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Autore: Fe85    22/02/2011    4 recensioni
Mail Jeevas, nome in codice “Matt”, non aveva alcuna voglia di stare a sentire il suo superiore blaterare circa gli ultimi dettagli del caso “Chocolate Bar”. Se fosse stato per lui, avrebbe passato l’intera giornata, sdraiato sul divano a pigiare i tasti della sua inseparabile console con l’intento di battere il nemico finale di Super Mario Bros. Non era il classico tipo che si estraniava dalla realtà perché aveva ricevuto delusioni dalla gente che lo circondava, tutt’altro. Semplicemente, non aveva trovato qualcuno che potesse interessargli a tal punto da catturare la sua attenzione, e farlo uscire dal suo “guscio virtuale”.
[MelloxMatt]
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Matt, Mello, Un po' tutti
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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L’ufficio di Light Yagami si trovava al primo piano del cosiddetto grattacielo “ferro da stiro”, il Flatiron; l’edificio era stato ribattezzato in quel modo a causa di una peculiare somiglianza con l’oggetto utilizzato da qualsiasi casalinga.

Mail Jeevas, nome in codice “Matt”, non aveva alcuna voglia di stare a sentire il suo superiore blaterare circa gli ultimi dettagli del caso “Chocolate Bar”. Se fosse stato per lui, avrebbe passato l’intera giornata, sdraiato sul divano a pigiare i tasti della sua inseparabile console con l’intento di battere il nemico finale di Super Mario Bros. Non era il classico tipo che si estraniava dalla realtà perché aveva ricevuto delusioni dalla gente che lo circondava, tutt’altro. Semplicemente, non aveva trovato qualcuno che potesse interessargli a tal punto da catturare la sua attenzione, e farlo uscire dal suo “guscio virtuale”.

Era convinto al cento per cento (parlando in percentuali come era avvezzo fare il suo mentore, L Lawliet, abilissimo detective di fama mondiale che l’aveva preso sotto la sua ala protettiva) che stronzate come l’anima gemella, Cupido e altre sdolcinatezze simili non esistessero, o meglio, erano state inventate per far sognare migliaia di ragazzine innamorate. Cos’era l’amore in fondo? Forse non si era mai fermato a pensarci seriamente, o forse ne aveva una visione talmente disincantata da non essere obiettivo del tutto.

Non appena si presentò in prossimità di una porta automatica, la fotocellula reagì alla sua presenza e superò l’entrata, passando poi nei pressi di un’enorme fontana, dalla quale zampillava dell’acqua ad intermittenza. A Light piacevano molto quel genere di cose vistose, che sembravano quasi voler sottolineare il suo ego smisurato, ma Matt non si era fermato a studiare solo il bel faccino del suo capo, che a quest’ultimo era parecchio utile quando desiderava ottenere qualcosa.

Light Yagami era molto di più. Era carismatico, e soprattutto intelligente. Lo si poteva intuire dal modo in cui si rapportava con il prossimo, e dal suo fare ammaliante che riusciva a rapire chiunque lo ascoltasse, proprio come un serpente incantato dal suono di un flauto. Ormai era da un anno che lo conosceva, e si era abituato ai suoi trucchetti, anche se Light riusciva sempre a fregarlo, o a ricattarlo, in qualche modo.

Era sempre un passo avanti a lui.

Matt salì una rampa di scale, corredata da un tappeto rosso, e scivolò in un lungo corridoio, dove su ambo i lati vi erano cinque porte marroni con un pomello dorato. Bussò alla terza porta alla sua destra, e dopo aver ricevuto un carezzevole “avanti” come risposta, si introdusse all’interno della stanza.

“Buongiorno, Matt. Ho appena scoperto il luogo in cui si nasconde la banda di Mello.” Light era comodamente seduto sulla sua poltrona di pelle girevole, intento ad osservare un plico di fogli che A, il suo assistente, gli aveva appena lasciato sulla lucida scrivania di legno d’acero. Com’era prevedibile, non lo aveva degnato nemmeno di uno sguardo, e non aveva indugiato troppo sui convenevoli, ritenendoli superflui. Anche il suo studio rifletteva appieno la sua personalità: era pratico e funzionale, decorato soltanto da un paio di quadri appartenenti al periodo Rococò.

