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Autore: Evazick    04/02/2011    7 recensioni
(Seguito di "I used to think I have a Bulletproof Heart... but I don't".)
Dopo che i My Chemical Romance sono tornati a casa, il gruppo dei Killjoys nel 2019 è cresciuto. C'è una rivolta che sta per scoppiare contro Battery City, ma Eve ha anche altri problemi, tra cui un ragazzo strano che ingelosisce Joshua. E quando i Guastafeste decidono di rischiare il tutto per tutto, la situazione volge al peggio.
Decisamente.
"Avevo imparato che ognuno di noi, cambiando nome, voleva dimenticare cosa era stato e cosa gli era successo, morire dentro di sé per poi rinascere dalle sue stesse ceneri come una fenice. Di alcuni dei nuovi ragazzi non riuscii mai a scoprire molto del loro passato, o perché lo tenevano nascosto bene o perché volevano dimenticarselo del tutto.
Cosa che volevo anch’io, ovviamente.
Volevo scordarmi di Eve Blackshadow, di quello che era successo alla sua vita e alla sua famiglia, del dolore che aveva provato prima di venire risucchiata da un poster della Black Parade e iniziare una nuova vita.
Adesso volevo essere soltanto Lethal Bloody Venom."
("AU! Killjoys!)
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Nuovo personaggio, Ray Toro
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Eve.'
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Of Nightmares And Regrets

 

Corri, corri, non ti fermare, non ti fermare adesso…

È questo quello che sto pensando in questo esatto momento, anche se ormai non mi sento più le gambe e i miei polmoni stanno per scoppiare come due palloncini pieni d’elio. Non m’importa, devo continuare a correre, solo a correre, o sono fregata.

Dietro di me, nel lungo corridoio bianco, non sento passi di qualcuno che mi insegue, ma so benissimo che ci sono e che mi stanno raggiungendo. E se mi raggiungono posso considerarmi morta. Game Over, come nei videogiochi.

Ma questo non è un videogioco, non sto correndo dentro lo schermo di un computer e non ho nemmeno più vite a disposizione. Ne ho soltanto una, e non posso permettermi di sprecarla. Anche perché il Paradiso non è fatto certo per tipi come me.

Il mio respiro si fa più affannoso di secondo in secondo, e temo il momento in cui le forze mi abbandoneranno e cadrò sul lindo pavimento bianco per non rialzarmi più. Se soltanto questo corridoio finisse, se solo riuscissi a vedere qualcuno che possa darmi una mano…

I miei passi fanno un rumore terribile che riecheggia tra le pareti, e ho la pistola a raggi ben stretta in mano, pronta a sparare quando e se sarà necessario. Non sento nemmeno Evelyn che mi sprona ad andare avanti, chissà se è qui con me o se se ne è andata. E la cosa non mi piace per niente.

Forza, forza, non rinunciare adesso! continuo a ripetermi, iniziando a darmi mentalmente un ritmo per correre. Uno, due, uno, due, uno, due… un passo dietro l’altro, pronta a trovare la salvezza non appena ce ne sarà l’occasione. Ma qualcosa, in fondo alla mia testa, con una vocina che non voglio nemmeno ascoltare, dice: Non ce la farai mai, ti prenderanno e ti chiuderanno di nuovo in quella cella, e stavolta non ci sarà nessuno a salvarti…

“Stai zitta!” le urlo a voce alta, con la rabbia in ogni singola lettera. Stringo i denti e vado avanti, mentre lei continua a parlarmi. Perché? È la pura verità, lo sai benissimo anche da sola. Non ricordi? Non ti ricordi che Grace se ne è andata? Che i Killjoys ti hanno abbandonata? Che Joshua è seppellito in mezzo al deserto?

“Non… mentire!” le dico tra le lacrime che stanno iniziando a scorrere lungo le mie guance e che raggiungono il pavimento delicatamente, come gocce di pioggia. “Queste cose non sono mai successe, è solo un incubo, un maledetto incubo!”
Ah, davvero? dice la bastarda, divertita. Riesco a sentire il sorriso nella sua voce, il sorriso di qualcuno che sa di avere ragione e non vede l’ora di dimostrartelo. E allora perché non riesci a svegliarti?

Mi rifiuto di darle ascolto e non rallento il rimo, anche se tra poco dovrò dare la partita per persa: sono allo stremo delle forze, le gambe vanno avanti grazie all’inerzia e i miei polmoni hanno quasi smesso di funzionare. Mi do un pizzicotto nell’incavo del braccio, pregando di svegliarmi.

Ma non succede nulla.

Sto continuando a correre lungo il corridoio.

Adesso mi credi?

“Stai zitta, immenso pezzo di merda,” le sibilo con la poca voce che mi è rimasta. “Se questa è la realtà, allora scordati pure che io mi arrenda! Troverò la fine di questo maledetto corridoio e a quel punto uscirò da qui una volta per tutte!”

Le ultime parole famose.

Non faccio nemmeno in tempo a chiederle che sta dicendo: inciampo nel corridoio e cado a terra con un botto. Gemo di dolore e mi alzo sulle braccia per tornare in piedi, ma loro non riescono a reggermi e crollo di nuovo sul pavimento. Stanno per arrivare! Alzati, forza! mi dico, ma non ce la faccio: le gambe non chiedono altro che un po’ di riposo, e nei polmoni non c’è più aria. Tento di rialzarmi un’altra volta, ma è tutto inutile. Non può finire così, non… può… penso mentre continuo a cercare di tornare in piedi. Una, due, dieci volte: inutile, il mio corpo non riesce più a reggere il mio peso.

Sento che sono arrivati dietro di me, che mi hanno raggiunto, ma le cose non vanno come mi aspetto. Non sono due mani quelle che mi toccano i bracci e mi lasciano nel più totale stupore.

