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Autore: Lilith82    31/05/2011    14 recensioni
Questa storia è stata "necessaria" per me. Necessaria da scrivere. Necessaria da condividere. E' la prima fan fiction che abbia mai scritto in vita mia. L'ho cominciata quasi due anni fa. Rileggerla ora, mi fa un certo effetto, lo ammetto. Ma la amo come il primo giorno! Ed anche se, probabilmente, farò delle piccole modifiche, la lascerò intatta il più possibile. E' il mio seguito di Breaking Dawn, necessario, appunto, perché non sapevo rassegnarmi alla fine della saga. E' la storia di Renesmee, di Jacob, di Edward e di tutti gli altri.
Spero vi piaccia. Fatemi sapere.
dal primo capitolo:
"Poi riuscii a muovere le dita di una mano, non che lo avessi voluto, ma quel piccolo movimento mi permise di riprendere contatto coi miei confini fisici, sentii le gambe sfiorate da gambe infuocate, sentii il petto vicino ad un altro torace, grande e ardente, sentii le guance tenute in due grandi mani brucianti, sentii le mie labbra contro le sue grandi labbra scure, come ghiaccio avvolto dal fuoco e capii:
Jacob Black mi stava baciando!"
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Jacob Black, Renesmee Cullen, Un po' tutti | Coppie: Jacob/Renesmee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Intact world'
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rieccomiiiii!!!
siete state così carine a recensire ed inserire la storia tra le seguite/ricordate/commentate così velocemente che ho deciso di postare prestissimo il primo capitolo!
Ora, se volete il prossimo per Domenica, dovrete ASSOLUTAMENTE farmi sapere cosa ne pensate! :-P
un grande abbraccio
Lilla ;-)


CAPITOLO 1 : IL PRIMO

Attraversare il bosco di corsa, più svelta di qualunque animale, in gara col vento, arrampicarsi sui grossi tronchi fino ai rami più alti, penzolare sulla cima e poi lasciarsi andare dalla punta di un grosso abete, in caduta libera fino ai rami bassi e contorti dei cedri avrebbe dovuto sembrarmi semplicemente impossibile, ma, per me, era normale: una consuetudine, una magnifica consuetudine.
In effetti, la mia vita, decisamente fuori dalla norma, si era ormai infittita di piacevoli abitudini, di costanti, di punti fermi che rendevano tutte le stramberie di cui ero circondata del tutto secondarie. Le stramberie, appunto, cominciavano da me: unica figlia di un vampiro e di una umana, divenuta anch’essa vampira in seguito ad una gravidanza non proprio salutare. Fin dalla nascita il mio corpo era cresciuto così in fretta che dopo neppure sette anni avevo raggiunto la struttura fisica di una diciassettenne. Beh... non ero ancora abbastanza alta, né bella come zia Rosalie, ma... perché non confidare nel futuro?
Il mio sviluppo super accelerato era una elettrizzante costante, ormai. Ogni mattina, al mio risveglio ero consapevole di esser cresciuta ancora un po’, senza neppure dovermi specchiare: lo sapevo. Come sapevo che la mia intelligenza si teneva al passo: in pochi anni avevo raggiunto e superato il livello di apprendimento di una studentessa delle scuole superiori.
I miei ne erano orgogliosi! I miei genitori vampiri, i miei bellissimi e amorevoli genitori vampiri, loro erano quasi la mia costante preferita: il loro amore reciproco, il loro amore nei miei confronti e il mio amore per loro rendevano l’atmosfera della nostra piccola casetta nel bosco quasi irreale, da fiaba.
E poi... la miglior consuetudine: ogni mattina, al mio risveglio, sapevo che Jacob Black era lì, da qualche parte. Nel bosco, nella grande casa dei nonni, oltre il fiume, o in casa coi miei, a esaurire le nostre provviste.
Ogni mattina lui era lì per me e, aprendo gli occhi, io non cercavo che lui.

