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Autore: DarkPenn    31/01/2006    0 recensioni
Il ritorno di un vecchio amico cambia il mondo della Principessa di Seillune. Ma nonostante i suoi doveri di corte, il suo cuore è ancora lontano dalla città, perso in lande distanti, dove erra una chimera... - Presenza di un Personaggio Originale - Pairing supportati: Gourry/Lina, Philia/Xelloss, Amelia/???
Genere: Romantico, Drammatico, Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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CAPITOLO 1

CAPITOLO 1

 

Il cielo era di un blu profondo sulla città di Seilune. Fra i palazzi bianchi e azzurri si udivano i mille rumori quotidiani che caratterizzavano una città così grande. Le donne si affrettavano al mercato, avvolte dai loro abiti variopinti, alcuni bambini giocavano per la strada, le guardie camminavano disinvolte tra la folla, lungi dall’essere una minaccia. La città di Seillune era felice.

Nel Palazzo Reale una ragazza, avvolta da ricche stoffe che ne testimoniavano l’alto lignaggio, stava firmando una dopo l’altra una lunga serie di documenti, che prendeva da una alta pila sulla sinistra della sua scrivania in mogano, intagliata con motivi floreali, e posava in una pila altrettanto alta sulla destra. La luce che filtrava abbondante dalle ampie finestre alle sue spalle colorava il legno nuovo e odoroso della scrivania e della sedia, e si rifrangeva sulle piastrelle di marmo rosa e bianco e lilla, rimbalzando di volta in volta contro l’alto soffitto a cassettoni, le pareti tappezzate di stoffa azzurra, le due cassepanche vicino al muro di destra e la grande libreria sul muro di sinistra, traboccante di voluminosi testi giuridici e filosofici.

Lei era una ragazza sui sedici anni, piuttosto minuta, con i capelli neri che vibravano ogni volta che scuoteva il capo per la stanchezza. Eppure quello era il suo dovere, perché era la principessa di Seillune.

Non che fosse un gran fastidio, anzi, lei sapeva che ognuna delle sue firme garantiva un po’ più di giustizia ai suoi sudditi, e ciò la rendeva oltremodo contenta di fare il proprio dovere.

La voce garbata del suo ciambellano la fece sobbalzare.

“Vostra Altezza,” cominciò, discreto. “Un vostro suddito chiede di essere ricevuto.

Amelia ripose la penna nel calamaio e si appoggiò allo schienale, stirandosi i muscoli indolenziti della schiena. Chi poteva mai essere? Era alquanto inusuale che un suddito chiedesse udienza alla Principessa anziché al Re.

“Sei sicuro che non voglia essere ricevuto da mio padre?” chiese, ancora stupita.

“Sì, Altezza,” rispose il ciambellano. “Ha fatto esplicitamente il vostro nome.”

“Fallo entrare allora,” lo congedò con uno dei suoi solari sorrisi: se un suo suddito voleva incontrarla non poteva certo deluderlo. Si alzò in piedi e si rassettò l’abito, portandosi poi davanti alla scrivania per non avere, nemmeno fisicamente, alcun ostacolo burocratico fra sé e il suo ospite.

La porta si aprì sul corridoio e ne emerse una figura imponente ma slanciata, avvolta in un lungo mantello nero. Il volto dai lineamenti virili e sottili era atteggiato ad un sorriso vivace ed era circondato da lunghi capelli castani dai vividi riflessi ramati, tenuti raccolti da un fiocco nero in fondo alla chioma. Gli occhi color nocciola scrutarono la Principessa allegri e raggianti, mostrando un animo impavido, sebbene rispettoso delle regole, e un’agnizione che non era corrisposta. Quando entrò nello studio di Amelia il mantello si scostò leggermente rivelando una tintinnante armatura blu recante sul petto lo stemma di Seillune. Sul fianco si scorgeva l’inconfondibile rigonfiamento di una spada.

Lo sconosciuto si fermò a pochi passi da lei, che lo scrutava a sua volta, interdetta. Non l’aveva riconosciuto e si domandò perché un suo suddito indossasse un’armatura con lo stemma del Regno.

Salute, popolano,” esordì Amelia, con voce squillante. “Come può esserti utile la tua Principessa?”

“Salve Amelia,” rispose lui, con un tono inspiegabilmente affettuoso, sebbene rispettoso della loro distanza sociale. Dal suo modo di camminare, dal suo sguardo ed ora dalle sue parole risultava che lui già la conoscesse, ma ancora Amelia non riusciva a capire chi fosse il ragazzo imponente di fronte a lei. Ai suoi sguardi interrogativi il giovane si stupì.

Ma come… non mi riconosci, Amelia?” riprese, sbalordito e vagamente deluso. “O forse dovrei dire ‘Altezza Reale’?” aggiunse poi, scherzosamente, come per alleggerire la tensione nella stanza.

