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Autore: lete89    07/06/2011    18 recensioni
Un Principe potente.
Una Principessa straniera.
Un matrimonio combinato.
Accettato e subito.
Cosa accadrà?
I pensieri lenti si trasformano in haiku.
L’ haiku rivela uno specchio vuoto: si inscrive nello spazio senza simbolizzare nulla e senza la pretesa di avere un significato. È un'immagine opaca, priva di riflessi.
Commentare un haiku è dunque impossibile. Si può solo dire che, in tutta semplicità, qualcosa avviene e basta.
Unendo i destini di un giovane guerriero e di un fiore di ciliegio.
Nell'iconografia classica del guerriero il ciliegio rappresenta insieme la bellezza e la caducità della vita: esso, durante la fioritura, mostra uno spettacolo incantevole nel quale il samurai vedeva riflessa la grandiosità della propria figura avvolta nell'armatura, ma è sufficiente un improvviso temporale perché tutti i fiori cadano a terra, proprio come il samurai può cadere per un colpo di spada infertogli dal nemico. Il guerriero, abituato a pensare alla morte in battaglia non come un fatto negativo ma come l'unica maniera onorevole di andarsene, rifletté nel fiore di ciliegio questa filosofia.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Steso sul prato

Steso sul prato

il segreto palese

del nostro stato.

 

Srotolò la pergamena cominciando dall’inizio.

Era sempre un piacere leggere le lettere della Regina-Madre.

Ormai erano mesi che erano lì, nella terra dei laghi, ma quei rapporti costanti e completi le facevano sentire meno la distanza.

 

-Tua madre è felice di essere tornata ad occuparsi del Regno.-

 

Sesshomaru scostò la testa, evitando un fastidioso raggio di sole che, lento, trapelava dai rami.

 

Giochi di luce

tra le nuvole grigie

sbircia il sole.

 

-Così scrive?-

 

Sakura scosse lenta la testa.

 

-Così capisco.-

 

La vita: un denso sentiero

verso un senso.

Almeno penso

 

Non lo avrebbe mai detto a parole, lo sapeva.

Era troppo orgogliosa, troppo altera.

Ma regnare le piaceva.

Ricevere i nobili, controllare i commerci, sedare le liti.

Si sentiva davvero realizzata nello svolgere quelle funzioni.

E lo si capiva dall’accuratezza, dall’impegno, dalla fatica.

Versò una tazza di the, offrendola a Sesshomaru che, stizzito, ignorò il gesto.

Sakura sbuffò, iniziando a sorseggiare lenta la tazza mentre Yasu, poco lontano, raccoglieva fiori con Rui.

 

-Riesci a immaginare tua madre qui, in queste terre? Magari a giocare con i coetanei o a…-

-No.-

 

Guardi altrove,

nascondo col sorriso

strazio e buio...

 

Sakura storse il naso. Aveva risposto troppo velocemente.

Probabilmente si era preparato quella risposta da tempo.

Prevenuto.

Fissò la radura dove avevano fatto sosta quel giorno. Erano ai limiti estremi del regno. Poco oltre, dopo quei boschi, c’erano terre libere. Non ancora assoggettate al Regno dell’Ovest. E popoli che combattevano per la loro libertà. Che combattevano per liberare villaggi che, una volta, formavano con loro un regno autonomo.

Sesshomaru aveva deciso qualche settimana prima di riprendere il piano di espansione.

In fondo, ormai, le truppe al confine con Haru non erano più necessarie.

Solo qualche battaglione di soldati, soprattutto giovani arruolati sul luogo, per controllare il regolare svolgimento del commercio e sedare le liti frequenti dei mercanti e dei marinai.

Ormai una buona parte dell’esercito dell’Ovest, conquistata Haru, poteva dedicarsi ad espandere invece un’altra zona dell’Impero.

Sakura sospirò, sentendo improvvisamente freddo.

 

Cerchi di fumo

racchiudono pensieri

poi, svaniscono

 

Che cosa avrebbe fatto se non fosse stata scelta?

Ci sarebbe stata la guerra?

Si sarebbero arresi senza combattere?

Conoscendo il suo popolo no, era certa che avrebbero combattuto.

Ma lei?

Rischiare di perdere suo padre?

Kamigawa non sarebbe certamente rimasto a letto, anche se malato.

