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Autore: glendower    13/06/2011    4 recensioni
Per ciascuno un Peccato.
Riusciranno a risolvere il proprio Mistero?
Flora; L'invidioso è un impotente incapace di rassegnarsi.
Luke; La lussuria è un vizio naturale.
Clive; Dolce è l'ira in aspettar vendetta.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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L'Ira.

Cani che l'uno sull'altro strappano brandelli di carne, vittime di una ferocia incontenibile a palpargli il cuore. Spruzzano sangue scarlatto, dipingendosi il muso della peggior maschera inumana a disposizione.
Cani che liberi dalle catene danno sfogo alla cattiveria inespressa, uccidono gente senza rendersene conto. Mordono e dilaniano corpi portandosi via una fila indistinta di vite, quelle dei loro padroni.
Cani che come te non hanno nulla da dire, mostrano solo la rabbia che li corrode rovinando la tenera facciata da 'migliore amico dell'uomo' che si sono creati nel corso degli anni.
Sei come loro, uno di quegli animali iracondi gettati all'Inferno a calci nel sedere, piccole vittime indisposte di un mondo che ha preferito punirli, facendoli arrabbiare.
Di quella vita che ti è appartenuta non ti è rimasto niente, solo un'immensa confusione in testa ed una gran voglia di cercare vendetta.

Una Vendetta con sembianze da donna e cuore d'amante.


L'hai vista e sentita, ti è entrata dentro in un gesto d'amore. E' penetrata fra le tue labbra quando ancora dormivi in un letto del manicomio d'ospedale. Perseverante si è mostrata nella sua nudità, fulgida di una bellezza incantatrice, l'Ira è spuntata dal nulla ed è diventata parte integrante del tuo piccolo cuore malandato.
Dal momento in cui le sue braccia invisibili si sono dispiegate attraverso di te, non sei più riuscito a liberartene, hai lasciato che ti crescesse dentro, cullandola come farebbe una madre con la propria figlia in grembo.
Lei, quell'Ira, elemento trascendente della Vendetta, ti ha amato come mai nessuno prima d'ora – prima dei tuoi genitori almeno – ha mai fatto.


Un'Ira così celestiale da sembrare un Dio incarnato.


Chino su di una lapide, il sole va tramontando alle tue spalle.
L'incendio doloso del cielo tinge i tuoi capelli d'un rosso infuocato, torturandoti le guance e oscurando la bocca piegata in una smorfia.
Centinaia di diamanti, incollati sugli zigomi, ora asciugati dal caldo presente, sembrano aver finito di commuoversi e tanto per cambiare, non riesci più a piangere.
Lì fuori, la città è un paradiso dimenticato in cui non esiste pace, è solo un via vai di macchine in un deserto di cemento che puzza di benzina.
In quel campo di morti, dove la vita è da tempo stata tagliata da quel filo che la reggeva sulle sue gambe, premi l'orecchio a terra, cercando di raccogliere il suono di un respiro là dove una fossa l'ha inghiottito.
La foto di tua madre piange, accanto a Lei, persino tuo padre è ammutolito e sembra rivoltarsi nella sua bara, metri e metri sotto di te.
Non è bastato far visita ad entrambi nel cimitero per mettere a tacere quel cantilenare perentorio nelle tue orecchie.
Quella sensazione, quella mostruosità dapprima nascosta è uscita allo scoperto e non ha intenzione di andarsene tanto facilmente.
Un primo colpo secco al vetro dov'è rinchiusa la fotografia e poi, anche a tutto ciò che vi è nelle vicinanze.
Calci, pugni, la tua ferocia si dibatte con la forza di una tempesta. Non esiste pezzo di tomba o vaso di fiori che possa rimanere puro, senza ferite.
Dopo, solo dolore ed il fiele rumore della carne che prima colpisce il marmo e poi, macchiandolo, lascia aprire la carne recisa.
Le tue mani, prima così infantili e risanate, diventano arma di quel peccato che chiude e parla usando i tuoi gesti.
Petali bianchi, petali rossi. Una pioggia di seta s'alza in volo ed il vento la porta via con sé, congedandosi con il suo sapore dolciastro e nauseante. Nessuna gemma è rimasta nel punto in cui avevi posato quel piccolo regalo – un mazzo di rose, come piaceva alla mamma.


Diventò frutto proibito, quel calore inestinguibile.


« Fanculo! Ve ne siete andati perché veniva prima il lavoro di me!  »
« Clive, non devi dire queste cose. Sai perfettamente che non è così.  »  Il Professore, è sempre lì anche quando non serve ad un accidente.
Provi ad ammazzarti e Layton tiene il coltello, provi a barattare la tua vita per un ago infilato nel braccio e Layton fa la parte del traghettatore.
Vorresti vedere morto anche Lui, sopratutto adesso che il suo corpo, prima immobile a guardarti, ti circonda fino a nasconderti dentro il un morbido cappotto.
« Crepa. » ma quell'uomo non ha paura della pistola che preme contro il suo petto, sa che per adesso può stare tranquillo. Poco importa se a breve morirà per colpa dell'ennesimo scatto d'ira di un Cane randagio come te, andrà via quasi contento, sapendo che ha provato in un modo o nell'altro a salvarti dal tuo peccato.

 

Non lussuria, indivia, accidia, superbia, gola, tanto meno avarizia.
Solo un tipo d
' ira incurabile.

 

[ note dell'autrice; veloce. l'ispirazione mi torna al momento sbagliato, proprio quando sono sommersa dai libri per produrre qualcosa di decente in via della maturità. or bene direi, bella tesina, belle prove farò con un'ispirazione del genere... e cielo, mi auguro davvero che sia così :/ sono tutta un fremito di preoccupazione e scappo prima di sciogliermi completamente sulla tastiera, finendo come clive che di rabbia ed ira ne ha da vendere. un bacio <3]

  
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