Blood
& Chocolate
Prologo
―
Capitolo #1 ―
Era
una giornata primaverile, una qualunque, una giornata soleggiata, con
una
soffice e vellutata brezza che le accarezzava dolcemente il viso. Quel
viso che
da molto tempo aveva perso il suo bagliore, il suo rossore sulle gote e
quelle
labbra rubiconde sembravano aver dimenticato come fare quel sorriso
dolce che
le ornava il viso in ogni occasione. Da molto tempo ormai Catherine
passava le
giornate in modo alquanto monotono; alle sette la balia la svegliava,
poi procedeva
con un bagno rilassante, seguito dalla vestizione mattutina, si recava
al pian
terreno dove insieme alla sua famiglia faceva colazione e trascorreva
la sua
mattinata studiando. A mezzodì la famiglia Prince si riuniva
a pranzo e
successivamente, ogni componente della famiglia ritornava ai propri
doveri.
Catherine si recava nello studio, nel quale lavorava duramente
poiché era
vicino il suo ritorno ad Hogwarts. Per un periodo, la vita di Catherine
fu un
susseguirsi di avvenimenti in quell’estate e lei stessa
stentava a credere che
fossero veramente accaduti; ricordava con grande amarezza la sua
permanenza
all’ospedale San Mungo ma d’altra parte rammentava
l’incontro con quel ragazzo moro di Tassorosso, Eliah Beery,
con il quale
inizialmente aveva avuto dei battibecchi ma poi stoltamente gli aveva
permesso
d’insinuarsi nel suo cuore, in quel posto così
gelosamente custodito, in cui
nessuno aveva mai avuto il permesso d’intrufolarsi. Ricordava
quanta gioia quel
ragazzo le aveva fatto provare, quanti nuovi sentimenti le aveva fatto
scoprire, tra i quali l’amore. Quel sentimento che Catherine
aveva imparato ad
accettare, guidata da Eliah che era il suo pilastro, la sua sicurezza.
Colui
che l’aveva salvata da se stessa. Ma come tutte le cose
belle, anche la
felicità prima o poi ha una fine e non tardò ad
arrivare; e quando lo fece
travolse la piccola Catherine cogliendola di sorpresa, proprio come un
fiume in
piena.
Ormai
era notte fonda, Catherine guardò la luna e le stelle e non
poté fare a meno di
apprezzare la loro magnifica luminosità e la loro
maestosità in quel cielo
sereno e privo di nuvole. Era ancora così terribilmente
arrabbiata con lui,non le
aveva scritto nemmeno una lettera da quando si erano salutati al
binario 9¾
alla stazione di King’s Cross. Tra le tante cose che
turbavano Catherine Prince
quella sera, c’era qualcosa nel profondo del suo cuore che
stava nascendo, lo
poteva sentire e non poteva fare nulla per fermarlo, qualsiasi cosa
fosse. Sentì
un rumore, insolito l’avrebbe definito, così
sgattaiolò fuori dal letto e rimase
in ascolto per un poco finché con un po’ di
coraggio uscì dalla porta
con la mia bacchetta. –Lumos!- sussurrò atterrita
mentre scendeva
silenziosamente la lunga scalinata che portava al pian terreno. Rimase
in
attesa di qualche cenno di “disordine” e questo non
tardò ad arrivare; cercò,
seppur terrorizzata, di seguire quei rumori strani, che alla fine la
condussero
al cancello di casa. Guardai oltre i confini di Villa Prince. -Lumos
maxima!-
sussurrò cercando di scrutare meglio fino ai confini del
bosco e poi lo sentì
di nuovo, ma il rumore si allontanava sempre di più dal
giardino di casa. –
Alohomora- bisbigliò insicura. Sigillò nuovamente
la porta prima di inseguire
quel rumore, che la condusse fino ai confini del bosco, quel boschetto
che
faceva da confine tra quel posto magico e quello babbano. Quel
boschetto in cui
di giorno faceva grandi passeggiate spensierata. Ma in quel momento,
tutto
assumeva quel non so che di tetro. Poi, le si gelò il sangue
nelle vene, vide due
occhi rossi tra gli alberi nel bosco che le si avvicinavano sempre di
più.
Indietreggiò finché poté e poi nulla.
Quegl’occhi rossi scomparvero così come
erano comparsi. Corse fino al cancello di casa. Mancava veramente
così poco, ma
si dovetti fermare di colpo, perché quegl’occhi
rossi si erano materializzati
proprio davanti a lei e con orrore capì a chi appartenevano.
