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Autore: RobTwili    06/04/2011    7 recensioni
Lui: Francis 'Frank Fagotto' Hudson.
Lei: Ashley Foster
Lui: Capitano de 'I Matematicici', Capitano de 'Gli elettroni spaiati' e suonatore di Fagotto nella banda del liceo.
Lei: Capitana indiscussa delle Cheer-leader, Capo volontaria del progetto 'Le infermiere della scuola'.
Lui: Innamorato di lei fin dall'asilo.
Lei: Non sa nemmeno che lui esiste.
Ma se, improvvisamente le loro strade si incrociassero? Potrebbe Francis, con molte difficoltà, compiere la vendetta di tutti i nerd facendo capire che l'aspetto non è tutto?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nerds do it better'
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«Via libera Frank» sussurrò Mac dietro la porta della mensa.
Da un paio di settimane la mia vita sociale, che non era mai stata delle più rosee, si era eclissata ancora di più.
Sistemai il cappellino con il frontino in testa ed entrai in mensa.
«Non c’è nemmeno Luke?» chiesi guardando fisso la punta delle mie scarpe.
«No, solo Kathrina e l’altra cheerleader. Quella con le lentiggini» sussurrò Zac porgendomi un vassoio.
«Siete sicuri?». Meglio prevenire che curare.
Ci sarebbe stata la poltiglia grigia anche quel giorno e non volevo che si ripetesse l’esperienza della settimana prima.
«Sicurissimi Frank». Mac posò il piatto di zuppa sul suo vassoio e avanzò lungo il bancone della mensa.
«Francis! Francis!». Rabbrividii quando sentii il mio nome urlato.
Solo lui poteva essere così scemo da non ricordarsi di mantenere un tono basso.
«Shh». Mac si voltò di colpo e, ci potevo scommettere, fulminò con lo sguardo John.
«Francis Hudson, dove sei?». Mi picchiai una mano sulla fronte davanti alla stupidità di John.
John Hanning poteva anche essere uno degli studenti più brillanti in matematica e fisica, ma alcune volte, anzi, quasi sempre, nella vita reale si dimostrava decisamente idiota.
«Ops». John capì l’errore e si avvicinò cercando di sembrare disinteressato. «Peccato che oggi Francis non ci sia» urlò per rimediare.
«Idiota, ormai l’hanno visto». Zac si sedette posando il vassoio.
«Mi dispiace, dico sul serio. Non mi sono più ricordato che dovevamo mantenere un tono basso. Ma avevo un’idea grandiosa» parlò velocemente; faceva sempre così quando c’era una notizia nuova che lo teneva sulle spine.
«Cioè?». Mac mordicchiò un pezzo di carota e John si sfregò le mani.
«Ho pensato al nostro costume per la festa di Halloween». Sorrise, fiero della sua idea.
«Dici sul serio?». Mi mostrai subito entusiasta e John continuò elettrizzato.
«Sì! Saremo in quattro, ma il costume è uno solo». Sembrava che avesse vinto alla lotteria.
«E tu urli il mio nome in mensa solo perché hai trovato il costume per una festa che si svolgerà tra un mese?». Continuai a mascherare il tono della mia voce, come se fossi stato anche io elettrizzato.
«Scusami Frank. Non ci ho più pensato». Curvò le spalle colpevole e improvvisamente capii di aver esagerato.
«Non fa nulla, tanto mi avrebbero visto lo stesso». Tentai di non dare troppo peso all’accaduto e con un gesto veloce della mano gli feci capire di non preoccuparsi. «Allora, questo costume di Halloween? Che cosa hai pensato?». Una smorfia si dipinse sul mio viso quando cominciai a mangiare la zuppa grigia.
«Potremmo vestirci da DNA, che ne dite? Ogni persona fa una base azotata, eh?». Ridacchiò soddisfatto per la sua idea e Zac scoppiò a ridere sputando l’insalata sul tavolo e sul piatto di Mac, seduta davanti a lui.
«Che idea idiota! Come dovremmo vestirci da DNA?». Zac continuò a ridere.