Avrebbe voluto morire sul campo.

E quindi sì, ci sarebbe stato uno scontro.

Uno scontro con il nemico Ovest.

Fortuna che, tutto quello, non sarebbe mai accaduto.

Stiracchiò un sorriso, rigirandosi la pergamena fra le mani, mentre un ammonimento di Yasu a Rui, troppo, troppo vicino al bosco, la riportava alla realtà.

Si voltò verso Sesshomaru, trovandolo assorto ed enigmatico, come sempre, al riparo dalla calura di quel giorno sotto un albero, insieme a lei.

Dopo quell’avventura sul lago, si sentiva più serena.

Lo sentiva quasi più vicino, meno distaccato.

Si portò indietro i capelli, sospirando.

Che calura.

Le farfalle bianche lambirono i loro vestiti, danzarono incantevoli all’altezza dei loro volti, fino a posarsi sulla tazza da the, leggere.

 

Farfalle

sul cammino d'una fanciulla

davanti e dietro di lei

 

-Neanch’io. Il Palazzo dell’Ovest sembra il suo ambiente naturale. Come se fosse sempre stata lì.-

 

Sakura sorrise, immaginando la Regina-Madre, giovane, bella, sempre altera.

Si sarà sentita come lei quando ha lasciato la sua terra?

Avrà sentito anche lei quella lacerazione profonda, quel distacco sofferto?

Sarà sempre stata così o, forse, sono stati gli anni a Palazzo a renderla la demone che era ora?

Sesshomaru si limitò sbattere le palpebre, tornando a scrutare attento la foresta, origliare gli ordini di Yudachi, spiare i soldati nel bosco.

Concentrarsi su quei discorsi per dimenticare quella radura.

Dove aveva visto sua madre e suo padre.

Molti anni prima.

 

Solchi di vita

sulla ruvida pietra

affonda anima.

 

Dove aveva visto la fragilità di sua madre e la tristezza del padre.

 

-Sai, la prossima volta potremmo far venire lei qui, al posto nostro. Come ambasciatrice. Non credi? Sono certa che sarebbe felice di visitare di nuovo la sua terra!-

 

Si voltò per il movimento, ritrovandosi specchiato negli occhi verdi e speranzosi della moglie.

Vivi.

Ignari di cosa, anni prima, lì era morto.

Un ottimo diversivo.

 

-Potremmo.-

 

Sakura sorrise incoraggiante, riafferrò la lettera, si avvicinò a Sesshomaru.

Erano successe molte cose a Palazzo.

Molte guardie si erano malate e Sesshomaru aveva dovuto mandare un messo speciale con le nuove nomine, di rimpiazzo.

Molti mercanti, sbarcati al porto di Haru, erano finalmente giunti nelle grandi città dell’Ovest e a palazzo, per rendere omaggio ai Sovrani.

Secondo la Regina-Madre erano stati loro a portare una qualche malattia esotica.

Niente comunque che il popolo dell’Ovest non potesse combattere, aveva scritto.

 

-Ti chiamano.-

 

Sakura alzò il volto, notando Yasu salutarla con un enorme mazzo di fiori in mano e il piccolo Rui che, imbarazzato, era obbligato, su incitamento della madre, a fare altrettanto.

 

Piccoli sono i fiori

e possono contenere

grandi dolori...

 

Sakura rispose con uno slancio al saluto per poi, dopo essersi accorta degli occhi ammonitori di Sesshomaru, liquidare quelle effusioni con un gesto composto.

 

-Dice altro?-

 

Chissà perché

a volte salta fuori

una domanda

 

Sakura ricominciò a leggere, lenta, elencando i profitti del commercio, le perdite per le inondazioni, il numero delle nuove reclute dell’esercito.

Inghiottì la saliva, quando arrivò all’ultimo foglio.

Fissò Sesshomaru, turbata, passando lo sguardo dal marito alla carta, alla ricerca di una risposta.

 

-Continua.-

 

Sesshomaru si voltò nuovamente verso di lei, distogliendo lo sguardo da Yudachi e dalla sua volgare ramanzina a un soldato.

Perché si era ammutolita?

Sakura aggrottò le sopracciglia, abbassando la lettera.

 

-Forse… forse è meglio che la legga tu.-

 

La demone alzò lo sguardo in quello fisso di lui, preoccupata.