Pensava che quelle
voci fossero solo dicerie ma come tutti non aveva creduto possibili
certe cose.
La cosa che si era appena materializzata davanti a me, era un lupo
mannaro. Non
uno qualsiasi, bensì uno cattivo, un lupo mannaro che amava
fare a pezzi
uomini, donne ma ciò che lo deliziava di più era
mordere i bambini. Fenrir
Greyback era davanti a lei, con quel suo ghigno spietato.
–Catherine
Prince, non è vero ?- ghignò quello mentre si
avvicinava. Catherine annuì completamente
terrorizzata. Si era entusiasmata molte volte mentre Dorian, suo
fratello, le
narrava le storie e le leggende più sinistre, ma in quel
momento le sembrava di
essere la protagonista di una di esse.
–Del
tutto
incantevole la luna questa sera … Prince, che ne dici di
giocare alla
Principessa e il cattivo lupo mannaro ?- disse ridendo sguaiatamente,
sentì un
sonoro “crack” e poi comparve un mazzo di lettere.
–Sai, Prince, se giochi con
me, potresti riavere le tue lettere- rise nuovamente. Non
proferì parola perché
la voce era scomparsa e non solo quella in quel momento. Tutto sembrava
non
voler collaborare, nessun muscolo sembrava volersi muovere. Non ebbe il
tempo
di scappare perché tutto successe troppo velocemente
perché Catherine potesse
comprenderlo. Era stato tutto molto doloroso e quando si
risvegliò si ritrovò
su un letto, non il suo letto nella sua stanza accogliente, ma in una
camera
bianca. Sgranò gli occhi vedendo il mucchio di lettere sul
comodino e stava per
afferrarle quando si ritrovò con una ressa attorno.
Infermieri, la sua
famiglia. Solo allora capì veramente cosa successe quella
notte. “San Mungo:
Giovane attaccata da lupo mannaro”, sapeva a chi si riferiva
il Profeta. La sua
famiglia non aveva permesso di diffondere la notizia al di fuori
dell’ospedale.
Catherine
seduta su una delle tante panchine di ferro battuto che
v’erano nel roseto,
appoggiò il libro sulle cosce e con l’indice
raccolse le lacrime che stava
versando per quei ricordi che le provocavano un dolore immenso. Non
passava
giorno in cui quei ricordi non le davano tormento e sembrava che quella
ferita
non volesse rimarginarsi.
Chiuse
definitivamente il libro e alzò il volto; quando le sarebbe
stata concessa un
po’ di quiete ? Sospirò e si alzò. Poi,
decise di farsi una lunga camminata per
i giardini della sua modesta villa. Guardava le rose, i tulipani, i
gigli e i
lillà e tutti quei bei fiori colorati che non riuscivano
più a farla sentire felice.
Da quando quella felicità era scomparsa così
inavvertitamente molte cose erano
cambiate e sembrava che le seccature per lei non avessero mai fine, ma
forse un
pochetto se le era andate anche a cercare. Si destò da tutte
quelle
preoccupazioni e rientrò in casa, era tanto stanca ma nel
frattempo anche così
arrabbiata. Posò dolcemente il libro sulla sua scrivania e
si munì di bacchetta
magica. Ma si bloccò allo specchio, si tolse
gl’indumenti e si guardò, ancora
non riusciva ad accettare i segni che provavano la sua
diversità. Ma Catherine
probabilmente non si rendeva conto che lei sarebbe rimasta comunque una
ragazza
bellissima. Era alta per la sua età, aveva dei
begl’occhioni verdi e i capelli
lunghi mossi di un rosso acceso. Un viso ovale e la pelle candida, un
po’
pallida che però le dava quel non so che di nobile, quasi
come una bambola di
porcellana. E poi il fisico, aveva quel fisico per il quale ogni
ragazza
avrebbe fatto anche un patto con il Diavolo per averlo. Non era troppo
magra,
era perfetta, semplicemente. Si mise una semplice canottiera bianca con
una
minigonna con una fantasia a fiori rosa e le ballerine nere.
Uscì dalla stanza
e proprio in quel momento Dorian, il suo fratellone maggiore, la
raggiunse:
–Allora
Sorellina, vuoi che il tuo bel fratellone t’insegni qualcosa
di nuovo, oggi ? –
disse sorridente lui mentre la conduceva nel loro ampio giardino.
