Note (leggi: blablabla) della traduttrice (Izumi): ho letto questa storia il giorno in cui è stata pubblicata, il 29 agosto 2010 e me ne sono letteralmente innamorata. Dopo qualche settimana ho chiesto all'autrice, snowblood7, il permesso di tradurla e me lo ha accordato. Ho tradotto alcune parti (in tutto sono 12) quasi subito e poi gli esami, la tesi, lo stress, non l'ho mai completata e revisionata. Adesso ho avuto il tempo di tradurne qualche altra parte, rivederla per bene e italianizzare qualcosa che era rimasta in "traduttese" e ho deciso di dividerla in due e pubblicare le prime nove parti adesso e le ultime tre le pubblicherò al più presto. Ogni volta che la riprendo in mano per tradurla, me ne innamoro sempre di più, perché è così delicata e così triste e con dei sentimenti così magistralmente descritti da essere palpabili. L'ho già detto che la amo?
Vi avviso che alcuni periodi potrebbero sembrare contorti, ho deciso di lasciarli perché penso che sia stata volontà precisa dell'autrice (che non è madrelingua inglese) e perché rendono molto bene il fluire dei pensieri dei personaggi.
Ah, la storia è stata scritta per uno dei kink di
Kink Me, Merlin
(versione inglese): Arthur, Merlin e Morgana sono amici d'infanzia. Arthur è
sempre stato attratto da Morgana ed è assolutamente ignaro dei sentimenti di
Merlin per lui. Il padre di Arthur, Uther, decide di trasferirsi con la famiglia
a New York per cominciare un nuovo lavoro, così Arthur deve allontanarsi dai
suoi amici.
Fa promettere a Morgana di scrivergli via email. Ma Morgana presto inizia ad
interessarsi ad altre cose, così è il leale Merlin che scrive ad Arthur; ma
firma sempre con il nome di Morgana per aiutarla a mantenere la sua promessa.
Arthur e Merlin hanno un sacco di cose in comune e le loro email li avvicinano
molto l'uno all'altro. Dieci anni dopo, Arthur ritorna a Londra per una breve
vacanza. Ormai è innamorato di "Morgana" (ovvero Merlin).
Quando i tre finalmente si incontrano, Arthur è completamente infatuato di
Morgana, che è vivace come sempre. Comunque, durante le sue due settimane di
vacanza, non può fare a meno di notare che la vera Morgana è completamente
diversa dalla Morgana che ha conosciuto tramite email. Inizia anche ad essere
attratto da Merlin, senza capire che è lui quello di cui è davvero innamorato.
Arthur torna a New York, dove per coincidenza Merlin si trova per un colloquio
(New York University) e lì scopre che è stato Merlin a scrivere tutte quelle
mail.
- SPOILER SUL LIETO FINE. Dico solo se c'è o non c'è, chi volesse saperlo prima di iniziare la lettura, evidenzi di seguito per leggere (abbiate fede, c'è un magnifico lieto fine)
Grazie a Graffias per avermi betato la prima parte e per amare questa storia quanto me e ricordarmela ogni tanto ♥
Buona lettura e amate anche voi questa storia e fatemi felice ç_ç
Note dell'autrice: E' la storia più triste che abbia mai scritto... e farlo è stato così divertente... :)
Caro Arthur
1.
”Ti manca?” Morgana è sdraiata sul letto di Merlin, mastica una gomma e fissa il
soffitto, i suoi capelli corvini sono sparsi sulla coperta bianca, lucenti come
la seta.
Un orologio a muro ticchetta da qualche parte, in un’altra stanza.
Entrambi sanno di cosa parla.
Merlin è seduto di fronte al computer e le sue dita si
bloccano sulla tastiera mentre pensa alla domanda, “Certo che sì”.
E’ il 2002, significa che sono passati due anni da quando Arthur si è trasferito
a New York. Due anni, cinque mesi e venti giorni, per essere precisi, ma non è
che Merlin stia tenendo il conto.
“E’ passato quanto, all’incirca? Un anno e mezzo?” Morgana si gira a pancia in
giù, le gambe sollevate in aria, e torce le dita dei piedi in quel modo
particolare che riesce a non apparire ridicolo solo alle ragazze di sedici anni,
“Wow, il tempo vola.” E poi, dopo una pausa, aggiunge, “Dovrei scrivergli di
nuovo.”
Merlin guarda lo schermo, le mani stringono leggermente il mouse. Ci sono lettere nere sullo sfondo bianco leggermente tremolante, che raccontano del concerto della band di Lance al quale è stato, delle chiacchierate con Gwen fino a tarda notte e della canzone che non riesce a togliersi dalla testa. Le parole sono scelte con cura, spensierate, e Merlin può quasi immaginare l’espressione sul viso di Arthur quando aprirà la casella di posta e troverà un nuovo messaggio.
Digita la firma, velocemente, annuendo in risposta all’ultima frase di Morgana.
“Glielo hai promesso. Penso che tu debba farlo”.
E poi clicca su “invia”, mordendosi il labbro mentre il
testo scompare dallo schermo e pensa: lo hai appena fatto.
oOo
Merlin non è nostalgico. Gli piace ricordare il passato di tanto in tanto, così
come a chiunque altro, ma non è una specie di sognatore ad occhi aperti, sempre
perso nei ricordi. Sì, forse è vero che pensa alla loro infanzia ogni tanto, ma
è tutto, davvero.
È il 1995 e i ricordi di Merlin sono color seppia come le vecchie
fotografie. Sono fuori nel giardino di sua nonna, Arthur, Morgana e lui.
È estate e giocano a nascondino tra i vecchi alberi,
ridendo e poi subito zittendosi quando si rannicchiano nel loro nascondiglio e i
loro cuori battono troppo forte nel petto, perché per qualche secondo non sembra
più un gioco, un attimo prima che vengano scovati e possano urlare, sorpresi,
eccitati e poi il gioco ricomincia di nuovo.
Morgana è seduta sull’altalena, il vestito le svolazza attorno alle gambe e lei
si muove su nel cielo e poi di nuovo giù per terra e i capelli fluttuano attorno
al suo viso come una nuvola nera. E Arthur la guarda con gli occhi spalancati
come non se non l’avesse mai vista prima, no, più che altro, come se la vedesse
davvero per la prima volta.
Merlin è in piedi dietro di lui, potrebbe toccarlo con
una mano, se volesse, ma non lo fa, perché poi si sente lo stomaco strano, ogni
volta che è vicino ad Arthur. Quindi lo guarda guardarla e il sole brilla e
forse questo è uno dei momenti in cui cambia tutto.
Stavo pensando ai giorni fuori Londra, in estate. Ti ricordi il giardino e l’altalena?
È esattamente ciò che Merlin scrive in un’e-mail, nove anni
dopo, e gli sembra di poter sentire la fragorosa risata nella risposta di
Arthur.
