Anche questa volta… siamo arrivati all’ultimo
capitolo.
I versi della canzone di Michele Zarrillo:
“cinque giorni”
ci guideranno lungo il cammino.
Buona lettura
Light
Tony, tra le braccia di Ziva,
respirava a fatica.
Il dolore forte, del colpo di pistola che aveva preso
alla schiena, gli annebbiava i sensi.
-
Vivi… per me. O tutto quello che sono, non sarà servito a niente.-
DiNozzo aveva sentito a
stento quelle parole pronunciate dalla donna con un filo di voce.
Tutto gli sembrava così irreale.
Le sue labbra si erano increspate in un sorriso
sorpreso nel sentire quella dichiarazione spontanea da parte di Ziva, così restia nel dichiarare i suoi sentimenti.
Aveva tossito ancora, mentre il dolore si espandeva
nell’addome con rapidità, respirando leggermente e facendo attenzione a non
aumentare il male che provava.
Aveva aperto le palpebre, anche se il solo farlo, gli
era costato molta fatica e aveva guardato quegli occhi velati di lacrime che
tanto amava.
Iridi preoccupate e inorridite da quello che era
successo che nascondevano il timore di perdere lui… se avesse smesso di
lottare.
- Occhioni belli…- Aveva
iniziato con fatica. – Ho giurato a me stesso che pur di averti al mio
fianco avrei sollevato il mondo… - e
alzato la mano le aveva accarezzò la guancia.
- Te lo dissi allora e te lo ripeto ora: io non posso vivere senza di te e non ho
nessuna intenzione di lasciarti andare.-
Il viso di Ziva si era
rilassato per un attimo. Aveva appoggiato la sua mano su quella dell’uomo,
stringendola forte nella sua e se l’era portata al petto, vicino al cuore.
I due agenti si erano irrigiditi all’improvviso
avvertendo il pericolo.
- Ziva, hai la forza di
batterti?- Aveva sussurrato piano Tony.
L’Agente David aveva risposto con un ghigno divertito,
estraendo contemporaneamente dalla fondina dell’uomo la sua pistola.
Il malvivente li aveva sbeffeggiati senza rendersi
conto di quello che stava per accadere.
“Uno” Aveva iniziato a contare la donna.
“Due”.
“Tre” Aveva stretto forte l’arma nella mano.
“Quattro” Aveva appoggiato il dito indice sul
grilletto.
“Cinque!”.
Ziva si era voltata
di scatto, aveva protetto con il suo corpo quello del compagno, puntando la
pistola contro il malvivente sorpreso dalla sua reazione repentina, e senza un
attimo di esitazione aveva sparato.
Un altro colpo di pistola era risuonato nell’aria, a
una frazione di secondo dal primo, colpendo l’uomo alla testa che era caduto
all’indietro morto.
L’Agente David era rimasta immobile per pochi attimi, si
era voltata lentamente ed era scivolata a terra vicino a DiNozzo.
Tony
si era rilassato, alleggerito dal peso della paura, con la consapevolezza che
tutto era finito.
Aveva
chiuso gli occhi, stanco, lasciandosi trasportare dagli eventi.
Aveva
avvertito semplicemente un tocco leggero sulle sue labbra che debolmente aveva
risposto con un bacio fugace, percependo subito dopo il dolce peso del corpo della
compagna disteso su di sé.
Cinque giorni che ti ho perso
quanto freddo in questa vita
ma tu
non mi hai cercato più
Tony
aprì gli occhi per l’ennesima volta.
La
sua camera d’ospedale era immersa nella penombra, il sole piano, piano stava
lasciando il posto alla notte, incendiandosi al tocco
gentile della luna che lo salutava.
Cinque giorni.
Cinque
giorni che era disteso in quel letto d’ospedale, senza
provare e né sentire nulla nell’animo ma soprattutto nel cuore, ancora
incredulo che tutto quello fosse realtà, che tutte le sue paure fossero
diventate vere.
L’aveva
persa e lui non aveva potuto fare niente per opporsi a quel destino, l’unica
cosa che riusciva a fare era rivivere ogni attimo di quel momento che
tormentava senza sosta il suo animo ferito.
Troppa gente che mi chiede
scava dentro la ferita
e in me
non cicatrizzi mai
Ritornare
al lavoro non era stato facile per Tony.
Ovunque
andasse si ritrovava gli sguardi sconsolati e
dispiaciuti addosso, su di sé, come qualcosa di fastidioso che non riusciva ad
allontanare o scacciare, perché qualsiasi sforzo cercasse di fare, la ferita
che aveva sul cuore non cicatrizzava mai.
Gli
bastava un niente per farla sanguinare: vedere la scrivania della collega priva
di vita, vuota, senza di lei, era un peso sul cuore.
Tutto
gli parlava di Ziva e anche se cercava qualsiasi modo
per far tacere quella voce, lui stesso non smetteva di cercarla ovunque con la
speranza che tutto quello non era vero.