«Zachary! Smettila». Mac urlò picchiando il tavolo con un pugno «Stai sputando sul mio piatto». Assottigliò le palpebre arrabbiata e Zac smise di ridere di colpo.
«Scusa Mac, non volevo». Prese il tovagliolo di carta e cominciò ad asciugare il tavolo a caso.
«Allora, che ne pensate?». John era talmente felice della sua idea che non pensò minimamente di iniziare a mangiare.
«Non è male, però non so se sarà apprezzata dagli altri». Arricciai le labbra pensieroso e John sbuffò.
«Lo sapevo che tu saresti stato contrario alla mia bellissima idea». Prese il budino dal mio vassoio e cominciò a mangiarlo.
«Se devo essere sincera anche a me l’idea non va molto a genio. Pensavo di vestirmi in un altro modo». Mac parlò sottovoce senza guardare John in viso per paura di offenderlo.
«Da cosa volevi vestirti? Da computer?» John cominciò a ridere e improvvisamente Mac arrossì.
«Ragazzi, smettetela. Se Mac vuole mascherarsi in un altro modo non possiamo costringerla». Quando pronunciai questa frase Mac mi guardò ringraziandomi con lo sguardo.
«Però a me sarebbe piaciuto. Ma se non c’è lei siamo in tre e non possiamo più fare il DNA». Zac cominciò a sbuffare infilzando con la forchetta una foglia d’insalata.
«Va bene, vi accontento. Però scelgo io quale base fare». Mac si sistemò sulla sedia.
«Io volevo fare la guanina» piagnucolò Zac passandosi una mano tra i capelli.
«L’importante è che non prendiate la citosina. Quella è solo mia» parlò Mac seria e sentii John bofonchiare qualcosa.
«Ma io volevo la citosina, non potresti proprio fare l’adenina?». Cercò di convincerla ma io mi sentii chiamato in causa.
«Ehi! L’adenina la faccio io! Casomai la timina». Ammonii John con l’indice che, dopo aver posato la confezione vuota del budino sul tavolo, si sistemò gli occhiali che gli erano scivolati sul naso.
«Non riesco a capire perché la timina sia sempre sottovalutata. Ok, allora io sarò la timina, in coppia con te, Frank, la mia adorata adenina. Zac e Mac invece saranno bellissimi assieme, guanina e citosina». John si sfregò le mani soddisfatto e ridacchiai.
«Ti rendi conto che ci prenderanno in giro a vita per questa cosa?». Fissai John serio e lo vidi fare spallucce.
«Sai quello che mi interessa? Quelli che ci prenderanno in giro sono quelli che corrono dietro ad un pallone o saltano con dei pon-pon in mano». Disse noncurante e si alzò per gettare le carte del budino nel cestino poco distante da noi.
«Effettivamente ha ragione, anche se devo dire che non passeremo inosservati». Mac sembrava pensierosa.
«Ti preoccupi di quello che la gente può pensare, Mac?». Zac la punzecchiò e lei lo guardò con aria torva.
«Non sono affari tuoi».
Cominciavo a chiedermi perché Mac fosse diventata così sgarbata con Zac al ritorno dalle vacanze estive.
Eravamo sempre stati un gruppetto che conviveva senza litigare, certo, ogni tanto i battibecchi erano normali, ma Mac aveva cominciato a esagerare.
Non ne capivo il motivo e non lo capivano nemmeno Zac e John.
Ne avevamo parlato in una serata tra di noi, Mac non era potuta venire per qualche problema che non avevo capito, e ci eravamo messi a spettegolare su di lei.
Tutti e tre avevamo notato il suo astio verso Zac, ma nessuno di noi ne aveva intuito il motivo.
Zac, poi, era quello più confuso di tutti.
Giurava di non essersi comportato male e di non averla offesa più del solito.
Avevamo liquidato l’argomento pensando che probabilmente Mac era in quel periodo del mese.
Ci eravamo accorti però che ogni giorno sembrava essere in quel periodo e i conti avevano cominciato a non quadrare.
«Houston chiama Francis Hudson, Houston chiama Francis Hudson, sinapsi, state lavorando?». Zac sventolò una mano davanti ai miei occhi e mi fece improvvisamente tornare alla realtà.