Certo, come
potrei mai dimenticare la nonnina di Merlin? Ho sempre avuto una cotta per lei!
Sei
disgustoso.
Merlin scrive nella mail successiva. Tanto per precisare.
Fortuna che
mi piace “Harold e Maude”, altrimenti smetterei di parlarti.
Non essere gelosa, Morgana. Non ti si addice.
Un paio di righe vuote.
Sai
che tu mi piacevi anche di più.
2.
E’ diventato uno scambio di battute ricorrente, solo tra
loro due. Una sorta di gioco stupido che hanno iniziato. Una sola domanda alla
fine di quasi ogni lettera, in genere nel tentativo di essere il più sciocchi
possibile. A volte inizia semplicemente così:
A: Ti
ricordi di quella volta che ero innamorato della nonna di Merlin?
M: Ti ricordi di quella volta che ho dato
fuoco alla fabbrica di cioccolato? Mi ha sempre fatto paura Willy Wonka…
A: Ti ricordi di quella volta che ho rubato la
torta nuziale e sono stato rapito dagli alieni?
M: Ti ricordi di quella volta che un pinguino ha aggredito mia mamma?
A: Ti ricordi di quella volta che ti ho
baciata alla festa di compleanno di Leon?
Finisce sempre quando uno di loro fa una domanda su qualcosa che è successo
davvero, quando uno di loro vuole tornare di nuovo serio. Quelle sono le regole
e Merlin si ricorda di quella volta, eccome se se ne ricorda…
E’ il 1998 e Merlin ha iniziato a chiedersi se possa
essere innamorato di Morgana, perché di certo Arthur lo è e quasi sempre a loro
due piacciono le stesse cose. Ma mentre li guarda mangiare la torta e inseguirsi
mentre giocano a chiapparello sa che è Arthur che attira sempre il suo sguardo.
Che tutto quello che riesce a vedere sono capelli biondi e denti bianchi ed
occhi blu e pensa che è bello, anche se non è sicuro di cosa farsene di questa
consapevolezza. A lui dovrebbero piacere le ragazze, no?
E quando si imbatte in loro due, più tardi, quello stesso giorno, nella stanza
di Leon, dove stanno entrambi ridacchiando oltre la porta semichiusa per poi
rimanere subito in silenzio, può sentire che il suo cuore inizia a battere in un
altro modo. Il viso di Arthur è molto vicino a quello di Morgana e gli occhi di
lei sono chiusi come succede sempre nei film in momenti simili e di solito tutti
loro ne ridono, ma in questo momento non c’è niente di divertente in questa
situazione.
Le loro labbra si toccano, è solo uno sfiorarsi di labbra, finisce in una frazione di secondo e poi Morgana apre gli occhi e squittisce quando vede Merlin sull’uscio e gli lancia un cuscino ridendo alla sua espressione sbigottita.
Arthur non ride, lo guarda imbronciato e per il resto della giornata non vuole più parlare con Merlin.
oOo
Odio New
York.
Si lamenta Arthur, perché è una cosa che gli riesce bene.
È il 2000 e le foglie stanno iniziando a cambiare colore.
Odio il fatto che mio padre non abbia potuto continuare il suo lavoro a Londra. Potrebbe gestire un hotel in qualsiasi parte del mondo, perché siamo dovuti venire qui? Tiene solo a se stesso. Non conosco nessuno qui intorno. Il cibo ha uno strano sapore e la mia nuova scuola fa schifo.
Dice che lo capirò quando avrò una famiglia mia e che fare dei sacrifici è naturale e basta. Quando sarò adulto non costringerò i miei figli a fare qualcosa che non vogliono. E non mi trasferirò mai a New York con loro.
Odio questo posto.
Merlin riesce quasi a sentire Uther che dice cose del genere. E’ proprio da lui,
molto riservato e spietato. Gli ha sempre fatto un po’ paura il padre di Arthur.
Sono sicura che non è così male. Devi solo
abituartici. Non fare storie.
Suona come qualcosa che direbbe Morgana? Merlin
non è sicuro, ma Arthur sembra bersela.
Almeno posso sempre contare sulla tua sincera comprensione, Morgana.
C’è uno smile e poi le parole:
Grazie per tener fede alla promessa.
E’ la primavera del 2000 ed il cielo è blu. Uther mette nel cofano l’ultima
scatola del trasloco ed Igraine fa un cenno ai tre ragazzi. E’ il momento di
salutarsi.
Sono fuori, sulla strada. Merlin sente l’odore dell’asfalto e dello scarico della macchina e per un momento tutto quello che riesce a fare è guardare le ruote, immaginarle mentre iniziano a muoversi. Per portarsi via Arthur, verso un posto lontano.
Morgana mette le braccia attorno al collo di Arthur e Merlin può vedere come lui serra gli occhi quando ricambia l’abbraccio, inspirando il profumo dei suoi capelli. Quando si separano le sorride, ricordandole di scrivergli.
Ogni giorno!
Lei sorride ma Merlin può vedere che le stanno già salendo le lacrime agli occhi e sa che se ne andrà non appena la macchina sarà partita. Morgana odia essere debole.
Arthur gli porge la mano e Merlin la stringe e la scuote
perché hanno quattordici anni e si comportano da uomini, loro non piangeranno.
“Anche tu puoi scrivermi.” Dice Arthur. Suona come un privilegio.
Quando la macchina parte realizza che forse questa è
stata l’ultima volta che ha sentito la mano di Arthur sulla sua o la morsa allo
stomaco perché la sua pelle ha accidentalmente sfiorato la sua.
La pubertà è un periodo orribile da attraversare.
3.
All’inizio è una sfida, o una cosa simile. Chi riesce a
scrivere ad Arthur più email in un una settimana? E in un giorno? I genitori di
Morgana sono tipo dei figli dei fiori (a suo dire) e forse questa è solo
un’altra ragione per cui Arthur è innamorato di lei. Uther non sarebbe contento
se suo figlio decidesse di sposare una specie di ragazza hippy. Decisamente no.
Comunque, Morgana non ha un computer, quindi usa quello di Merlin, il suo
account, per dire ad Arthur cosa si sta perdendo.
Il suo nuovo vestito giallo. Come Leon è caduto nella piscina di Lance, tutto
vestito. Il suo quindicesimo compleanno. Però si dimentica di dirgli di come
Leon abbia trascinato lei nella piscina, lo stesso giorno. Di come entrambi
abbiano riso nell’acqua anche se il suo vestito giallo si era completamente
rovinato. Di come abbiano iniziato a tenersi per mano al suo compleanno dopo che
lei ha soffiato sulle candeline.
E’ solo una questione di tempo finché Morgana non ha più
bisogno del computer di Merlin ma piuttosto dei suoi consigli. I ragazzi sono
complicati, dopotutto.
Per qualche ragione tutti sembrano andare avanti abbastanza facilmente. Arthur
si lagna, ma le lettere indirizzate a Merlin diminuiscono di numero, a poco a
poco. Nonostante la sua casella di posta in arrivo sia piena di messaggi
(Morgana fa spallucce e se ne va in fretta al suo primo appuntamento).