“E scommetto che il lavoro sporco dovrò farlo io, vero?” intuì Matt, estraendo dalla tasca dei suoi jeans un pacchetto di sigarette, sue fedeli compagne insieme ai videogiochi. Non ricordava più in che occasione avesse contratto quel vizio, ormai erano passati tanti (troppi, forse) anni; era convinto che dietro il fumo, avrebbe potuto celare più facilmente la sua proverbiale insicurezza.

Il suo interlocutore sorrise compiaciuto, premendo poi il tasto di un piccolo telecomando che teneva nella mano sinistra. Dall’alto comparve un monitor di forma rettangolare, sul quale vi era rappresentata la mappa della città di New York.

“Quel puntino rosso che lampeggia è il covo dei malviventi, si trova nel South Bronx. Suppongo che tu abbia già afferrato il tuo compito.” gli spiegò sommariamente Light, mostrandogli un pezzetto di carta dove vi era annotato l’indirizzo dei criminali. Una volta che Matt lo ebbe memorizzato, l’altro si premurò di farlo sparire nel distruggi documenti.

“Ti consiglio di non sottovalutare Mello. Non ho mai avuto l’onore di vederlo in volto, tuttavia si dice in giro che sia piuttosto scaltro, e io non accetto un fallimento” precisò il giovane Yagami, pronunciando l’ultima frase con un tono che non ammetteva repliche.

“Soprattutto da un collaboratore di L.” aggiunse con un pizzico d’ironia, puntando le sue iridi castane in quelle verdi di Matt.

“Oh, tranquillo. Vedi di non deluderlo anche tu, Light.”

La risposta irriverente del videogamer non si fece attendere, e Light lo squadrò lievemente contrariato. Tramite A era venuto a conoscenza della “stretta collaborazione” che intercorreva tra L e Light, e dovette ammettere a se stesso che era piuttosto divertente punzecchiare quest’ultimo. Infatti, era difficile coglierlo in fallo, in quanto Light tendeva a mostrare agli altri solo la parte migliore del suo essere. Lui e L si erano conosciuti in Giappone durante le indagini riguardanti una serie di omicidi, il cui colpevole era un certo Taro Kagami che giustiziava i pregiudicati tramite un quaderno nero. Dopo la cattura del colpevole, il padre di Light, Soichiro, volle premiare il suo primogenito con una promozione, e decise così di mandarlo in America ad occuparsi personalmente di dirigere le trattative di affiancamento con la polizia statunitense, riducendo al minimo le possibilità di Light di frequentare il suo amante, che invece era rimasto nella terra del Sol Levante.

“Bene, puoi andare. Tienimi aggiornato.” lo congedò infine il giovane Yagami che tornò ad occuparsi delle sue faccende.

Matt lo salutò con un cenno della mano, mentre guadagnava l’uscita con la sigaretta accesa tra le labbra. Fortunatamente per lui, la riunione era durata meno del previsto.