«Sì? Stavate dicendo?». Scossi la testa leggermente per risvegliarmi e guardai Zac, Mac e John in piedi davanti a me con i vassoi in mano.
«Stavamo dicendo che dovresti muoverti, se non vuoi che arriviamo in ritardo in biblioteca per prendere il libro che ci serve per quella ricerca». John cominciò a camminare verso l’uscita della mensa e mi alzai seguendo lui e gli altri.
«Ti vedo più distratto del solito Frank, va tutto bene?» sussurrò Mac al mio fianco, senza farsi sentire da Zac e John.
«Certo, tutto benissimo ora che Chris è tornato alla UCLA». Strisciai il badge ed entrai in biblioteca seguito da Mac.
«Okay». Mac non insisteva mai, sapeva che se avevo bisogno del consiglio di un’amica le avrei parlato senza problemi.
«E tu, tutto bene?». Come rigirare la frittata.
«Sì, perché?». Mi fissò confusa, come se fosse stata una domanda stupida e senza senso.
«Era solo per sapere». Cercai di fare il vago per non insospettirla troppo.
«Quando hai le prove con la banda?» mormorò Mac appoggiando la borsa per terra prima di cominciare a cercare un libro.
«Stasera e dopodomani. Perché?». Mi avvicinai sistemandomi gli occhiali sul naso per leggere meglio i titoli dei libri e per vedere se ci fosse quello che stavo cercando.
«Era per sapere. Zac e John suonano sempre nella banda?». Strana.
Mac era decisamente strana negli ultimi tempi.
«Sì Mac. Ma perché mi fai tutte queste domande strane?». Alzai leggermente il tono della voce confuso e mi guadagnai uno «Shh» dal bibliotecario.
«Era per parlare di qualcosa, scusami Francis». Fece spallucce indifferente e si allontanò con un libro tra le mani.
«Donne. Ogni giorno diventa più difficile capirle» sbottò John appoggiato ad una scala che minacciò di spostarsi con il suo peso.
«Certo, perché noi le donne le capiamo e riusciamo ad averne una diversa ogni sera. Siamo circondati da donne». Zac alzò la voce gesticolando con i libri in mano e il bibliotecario si avvicinò di nuovo con un’espressione severa.
«Ragazzi, se non la smettete sarò costretto a spingervi fuori. Abbassate il tono per favore». Ci fissò uno alla volta e annuimmo colpevoli.
Non era da noi disturbare in biblioteca.
«Zac, Mac non è mai stata come tutte le altre ragazze. Semplicemente non so che cosa le stia succedendo, non è da lei». Scossi la testa confuso e sbattei più volte il libro sulla borsa.
«Forse Mac si sta trasformando in una cheerleader e segretamente fa le prove con loro. Magari è diventata la migliore amica di Ashley e Kathrina, cosa ne sappiamo noi?» cominciò a vaneggiare John e assieme a Zac ci avviammo verso l’aula di chimica.
«Secondo me Mac soffre della sindrome da quel periodo del mese». Zac, convinto delle sue parole, si sedette posando i libri sul grande tavolo da laboratorio bianco.
«Tutti i giorni? Non è possibile. Dovranno avere un po’ di tregua queste donne» ridacchiò John con l’espressione incredula.
«Smettetela ragazzi». Ero seriamente preoccupato. Non perché fossi innamorato di Mac, ma perché lei era una mia amica dai tempi dell’asilo e non si era mai comportata in quel modo assurdo.
Volevo parlarle, aiutarla, farla tornare normale, ma non sapevo a chi chiedere aiuto.
«Potresti chiedere a tuo fratello un consiglio. Il vecchio Chris Hudson è un volpone in fatto di donne. Credo che possa aiutarti». John quasi venerava la carriera privata di mio fratello.
«Grazie ma passo. Non chiederei mai un consiglio sulle donne a Chris, a meno che io non voglia farmi una cultura di posizioni e porcate». Rabbrividii ripensando a quando, una settimana prima, Chris aveva parlato di ‘strane macchie’ sulla vecchia Chevry.