Già... cercare, si stava facendo cercare, dove si è cacciato? pensai.
Si era allontanato più del solito, forse, aveva trovato una nuova zona di caccia.
Intercettare il suo odore non fu difficile: anche se era perfetto per mimetizzarsi nella foresta, io l’avrei riconosciuto ovunque.
Sapeva di terra, di corteccia e di muschio, insomma... di lupo.
Eccolo!
La sua figura era imponente anche dal ramo da cui l’osservavo. Era veramente alto, anche se il suo sviluppo sembrava essersi arrestato da qualche anno, era il più alto di tutti, vampiri e licantropi. Seth lo sfidava spesso: “Diventerò più alto di te!”, ma non sembrava che gli importasse. Le spalle risultavano quasi troppo strette per la sua altezza e i fasci di muscoli che le attraversavano estendendosi alle braccia ed al torace sembravano voler sfondare il limite della pelle per guadagnare maggior spazio. Le gambe erano incredibilmente muscolose, come a contenere tutta la potenza di quella magica creatura che lui era, la carnagione bronzea e lucente, poi, era la ciliegina sulla torta. Su tutti, Jake esercitava un misto di attrazione e repulsione, ma non per me: a me Jake non sembrava affatto pericoloso, quanto all’attrazione beh... era più buffo per me.
 Il fatto era che gli altri non badavano a un sacco di cose. Per esempio, Jacob aveva delle mani molto belle, grandi e forti, incredibilmente integre se si considerava quanto amasse arrampicarsi su qualsiasi superficie verticale a sua disposizione. Nessuno si soffermava ad osservare i suoi capelli incredibilmente neri, lisci e splendenti, e non si accorgevano di quanto gli costasse tagliarli. Forse lo faceva perché sapeva che mi piacevano lunghi o forse per qualche altro motivo, comunque, se li faceva arrivare fino al mento anche se questo comportava qualche problema beh.. di pelo!
E poi nessuno guardava il suo viso, non davvero, non come me, almeno. Altrimenti avrebbero visto oltre i tratti decisi e un po’ imbronciati gli occhi scuri, infantili e adulti allo stesso tempo, come se avessero dovuto vedere tanto e troppo in fretta. Quegli occhi erano come i suoi pensieri, pensieri profondi in un animo spensierato, da ragazzino.
Nessuno, a parte me, restava basito di fronte al suo sorriso, pieno e aperto, disarmante.
Chi poteva pensare che Jake fosse pericoloso vedeva solo la maschera, il ruolo che, per necessità o dovere, a volte, indossava. E se qualcuno pensava che lui fosse intrigante non doveva vedere quanto, in fondo, lui fosse innocente e disarmato.
...e pensieroso!
Quella mattina era incredibilmente pensieroso... chissà cosa lo preoccupava?
Forse, aveva anche lui qualche sorta di ansia assolutamente ingiustificata nei miei riguardi, come mio padre...
Scacciai velocemente una punta di fastidio al pensiero della nostra ultima conversazione e mi concentrai su Jacob: pensieroso o no, il programma era caccia ed io ero nella posizione ideale per un agguato.

Mi preparai a saltare, acquattandomi di più sul ramo e facendolo ondeggiare al mio peso. Ero quasi sopra di lui, avrebbe dovuto sentirmi, sentire il mio odore, il suono delle fronde provocato dal mio movimento, ma rimase lì ...sempre pensieroso...
“Tana!” strillai. E con un salto fui su di lui, sbalzandolo dalla roccia su cui si era seduto e facendolo rotolare quasi venti metri più in là, oltre il ruscello, fino all’alta parete ricoperta dai muschi. In un altro slancio gli ero di nuovo addosso bloccandolo con le braccia e con le gambe, ma mi deluse ancora: avrebbe dovuto reagire ma non lo faceva, scalciarmi via, ringhiarmi o forse trasformarsi, ma non lo faceva, solo, mi scrutava con un espressione indecifrabile sul volto.
“Ehi.. lupo, ti hanno ipnotizzato!”
Forse fu il sentirsi una mano libera, forse fu la mia mano che gli sventolava davanti alla faccia, ma un lampo passò nei suoi occhi, dandogli la consapevolezza di ciò che stava accadendo, e reagì. In meno di un secondo mi ritrovai aggrappata a un grosso ramo, tra gli alberi della foresta. Mi aveva scaraventata troppo piano perché mi facessi male ma abbastanza da rimandarmi indietro quasi fin dietro la casa dei nonni.
Bene: lui era di gran lunga più forte, ma io, di certo, più veloce! Quando sentii che caricava per riattaccarmi lo precedetti e gli fui addosso prima che potesse vedermi arrivare. La velocità della rincorsa mi diede la forza necessaria per trascinarlo con me: finimmo nel ruscello che le piogge abbondanti dell’inverno avevano formato. Il flusso delle acque era vigoroso e pieno di correnti, la temperatura molto bassa, forse, parte di quelle acque proveniva dai ghiacciai che avevano cominciato da poco a sciogliersi.
Non ci badammo più di tanto, cominciammo a rincorrerci, saltellando con agilità sulle rocce che spuntavano dalla superficie senza renderci conto di dove stavamo andando.
 “Arrenditi, bambina! Non hai speranze con me, lo sai!”
Sfacciato, sfacciato e presuntuoso licantropo dal sorriso irresistibile!
Per un attimo era riuscito a distrarmi, quasi riusciva a prendermi!
Mi ero afferrata ad una sporgenza della parete giusto in tempo.
Accidenti! Grande errore cominciare a scalare quella muraglia naturale così viscida: lui era molto, molto più abile di me come scalatore. Accidenti! Già ghignava soddisfatto.. mi avrebbe preso in un baleno! Mi restava un unica possibilità: saltare. Ma dove? Proprio in quel punto, il torrente si rovesciava in uno strapiombo, forse per una trentina di metri. L’acqua era un buon posto dove nascondersi considerato che io ci sapevo fare molto più di lui con le correnti e l’apnea.
Non potevo più pensare: saltai.
Fu incredibile! La sensazione di volare era indescrivibile.
Non avevo mai fatto un salto così alto: sarebbe venuta una crisi di nervi ai miei se avessi mostrato solo il desiderio di una simile scarica di adrenalina.
E a Jake, pure.
“No  Nessie!” lo sentii urlare disperato.
“Ahi! ahi ah..”
Nel momento in cui mi ero unita alle acque scroscianti qualcosa di duro, molto duro mi aveva colpito in pieno petto, ma non sapevo dirmi cosa, non sapevo dirmi niente, ero totalmente disorientata. Sentii il desiderio di respirare, ma nel momento in cui aprii i polmoni c’entro solo acqua, acqua gelida. Mi sentii mancare le forze, una lontana parte di me ricordava di dover gestire le correnti ma non potevo: il corpo non poteva, la mente stessa si stava arrendendo.
Muoio fu l’ultimo pensiero, e mi lasciai andare.
La corrente che mi aveva premuta contro il letto del torrente, quella stessa corrente mi spinse verso la superficie allontanandomi dagli scrosci potenti della cascata.
Fu allora che sentii due braccia infuocate portarmi in salvo.
“Ness, Nessie ti prego, rispondi!” lo sentivo ma non lo vedevo: solo buio.
Quando mi mise seduta, colpendomi le spalle, sputai fuori l’acqua che mi aveva invaso i polmoni.
Con gran dolore riuscii a respirare.
In un rantolo, mi liberai di altra acqua e il mio respiro sembrò migliorare.
Mi adagiò al grande masso alle mie spalle, e lasciò che la respirazione si regolarizzasse pian piano.