La
sua maschera da burlone non era più sufficiente a far smettere quell’insistente
domanda che i colleghi, McGee e la premurosa Abby continuavano a porgli “Come stai?”.
Aveva
una gran voglia di urlare ogni volta che glielo domandavano.
Come
si può continuare a chiedere “come stai”
a qualcuno che ha perso la ragione della sua vita?
Come
doveva stare?
Lui, non era niente senza di lei.
Niente.
Faccio male anche a un amico
che ogni sera è qui
gli ho giurato di ascoltarlo
ma tradisco lui e me
perché quando tu sei ferito non sai mai
oh mai
se conviene più guarire
o affondare giù
per sempre
Gibbs, una volta che Tony era stato dimesso
dall’ospedale, aveva passato ogni sera a casa dell’Agente ed era rimasto al suo
fianco per non permettergli di lasciarsi andare in quel duro momento che solo
lui poteva capire che cosa stesse passando nell’animo dell’uomo, poiché molti
anni prima, lo stesso dolore l’aveva quasi annientato.
Jade era diventata ormai tutti gli effetti una
consulente dell’Ncis. Ogni sera, dopo il lavoro,
accompagnava Jethro a casa di DiNozzo.
I
due, come se fosse un rituale, si salutavano con un lungo e delicato bacio e
prima di congedarsi la donna lo stringeva forte tra le sue braccia
infondendogli il conforto necessario per affrontare il mutismo ostinato di Tony
nel quale si era rifugiato.
L’agente,
senza farsi scoprire e senza poterlo evitare, osservava quel momento di
tenerezza tra i due, e odiava con tutto se stesso la loro felicità perché a lui
era toccato solo per poco, giusto il tempo di un alito
di vento.
Jethro, entrava in casa immersa nella consueta
semi oscurità, si dirigeva verso il frigo, prendeva due birre e poi raggiungeva
DiNozzo in salotto, si sedeva accanto a lui e gli porgeva la bottiglia.
Tony
l’afferrava con un gesto meccanico, accennando un
flebile movimento del labbro vero l’alto.
I
due rimanevano in silenzio per lo più del tempo.
Raramente
parlavano, ma si sa il silenzio era la migliore cura per quel male che provava
il cuore.
-
Devi rimetterti in carreggiata DiNozzo.-
Aveva intimato Gibbs in una delle tante sere.
Il
tempo era volato, i giorni si erano succeduti ai mesi e i mesi
si erano trasformati in un anno.
L’Agente
l’aveva guardato sorpreso.
-
E’ tempo che ti dai una scrollata. Ho bisogno di te nella mia squadra non di un
fantoccio.-
Jethro gli aveva appoggiato una mano sulla
spalla e lo aveva guardato profondamente negli occhi.
-
Basta Tony.- Aveva affermato
più serio con voce ferma e dura.
L’uomo,
senza aggiungere altro, era andato via lasciandolo solo con i suoi pensieri.
DiNozzo sapeva benissimo che il capo aveva
ragione, ma lui, non era ancora pronto.
Cinque giorni che ti ho perso
mille lacrime cadute
ed io
inchiodato a te
tutto e ancora più di tutto
per cercare di scappare
ho provato a disprezzarti
a tradirti a farmi male
perché quando tu stai annegando non sai mai
oh mai
se conviene farsi forza
o lasciarsi andare giù
nel mare
Il
tempo era passato, la vita continuava a scorrere come al
solito.
Si
svegliava, si vestiva, andava al lavoro, sbrigava le sue pratiche, investigava…
tutto come sempre.
Quel
sempre… però aveva perso colore, sapore, amore.
Più
di una volta le donne avevano cercato di instaurare un rapporto confidenziale
con lui, attirate dalla sua apparenza di uomo brillante e gioviale ma DiNozzo, alla fine, le allontanava sempre da sé.
Tony
aveva creduto veramente di poter riuscire, di poter dimenticare, abbandonare il
cuore che era solamente suo e donarlo
uno nuovo a un’altra, ma qualsiasi sforzo facesse, tutto risultava
vano e rimaneva inchiodato a lei: a Ziva.
Il
tempo trascorreva senza che lui potesse fermarlo o meglio ancora senza che lui
potesse farlo ritornare indietro a quel giorno.
Tutto
cambiava e anche il dolore si evolveva trasformandosi completamente in quel
sentimento così simile all’odio ma che in realtà era solo rancore.
Ogni
giorno cercava di ignorare quella scrivania vuota di fronte alla sua, evitava
di sentire quel vago profumo di vaniglia e rosa che aleggiava nell’aria il quale percepiva appena chiudeva gli occhi.
Allontanva da sé il ricordo di quella risata
cristallina, del suo sguardo furbo o duro da ninja killer impressi nella sua
mente che prontamente ritornavano a galla quando il caso lo richiedeva.
La
rabbia ben presto, prese il sopravvento.
La
rabbia per essere stato abbandonato, per aver creduto a quella promessa “vivi per me” e la delusione di essere
stato illuso di vivere una vita felice con lei.