E Merlin si chiede se non sia semplicemente imprigionato nel passato.
Perché diavolo continuare a scrivere a qualcuno che
raramente si premura di rispondere?
Ogni storia ha il suo inizio e per Merlin inizia con un buon proposito. Be’, una
specie. Forse è perché Arthur è partito tre mesi prima e Merlin sente che
l’estate sta per finire. Forse è solo il fatto che sono le tre del mattino e i
quindicenni dovrebbero essere a letto a quest’ora. Forse non è niente.
Lo sente come un gioco, una trovata spontanea, quando scrive: “Cari saluti,
Morgana”.
E manda il messaggio prima di poter cambiare idea.
Dopo ci sono i rimorsi, l’aver fatto qualcosa di così stupido per nessuna ragione al mondo.
Ma stavolta Arthur risponde velocemente e suona così
sinceramente felice, anche se sono solo lettere, nero su bianco, e il
cuore di Merlin fa un balzo. Sarebbe così semplice dirgli la verità, dire che è
stato un errore, e dirgli addio una volta per tutte, ma Merlin non lo fa.
oOo
Si convince che lo sta facendo per Morgana. E per Arthur.
Lei ha promesso di scriverli ed è palese che lui aspetti le sue email con trepidazione.
Quindi è proprio la cosa giusta da fare, no? Tutti vincono, tutti sono felici.
Sto
lavorando all’hotel di mio padre in questo momento. Gli ospiti mi rompono i
coglioni.
Tante cose cambiano, ma Arthur non cambia mai.
E’ il 2007, il che significa che manca solo un altro anno di scuola, prima che
siano liberi. Poi l’università, un lavoro, il matrimonio, i figli. La vita va
avanti in maniera così dannatamente veloce, Merlin a volte non sa se davvero
vuole tenere il passo.
Non essere così babbeo.
Merlin sorride mentre digita la risposta.
Ho letto il
libro di cui parli. Penso che ci sia un messaggio latente: sii felice con le
piccole cose della vita. È ovvio che non hai compreso il significato più
profondo.
A: Ti
ricordi di quella volta che ho assunto i ninja per tagliarti le dita?
In realtà il libro mi è piaciuto. Molto. A volte i tuoi gusti mi soprendono.
Comunque: Ti ricordi di quella volta che ridevo delle tue minacce?
oOo
Da una parte è come allora, quando erano più giovani. Gli piacevano quasi sempre le stesse cose.
Solo adesso Arthur sembra riconoscere quanto abbiano in comune.
Possono discutere di qualche stupida citazione da un film finché le parole smettono di avere senso. Possono litigare su quale sia la canzone più triste del mondo e rifiutarsi di essere d’accordo ma quando appare in radio quello stesso giorno, la sera in qualche bar, entrambi devono deglutire per un momento.
Ma non lo dicono mai all’altro.
Di tanto in tanto Merlin quasi dimentica cosa sta facendo. Che non è a lui
che Arthur sta dicendo tutte quelle cose. Che sta ottenendo quei messaggi con
l’inganno. Che sta riuscendo ad avere rapide occhiate sulla vita di Arthur
perché usa il nome di Morgana.
Ma la maggior parte delle volte è davvero facile ignorare i
fatti.
4.
Arrivo
sabato.
E’ il 2010 ed è solo una piccola, innocua frase e già Merlin può sentirsi
rivoltare dentro mentre apre il messaggio. Per un minuto circa resta solo a
guardare lo schermo del suo nuovo portatile, prima di realizzare che la bocca
gli sta diventando secca e che non sta avendo un attacco di cuore, è solo puro,
dannato panico.
oOo
“Non è niente di eccezionale,” Morgana è seduta sul suo nuovo tavolo da cucina,
le gambe accavallate, “Se non vuoi che stia da te, può dormire da me.”
Questa è una pessima idea per tantissime ragioni (una delle quali è che Leon è
probabilmente il ragazzo più dolce del pianeta, ma quando si tratta della sua ex
ragazza può diventare piuttosto irritabile), ma Merlin scuote semplicemente la
testa: “Non è quello il problema.”
“Quindi qual è il problema, Merlin?” Si pettina i capelli con le dita in
un modo che deve di certo far impazzire la maggior parte dei ragazzi.
Merlin non è la maggior parte dei ragazzi. È anche confuso.
“Non lo so,” dice alla fine, sentendosi tremendamente
idiota, “Sono passati dieci anni da quando lo abbiamo visto e adesso decide così
di venire per una visita, perché ha avuto due settimane per andare a
bighellonare. E se non riuscissimo più ad andare d’accordo?”
Morgana sorseggia il suo caffè scrollando le spalle: “E’ ancora nostro amico,
no?”
È così irritante, quando ha ragione…
oOo
Gli aeroporti sono fantastici, secondo Morgana. Tutte queste emozioni, tutte
queste persone. Arrivi, partenze, abbracci, attese, litigi, baci. Dice che è
come una versione ridotta della vita. Tutto accade in una volta e nello stesso
posto, concentrato ed eccitante, e poi tutti se ne vanno.
Forse ha ragione.
Merlin pensa solo che non è attratto dalla marea di gente o dalla fretta o dal rumore.
Ma quando Arthur oltrepassa lentamente l’uscita, con l’anticipazione che gli arde negli occhi e striscia negli angoli della sua bocca, ogni cosa sembra passare comunque in secondo piano.
Non riesce a ricordarsi di una volta in cui non
abbia trovato che Arthur fosse bello e non è cambiato niente.
Aveva di nuovo undici anni, mentre si stavano facendo il solletico a vicenda e
d’un tratto ha sentito questo qualcosa nel petto che per un secondo gli
ha reso doloroso respirare.
Aveva tredici anni… quando ha chiuso gli occhi tentando
di immaginare come sarebbe stato se non fosse stata Morgana quella che Arthur
aveva baciato, ma lui.
Aveva quindici anni… quando lo aveva sognato per la
prima volta e aveva realizzato che i sentimenti non sono sempre così innocenti.
O forse non era vero nemmeno questo e lui era solo troppo imbarazzato per
pensarci ancora.
Ha ventiquattro anni, è all’aeroporto e il suo vecchio qualcosa gli sta
fluttuando nel petto e c’è un bacio che non è mai stato che gli pizzica le
labbra e sente le guance bruciare perché ormai dovrebbe sapere che effetto fa,
ma non è qualcosa a cui puoi semplicemente abituarti.
“Morgana!” Arthur strizza gli occhi e sta sorridendo in maniera proprio radiosa mentre si avvicina a loro, “Morgana,” dice, attirandola a se per un abbraccio, “Morgana…” le sussurra nell’orecchio.