Riuscire a vederlo fu un incredibile sollievo. E di più: era come se lo vedessi per la prima volta!
I capelli scuri e bagnati si erano incollanti su una guancia, la sua pelle era lucente, la fronte era corrugata dalla preoccupazione, la mandibola leggermente tesa.
Furono le labbra, però, ad ipnotizzarmi: le grandi labbra scure di Jacob erano diverse, le indagavo come volessi cogliere un qualche messaggio nascosto, nascosto in quella forma affascinante, nascosto nelle piccole pieghe che non avevo mai notato, nascosto nel loro aspetto: in quel momento, sembravano in attesa, in una esitante speranza.
Quando si avvicinarono, sobbalzai fissando quei profondi occhi scuri: davvero non li avevo mai visti! Non avevo mai visto tutta quella intensità, l’indescrivibile intensità con cui mi guardava ora. Poggiò entrambe le mani sulla roccia, poco sopra le mie spalle, si avvicinò piano, osservandomi: semi-sdraiata, fradicia e ancora leggermente affannata. Mi sentii punta dall’imbarazzo, perché mai arrossivo? Perché, improvvisamente, quella familiare vicinanza mi faceva sentire nervosa?
Quasi tentai di arretrare, non potevo...
Catturò il mio sguardo. Il suo era incredibile: intenso ed incerto, incerto e sereno insieme.
Anche se mi sentivo sicura di non averlo mai visto guardarmi così, fu come se riconoscessi quello sguardo. Come se fossi in grado di accoglierlo e ricambiarlo profondamente, come se potessimo fonderci in quella intensità.
E poi, ci fu solo calore! Calore rosso accecante: vedevo rosso e sentivo solo il calore! Calore sulle gambe, calore sulle braccia, calore contro il petto, soprattutto, calore: un incredibile calore sulla faccia. Le guance sembravano in fiamme, l’umidità fredda che le aveva abitate fino ad un attimo prima, sembrò soffiata via come da un enorme phon. E le labbra! Era come se le avessi messe sul fuoco, due fiamme ardenti premevano sulle mie labbra, le avvolgevano, le risucchiavano. Era come aver perso i limiti del proprio corpo, ogni cosa era contenuta in quel rosso abbraccio! La volontà, gli istinti, i pensieri: tutto era stato accantonato, come se non importasse affatto.
Poi riuscii a muovere le dita di una mano. Non che lo avessi voluto, ma quel piccolo movimento mi permise di riprendere contatto coi miei confini fisici, sentii le gambe sfiorate da gambe infuocate, sentii il petto vicino ad un altro torace, grande e ardente, sentii le guance tenute in due grandi mani brucianti, sentii le mie labbra contro le sue grandi labbra scure, come ghiaccio avvolto dal fuoco e capii:
Jacob Black mi stava baciando!

  
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