«Io una chiacchierata con tuo fratello la sosterrei volentieri. Sono sicuro che è fonte di saggezza per quanto riguarda le donne». John si ammutolì quando il professore entrò in aula salutandoci.
 
«Noiosa. Noiosa. Noiosa. Ho già detto noiosa? La più noiosa lezione che il professor Jane abbia mai tenuto. La chimica non è mai stata così noiosa». John sbadigliò stiracchiandosi davanti ai nostri armadietti.
«Sì, credo che il concetto sia chiaro». Mac sbucò all’improvviso e sussultammo spaventati.
«Dovremmo legarti un campanello al collo: saremmo sicuri di sentirti arrivare così». Zac sorrise a Mac che lo incenerì, senza motivo, con lo sguardo.
«Bene ragazzi, direi che possiamo anche tornare a casa ora. Il professor Moriarty è assente oggi e la nostra amata lezione di educazione fisica salta». Cercai di smorzare la tensione che si era creata senza successo.
«Ci vediamo domani ragazzi». Mac salutò con la mano avviandosi verso l’uscita e rimanemmo a guardarla sparire.
«Oggi è in quel periodo del mese, ne sono sicuro. Avete visto come risponde?». Zac indicò il corridoio vuoto.
«A dire la verità Mac risponde solo a…». Non lasciai finire la frase a John perché gli tirai una gomitata su un fianco che lo fece gemere per il dolore.
«Sì, hai ragione Zac». Annuii facendo finta che non fosse successo nulla.
Non sapevo che cosa significasse il comportamento di Mac, ma ero quasi sicuro di essere vicino alla soluzione.
Vicino alla soluzione per capire Mac voleva dire come minimo un mese, forse due.
«Ci vediamo questa sera alle prove, ragazzi?». Dopo esserci incamminati in silenzio verso il parcheggio, parlai.
«Certo, speriamo che non ci facciano suonare cose strane per i pon-pon neri e oro». Scoppiai a ridere per il modo stupido con cui Zac era solito chiamare le cheerleader.
«L’ultima volta che hai detto questa frase ho dovuto suonare il trombone per venti minuti perché si dimenticavano un passaggio con le mani». John sbuffò sedendosi di fianco a me in macchina.
«Hai ragione. Zac, ti ricordi quanto l’abbiamo preso in giro? Poooo-po-po-popo-poooo». Imitai il suono del trombone e Zac cominciò a ridere.
«Sì, perché Kimberly anticipava il piede, non era per una stupidata così?». Si sporse con il viso tra i due sedili anteriori e io annuii.
«Certo, ridete. Ridete pure, sapete? Sono convito che alla prossima prova con la banda Zac patirà le pene dell’inferno e non sto scherzando. Ho sentito in bagno uno della squadra parlare e dicevano che le cheerleader stanno preparando un balletto che avrà come base solo la cassa». John si voltò verso Zac che sbiancò per la paura.
«Andiamo, non si è mai sentita una cosa del genere». Spalancò gli occhi terrorizzato e si sistemò gli occhiali sul naso.
«Per questo, dicono che sia qualcosa di nuovo che nessuno ha mai sperimentato». John continuò a parlare con Zac anche quando scesero dalla macchina, senza salutarmi.
 
Quella sera le prove si rivelarono divertenti.
Il povero Zac fu costretto a provare con John un arrangiamento speciale che doveva servire da base alle cheerleader.
Il mio lavoro nella banda, come suonatore di fagotto, non era poi così indispensabile; non quanto quello di Zac e John almeno.
Il mattino dopo, quando ci ritrovammo per andare a scuola, avevamo tutti e tre delle occhiaie spaventose che nemmeno gli occhiali riuscivano a mascherare.
«Che cosa avete fatto ieri sera? Sembrate tre zombie». Mac cominciò a scherzare alternando lo sguardo tra i nostri visi stravolti.
«Abbiamo fatto le prove con la banda. Dovresti unirti a noi, ci manca un suonatore di triangolo» la canzonò John.
«Divertente. Ieri sera io invece sono stata in grado di hackerare il server della scuola e posso leggere le pagelle di tutti gli studenti, anche tutti i voti di ogni singolo test, non è fantastico?». Mac sprizzava allegria da ogni singolo centimetro di pelle.