Lei ride perché non prende gli uomini così tanto
seriamente, soprattutto non lui, ma tutto sommato sembra felice di vederlo di
nuovo. Gli occhi di Arthur sono incollati al suo viso e lei ridacchia e Merlin
si sente come se qualcuno gli avesse tolto il pavimento da sotto i piedi perché
Arthur è (ancora, sempre, di nuovo) innamorato.
Solo che sta guardando la persona sbagliata…
“Merlin,” si stringono la mano, scambiandosi un sorriso ed
un cenno noncurante.
Uscendo dall’aeroporto iniziano a parlare, un po’ insicuri, un po’ prudenti,
andando avanti lentamente come chi tasta il terreno in una palude perché dieci
anni sono un sacco di tempo e sono successe un sacco di cose da quel giorno di
primavera davanti alla vecchia casa di Arthur.
Ma dopo qualche minuto diventa più facile, la giornata è luminosa e soleggiata e Morgana ride ad una battuta fatta da Arthur. Alcune cose non cambiano mai.
Il sorriso di Merlin si sta smorzando, invece. Leggermente, silenziosamente, lievemente, mentre salgono sul taxi e partono. Guarda fuori dal finestrino, solo per vedere i loro riflessi nel vetro che parlano, Arthur e Morgana, Morgana e Arthur.
E solo Arthur, quando chiude un po’ gli occhi, battendo le
palpebre contro la luce del sole splendente.
Arthur è un sacco di cose.
Il primo bacio di Morgana e il primo amore di Merlin e
forse tutti sono connessi, in qualche modo, e Merlin si chiede se sia il solo a
pensarla in questo modo in proposito.
5.
“È sorprendente come siate riusciti a non perdervi di
vista.”
E’ già sera sono seduti in un pub a bere birra e abituarsi al suono delle loro
voci.
“Di cosa parli?” chiede Merlin, cercando Morgana, che ha
detto che sarebbe solo andata a prendere un altro boccale, ma manca già da più
di quindici minuti e lui non è sicuro che gli piaccia la domanda sottintesa che
serpeggia nello sguardo di Arthur.
“Dico solo… dieci anni e sembrate ancora essere molto vicini,” Arthur mette giù il bicchiere, guardando oltre il bancone, dove dei capelli neri stanno brillando sotto la luce fioca, “Non è che… voglio dire, lei non ha mai detto niente in proposito, ma… usa ancora il tuo indirizzo di posta… mi chiedevo solo…”
“Siamo amici,” dice Merlin col tono fermo ed eloquente che
usa ogni volta che deve spiegare a qualche tizio la sua relazione con Morgana.
“Bene,” c’è un tono in qualche modo colpevole nella risposta di Arthur e Merlin
lo guarda ispezionare la superficie del tavolo come se nella stanza non ci fosse
nulla di altrettanto interessante ma lui non è comunque preparato alle parole
che sente dopo, “Avrei dovuto scriverti più spesso,” una pausa, riempita da
un’occhiata imbarazzata e un sorso di birra, “Scrivere anche a te, intendo.”
Arthur sta guardando ovunque tranne che negli occhi di Merlin, “Siamo stati
amici per così tanto tempo. Non ti biasimo per aver smesso di provarci.”
E’ una di quelle cose che dici quando hai bevuto troppo e inizi a diventare un
po’ sentimentale e tuttavia Merlin non sa come reagire. Si aspettava un sacco di
cose, ma non questo. E non sa se deve ridere o piangere.
Naturalmente questo è il momento in cui Morgana riappare,
un boccale in mano e un sorriso sulla faccia. Arthur sembra piuttosto felice di
rivedere entrambi.
“Nessun problema,” mormora Merlin, afferrando il suo bicchiere e svuotandolo in
un sorso.
Almeno non può andare peggio…
oOo
Certo che può.
Quando arrivano a casa di Merlin, Arthur si siede sul divano, con la giacca
ancora addosso, con le scarpe ancora addosso, e fissa il tappeto per qualche
secondo.
”Non capisco.”
“Di che parli?” gira intorno al divano e si siede a gambe incrociate di fronte a
lui.
”Non ne ho idea.”
“Arthur, è stata una lunga giornata. Abbiamo bevuto tutti
un po’ troppo e tu sei appena sceso dall’aereo. Domani ci sarà tempo.”
“Venire qui… non è come mi aspettavo.”
“Cosa ti aspettavi, Arthur?”
Solleva lo sguardo su di lui e affonda una mano nei capelli biondi, scompigliandoli ancora di più: “Qualcosa. Qualunque cosa. Non lo so,” uno sbuffo autoironico, “Dio, mi sento un idiota.”
“E’ perché sei un idiota,” dice Merlin, sorridendo
debolmente, sentendo il cuore pulsare nel petto come un uccello in gabbia e
offrendogli una mano per alzarsi dal divano.
Arthur ci riflette per un momento, ignorando l’insulto prima di accettare. Si
alzano insieme, improvvisamente vicini, proprio nel centro del soggiorno di
Merlin. Sono quasi le quattro del mattino e tutto il mondo sembra profondamente
addormentato attorno a loro.
Come se non ci fosse nessun altro, eccetto loro.
Che è un pensiero pazzo e stupido che Merlin vorrebbe non
aver pensato proprio in questo momento.
Arthur lo sta guardando, riesce a sentirlo, e lui immagina quasi di poter
sentire il suo respiro sul viso, ma sicuramente è solo colpa dell’ora e
dell’alcol e di tutte quelle stupide email. Nient’altro.
“Buonanotte,” dice Arthur alla fine e va verso il bagno.
Sull’uscio si gira di nuovo, facendogli un mezzo sorriso:
“Vedo che sei ancora tu, Merlin, non sei cambiato di una virgola. Sei ancora
troppo buono con chi non se lo merita.”
“Dovrebbe essere un complimento?”
“Dovrebbe essere un grazie”.
E poi la porta si chiude dietro di lui e Merlin resta lì da solo, sentendosi come un estraneo a casa sua e forse dovrebbe semplicemente uscire dalla stanza, dal suo appartamento, perché pare che sia davvero bravo a fingere di essere qualcun altro ma al momento non riesce a fingere nemmeno di essere se stesso.
Non quando c’è Arthur nei paraggi.
Ti ricordi
di quella volta che non sono riuscito a dormire tutta la notte solo perché
sapevo che eri nell’altra stanza e non riuscivo a capire, perché avevo
l’impressione che fossi miglia e miglia lontano anche se non erano che pochi
passi?
6.
I giorni dopo sono tutti pieni di incontri, di visite a posti dove andavano
spesso e alla scoperta di posti nuovi e non c’è davvero tempo di parlare di
quella prima notte e né Arthur né Merlin ci provano, quindi le cose lentamente,
senza intoppi, stanno tornando alla normalità.