Sono aghi di siringa.

Inizio ad ansimare, ma sono totalmente indifesa quando iniziano a entrarmi nella pelle e a infilarsi nelle mie vene, assetate del mio sangue. Cerco di scacciarne via un paio, ma la mia debolezza è tale che non riesco nemmeno a centrarle, anche se sono davanti ai miei occhi.

Apro la bocca e inizio a urlare per il dolore. Non passa molto che due mani mi prendono per le spalle e mi scuotono forte, mentre una voce lontana mi chiama: “Eve! Piantala di urlare! Svegliati!”

Non riesco nemmeno a rispondergli per il dolore, ma a quel punto uno strattone più forte di tutti mi solleva da terra…

 

… e mi ritrovai nel mio letto, seduta e con due mani forti che mi tenevano le spalle. La prima cosa che feci dopo aver aperto gli occhi fu prendere un respiro profondo e tornare a respirare normalmente. Una mano mi spostò una ciocca di capelli sudati dalla faccia e me la mise dietro l’orecchio. “Eve? Tutto okay?”

Alzai lo sguardo davanti a me: alla luce della sua torcia elettrica, Joshua mi guardava estremamente preoccupato, con gli occhi grigi spalancati. Feci un ultimo respiro profondo e annuii, continuando a tremare, anche se il mio corpo era caldo come se fossi stata a lungo sotto il sole. Lui mi toccò la fronte con il dorso della mano e fece una smorfia. “La febbre sta calando, ma non è ancora passata del tutto,” mormorò. Afferrò un panno bagnato che era sul letto e me lo passò sulla fronte e sulle braccia. “Va meglio, adesso?” mi chiese dopo un po’. Annuii di nuovo mentre tornavo a respirare normalmente.

Joshua mi afferrò il braccio destro e ci passò delicatamente sopra il panno. Il suo sguardo si soffermò un attimo sulle cicatrici sulla mia pelle e vidi i suoi occhi intristirsi: mi liberai in fretta dalla sua presa e nascosi il braccio sotto le coperte. Come se servisse a qualcosa. “Ho fatto tanto casino?” chiesi per cambiare discorso.

“Abbastanza. Hai quasi svegliato Amy e Taylor, di là, e ho fatto tornare Grace nel suo letto non appena l’ho vista sulla soglia. Meno male ero a dormire qui con te, sennò svegliavi tutto il Diner!”

“Che cattiva ragazza che sono,” dissi con un sorriso e la voce rauca per la febbre e le mie urla. Showpony tornò improvvisamente serio e disse: “Era sempre lo stesso incubo, vero?”

“Sempre lo stesso,” confermai in un sussurro mentre mi massaggiavo lentamente uno dei due bracci. Mi misi la testa tra le mani e alzai lo sguardo verso il ragazzo. “Joshua, i-io… io non ce la faccio più. Non ce la faccio più a svegliarmi tutte le notti mentre urlo e cerco di scappare, non ce la faccio più a rivivere cosa ho passato… lì dentro, e… quella voce. So che sembra ridicolo, ma mi fa paura.”

“Paura?” chiese lui sorpreso.

Annuii. “Non ho la minima idea a chi appartenga. Non è Simon, o Evelyn, o Korse. È come quando ho una parola sulla punta della lingua, so chi è ma il nome mi sfugge. E non posso più sopportarlo!”

“Shh, fai piano o stavolta svegli tutti sul serio!” mi disse Joshua. Abbassò lo sguardo e continuò: “Se soltanto mi fossi reso conto di cosa ti stava succedendo avrei fatto qualcosa per fermarli, avrei potuto evitarti tutto questo…”

“Ehi.” Alzò lo sguardo verso di me, stupito di avermi sentita parlare con tanta autorità. Lo fissai seria con i miei occhi castani e gli presi la faccia tra le mani per fare in modo che il suo sguardo non mi sfuggisse in alcun modo. “Adesso piantala. Okay? È inutile che continui ad essere triste in questo modo. Non ti ho mai dato la colpa per quello che mi è successo, e mai te la darò. Non eri te stesso, anche se non te lo ricordi: ero lì, ti vedevo, era come se qualcuno avesse preso il tuo posto. Quindi smettila una buona volta di piagnucolare in questo modo o giuro che ti rispedisco alla Better Living a calci in culo. Chiaro?”

Lui, per tutta risposta, mi fissò un’ultima volta e poi portò di nuovo la mano alla mia fronte e fece un gemito preoccupato. “Uhm… mi sembra che la febbre stia salendo di nuovo. Sei sicura che non stai delirando?”

“Allora mi prendi in giro!” Afferrai il cuscino dietro di me e glielo scaraventai in pieno petto, togliendogli il respiro. Continuai a tempestarlo di colpi tra le nostre risate finchè lui non disse: “Pietà, pietà! Smettila, mi arrendo!” Rimisi il cuscino dietro di me e fissai il ragazzo con un sorriso. Joshua mi fece sdraiare di nuovo, mi rimboccò le coperte, si sistemò su una sedia lì vicino e poi mi chiese: “Vuoi che dorma insieme a te?”

“In questo lettino minuscolo?” Feci una pausa, poi sospirai. “Se proprio vuoi.”

“Guarda che sto rischiando il contagio facendo una cosa del genere,” disse mentre si infilava sotto le coperte e sistemava al mio fianco.

“Magari. Almeno la smetteresti di sparare una stronzata dietro l’altra.”

“Idiota,” mormorò dandomi un pugno leggero sulla spalla. Feci una risatina e poi mi addormentai di nuovo, con lo sguardo del ragazzo fisso sopra di me.

  
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