Se
solo si fermava a pensare a quell’attimo, che ormai era solo un insieme
d’immagini sfuocate, il fiato gli mancava, togliendogli la facoltà di respirare
e il senso d’impotenza dilagava nel suo animo affondando il suo essere che
tentava in tutti i modi di rimanere a galla.
Come
se Gibbs riuscisse a prevedere il suo stato,
prontamente, in quei momenti, gli tirava uno scappellotto, che riusciva a
riportarlo alla vita.
Amore mio come farò a rassegnarmi a vivere
e proprio io che ti amo ti sto implorando
aiutami a distruggerti
Il
tempo era volato e il dolore si era attenuato ma la voglia di Tony di riavere Ziva tra le sue braccia non si era mai placata.
La
vita va avanti anche quella dei non vivi ma che in realtà vivono.
Tony,
in aereo, seduto al suo posto, chiuse gli occhi.
L’immagine
della donna gli comparve come al solito.
Sorrise
al volto felice della donna e una dolce sensazione di calore gli incendiò il
cuore.
“Una
nuova vita mi sta aspettando”. Pensò, respirando a fondo, volgendo lo sguardo
verso il finestrino e immergendosi nel profondo cielo azzurro.
Era
stato difficile prendere quella decisione, ma alla fine, aveva capito che
doveva allontanarsi se veramente voleva riprendere la sua vita tra le mani.
Non
avrebbe mai smesso di amarla, sarebbe stata sempre la persona più importante,
ma ora doveva voltare pagina.
Cambiare
stato.
Cambiare
posto.
Cambiare
colleghi e lavoro.
Cambiare
semplicemente vita.
Quando
il Direttore Vance gli aveva proposto di dirigere
un’unità dei corpi speciali all’Ncis
di Los Angeles non aveva esitato un attimo e aveva accettato subito.
Un
unico pensiero, come una preghiera dolorosa, si era materializzato nella sua
mente mentre osservava la tomba di Ziva una volta che
aveva sfogato tutta la sua frustrazione.
“Ti amo, ti amerò
per sempre, ma aiutami a distruggerti solo così
potrò mantenere la mia promessa e vivrò
per te”.
Si
era inginocchiato e aveva lasciato l’orchidea che le aveva portato.
Aveva
scelto quel fiore per il suo profumo delicatissimo e i petali vellutati, un
fiore che gli ricordava lei così sensuale e profonda.
Aveva
tenuto per qualche secondo la mano sulla pietra fredda mantenendo gli occhi
chiusi.
“Vai” Ziva gli
aveva sussurato dolcemente sulle labbra.
Tony,
a sentire nuovamente la sua voce, si era destato scoprendo poi che in realtà,
era stato semplicemente il tocco della mano di Gibbs
sulla spalla che lo incitava ad andare.
Con
un lieve peso sul cuore se ne era andato incontro alla sua nuova vita, senza
voltarsi.
Aveva
lottato con tutte le sue forze per opporsi e rimanere incatenato a lei, ma alla
fine, aveva capito che non poteva farlo, avrebbe continuato solamente a farsi del male.
Aveva
preso il coraggio tra le mani e aveva accettato il suo destino, in fondo chi
era lui per mettersi contro di esso?
Anthony
DiNozzo, Agente Speciale Anthony DiNozzo
molto speciale!
Semper
fidelis
Qualcuno
ha bisogno di un fazzoletto? Beh, non chieda a me che li ho esauriti tutti e
sto usando la carta igienica, quella foxy perché è
morbida e non termina mai o è quella regina? ^^
Pare
proprio che sia finita.
Confermo:
Sì, è finita. (Ehi! Cos’è quel sospiro di sollievo???)
Confesso,
fin dall’inizio, Ziva doveva morire, anche se ho
lottato contro la parte di me stessa, che voleva una fine diversa, per portare
avanti la prima visione che ho avuto quando ho
iniziato a scrivere Mai dire Mai.
E’
stato difficile, per un attimo il mio potere Polly
aveva preso il sopravvento, ma poi la canzone di Zarrillo,
tramite la voce di Laura Pausini, cinque
giorni, una mattina di questa settimana, mi ha fatto capire che non sarebbe
stato giusto opporsi al destino che aveva già scritto la storia.
Spero
che questa scelta non abbia deluso nessuno, in fondo non sempre ci può essere
il lieto fine e a volte è così che deve andare.
Ma passiamo a cose più piacevoli ovvero ai ringraziamenti:
Che
dire a queste splendide fanciulle: Maia, slurmina, Roxy, piccoli giganti, identity se non un enorme grazie, con tutto il mio cuore.
Siete
state l’energia portante di tutta la storia e nonostante abbia fatto fatica a
prendere il volo e procedere nella stesura siete rimaste al mio fianco.
GRAZIE
davvero.
Grazie
anche a chi ha seguito a modo suo la storia, ha collaborato e ha aspettato
pazientemente il proseguo.
Bene,
ora finalmente un po’ di riposo, ma fino a quando? E chi lo sa ^^