Aveva intuito quale sarebbe stata la notizia.

Sapeva di essere un’estranea per loro.

Sapeva dell’errore di quel gesto, con lui lontano.

Non sapeva come avrebbe reagito.

 

-Perché?-

 

Aveva parlato lentamente, con un tono normale, ma Sakura si era spaventata.

Aveva sperato che non le avrebbe chiesto nulla.

 

-Riguarda… riguarda Rin.-

 

Silenzio.

Il canto delle cicale e i grilli saltellanti.

Le farfalle in volo e i soldati di guardia.

Le pupille di Sesshomaru dilatate un istante, un attimo per la sorpresa.

La mano di Sakura che sfiorava la sua, sopra l’erba.

Il demone scosse la testa, alzando il volto verso il cielo.

 

-Leggi.-

-Ma…-

-Leggi.-

 

Sakura afferrò il foglio, conscia di violare uno spazio privato del demone.

Al quale le aveva dato accesso.

Perché quello che c’era stato fra lui e Rin lei non lo sapeva.

Non sapeva perché lui avesse portato con sé una bambina umana, perché l’avesse difesa, perché vi si fosse affezionato.

Ma non riguardava lei.

Riguardava solo loro due.

E lei sapeva di non dover entrarci.

Per curiosità, per paura, per sdegno si era informata.

Si era poi vergognata.

Perché quella era la “loro” vita.

Il “Sesshomaru di Rin”.

Un demone diverso da quello che conosceva.

Un demone in grado di farsi amare a tal punto da una bambina da renderla terribilmente gelosa.

Da farle ignorare gli anni che passavano.

Da farle credere che, se Sesshomaru l’avesse ancora vista come una bambina bisognosa di aiuto, non l’avrebbe lasciata.

Perché comportarsi in modo infantile era l’unico modo che Rin aveva per opporsi ai cambiamenti.

Al suo corpo che mutava, alle loro vite che prendevano strade diverse.

Perché, se si poteva ancora definire “bambina” quando era entrata a Palazzo, quando erano partiti per le regioni dell’Ovest era ormai una donna.

Una donna umana.

Passava così velocemente il tempo per loro!

Sakura ricordava come Toryu cambiasse visibilmente ogni giorno, della sorpresa e della magia nel notare il suo corpo mutare con una tale rapidità.

Erano davvero affascinanti, gli umani.

Ma Rin… Rin avrebbe dovuto aspettare!

Almeno il loro ritorno!

Almeno il suo ritorno!

Si era sposata.

Con un umano.

Uno Sterminatore di Demoni.

La voce di Sakura rabbrividì a quelle parole.

 

Fiori d'arancio

l'amore è nell'aria.

Sposa felice....

 

Strade completamente diverse.

Si voltò veloce verso Sesshomaru che, ad occhi chiusi, si lasciava accarezzare il volto dal sole.

Nessuna sorpresa, nessuna reazione.

 

-Lo sapevi?-

-Lo immaginavo.-

 

Era stata la scelta migliore.

Gliene aveva parlato, prima che partisse.

Non chiaramente, certo, ma con quella sua aria spaurita e timida.

Con quel sorriso triste.

Con quelle lacrime aspre.

 

Un oceano profondo di amarezza nelle lacrime

la piccola perla di speranza

l'alba di una nuova vita...

 

Perché aveva capito che, ormai, era di troppo.

Che non ci sarebbero mai più stati solo loro, Padron Sesshomaru, Rin e Jaken.

Era finito il tempo dei viaggi avventurosi.

Era il momento di lasciarsi.

E aveva pianto quando glielo diceva.

Era diventata una donna.

Doveva sposarsi.

E Kohaku era sempre stato così gentile con lei…

E poi lui, ormai, era un Sovrano.

Un marito.

Non era più un guerriero.

Non sarebbe mai più stato “Padron Sesshomaru”.

Ma quei ricordi non sarebbero mai svaniti.

 

-Saresti voluto essere lì?-

 

Sakura era sorpresa.

Da quel poco che aveva capito Sesshomaru era davvero affezionato a Rin.

Affezionato come può esserlo lui, insomma.

Possibile che una notizia del genere, anche se sospettata, lo lasciasse così impassibile?

 

-No.-

-Ma Rin…!-

-E’ uno sterminatore. Non posso approvare.-

 

Non era una risposta.