Dorian
e per l’esattezza Dorian Chase Nathaniel Prince, era un
maghetto purosangue che
aveva finito gli studi con il massimo dei voti ai M.A.G.O. Egli aveva
sempre
ambito a grandi cose ed era diventato un Auror, e presto forse avrebbe
ricevuto
una promozione. Per Catherine ciò significava avere la
massima protezione in
casa e anche un buon insegnante. Infatti
nel tempo libero lui le insegnava sempre cose nuove: Catherine era una
studentessa modello, aveva la media di Oltre ogni previsione e
Eccellente e ne
andava fiera. Le piacevano molto le materie pratiche come Incantesimi,
Pozioni,
Trasfigurazione ma la sua preferita era Difesa Contro le Arti Oscure.
Oh si,
anche lei voleva diventare Auror e dopo
“l’incidente” con Greyback lo voleva
ancor di più. Catherine, inoltre, grazie alla sua famiglia
più che benestante
poteva permettersi alcune cose e lei ne usufruiva per acculturarsi
sempre di più;
per la sua età sapeva fin troppe cose,
all’età di tredici anni già sapeva
produrre un Incanto Patronus completo e in Pozioni la sua fantasia non
aveva
alcun limite e grazie alla sua perspicacia e la sua spiccata ambizione
stava
diventando forte, una strega coi fiocchi. Anche Silente stesso riteneva
che
Catherine sapesse maneggiare con troppa determinazione e sicurezza la
magia ma
non ne era spaventato bensì incuriosito e rallegrato.
–Doriaan,
mi parli delle tre Maledizioni senza perdono ? – chiese poi,
con quella luce
negl’occhi, al fratello, il quale a sua volta si
girò spiazzato e la guardò
spaventato; insomma era troppo piccola per quel genere di magia.
–Catherine,
ti ho già detto mille volte che non devi leggere i miei
libri di Magia Oscura.
– fece lui cercando di risultare il più
autoritario e risoluto possibile.
–Ma
Dorian! Insomma, lo sai che sono affidabile, non li userei mai, voglio
solo
fare qualcosa di un po’ più difficile, ormai ho
finito di studiare tutti
gl’incantesimi del mio libro e ho già diciamo
preso in prestito i tuoi che hai
usato per i M.A.G.O, insomma non mi sembra roba impossibile
… E poi sono
terribilmente interessanti le Arti Oscure, anche tu ne sei attratto!
– replicò
lei insistendo e non si sarebbe schiodata da lì fino a
quando non avrebbe
ottenuto ciò che gli aveva chiesto. Il povero ragazzo sapeva
di influenzarla, a
quanto pare Catherine poteva svolgere tranquillamente i M.A.G.O a
momenti. Avrebbe
messo sotto chiave una volta per tutte quei dannati libri da Auror. Non
poteva
di certo permettere ad una sorellina sedicenne e per giunta minorenne
di
interessarsi troppo alle cose dei grandi, doveva viversi la sua
adolescenza in
modo più spensierato possibile.
–No
Catherine, non posso. Però se vuoi posso insegnarti qualcosa
di nuovo, di un
po’ più difficile di Pozioni, è da un
po’ che non fai pratica! – disse lui
prendendola alla sprovvista.
–Oh
non è vero! Ho solo pensato che sarebbe stato carino
arrivare di nuovo a scuola
più preparata che mai! – replicò lei
con un finto broncio.
–Oh
si, però per il caro professor Piton non ti porti
così avanti, eh sorellina ? –
–Ecco
io … be’ dopo quel piccolo incidente–
iniziò lei, mimando la parola
‘indidente’
tra virgolette. –Voglio saper usare qualsiasi tipo di
magia– disse risoluta,
poi però si fece più pensierosa: sapeva che il
fratello aveva ragione, in
effetti lei era la più brava del suo anno in tutto e non
voleva che il suo
“Eccellente” in pozioni sparisse così
come se lo era duramente guadagnato.
–D’accordo,
ma solo perché Piton è così
maledettamente cattivo. – disse lei mentre lo
trascinava nel loro grande “laboratorio”
sotterraneo dove poteva esercitarsi.
Dorian
la guardò e ora non sapeva proprio cosa inventarsi, insomma
lei sapeva già fin
troppo sulle Pozioni, non si sarebbe stupito se sapesse già
fare del
Veritaserum o della Felix Felicis. Poi però
s’illuminò d’immenso, non che il
pensiero lo rallegrasse, ma se Catherine lo fosse diventata doveva ben
sapere
almeno come fare per stare meglio.
–Catherine
la conosci la ‘Wolfsbane’ ? –
buttò lì con un sorriso impacciato Dorian mentre
Catherine gli trotterellava al fianco. Fece segno di diniego con il
capo e con
un sorriso prestò massima attenzione. Il risultato fu
più che soddisfacente.