«Non ci credo. Bluffi. Non è possibile. Di la verità, ieri sera ti sei seduta sul divano con un pacchetto di patatine e hai guardato un film romantico». Zac scherzò colpendole leggermente il fianco con il gomito ma Mac non sorrise.
«La C- che hai preso in letteratura inglese tre anni fa è una prova valida o dovrei parlare della D+ dell’anno scorso? Mi sembra che nessuno di noi ne sia al corrente, no?». Assunse una smorfia di superiorità che fece ridere me e John.
«Mac, lo sai che sei un genio?». Le baciai la guancia e nel suo volto si dipinse un sorriso.
«Sì, ma fa sempre bene sentirselo dire». Abbassò lo sguardo imbarazzata.
«Potremmo ricattare tutta la scuola! Diventeremmo ricchi». Gli occhi di John si illuminarono di felicità.
«Non credo che alla gente interessi se diffondiamo un voto o meno». Fece spallucce e non potei non concordare con lei.
«Hai ragione Mac, dubito che alle cheerleader interessi se diciamo che hanno preso una F in fisica». Chissà quali erano i voti di Ashley.
«Be’, io credo che potremmo pubblicare i voti in un sito anonimo. Sarebbe una figata!». John continuò a sorridere elettrizzato.
«E hai visto i giudizi di chi?». Cercai di suonare vago ma non ci riuscii.
«Di molti. Le cheerleader hanno una sfilza di D e la squadra di football anche. Alex e Luke hanno una A solo con il professor Moriarty, per il resto non riescono a superare una C+. Però devo ricredermi su Ashley. Non ha una media altissima ma i suoi voti si aggirano attorno a una B-, eccetto in fisica e matematica. È una schiappa in quelle materie». Mac sogghignò alzandosi dalla nostra panchina.
Allora non era stupida come si pensava.
Conoscevo Ashley dall’asilo, ma solo negli ultimi giorni avevo imparato a ‘conoscerla’ veramente, se quello era il termine esatto.
L’avevo sempre vista come una cheerleader di cui ero innamorato, bellissima, ma l’avevo sempre considerata senza cervello per le compagnie che frequentava.
Da una settimana a quella parte, da quando si era scusata con me per il comportamento di Alex, Ashley aveva acquistato un sacco di punti, come se non ne avesse già avuti abbastanza.
«Che cosa abbiamo alla prima ora?». John come al solito non si ricordava mai l’orario.
«Fisica. E ricordo che in quest’ora ci sono anche i gorilla e le donne in gonnella». Zac si sedette al solito posto, in prima fila davanti a me, e cominciò a sistemare i libri sopra al banco.
Mi voltai verso la porta quando sentii una risatina che conoscevo bene.
«Alex, non puoi dirlo sul serio». Ashley ridacchiò varcando la soglia seguita dal suo ragazzo e dall’interminabile stormo di oche.
«Ashy, se lo dice lui vuol dire che è vero» gracchiò Kathrina, l’oca giuliva per eccellenza.
Non mi piaceva, peggio: la detestavo con tutto me stesso.
Non capivo perché ma mi sembrava pronta a tradire tutto e tutti per raggiungere i suoi scopi che da anni si focalizzavano quasi tutti su Alex e sul diventare capo cheerleader.
Questo metteva in pericolo Ashley.
«Buongiorno ragazzi». Quando il professore cominciò la lezione tutti gli studenti si zittirono. «Oggi c’è una comunicazione importante che vi riguarda. Siete studenti dell’ultimo anno e i vostri esami finali vi aiuteranno ad accedere al College. È stata fatta una modifica che purtroppo temo sbarrerà la strada ad alcuni di voi». Cominciarono i mormorii contrariati che provenivano dalle ultime file. «Purtroppo il voto finale dipenderà dai test dell’ultimo semestre, oltre che dall’esame finale. Per questo, per poter superare fisica sarete costretti ad avere una media non inferiore a B». Le ultime file protestarono rumorosamente proprio quando Zac si voltò verso di me sogghignando.