                                                                       *

Approfittando della clemenza del tempo che aveva concesso uno spiraglio di sole in quella gelida giornata di dicembre, Matt si era recato a Central Park. Non appena superò il memoriale di “Strawberry Fields”, si appropriò di una panchina antistante ad uno dei tanti laghetti artificiali, e collaudò il videogioco di seconda mano che aveva acquistato qualche minuto prima in un negozietto della cinquantottesima strada. Gli alberi erano spogli, e la vegetazione in generale non offriva più le splendide tinte autunnali o primaverili; l’inverno, e di conseguenza il Natale, era ormai alle porte. A dire il vero, Matt non era un estimatore della natura, ma amava la tranquillità di quell’oasi, e quando voleva fuggire dal caos della metropoli, si rifugiava nel suo piccolo angolo di paradiso, dove gli unici rumori esistenti erano il cinguettare degli uccelli o il chiacchiericcio dei passanti. L’atmosfera vivace della Grande Mela strideva immensamente con la calma tipica della campagna inglese, dove era cresciuto. Fino all’età di sedici anni, aveva vissuto spensierato in un orfanotrofio per bambini prodigio di Winchester, ma il giorno del suo compleanno venne reclutato da L per diventare il suo erede. Lawliet aveva intravisto in lui un ottimo potenziale, e lo aveva portato con sé in giro per il mondo, affinché potesse apprendere i segreti del mestiere. Inizialmente, Matt era entusiasta della sua nuova vita, e si sentiva tuttora debitore nei confronti di L per tutto quello che aveva fatto per lui, però, col passare del tempo, si era reso conto di aver perso una cosa importante.

La libertà.

Dovendo assumersi certe responsabilità, non poteva permettersi passi falsi, e qualcuno aveva già pianificato il futuro per lui, senza concedergli possibilità di scelta.

Era dunque quello il destino dei geni? Lasciarsi avvolgere e assorbire dalla solitudine?

Non aveva ancora trovato una valida risposta ai suoi interrogativi, perché rispolverare quegli argomenti spinosi e complessi era sempre doloroso per lui.

“Ehi Cindy, secondo te cosa potrei regalare a Paul per Natale?” la voce stridula di una ragazza sulla trentina lo ridestò dai suoi pensieri, costringendolo a mettere in pausa il videogioco.

“Ah, non saprei. Talvolta gli uomini hanno dei gusti così difficili.” controbatté l’amica con fare lamentoso. Le due si erano fermate a dare da mangiare a quattro solitarie paperelle che nuotavano placidamente nel lago, riprendendo poco dopo il loro cammino, e lasciando Matt nuovamente solo.

Al videogamer scappò un sorriso.

“Mail, Mail, Mail! Quando ti deciderai a trovarti una fidanzata?”

Linda, sua amica e vicina di casa, glielo ripeteva in continuazione. Tuttavia, non aveva ancora trovato il coraggio di rivelarle che in realtà lui era omosessuale. Aveva paura che lei lo giudicasse, e che lo emarginasse. Era inutile negare che la società moderna si lasciasse influenzare con troppa facilità dai pregiudizi, nonostante cercasse di ostentare un certo “liberalismo”. Più e più volte aveva tentato, invano, di confessarle quella verità che stava diventando pesante quanto un macigno.

Non voleva perdere Linda che, insieme ad A, era stata l’unica persona ad apprezzarlo in quanto “Mail”, e non in quanto “Matt”.

Con il suo buonumore gli aveva insegnato che la vita non doveva essere vissuta solo “in bianco e nero”, come il colore delle righe della maglietta che lui indossava abitualmente; anche se mettere in pratica quelle belle parole, si stava dimostrando più difficile del previsto.

L’inerzia e l’indifferenza tenevano saldamente in scacco Mail Jeevas.

                                                                       *

La sera calò rapidamente sulla città di New York, come il sipario in un teatro. Per un qualsiasi turista, vedere tutti quei grattacieli illuminati sarebbe stato uno spettacolo mozzafiato, ma non per Matt che era abituato a quegli enormi “scatoloni”, come li definiva lui. Ogni volta che passeggiava per le vie del centro, si sentiva quasi come una formica sovrastata da quei giganti che trasmettevano quasi un senso di oppressione.

Stava aspettando di essere imbarcato sul traghetto che lo avrebbe ricondotto a Staten Island, il borough dove vi era l’appartamento che condivideva con A. Si guardò in giro, osservando l’adunanza di etnie raggruppata in quello spiazzo: ispanici, neri, bianchi, cinesi, meticci. Tutti pendolari che non vedevano l’ora di tornare a casa e lasciarsi alle spalle la giornata appena trascorsa. Ognuno utilizzava uno slang diverso, e di tanto in tanto la comprensione dei loro discorsi si faceva ostica.