Era solo… un’affermazione.

Non richiesta.

Non posso approvare… voleva forse dire che quel matrimonio non lo aggradava?

Voleva forse suggerirle qualcosa, aprirle uno spiraglio per la sua anima?

Sakura rilesse con gli occhi quelle parole eleganti, preoccupata.

 

-Sarà felice?-

 

Sesshomaru ghignò, beffardo.

Felice?

 

-E’ importante?-

 

Lui non aveva approvato.

Era la scelta migliore, ma lui non approvava.

Non le aveva dato la benedizione richiesta, non le aveva detto di non farlo come, in realtà, sperava lei.

Aveva sentito rabbia verso quel ragazzino, distacco verso Rin.

Lacerazione verso il passato.

Tutto era cambiato.

 

-E’ fondamentale. Lo sai.-

 

Sakura accarezzò la pergamena, sforzandosi di immaginare quella bambina che inseguiva un aquilone, sposa.

Cercando di tramutare il suo sorriso di bimba in uno sguardo malizioso.

Cercando, sforzandosi, di capire come facessero gli umani a essere così precoci.

 

-Non lo so.-

-Lo speri.-

 

Che cosa voleva lui per Rin?

Perché l’aveva salvata quella volta?

Curiosità?

Volontà di provare la spada?

Compassione?

Lui?

 

-Vivrà.-

 

Sakura spalancò gli occhi, voltandosi verso di lui, sorpresa.

Lo aveva sentito.

 

Etereo pensiero

colto nelle parole

emozione vive

 

Era stato un sospiro, non un ordine.

Era stato un pensiero, non un tono di comando.

Lo pensava davvero.

 

-Sì, vivrà. E tu ci sarai.-

 

Sempre.

Sesshomaru alzò un sopracciglio, squadrando indifferente la moglie, convincendosi di non cogliere quelle parole, di non capire le allusioni, di rifiutare le congetture.

Sakura ridacchiò, bevendo una generosa sorsata di the e facendo un brindisi a distanza a Yasu che, imbarazzata, s’inchinò in segno di ringraziamento.

 

-L’altra lettera?-

-Haru!-

 

Sakura la strinse al petto, riconoscendo immediatamente con tristezza il nuovo sigillo, quello dell’impero dell’Ovest.

Ma, al tatto, riconobbe subito gli alberi della sua terra, pulsanti di linfa e vita.

Sentì il fiato accelerare, gli occhi inumidirsi e le mani tremare.

Era così strano sapere di avere, finalmente, notizie della sua terra.

Soprattutto visto che, adesso, era così lontana.

Le ultime notizie risalivano al giorno della loro partenza, mesi prima.

Poi più nulla.

Aveva scritto, diverse volte, ma il viaggio era lungo, gli inconvenienti che potevano capitare molti.

La precedenza, comunque, era data dalle lettere per il Palazzo, i permessi da accordare alla Regina, i documenti firmati.

Haru era venuta dopo.

Sicuramente Izumy le aveva scritto, lo sentiva, con frequenza.

Sicuramente le lettere erano state intercettate a Palazzo, erano state lì trattenute per il suo arrivo.

Sicuramente quella lettera… sicuramente era arrivata lì per sbaglio.

Una gentilezza della Regina-Madre?

Una magia della sua terra?

Un regalo dell’amore del padre?

Staccò il sigillo “straniero”, iniziando a leggere, muta.

Riconobbe subito la calligrafia.

Izumy.

Sesshomaru, distratto da quell’improvviso silenzio, la scrutò attento, mentre accarezzava la carta, mentre beveva quelle parole, mentre si lacerava per la distanza.

La vide assottigliare gli occhi, socchiudere la bocca in un sospiro, abbassare un attimo gli occhi.

 

Labbra tacciono

Orecchie ascoltano

Occhi parlano.

 

-Kamigawa sta bene?-

 

Sakura riarrotolò la lettera, appoggiandosi stanca al tronco alle sue spalle.

Sorrise amara.

Le aveva fatto piacere che lui si interessasse di suo padre?

 

-Izumy dice di sì.-

 

Sentiva la gola secca.

Terribilmente arsa.

Ma sapeva che, anche bevendo, nulla sarebbe cambiato.

 

-Ma…?-

 

Sakura si massaggiò gli occhi, stiracchiando il collo.