Ridono e mangiano e parlano tutti insieme, ricordando vecchi scherzi e persino
vecchi amici. Sono su, a casa di Lance, mentre i suoi genitori sono a Maui, si
stanno rilassando sotto il sole accanto alla piscina. A notte fonda sono seduti
nella cucina di Gwen ad ascoltare le sue storie sulla gente dell’ospedale in cui
lavora. Poi compaiono alla festa di Leon, con sole tre ore di ritardo. Quanto
vola il tempo quando non riesci a smettere di ridere di qualche vecchio scherzo
stupido.
Quanto può cambiare un buon umore solo perché una sciocchezza ti sta confondendo
più di quanto dovrebbe. Morgana sta ballando con Gwen al centro della stanza, si
muovono al ritmo di musica come se avessero dimenticato tutti gli altri e Arthur
è di malumore perché non riesce ad ottenere la sua attenzione.
Potrebbe essere una sorta di rituale che uno di loro finisca col cuore spezzato ogni singola volta che si trovano a qualche stupida festa?
”Stai bene?” chiede Merlin quando lo incrocia fuori sul balcone dove sta fumando
una delle sigarette di Lance.
“Sì. No,” risponde Arthur, senza nessun senso e scrolla la cenere facendola
cadere oltre la ringhiera.
“A volte penso di non piacerle per niente.”
“Certo che le piaci.”
“Non intendo in quanto me, non in quel senso…”
Merlin inspira, sentendosi strano, fuori posto e forse di nuovo un po’ ubriaco:
“C’è differenza tra vedere qualcuno di persona e leggere solo i suoi messaggi.
Le lettere sono equilibrate, le persone no.”
“Ma…” Arthur sta scuotendo la testa ormai, offrendo a
Merlin la sigaretta e prima che possa pensarci la prende dalle sue dita calde e
c’è quella dannata morsa dentro al suo stomaco quando la pelle di Arthur
strofina contro la sua per una frazione di secondo, “Ma le cose non cambiano
così. Come puoi sentirti così vicino a qualcuno ed il secondo dopo è come se non
fosse mai successo? Come possono delle parole farti credere che ci sia qualcosa
tra te e quest’altra persona quando non c’è proprio niente?”
“Arthur…” il fumo è amaro e pungente nella gola di Merlin, o forse è solo il
modo in cui si sente in questo momento. Il modo in cui si è sentito negli ultimi
dieci anni. Amaro e dolce e pungente e stordito e sta per esaurire i nomi da
dare al sentimento nel suo petto, quando Arthur lo guarda come se stesse
aspettando qualche tipo di consiglio.
“Come puoi pensare di conoscere una persona, di conoscere davvero
qualcuno, quasi meglio di come conosci te stesso e poi guardarla negli occhi e
non vedere… niente…” Arthur dice con calma e il suo sguardo è ancora poggiato
sul viso di Merlin.
Merlin fa guizzare la lingua tra le labbra, perché sono secche e sanno di vino e
sigarette e restituisce lo sguardo di Arthur. Non si muovono, nessuno dei due
dice una parola mentre il silenzio tra di loro diventa più profondo. I suoni
della festa sono attutiti dalle porte di vetro, non sono niente se non rumori
distanti, che appartengono a un altro luogo, non a questo momento.
“Forse…” Merlin respira e Arthur resta in silenzio, “Forse devi solo provarci
con più convinzione, quando guardi qualcuno…”
“Dici?” e subito i polpastrelli di Arthur sono lì, ad un solo centimetro dalla
guancia di Merlin e c’è confusione nel suo sguardo, come se fosse spaventato
dalla sua stessa domanda, spaventato dalla risposta che Merlin potrebbe dargli,
spaventato dalle possibilità.
Quando le porte di vetro si aprono con un movimento brusco entrambi sussultano
come se fossero stati beccati a fare qualcosa di proibito. Musica, risate e la
voce di Morgana si stanno riversando fuori nella quiete della notte ed il
momento è passato.
“Ehi, ragazzi, possiamo andare a casa, per favore? Leon è di cattivo umore…”
Arthur si schiarisce la voce prima di fare un passo
indietro verso di lei, lontano da Merlin: “Certo,” solleva gli occhi sul suo
viso, “Potremmo andare a casa tua a guardare “Harold e Maude”, non lo vedo da
secoli.”
“Cosa?” fa una smorfia, “Che schifo, perché vorresti guardare quella roba?” non
aspetta che risponda, si gira di nuovo verso l’interno e chiama Gwen.
È il dolore improvviso alle dita che fa risvegliare Merlin dal suo torpore. La
sigaretta è bruciata fino alla fine e il tizzone ardente brucia sulla sua pelle
quando lo lancia oltre il balcone, fuori, nell’oscurità, dove muore come un
verme incandescente suicida.
“Pensavo solo…” mormora Arthur, a nessuno in particolare, fissando la schiena di
Morgana, “Stavo pensando…” la voce gli si smorza, “Non so cosa pensare. Non
più…”
7.
Dieci giorni. Sono già passati dieci giorni e Merlin è quasi felice quando può tornare a lavoro lunedì, dopo la festa di Leon, fuggendo più che uscendo fuori dal suo appartamento, lasciandosi Arthur alle spalle sul divano, lasciando tutti questi sentimenti, questi ricordi…
Il pensiero di quello che sarebbe potuto essere…
Oh, quel momento sul balcone, come può essere ancora così dannatamente presente
nella sua mente quando non dovrebbe essere nient’altro che un vago ricordo? Come
può farlo rabbrividire, adesso, di nuovo, ore dopo, e come può ancora sentire
quel quasi-tocco, quasi-legame e quel…
Quello e basta.
Sembra che sia tutto quello che può avere da Arthur. Un
mucchio di “quei” e “quasi” e ricordi.
Ma tutto questo non funzionerà. Non più.
“Che hai oggi?” gli chiede il suo caposquadra, con un tono che suona
sinceramente preoccupato e Merlin non sa se può reggere ancora.
Le preoccupazioni, i sorrisi falsi, la situazione.
Una volta aveva una spiegazione per il suo comportamento,
per tutte quelle piccole bugie. Sembravano così giustificabili, una volta. Ma
non lo sono più, perché li stanno trascinando sul fondo, tutti loro, non solo
lui.
Arthur è innamorato. Morgana no. E Merlin decisamente sì.
Lo è stato. Lo sarà sempre.
Perché Arthur è l’unico, lo sa, lo sa con una certezza che a volte è difficile da sopportare, ma non si può negare, questa è la vita e questi sono i fatti.
Quando i tuoi sentimenti non sono corrisposti non fa
comunque nessuna differenza.
Quando torna a casa quel giorno, sentendosi usato ed
esausto e come guscio – perché è così, è cavo e vuoto e ride un po’, perché
davvero, la vita non dovrebbe essere così, ma lo è – Arthur è nel suo soggiorno,
sembra pallido e ha lo sguardo vago e sembra proprio che entrambi stiano
fingendo in questo momento. Fingendo di essere felici, fingendo di essere vivi,
mentre ogni cosa attorno a loro va a pezzi.
