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Autore: whatashame    05/04/2011    2 recensioni
Liam ha 16 anni, un padre nei Conservatori e molti più soldi in tasca di quanti lui e Matt possano spenderne sabato sera. Ashley McKenzie invece è la figlia perfetta della famiglia perfetta e sogna soltanto la nuova baguette di Fendi. Esteban Robledo Ramos mastica poco l'inglese, sua madre è l'ennesima cameriera di casa McKenzie e sente forte la mancanza del padre. Cos'avranno mai in comune con l'occhialuta Charleen, e la tanto chiacchierata SaSh dal passato ambiguo? La quarta B e molti più problemi di quanto appaia.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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carla sy mary'sdef




Liam ha 16 anni, un padre nei Conservatori e molti più soldi in tasca di quanti lui e Matt possano spenderne sabato sera. Ashley McKenzie invece è la figlia perfetta della famiglia perfetta e sogna soltanto la nuova baguette di Fendi. Esteban Robledo Ramos mastica poco l'inglese, sua madre è l'ennesima cameriera di casa McKenzie e sente forte la mancanza del padre. Cos'avranno mai in comune con l'occhialuta Charleen, e la tanto chiacchierata SaSh dal passato ambiguo? La quarta B e molti più problemi di quanto appaia.


St Mary's College






prologo


Last Days of Summer








Il/la sottoscritto/a Mary Jane Brown in qualità di padre/madre/tutore di Charleen Mary Shawade, nata a Vancouver BC, il 28/12/19XX, con la presente richiede l'iscrizione del/la proprio/a figlio/a al quarto anno di corso presso il Saint Mary's College e allega in calce la documentazione richiesta ai sensi dell'articolo 231 c.5 del Ministero della Pubblica Istruzione e la copia delle schede di valutazione del/la proprio figlio/a dei precedenti anni accademici.


15 Luglio 20XX firma del genitore o di chi ne fa le veci Mary Jane Brown





Kristine Jacobs sbuffò.

Se soltanto la metà dei voti esorbitanti di questa Charleen fossero stati meritati, Mary Jane Brown poteva dormire sonni tranquilli: a trentaquatranni' anni suonati sua figlia non si sarebbe ritrovata, in un' afosa mattina di settembre, sommersa di stupide scartoffie fino al collo.


Kristine Jacobs sbuffò di nuovo.

Se si fosse applicata anche lei al college in quel momento non avrebbe avuto una pila di pratiche da compilare sulla scrivania, un mal di testa feroce e la camicetta in purissima -finta- seta incollata alla pelle. Forse, in quel momento, avrebbe potuto essere distesa su una bianca spiaggia thailandese a sorseggiare batida de coco da un bicchiere decorato con ombrellini e frutta esotica, mentre un aitante bagnino con uno striminzito costumino rosso la contemplava dal bagnasciuga, passandosi lascivamente la lingua sulle labbra.

Magari.


Kristine Jacobs sbuffò per la terza volta.

Purtroppo di studiare non aveva mai voluto saperne troppo e, disoccupata e tristemente single, si ritrovava a fare la sottopagata e sfruttata segretaria in una scuola esclusiva per ricchi rampolli viziati e snob, fantasticando sugli addominali scolpiti di un bagnino immaginario che nella realtà non avrebbe degnato i suoi 150 centimetri di altezza e la sua quarta abbondante nemmeno di un'occhiata. Non lo avrebbe fatto non solo perchè lei le Bahamas non poteva proprio permettersele, ma soprattutto perché il sole abbacinante dei Caraibi non era, con buona probabilità, tanto forte da accecare il suddetto bagnino californiano, nascondendo ai suoi occhi quei chiletti di troppo di cui l'avevano gentilmente omaggiata i barattoli di nutella, la cellulite sulle cosce e quei rotolini tremolanti che si ritrovava sui fianchi.


Questa volta Kristine sospirò. Con le dita sporche di inchiostro afferrò il timbro della presidenza e scrisse “approvato” sul foglio.




***





In un'aula spoglia, a qualche metro di distanza dalla segreteria, Esteban si stava chiedendo se l'“Ode ad un usignolo” Keats l'avesse scritta nel 1823 o nel 1819.

A giudicare dalla solerzia con cui rispondeva ai quiz la biondina spalmata sul banco di fianco doveva saperlo, e anche gli altri tredici ragazzi chini sui test.


Come faccio a rispondere se non so nemmeno cosa diavolo significa “usignolo”?

Si chiese per l'ennesima volta. Poi, con l'immenso spirito pratico che lo aveva sempre caratterizzato, decise saggiamente di smettere di porre domande insolubili al proprio cervello, momentaneamente muto, e di proseguire la conversazione col cellulare nella sua tasca.

Ringraziò San Jimmy Wales e la Santissima Wikipedia, e decise, giusto per non fare un torto a nessuno, di accendere un cero in onore di Thomas che gli aveva prestato il telefono.