 

-Ma lo dice Izumy.-

 

Non suo padre.

Se davvero stava così bene, perché non le aveva scritto lui?

 

Lama silente

che sprofonda nel cuore

lacera anima.

 

Sesshomaru tornò a fissare la radura, Yudachi che faceva l’ennesimo giro per controllare le guardie, Yasu e Rui e camminavano in mezzo ai fiori.

 

Spazi aperti

margherite nei prati

bimbi giocano...

 

Sakura riprese in mano la lettera, leggendo attenta la data.

Risaliva ormai a molte settimane prima.

Che cosa sarà successo nel frattempo?

Il commercio procede, la piccola cresce, Ami aiuta a Palazzo, Toryu controlla il porto.

I soldati dell’Ovest in missione nella loro regione sono abili ed estranei.

Vivono per conto loro, non parlano con nessuno, lavorano seriamente e li difendono.

Quindi va davvero tutto bene?

 

-E’ una persona terribilmente caparbia.-

 

Sakura sorrise sincera, ripensando ai brevi incontri fra il marito e il padre.

 

-Già.-

 

E era a Haru.

Nella sua terra.

Sì, doveva davvero stare bene.

Doveva.

Se no Izumy glielo avrebbe detto, ne era certa.

Si fidava di Izumy.

Si era occupata di lui per molto, molto tempo.

Doveva essere così.

Ssshomaru voltò la testa di scatto, verso il bosco.

Stava accadendo qualcosa.

Sakura corrugò la fronte.

 

-Sesshomaru, cos…-

 

Il demone la zittì con un gesto, portando la mano alla spada.

Si sentivano delle voci.

 

-… lo abbiamo preso, Capitano!-

 

Yudachi corse verso i soldati che, a fatica, stavano uscendo dal bosco strattonando due figure.

Yasu, dall’altra parte della radura, stringeva Rui al petto, con forza, mentre Sakura, tranquilla, celava un sorriso.

Yudachi, riconosciute le figure, impartì ordini secchi ai soldati, voltandosi verso il Sovrano in attesa di disposizioni.

Sesshomaru ripose Tessaiga nella guaina, appoggiandosi al tronco alle sue spalle.

 

-A quanto pare una coppia di nobili sono venuti a portarci i loro omaggi.-

-Ah, davvero?-

 

Sakura sorseggiò nuovamente quel the così rinfrescante, soffocando la voglia di sorridere.

 

-Curioso, visto che l’itinerario dei nostri spostamenti è segreto.-

-Oh sì, davvero curioso.-

 

Sakura sorrise verso Yudachi che, con difficoltà, nascondeva l’irritazione che stava provando in quel momento verso la Regina.

 

-Yudachi sembra alterato. Quanto mi dispiace…-

-Non avresti dovuto farlo.-

 

Yasu si avvicinò ai soldati, chiedendo sottomessa al marito di liberare la nobile, se possibile. Yudachi acconsentì con un gesto stizzito e la nobile, grossa e sudata, si riparò con Yasu all’ombra di un albero, scortate da Rui e da qualche soldato.

L’altra figura, un vecchio generale zoppicante, guardava lacrimoso verso di loro.

 

-Ormai il generale è qui…-

 

Occhi sinceri,

parole del cuore,

certezza in te....

 

Sesshomaru si alzò lentamente da terra, tenendo lo sguardo verso l’uomo.

 

-Preparati. Ripartiremo molto presto.-

 

Appena Sesshomaru si fu allontanato a sufficienza, Sakura ridacchiò.

Osservò in lontananza la vecchia demone piegarsi in accorati inchini verso di lei e il generale abbozzare uno storpio inchino alla vista del suo Sovrano.

Raccolse con cura le lettere, tenendo quella di Haru al petto, vicino al cuore.

Si versò lenta un’altra tazza di the, l’ultima.

Un attimo.

Un fruscio lento alle spalle.

Il tempo di sentirlo.

L’attimo del respiro.

Una spinta violenta, un colpo fra le scapole.

Lo stordimento per l’inattesa, la paura della sorpresa, il dolore del colpo.

Le parole ridondanti nelle orecchie, le mani aggressive, gli occhi violenti.

 

Il tuo sguardo

come un assassino

toglie la vita.

 

-Morte agli invasori!-

 

 

   
 
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