Improvvisamente, Matt sentì qualcuno dietro di lui che gli calò i goggles sugli occhi. A sfiorarlo erano state due mani fredde come l’acqua di una sorgente montana.

“Ciao, Ma...tt!” esordì Linda allegramente, dandogli una pacca sulla spalla. Le capitava sovente di confondere il suo vero nome e il suo pseudonimo, vista la loro sottile somiglianza, ma a causa dell’alto tasso di rischi che comportava il lavoro dell’amico, in pubblico doveva obbligatoriamente chiamarlo con quell’appellativo fittizio. Mantenere il riserbo sulla propria identità era una cosa fondamentale per un detective.

“Ehi, com’è andata oggi?”

“Bene, grazie. I ritratti che ho fatto sabato sono piaciuti parecchio al professor Kensington!”

Linda Newton era una studentessa al secondo anno dell’Accademia di Belle Arti, e possedeva l’innata capacità di entrare in sintonia con chiunque. Lei e Matt si erano conosciuti qualche mese prima in un fast food. Il ragazzo le aveva inavvertitamente macchiato la camicia e le tavole con del ketchup, mandandola su tutte le furie, anche se poi la rabbia aveva lasciato spazio alla curiosità. Linda iniziò a tempestarlo di domande (a cui Matt aveva risposto approssimativamente) e a parlargli dei suoi progetti, dei suoi sogni, coinvolgendolo in qualche modo nella sua vita.

Avendo vissuto gli ultimi anni con L, taciturno e poco incline ad aprirsi agli altri, quella fu una novità per Matt.

Il solo dialogare con una persona normale equivaleva a qualcosa di inusuale per lui.

“Tutto merito del modello.” replicò Matt autocompiacendosi, mentre Linda roteava gli occhi divertita.

“Sempre modesto, eh Matt?” lo apostrofò A, intento a sorseggiare il cappuccino che aveva appena comprato da Starbucks “buonasera, Linda.”

Adam Bilton, soprannominato “A” oppure “After”, proveniva da una delle numerose sedi europee dell’orfanotrofio in cui era stato allevato Matt. Fungeva da “jolly” e, oltre ad aiutare Light nella sua attività di supervisore, coordinava l’operato del suo coinquilino. A differenza di Matt, si era stanziato a New York già da quattro anni, e gli innumerevoli vicoli della metropoli non erano più un segreto per lui. Come di consuetudine, i tre ragazzi si ritrovavano alle cinque e trenta in punto per prendere insieme il traghetto.

Timido e riservato con gli estranei, ma gentile e premuroso con le persone di cui si fidava ciecamente, A preferiva ascoltare, piuttosto che parlare di sé. Inoltre, sapeva dispensare dei buoni consigli, a dispetto della sua indole apparentemente distaccata. Occhi grigi, capelli biondi che gli arrivavano di poco sotto i lobi e un naso leggermente aquilino, contraddistinguevano il ventiduenne che era appena sopraggiunto.

“S-salve, A! Diglielo anche tu a questo stupido che non è mica un Adone!” proclamò Linda diventando rossa come un pomodoro e torturando uno dei suoi codini.

“La stupida sei tu, lo sai cosa succederà adesso, vero?!” la riprese Matt con fare concitato, spostando poi lo sguardo sull’amico.

A era rimasto in silenzio, limitandosi a scrutare la luna, dopodiché si voltò di scatto verso i due.

“Vi ho mai raccontato la storia di Adone? E’ una figura di origine semitica, e la tradizione sostiene che sia nato dal rapporto incestuoso fra il re di Cipro e sua figlia. Pensate che grazie alla sua fulgida bellezza, ha incantato sia Afrodite che Persefone.” A fece una pausa per riprendere fiato, ma pareva non avere ancora finito. La mitologia greca lo affascinava sin dalla più tenera età, e la sua libreria conteneva un numero incalcolabile di testi riguardante l’argomento. Tuttavia, quella non era la sua unica passione.