«Lo sapevo che sarebbe arrivata la vendetta dei secchioni! Le pon-pon e i gorilla rimarranno al liceo a vita». Questa battuta causò le risa di Mac e anche di John, oltre alle mie, naturalmente.
«Ragazzi! Ragazzi per favore». Il professore cercò di richiamare l’attenzione su di lui con scarsi risultati. «Ragazzi!». Urlò zittendo tutta la classe. «Bene, ora che ho la vostra attenzione credo di poter continuare con le cose importanti. So che gli studenti che hanno più problemi nella mia materia si trovano seduti nelle ultime file. Se posso darvi un consiglio, chiedete a qualche studente delle prime file di aiutarvi, sono molto disponibili e potrebbero riuscire a farvi amare la materia». Cercò di suonare simpatico ma nemmeno io, Zac, Mac e John riuscimmo a sorridere.
Dare ripetizioni a scimmioni e ragazze pon-pon? Era come suicidarsi, morire, ritornare in vita e suicidarsi per morire subito dopo una seconda volta.
Quando i mormorii cessarono il professore ricominciò la lezione che terminò in ritardo di dieci minuti; aveva cominciato ad insistere che il programma era vasto e il tempo era poco.
Nemmeno quando gli avevamo fatto presente che eravamo a settembre aveva rallentato.
«Quindi adesso possiamo dire che tutti quelli che speravano di superare il test di fisica con una bella C+ si trovano a piedi?». John parlava camminando di fianco a noi.
«A questo punto». Scrollai il capo, sollevato dal fatto che per una volta noi secchioni fossimo in vantaggio.
«Be’, devo dire che mi piace questa nuova regola». Mac, raggiante, aprì il suo armadietto e incastrò a forza i libri.
«Anche a me». Zac si appoggiò con la schiena al muro e impallidì inaspettatamente. Le sue labbra tremavano dallo stupore. «Oh cavolo». Quando incontrai i suoi occhi mi accorsi che erano puntati dietro di me.
«Che c’è?». Continuai a fissarlo chiudendo il mio armadietto.
«Wow». John, che non riusciva a distogliere lo sguardo da qualcosa alle mie spalle, aveva una faccia sconvolta.
«Francis, c’è qualcuno per te, credo». Mac indicò con il mento lo stesso punto che stavano fissando tutti.
«Frank?». Quando quella voce mi chiamò mi immobilizzai di colpo.
Sbarrai gli occhi, raggelato e immobile.
No, non era possibile.
No.
Un sogno.
Dicevano che i sogni erano in bianco e nero ma delle volte io li facevo anche a colori, per questo in quel momento continuavo a vedere gli occhi azzurri di Zac spalancati, per questo in quel momento continuavo a vedere le meches rosse di Mac davanti a me.
«Frank?». La voce mi chiamò di nuovo, decisamente più vicina.
Mac mi guardò per farmi forza e lentamente mi voltai.
«S-s-s-si?».

 
 
 
 
Salve ragazze! :)
Intanto vi ringrazio per aver letto anche questo secondo capitolo.
Ringrazio anche tutte voi che avete inserito la storia tra i preferiti, i seguiti e quelle da ricordare! Siete tantissime e non me lo aspettavo veramente!
Un ringraziamento particolare anche a chi ha recensito il primo capitolo! :)
Poi poi poi, stringo che non voglio dilungarmi molto, non so se avete notato, ma sia nel capitolo precedente che in questo ho messo alcuni ‘riferimenti’ a film o a libri, mi piacerebbe capire se li avete notati o no. (Nello scorso capitolo c’era un riferimento ad un libro, in questo uno per un film).
Nel prossimo capitolo si comincerà ad entrare nella storia, diciamo che questi sono stati più o meno un’introduzione.
Come sempre se volete nel mio profilo FB trovate le foto dei protagonisti.
Ultima cosa: per tutte quelle che stanno aspettando l’inizio di ‘Kiss on forehead’, non l’ho abbandonata, che sia chiaro, solo che ora come ora non ho tempo. Comincerò penso tra una o due settimane :)
Ringrazio come sempre Malia85 che mi beta la storia!
Alla prossima settimana e grazie ancora! :)
   
 
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