“Merlin…” Arthur solleva lo sguardo dalla sua tazza di tè e
Merlin ha l’immediato bisogno di toccare le ombre nere sotto i suoi occhi, di
toccare qualcosa per rendere reale tutto questo, perché non sembra reale
e non lo sembra da così tanto tempo.
“Ehi, Arthur,” lascia cadere per terra la borsa, desiderando di poter fare la stessa cosa, crollare e basta e addormentarsi come la Bella Addormentata, finché tutto sarà finito e forse, forse, potrà tornare di nuovo alla sua vita, smettendo di fingere ed iniziando ad essere.
Ma sa anche che non può, non finché Arthur è qui.
Il ragazzo biondo beve un altro sorso di tè, guardando le coperte, il tappeto,
le pareti e finalmente incontrando gli occhi di Merlin: “Ieri non ero ubriaco.”
“No?” gli fa eco Merlin, in piedi sull’uscio, non molto sicuro di cosa farsene.
Non molto sicuro di cosa fare di se stesso.
“No,” Arthur ha di nuovo lo sguardo fisso nella tazza, “Pensavo solo che dovessi
saperlo.”
“Non ho idea di cosa tu stia parlando,” mormora Merlin, appoggiandosi al muro e
chiudendo gli occhi.
“Be’,” Arthur si schiarisce la voce, “Be’, ho avuto
l’impressione…” Merlin può sentirlo deglutire, ancora e ancora, come se qualcosa
che non vuole mandar giù ma di cui non sa nemmeno cosa farsene, stesse lottando
per uscire dalle sue labbra, “Lascia stare, non è niente. Dovrei tenere la bocca
chiusa. Con Morgana. Con te. Non ha senso…” un altro sorso di tè, “Suppongo che
le parole siano così, in fondo. Senza senso. Solo lettere, una dopo l’altra, con
nessunissimo corrispettivo reale,” chiude gli occhi e la tazza di tè si scontra
con la superficie del tavolo con un tocco quasi violento, “Merda…”
“Cos’è successo?” trenta secondi, passa un minuto e poi un
altro ancora e Merlin può sentire le parole che pungono sulle labbra, spinge la
lingua tra i denti e guarda l’orologio a muro per assicurarsi di non essere
uscito fuori dal tempo.
“Ho parlato con Morgana,” la voce di Arthur è atona, “Lei e Leon… stanno
insieme. Di nuovo.”
Merlin affonda le unghie nel palmo della mano. Non aveva
nemmeno notato di aver stretto i pugni, ma adesso li sta di nuovo aprendo,
distendendo le dita e prendendo il respiro: “Davvero?”
“Oh, sì…” riesce anche a ridacchiare e Merlin pensa che non
abbia mai sentito niente di così triste in tutta la sua vita e, diavolo, la sua
stessa storia deve essere qualcosa di piuttosto triste, no?
“Le ha telefonato dopo la festa,” continua Arthur, “Non avevo idea che fossero stati assieme prima. Non abbiamo mai parlato di relazioni, stranamente. Ci sono un sacco di cose che non so, lo ammetto,” le mani gli tremano un po’, “È davvero ridicolo. Ho avuto tutto, un buon lavoro, una bella vita eppure sono ancora attaccato a questa dannata fantasia di poter stare con l’amore della mia infanzia, solo perché…” anche le spalle gli tremano ormai e il cuore di Merlin sta già battendo un po’ troppo velocemente, “Be’, solo perché… per nessun motivo al mondo. Pensavo che la vita potesse essere una splendida favola, e invece adesso viene fuori che non lo è. Non si sta rivelando proprio una totale sorpresa…” il petto di Arthur si alza e si abbassa, incostante, e Merlin realizza che non lo ha mai visto piangere prima d’allora.
“Arthur,” fa un passo dentro il soggiorno, con la strana sensazione e l’idea che il mondo si sia fermato, anche solo perché…
E ora, forse, se quel momento nel giardino di sua nonna con l’altalena era stato l’inizio di tutto, questo allora potrebbe essere la fine…
Perché è così che ci si sente, no?
“Merlin,” la mano di Arthur gli sta già sfiorando la guancia, perché non c’è
differenza tra avere quattordici anni ed averne ventiquattro quando hai come
l’impressione che le tue lacrime inizino a diventare reali solo quando c’è
qualcuno a vederle.
Forse la vita stessa non cambia per niente e tutto diventa solo più veloce finché non ti dimentichi che c’è stato un altro tempo, che non è stato sempre così.
Forse, forse, forse.
“Merlin,” ripete prendendo un profondo respiro, “Potresti dirmi di nuovo che
sono un idiota, per favore? Perché sicuramente mi sento un idiota,” un sorriso
debole, “E poi, non sarebbe così imbarazzante se tu adesso dicessi qualcosa.
Qualunque cosa. Ti prego.”
Vuole dire “Ti amo” ma non lo fa.
Non l’ha mai fatto.
E non lo farà mai, probabilmente.
”Andrà tutto bene, Arthur,” gli sta sorridendo, sente il suo cuore spezzarsi
un’altra volta, solo un po’, anche se pensava che non fosse possibile, “Tutto,
te lo prometto.”
8.
Tre giorni restanti.
Di Morgana nessuna traccia, naturalmente, ma sembra meglio del contrario, tutto
sommato.
E’ come una stella cadente. Brilla, risplende e sparisce in un batter d’occhio. La borsa in una mano, un bicchiere di caffè nell’altra, sta correndo verso l’appartamento di Leon ed è tutto qui.
Almeno fino al loro prossimo litigio, alla loro prossima rottura, la loro prossima pausa di riflessione.
Alcune persone hanno questo tipo di relazioni, non riescono a stare l’uno senza l’altra e non riescono stare assieme.
Gwen alza semplicemente gli occhi al cielo e dice che dovranno aspettare fino a quando sarà di nuovo finita, perché inizia e finisce sempre così. Alta e bassa marea. Una fase lunare.
Pare che tutti abbiano una qualche immagine in mente per descrivere Morgana.
“E’ una strega,” dichiara Arthur mentre è seduto di nuovo
sul divano di Merlin, “Tutto questo tempo sono stato innamorato di lei, ancora e
ancora e lei deve essere stata consapevole di quello che mi stava
facendo, ma alla fine… “ gesticola vagamente, “Alla fine non è che un
incantesimo, un maleficio… nulla più…”
Merlin conosce le cinque fasi del dolore, naturalmente. Ma non sa se c’è qualcosa di simile, una scala per il mal d’amore. Se c’è, hanno saltato la fase di negazione della realtà, a meno che il modo di negare le cose di Arthur non sia stare seduto nel soggiorno di Merlin a guardare la parete spoglia, per tutta la notte, per tutto il giorno. E in base alle sue parole potrebbero essere già alla fase della rabbia.
Qualunque cosa sia, è meglio che ascoltare il suo silenzio.