In una scuola tanto-per-bene nessuno aveva pensato a fargli svuotare le tasche prima di entrare in aula.


Se erano così ingenui peggio per loro.




***



Se non bevo il succo, forse potrò mangiare una fetta biscottata con la marmellata. Senza burro. Dovrei farcela con le calorie, o almeno spero...., si augurò Ashley McKenzie.


-Tesoro, confesso di non aver capito bene perchè tu e Susanne dovete andare a scuola questa mattina...- confessò sua madre, mentre la cameriera le riempiva la tazza di “tisana alle erbe andine”.


-A scuola? Il primo di settembre?- chiese suo padre mentre le si sedeva di fronte e allungava una mano a scompigliare i riccioli biondi di Mel.


-PAPIIII- trillò la piccolina di casa aprendosi in un sorriso sdentato.


-Buon giorno principessina- le sorrise l'uomo da sopra il barattolo dei biscotti.


-Mamma, te l'ho già spiegato!- sbuffò la figlia maggiore mentre poggiava nel piatto la fetta biscottata intatta -dobbiamo controllare che la segretaria non combini disastri con le stanze! Ti immagini se per sbaglio finiamo al lato Nord? Lì non c'è mai il sole, ma in compenso arriva benissimo l'odore della mensa non appena ti azzardi ad aprire la finestra! Che schifo! E se poi non ci dovessero mettere di nuovo in camera insieme?- spiegò con un'espressione talmente seria e contrita da riuscire a distrarre la piccola Mel dai suoi cereali.


-Oh, certo- fece solidale la biondissima signora McKenzie con lo stesso viso grave che riservava tutte le domeniche alla predica di Padre John.


-Vuoi un passaggio tesoro?- si offrì suo padre mentre la cameriera gli toglieva la tazza vuota da davanti -vado in azienda tra poco, non mi costa nulla accompagnarti...-


-Non preoccuparti papi- Ashley fece una teatrale pausa ad effetto -viene Susie con la macchina nuova.- e lasciò cadere la frase nel vuoto con studiata nonchalance. Finse di non notare l'occhiata di puro terrore che i coniugi McKenzie si scambiarono da sopra il bricco del latte, e fissò la colazione intatta nel suo piatto.

Se pensavano che la sua amica avesse una guida tanto pericolosa avrebbero potuto benissimo comparle la macchina che aveva chiesto per i sedici anni, visto che aveva preso la patente a maggio!

Quello comunque non era il momento adatto per ricominciare con la storia della mini cooper rosa, visto che Susie sarebbe arrivata in meno di venti minuti e lei doveva ancora decidere quale maglietta abbinare ai sandali Jimmy Chooe nuovi di zecca. Li aveva scovati in una vetrina di Miami quella stessa estate, ma non aveva nient'altro di quella particolare tonalità di azzurro...




***





-Non voglio andarci- dichiarò Charleen appoggiandosi con la schiena allo stipite della porta.

Trenacinque, contò mentalmente Mary Jane, mentre davanti allo specchio passava l'ombretto dorato sull'occhio sinistro.


-Non voglio andarci e non ci andrò- ribadì la figlia, e a sottolineare l'intenzione incrociò le braccia e increspò le labbra in una delle migliori espressioni capricciose del repertorio “figlia-adolescente-ribelle”.

Quel rompiscatole di Cecè avrebbe pagato dollari sonanti per un'espressione del genere sul set, pensò distrattamente la signorina Brown mentre aggiornava il conto.


-SaSh dico sul serio.- rognò Charleen avanzando a grandi falcate fino allo specchio.

Mary Jane alzò la testa e fissò il riflesso della figlia nel vetro. Da dietro le spesse lenti degli occhiali un intenso paio di occhi verdi ricambiò lo sguardo della madre in una supplica muta.


Contò trentasette, sebbene sua figlia non avesse proferito verbo: quello sguardo valeva mille parole.


-Certo che il mondo è davvero un posto triste se persino tua figlia ti chiama col tuo nome d'arte...- brontolò a mezza voce.

Tirò un lungo sospiro.

-Tesoro te l'ho già spiegato- esordì paziente -sai perfettamente che non dipende da me. Tuo padre vuole che frequenti una scuola prestigiosa e importante, e la St. Mary's lo è-.


-Ma SaSh- la interruppe Charleen scuotendo i lunghissimi capelli castani -Edmund vive dall'altra parte dello stato e nemmeno mi conosce! Non può giocare alla famiglia felice con gli altri figli che ha? Perchè diavolo deve romper le palle a me?!?!- strillò.


-Le scatole! Le scatole!- la riprese sua madre che notoriamente parlava come uno scaricatore di porto, ma non le aveva mai permesso di usare un linguaggio scurrile.

-E' tuo padre, e non so da dove abbia tirato fuori questa brillante trovata, ma so benissimo che potrebbe ricorrere ad un giudice per far valere i suoi diritti e non ho intenzione di correre il rischio di perderti- sibilò tagliente -e comunque rompe le palle perchè è un gran rompicoglioni- aggiunse urlando irritata e assolutamente coerente con la storia del linguaggio forbito che rifilava a Charleen da quando aveva iniziato a vagire.