In quel momento gli occhi della Principessa si illuminarono: possibile che fosse davvero lui?

“Var…Varnion?” pronunciò esitante, la bocca secca per l’emozione.

“In persona,” annuì il giovane.

Varnion! Non poteva essere lui! Era così diverso, così… grande! Ma dopotutto erano passati quasi quattro anni dall’ultima volta che l’aveva visto, e per tutto quel tempo lui le aveva mandato una quantità enorme di lettere dai più lontani angoli della penisola dei demoni, sicché lei aveva sempre saputo cosa stava facendo, con quali persone stava viaggiando, dove si stava dirigendo. Molte volte in quegli anni aveva fantasticato su come sarebbe stato se fosse tornato indietro, ma sapeva che Varnion per sua natura era uno spirito vagabondo. Eppure in quel momento era lì, di fronte a lei!

Riconoscerlo e corrergli incontro gettandosi fra le sue braccia fu una cosa sola.

Varnion la abbracciò sbalordito, piroettando per evitare di essere atterrato dalla potenza della ragazza.

“VARNION!” esclamò lei, le lacrime agli occhi per la felicità. “Sono così felice di vederti, Varnion!”

Lui ridacchiò, cercando di respirare nel poderoso abbraccio di Amelia. “Anch’io sono felice di vederti,” riuscì infine a rispondere. “E’ passato troppo tempo dall’ultima volta che ci siamo incontrati!”

Finalmente la ragazza poggiò i piedi a terra e allentò la presa sul suo collo, sicché Varnion riuscì a rimirarla meglio: aveva ancora i grandi occhi blu pieni di gioia di vivere di una volta, sebbene nel frattempo fossero successe molte cose. In quegli ultimi anni aveva sentito parlare della sua amica d’infanzia, diventata una girovaga Paladina della Giustizia insieme ad un gruppo di avventurieri, coinvolti nelle più terribili calamità, dalla distruzione di Sairaag alla morte dell’Hellmaster ai pericoli senza nome del mondo esterno.

“Non sei cambiata,” le disse infine, perdendosi nei suoi occhi.

“Tu invece sì,” rispose, giocosa, Amelia, che non notò l’espressione rapita nei suoi occhi color nocciola. “Sei diventato altissimo e fortissimo… Ma dove sei stato?”

“Un po’ ovunque… ti sono arrivate le mie lettere?”

“Sì, ma non sapevo mai dove mandare le risposte, eri sempre in movimento!”

“Sì, è vero, ho girato tutta la penisola dei demoni, poi quando la barriera dei demoni è caduta ho saputo che ti eri recata con tuo padre nell’Alleanza degli Stati Costieri, così mi ci sono diretto anch’io…”

“Davvero?” Amelia era sinceramente stupita. “Non me l’hanno mai detto!”

“Volevo passare a salutarti, ma a quanto pareva eri già partita. Oltretutto un maremoto aveva colpito la città e non ho potuto non dare una mano per le ricostruzioni…”

La ragazza annuì, fiera. Era proprio il comportamento che si aspettava da lui. “Mi rincresce che tu abbia fatto il viaggio a vuoto,” riprese contrita, dopo un attimo.

“Al contrario!” rispose Varnion e rise, al ricordo. “Ho avuto modo di rincontrare i nostri padri, che mi hanno informato un po’ sugli ultimi avvenimenti. Ho saputo che hai affrontato molte avventure…” Il suo tono di voce si fece più basso e preoccupato. “Devi essere stata in grave pericolo.”

“A volte sì,” annuì lei, con un po’ di malinconia nella voce. “Ma non ho mai dubitato che la Giustizia potesse trionfare, così io e miei compagni ce la siamo sempre cavata!”

“Ne sono felice,” disse Varnion, sollevato.

“Ma anche tu devi aver vissuto molte avventure,” riprese Amelia, lo sguardo illuminato dalla curiosità e dalla gioia. “E chissà quanti pericoli!... Accidenti, ho così tante domande da farti! Quando sei arrivato in città?”

“Da poche ore.”

“Allora dovrai essere molto stanco! Do subito ordine che ti venga preparato un appartamento qui a palazzo, così potrai riposarti un po’. Potremo parlare più tardi.”

Al ragazzo parve di sentire tutta la fatica di quei mesi di viaggio piombare su di lui in quel momento. Annuì, felice di poter riposare un po’. “Va benissimo!”

Amelia diede i suoi ordini al ciambellano e accompagnò Varnion verso l’ala occidentale del palazzo, tenendolo per un braccio. In quel momento non sembrava la principessa di un regno come Seillune, ma una ragazzina come tante, entusiasta di aver ritrovato un amico da lungo tempo assente.

Varnion, da parte sua, si sentiva estremamente felice di poter nuovamente camminare fianco a fianco ad Amelia, come tanti anni prima.

 

  
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