”Ti va di uscire e mangiare qualcosa?” chiede Merlin, perché il frigo è vuoto e
lo è anche lo sguardo di Arthur.
Scuote la testa.
Okay, forse hanno già raggiunto la fase di depressione… o
non l’hanno mai superata…
“Vuoi vedere un film?”
“Forse più tardi.”
“Arthur, non puoi stare seduto lì tutto il giorno a fissare il vuoto.”
Un sospiro sommesso: “Ho appena realizzato che la mia
percezione degli ultimi dieci anni non è stata che un vano sperare, Merlin. L’ho
persa. Quindi dammi tempo, okay?” Arthur alza gli occhi solo per un secondo,
prima di concentrarsi di nuovo sulla parete, “Hai idea di come ci si senta?”
A volte ti imbatti in qualcosa, in una stupida domanda, in uno stupido sguardo
che batte sui tasti giusti per un sacco di ragioni sbagliate.
E Arthur è stato il tasto dolente di Merlin per tutta la sua vita.
Sta già tremando quando si alza dalla poltrona, fissandolo:
“Sì, Arthur, in effetti ne ho idea!” non dovrebbe, non dovrebbe, non dovrebbe…
“Potrebbe essere un colpo per te, ma anche gli altri hanno dei sentimenti!” non
sarebbe così terribile, non ci sarebbe questo nodo che gli brucia nello stomaco,
se non fosse lui, “Nelle ultime ventiquattr’ore non ti sei mosso e non
hai quasi detto una parola! So che stai male e so che le cose sono andate a
farsi fottere, ma non hai scuse per comportarti come… così!” prende il respiro,
sentendosi subito svuotato, “Tutti soffriamo, Arthur,” aggiunge alla fine, grato
solo per il fatto che la sua voce non stia vacillando.
L’orologio a muro ticchetta particolarmente forte nel silenzio che segue, mentre
si guardano l’un l’altro. Arthur seduto lì, calmo, ancora un po’ pallido, e
Merlin in piedi al centro della stanza, col fiato corto.
Dio, non voleva mica dire tutte quelle cose…
“Wow,” Arthur mormora dopo un altro secondo di quiete
scomoda, “Mi sa che ne avevo bisogno.”
“Mi spiace,” Merlin affonda nel divano accanto a lui, chiudendo gli occhi per
concentrarsi sul battito selvaggio del suo cuore, “Davvero. Non so proprio…”
C’è una quantità infinita di possibili modi per finire questa frase.
Non so proprio… che altro dire.
Non so proprio… cosa accadrà e questo mi spaventa.
Non so proprio… perché sono troppo codardo per dirti la
verità.
Farebbe differenza se gli dicesse che è stato lui per tutti questi anni? Che non
è mai stata Morgana, non è mai stato quello che pensava lui? Solo piccole
candide bugie per dieci anni e due settimane?
Arthur ha ragione, ha già perso Morgana.
Ma, ancora, non l’ha mai avuta, non davvero.
E perderebbe anche Merlin se la verità venisse fuori?
Questa cosa tra di loro è appena più reale del falso legame
che Arthur rimpiange adesso?
“Non dispiacerti,” la mano di Arthur è sulla sua spalla, la
risata di Arthur nelle sue orecchie, non fragorosa, ma è un inizio, “Te l’ho già
detto, ogni volta sei di gran lunga troppo buono. E’ bello vedere…” Merlin apre
gli occhi, guardandolo confuso, dicendo un “Cosa?” solo col movimento delle
labbra, “E’ bello vedere che puoi essere turbato, proprio come tutti gli altri,”
Arthur sorride davvero, anche se un po’ sbilenco e le sue dita sono ancora
abbandonate sul braccio di Merlin, “E’ bello semplicemente sapere… che ti
importa…”
“Mi è sempre importato, Arthur,” sussurra Merlin, tra l’arrabbiato e l’esausto.
Dita che si muovono sulla stoffa della sua camicia. Troppo leggere per chiamarla una carezza, troppo per convincerlo che sia semplicemente casuale. Restano seduti lì, fianco a fianco, toccandosi e non toccandosi allo stesso tempo, respirando nel silenzio finché Arthur dice: “Lo so.”
E’ difficile dire di cosa stia parlando in questo momento. A volte Merlin pensa che dovrebbe essere in grado di comprendere Arthur, perché, insomma, in pratica lo conosce benissimo. Ma la maggior parte delle volte non è nemmeno sicuro di capire una sola delle parole che si dicono.
Potrebbe essere tutto, potrebbe non essere nulla.
Un’opportunità, una totale disfatta, uno di quei momenti di cambiamento all’inizio di qualcosa, quel qualcosa nel suo petto e anche la fine di qualcos’altro.
Ma forse non lo è e il cuore gli batte nervosamente quando
Arthur lo guarda con quell’espressione dubbiosa negli occhi…
“Guardiamo quel film di cui parlavi, okay?”
I rumori della tv, la luce bluastra, il calore di Arthur accanto a lui mentre si
fa buio.
E’ tutto così sconosciuto e familiare allo stesso tempo.
Il passato. Il futuro. Ricordi e speranze.
Mentre il respiro di Arthur inizia a farsi regolare Merlin chiude gli occhi, solo per un minuto o poco più.
E’ che non capisco… perché dovrebbe essere tutto qui?
9.
Gironzolano per Londra, senza cercare posti nuovi o vecchi ma guardando la vita
di ogni giorno che scorre. Continuando a camminare, perché è più facile smettere
di pensare quando le gambe sono occupate e le impressioni ti riempiono gli occhi
e le orecchie.
Ha iniziato a piovere qualche ora fa, ma va bene.
Di tanto in
tanto un sorriso si insinua sulle labbra di Arthur, Merlin riesce a vederlo
attraverso la grigia coltre di piccole gocce. Ma quando Arthur lo guarda, ha già
girato la testa da un’altra parte.
Le cose sono semplici. Le cose sono complicate.
E loro sono
bloccati da qualche parte in mezzo.
“Sai, all’inizio, dopo che ci siamo trasferiti a New York, Londra mi è mancata così
tanto, tu e Morgana mi siete mancati così tanto…” sono seduti in una caffetteria
vicino l’appartamento di Merlin e la pioggia gocciola dalle loro giacche
formando una pozzanghera d’acqua sul pavimento, “…c’è stato un giorno in cui ho
preso tutti i soldi che avevo in tasca e sono andato all’aeroporto, da solo.”
Arthur guarda fuori dalla finestra, “Non sono mai arrivato a prendere l’aereo,
non c’erano voli in quel momento e la sicurezza naturalmente stava già chiamando
i miei genitori…” Merlin stringe le dita attorno alla tazza di caffè, godendosi
il calore, “Uther uscì fuori di senno, avresti dovuto vederlo. C’era questa…
vena che gli pulsava sulla tempia, be’, ho pensato che mi avrebbe ucciso,”
scuote la testa adesso, “Mi ha vietato di uscire per quasi due settimane. Penso
fosse convinto che se l’avessi fatto di nuovo ci sarei riuscito, stavolta…”
“Sembra una cosa da lui,” dice Merlin mettendo giù la tazza e fissando il viso
di Arthur, “E’ divertente, però, non avevo mai sentito questa storia,” abbassa
gli occhi, “non che mi ricordi”.