“E conoscete l’etimologia della parola “stupido”? Deriva dal latino “stupidus”, e propriamente sta per “stordito”, “attonito”, “senza senso”. E’ magnifico comprendere…”

“Ehm, non vorrei interrompere il tuo Simposio etimologico, ma il traghetto è appena arrivato, e se lo perdessimo, saremmo nei guai. Stasera dobbiamo preparare un piano d’azione.” lo avvertì Matt, fingendo un tono solenne.

“D’accordo, sbrighiamoci allora.” A precedette gli amici, gettandosi nella fiumana di gente che stava salendo sulla rampa d’accesso.

Linda e Matt, rimasti indietro di qualche metro, soffocarono una risata.

Il secondo non poteva certo immaginare che in breve tempo la sua vita avrebbe preso una piega del tutto inaspettata.

 

 

 

 

FE SCRIVE...

No, non ho cambiato “schieramento” all’improvviso XD

Rimango sempre una fedelissima delle MelloxNear, però qualche giorno fa è stato il compleanno di una mia amica, ed essendo lei una fan delle MelloxMatt, ho deciso di farle questo regalo ^^ (seppur con qualche giorno di ritardo).

E’ la primissima volta che scrivo su questa coppia, e a parte una (appartenente alla raccolta “Le Cronache Poetiche” di Myrose, così faccio un po’ di pubblicità :P), non ho mai letto storie che la riguardasse, quindi spero che la mia idea possa essere quantomeno originale.

Ho inserito l’avvertimento AU, perché il Death Note viene solo menzionato, e, come potete vedere, ci sono un po’ di cambiamenti. La storia è ambientata a New York, e per descrivere il tutto mi sono affidata ai  ricordi del mio viaggio nella Grande Mela risalente al dicembre 2009.

Ci sono un po’ di cosucce da spiegare:

-il grattacielo “ferro da stiro” a cui faccio riferimento all’inizio della storia è questo http://it.wikipedia.org/wiki/Grattacielo_Flatiron ;

-“Chocolate Bar”, per chi non sapesse l’inglese, significa “tavoletta di cioccolato”;            

-il Bronx e Staten Island sono due dei cinque distretti (borough) che compongono la città di New York. Siccome Staten Island è un’isola (come dice il suo nome), per raggiungerla è necessario prendere un traghetto;

-A è un personaggio che viene menzionato nel romanzo “Another Note”, di cui non viene fornita né una descrizione fisica né psicologica. Il fatto che sia fissato con l’etimologia delle parole e con la mitologia greca è frutto della mia immaginazione (così come il suo nome) ^^ Per la storia di Adone ho fatto riferimento a Wikipedia, mentre per l’origine di “stupido”, ho consultato il dizionario etimologico http://www.etimo.it/ ;

-Starbucks è una catena di caffetterie diffusa anche qui in Europa. Famosissimo il suo cappuccino da passeggio (servito in un bicchierone) che consuma il nostro A  http://it.wikipedia.org/wiki/Starbucks ;

-Non so se in America esista un’Accademia di Belle Arti, per cui chiudete un occhio XD inoltre, ho preferito usare “Matt” e non “Mail” per una questione di praticità;

-Taro Kagami è un personaggio che compare nel capitolo 0 (presente nel volume 13), eccovi il link per avere maggiori informazioni http://it.wikipedia.org/wiki/Death_Note#Capitolo_0 .

Spero che la storia possa essere di vostro gradimento (è già tutta scritta e non sarà lunghissima), e ripeto, essendo la prima volta che mi cimento con questo pairing che per me è “nuovo”, accetto ben volentieri critiche, suggerimenti e quant’altro.

Per il momento, non ho messo l’avvertimento OOC, perché farò il possibile per mantenere intatti i caratteri dei personaggi, ma se doveste notare delle incongruenze, fatemelo tranquillamente notare>___<

Fe

   
 
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