- Ma mamma...- tentò ancora, sfoderando il labbro tremulo e la voce piagnucolosa.

SaSh alzò un sopraccigio. Se sua figlia la chiamava mamma doveva essere davvero disperata.


-E' una schifosissima scuola per figli di papà viziati, ed ha pure il dormitorio!!! E poi noi non siamo cattoliche.-


A Sash veniva da piangere alla sola dea che sua figlia dovesse dormire fuori casa almeno cinque giorni su sette, ma sfoderò storicamente tutto il proprio talento da attrice consumata sorridendole paziente.


-Charlie noi non siamo credenti, ma trovo che confrontarsi con la fede sia una parte fondamentale per la crescita di una persona, indipendentemente da quelle che poi saranno le sue idee sulla religione. Questa è forse una lacuna nella tua educazione...e forse è anche per colpa mia. Avrei preferito che ti confrontassi con tanti punti di vista diversi, ma intanto cogli quest'occasione, fa buon viso a cattivo gioco...-

Quella spiegazione non convinceva troppo Charleen che alzò un sopracciglio scettica mentre SaSh proseguiva:

-In ogni caso non ci sono le suore col cilicio alla St Mary's e nessuno pretenderà di convertirti. Sono tenuti ad accogliere tutti per legge: dovrai soltanto seguire un'ora di religione a settimana.-


-E con quei ricconi viziati come la mettiamo?-


-Non chiamare così i tuoi compagni: innanzitutto nella tua classe ci saranno un paio di borsisti, e poi ricorda che se non sei schifosamente viziata è solo perchè cerco di darti un freno, ma riccona lo sei anche tu.- fece col tono seccato di chi considerava la conversazione conclusa.


-Ci faranno a pezzi. Ti faranno a pezzi- mormorò piano Charleen, mentre lasciava la stanza e SaSh iniziava a passarsi il rossetto sulle labbra.





***





-...e il pranzo è nel frigorifero, basta che lo scaldi al microonde- si raccomandò per la centesima volta sua madre.

- E non prendere la mia macchina mentre non ci sono, non sai ancora guidare bene e...-

-Mamma basta!!!-la frenò William -smettila di rintronarlo e andiamo, il taxi ci aspetta..- aggiunse mentre col pc sottobraccio afferrava la donna per una spalla.


Certe volte adorava suo fratello.


-Ciao Lì, ci vediamo a Natale- lo salutò aprendo la porta.

-Ciao Liam, torno tra qualche ora. Il tempo di arrivare in aeroporto e fare la spesa.-.


Il che con il traffico significava circa tre ore, riflettè Liam, mentre alzava una mano in segno di saluto.

Benissimo.


Appena la porta di casa si chiuse si fiondò su per le scale: -PAPAAAA' ???- chiamò a gran voce -devo andare da Matt, posso prendere la macchina?-. La tua aggiunse mentalmente.

Da sotto le coperte l'assessore dei Conservatori, Andrew Pittwighs, rantolò qualcosa di molto simile ad un assenso.


Sua madre era davvero un'ingenua: perchè avrebbe dovuto prendere la piccola Smart quando suo padre aveva una porche in garage???


Amelia Pittwighs era ancora in taxi, raccomandando al suo primogenito di non passare troppo tempo a lavorare chino sul computer, che il secondo nato di casa Pittwhigs aveva già inserito le chiavi nel quadro.









note


  • -Last Days of Summer è il titolo di un romanzo di Steve Kluger, ma richiama anche una canzone dei Cure “the last day of summer”, “last day of summer” è anche il titolo di un film.

  • -Il cognome Pittwhigs, è la fusione di Pitt (ministro inglese) e Whig, nome di partito “di centro- centro sinistra”. In realtà Pitt pur definendosi un whig indipendente faceva parte dei tory, insomma senza perderci nella storia inglese di cui sono completamente ignorante, con questo nome volevo mettere in evidenza un po' di contraddizioni e non nel carattere di questa famiglia.

  • Il nome Saint Mary's College non si riferisce a nessun college realmente esistente, ma ad una scuola superiore di mia invenzione...cmq cercando sul web esiste un'università in California con questo nome, ma credo che sia un nome piuttosto abusato...






Questa storia mi è venuta in mente dopo aver visto la serie televisiva Rebelde Way di Chris Morena Si tratta di una serie tv argentina mai tradotta in inglese o italiano...personaggi e trama sono ovviamente molto diversi da quelli della serie ma mi è sembrato opportuno specificarlo e aggiungere che ciò che scrivo non ha assolutamente fini di lucro.

In ogni caso ho provato a vedere il regolamento di efp in merito, ma non so perchè non mi compare nulla cliccando su ispirazioni e cliccando sul regolamento mi dice che il link è rotto.




   
 
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