“Non l’ho mai raccontata a nessuno,” ci sono tracce di risa nella voce di
Arthur, “Avevo quattordici anni e scappare era la cosa più simile ad un piano
che avessi. Ero mortificato.”
La macchina del caffé sibila da qualche parte in sottofondo, e due
anziani si stanno parlando l’un l’altro con una certa insistenza a un paio di
tavoli di distanza e quando alcuni studenti entrano di corsa nel locale per
ripararsi dalla pioggia l’aria fredda si infiltra nella stanza. Merlin sente che
gli pizzica il collo e si tocca il punto freddo con le dita prima di capire cosa
stia facendo.
Arthur lo sta guardando ed è uno di quegli sguardi che puoi addirittura sentire.
Intenso,
curioso, un po’ pensieroso.
“E’ stato un periodo difficile per tutti noi,” fa molta attenzione a non
incontrare lo guardo di Arthur e il caffè è bollente sulla lingua quando ne
prende un sorso, "Non vorrei avere di nuovo quattordici anni, nemmeno se
ricevessi soldi in cambio.”
Quattordici anni, quando Arthur se n’è andato via.
Quattordici, quando aspettava i suoi messaggi tutta la notte e prendeva in matematica i voti più bassi della sua vita.
Quattordici, quando aveva appena iniziato a comprendere la sua confusione.
E poi: una
decisione, un nome falso, un preludio a quella canzone chiamata età adulta.
“Dio, nemmeno io,” è appena un sussurro il suono che sfugge dalle labbra di
Arthur e subito Merlin ha difficoltà a mandar giù la sua bevanda bollende, gli
occhi fissati sulla superficie del tavolo, quasi come quella prima notte, quando
Arthur era appena arrivato ed entrambi si erano sentiti molto imbarazzati per
qualche secondo.
“Sono felice che ci siamo riusciti, alla fine,” aggiunge Arthur e non c’è più
niente di pensieroso nella sua voce e Merlin deve sollevare lo sguardo, che lo
voglia o no.
“Intendi che siamo riusciti tutti ad attraversare la pubertà senza finire
sull’aereo sbagliato diretto verso la terra di nessuno?”
“No,” le lettere gocciolano lentamente dalle labbra di Arthur, lentamente come
le gocce di pioggia che ancora cadono dai loro vestiti, “No, intendevo.
Noi. Di nuovo amici.”
Amici.
Merlin pensa all’inizio della giornata.
Quando si è
svegliato sul divano, accando ad Arthur, mentre la luce calma, impalpabile del
mattino riempiva la stanza con forme spettrali e lui aveva un po’ paura di
muoversi perché farlo avrebbe potuto spezzare l’incantesimo…
Si erano addormentati l’uno accanto all’altra prima, di tanto in tanto, quando
erano piccoli.
Bambini.
Quando erano amici.
Quel mattino tuttavia era stato diverso.
I leggeri
bisbigli della tv e i movimenti ancora più leggeri di Arthur che si svegliava,
non solo sul divano di Merlin, ma quasi tra le sue braccia.
C’era stato un momento in cui aveva pensato che uno dei due sarebbe uscito fuori
di testa, perché è cosi che di solito si reagisce a certe situazioni, no? Due
amici su un divano, più o meno accucciati l’un l’altro, perché è stata una lunga
notte e un giorno persino più lungo e quindi possono succedere cose del genere?
Eppure ti alzi ed un po’ fuori di testa ci esci. Proprio come previsto.
Perché è
quello che fai sempre, è così che gestisci questa intimità inaspettata, è così
che metti le cose in prospettiva.
Arthur si era mosso appena, abbastanza da poter guardare Merlin, sveglio, gli
occhi blu. Aveva i capelli scompigliati, la voce roca, era così presto, quando
ha mormorato “ciao” e no, Merlin non stava rabbrividendo, era seduto lì calmo ad
aspettare che alla fine facesse qualche smorfia.
“Sono
finiti insieme?" aveva chiesto Arthur, strofinandosi gli occhi e senza fare
nessun tentativo di fuggire dal divano.
“Chi?” era di gran lunga troppo presto ed era quella la ragione per cui erano
ancora seduti, né più, né meno.
“I due del
film che stavamo guardando. Sono finiti insieme alla fine?”
Ad essere onesto, Merlin non si ricordava. Sapeva che stavano guardando
qualcosa, ricordava la semioscurità e il suono del respiro di Arthur che
riempiva la stanza. Era difficile immaginare che ci fosse
qualcos’altro.
Tuttavia aveva chiuso gli occhi, si era leccato per un secondo le
labbra: “Sì, Arthur. Sono finiti assieme. È sempre così nei film di Hollywood.”
“Bene,” aveva detto Arthur dopo una pausa di riflessione, “Penso che sia così
che deve andare…”
Quando siete
stati amici per tutta la vita come fai a distinguere la fine dall’inizio…?
“Non credi?” chiede Arthur, portandolo di nuovo al presente, qui, nella
cafetteria, lontano dal divano e lontano dalle cose dette tra le righe, tanto
irreali quanto la luce del mattino…
“Oh,” Merlin
non sa bene cosa dire, “Credo che tu abbia ragione.”
“Credo che tu abbia ragione?” ripete Arthur, tentando di suonare offeso ma
fallendo miseramente perché ha già iniziato a ridere, “Sai cosa, Merlin? A volte penso
di sapere esattamente cosa stai per dire e poi…” piega la testa, ridacchiando
ancora, “… non lo fai mai.”
E’ bello sentirlo ridere, davvero, ma Merlin non può togliersi di dosso l’impressione che ci sia qualcos’altro, qualcosa che si mescola col divertimento, qualcosa… di nuovo…
“Arthur, non intendevo…”
“Va bene, Merlin, per me va bene,” il sorriso di Arthur si sta
dissolvendo, lentamente ma inesorabilmente e prende un profondo respiro,” So che
ho un sacco di cose a cui riparare. Non si può pretendere che questi dieci anni
non ci siano mai stati solo perché sono saltato fuori per due settimane e ti ho
monopolizzato. Ma…” si ferma, “Sarebbe bello se potesse essere così semplice…”
Merlin ingoia il nodo che ha in gola. “Davvero, Arthur, hai l’impareggiabile
capacità di rovinare momenti perfettamente sentimentali all’ultimo minuto, solo
ricordandomi che sei un pallone gonfiato nonostante tutto.”
Arthur fa un sorrisetto compiaciuto: “Dovrebbe essere un complimento?”
Merlin sospira: “Dovrebbe essere un grazie.”