzo
sulla ventina a parlare, con una pettinatura a dir poco bizzarra e particolare.
Era circondato da una banda di ragazzi ugualmente strani “Finiscila, Ryu, lo
sai benissimo che nessuno le può vedere e poterlo poi raccontare!” disse
qualcuno di loro. Ryu ribattè “Potete anche non credermi, ma io le ho viste, e
stavano rapendo uno di quei tanti giovani che catturano nel cuore della notte,
silenziose come la nebbia…”Ci furono molte altre voci di disapprovazione, ma
altre piuttosto curiose e in parte allarmate. “Dove le hai viste esattamente?”
“Non molto lontano da qui…” “Se è vero ciò che dici, allora si stanno
estendendo sempre più anche ai confini delle nostre Terre!” disse uno dei
ragazzi decisamente spaventato. Altri intervennero “Stai dicendo scempiaggini,
amico, lo sanno tutti che le Tre Streghe della Rosa non possono agire oltre il
territorio del loro Castello Invisibile!” “Se fosse così come potrebbero far
sparire tutti quei giovani anche in paesi più lontani?” In quel momento Hao si
fece avanti domandando “Scusate se mi intrometto, ma il vostro discorso mi ha
incuriosito…” Tutti si girarono verso di lui osservandolo. “E tu chi sei?”
domandò uno. Hao rispose deciso “Un forestiero che spera di non dover tornare
al suo paese senza aver raggiunto lo scopo del suo viaggio… Per caso voi sapete
dove si trova il Castello di cui parlavate poco fa? Il Castello Invisibile?”
Per un attimo i ragazzi si volsero occhiate eloquenti, finchè Ryu non gli
domandò con voce leggermente tremante “Perché ti interessa, amico?” Hao sbattè
per qualche istante le ciglia, per poi affermare “E’ lì che sono diretto. Le
Tre Streghe hanno rapito mio fratello, e la mia missione è riportarlo a casa”
.
Nella sala cadde un silenzio di tomba. La musica proveniente
dallo squillante pianoforte male accordato si fermò di colpo stonando
violentemente, il continuo e attivo vociare si spense, tutte le teste dei
presenti si erano voltate verso il giovane Hao, immobile con le labbra serrate
e lo sguardo imperturbabile. Tamao emise un gemito di terrore nel portarsi le
mani alle labbra. Tokageroh si immobilizzò nel gesto di riempire un bicchiere,
facendo traboccare sul tavolo tutta la rispettiva bevanda, con la bocca
spalancata. Pilica fece cadere il vassoio che trasportava, mentre Faust
guardava impassibile Hao. Ma il sorrisino inquietante era sparito dal suo
volto. Dopo numerosi secondi di questo silenzio assordante, uno dei ragazzi che
circondavano Ryu affermò “Tu hai qualche problema, amico. Non ti rendi conto di
quello che dici” Hao rimase immobile senza fiatare. Il silenzio si tramutò in
numerosi bisbigli che esprimevano approvazione verso l’affermazione fatta dal
ragazzo. Qualcuno disse “Forse sta scherzando, vuole mettersi in mostra…” Altri
dissero con umorismo nero “E’ un suicida, vuole facilitarsi il compito mediante
questa folle missione” Finchè Faust non si alzò, poggiando una mano sulla
spalla di Hao che si voltò di scatto verso di lui. L’uomo ora sorrideva di
nuovo, e con un gesto lo fece voltare in direzione delle scale guidandolo al
piano di sopra. “Puoi fermarti qui per stanotte” Affermò intanto. La sua voce
era paterna e compassionevole, ma dietro quelle parole Hao vi lesse una
continuazione alla frase: ‘… visto che sarà l’ultima…’