Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |       
Autore: Rota    13/06/2011    2 recensioni
-Matt! Ehi, Matt! Svegliati! Matt, svegliati!-
Fu la voce di Alfred a rubarlo, con forza e prepotenza, al mondo dei sogni. Dovette stroppicciarsi più volte gli occhi, colpa anche del notevole male al cranio che gli intontiva completamente i sensi e la posizione innaturale che aveva assunto e mai più cambiato nel cadere come un masso sul proprio letto.
Il fratello lo aiutò nel processo, cominciando a scuoterlo come uno straccio sporco. Matt non ebbe neanche la forza di insultarlo o pregarlo, semplicemente, di smetterla.
Alfred aveva la pessima abitudine di trattarlo come gli pareva, senza avere molta cura di qualcosa che fosse al di là della sua persona. Matt aveva sempre pensato a lui come un bambino troppo cresciuto – e per questo impossibile da colpevolizzare – ma c’erano certe volte che avrebbe tanto voluto prendere la propria mazza da hockey e spaccargliela in testa, conservando sempre tutta la ragione possibile.
Quello era uno di quei momenti.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Canada/Matthew Williams, Francia/Francis Bonnefoy, Russia/Ivan Braginski, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Cap. 8







No stop signs, speed limit
Nobody's gonna slow me down
Like a wheel, gonna spin it
Nobody's gonna mess me round(4)



La casa di Francis non era grande come la sua, ma Matt ne ebbe una buona impressione.
Sesta porta al terzo piano, condominio B, in fondo al piccolo viale del complesso. Il ragazzo si sorprese di quanto, in realtà, abitasse vicino alla propria casa – poco più che un quarto d’ora a piedi, camminando veloce.
L’appartamento del francese aveva, in tutto, quattro stanze più la terrazza, ampie e ben illuminate, arredate secondo il suo gusto e piene, incredibilmente, di piante e fiori. Per questo, Matt le finestre erano spesso aperte.
Il gruppo fu accolto sul balcone, dove erano stati posti un tavolo e delle sedie, nonché preparato da bere e disposto qualche dolcetto. Insomma, Francis era un ospite davvero elegante.
Gilbert, Ludwig, Ivan e i due Jones presero posto al tavolo, e il più anziano dei tedeschi cominciò subito a servirsi, imitato quindi subito da Alfred.
Furono ripresi da Ludwig, preoccupato per la capacità della loro fame.
-Non sarebbe meglio aspettare che arrivino tutti?-
Ma Francis gli rispose con un sorriso, lasciando che i suoi ospiti predassero le vivande senza vera preoccupazione.
-Non ci sono problemi! Ho biscotti a volontà! Servitevi pure come meglio desiderate!-
Detto questo, si mise a sedere anch’egli. Precisamente, nel posto lasciato libero vicino a Matt, il più vicino all’uscita. Gli sorrise, invitandolo a servirsi a sua volta.
-Non ti va qualche biscotto?-
Matt gli sorrise e abbassò gli occhi, quasi d’istinto. Scosse però la testa senza dire nulla.
Poi lo sguardo andò all’interno della casa e al salotto che si apriva alla sua vista. Notò solo in quel momento un paio di elementi sopra il divano di pelle chiara la cui funzione non gli tornava: un cuscino spesso e una coperta pesante. Assottigliò lo sguardo, pensando a quale motivo potesse averli investiti. Poi si decise di chiedere al diretto interessato.
-Hai avuto ospiti in questi giorni, Francis?-
L’altro gli sorrise piacevole, forse intenerito dalla sua innocenza e dalla sua ingenuità. Mangiò un biscotto, mentre parlava lento.
-Ivan resta da me, in questo periodo…-
Matt sbatté le palpebre, incredulo, più volte, assorbendo quelle parole e stampandosele nella memoria – per non ripetere l’errore anche davanti al russo.
A quel punto, qualcuno suonò il campanello.

Da vicino, Antonio Fernandez Carriedo aveva una voce squillante, di quelle che anche senza accorgersene ti sfondano le orecchie e lo fanno con letizia. Almeno, questo fu il primo pensiero che attraversò la mente di Matt quando Gilbert e Francis gli presentarono quel giovane uomo abbronzato e dal sorriso caldo.
Loro tre erano amici da molto tempo, più o meno da quando avevano imparato a respirare – e si vedeva, nella maniera complice con cui scherzavano e parlavano, nei modi piacevoli e confidenziali con cui si trattavano e si prendevano in giro.
Lui era il festeggiato dell’occasione, lui il motivo vero per cui stavano provando e creando tutto quello. Bastò guardarlo in viso perché Matt si convincesse davvero della bontà delle proprie azioni. Si leggeva felicità latente, nel suo sguardo, si leggeva gioia difficilmente contenibile.
-Hai già fissato una data, per la cerimonia ufficiale?-
Francis, alle volte, sembrava una signora vecchia e pettegola, con quella sua mania del gossip e di tutto ciò che poteva averci a che fare. Per questo suo essere era sempre preso in giro da chiunque, specie dai suoi amici più intimi.
Infatti Gilbert lo derise, rivolgendogli una delle sue solite risate rumorose.
-Non hai già spettegolato abbastanza su questo, vecchia megera?-
L’altro si lagnò prontamente.
-Lascia decidere ad Antonio, questo!-
Antonio rise di gusto, spiegando ai propri amici che no, lui e Roderich non avevano scelto ancora la data e, in sincerità, neppure i colori degli abiti da indossare e una lista infinita di altre piccolezze assolutamente inutili e poco importanti – parve quasi passare un’ombra di stanchezza, nel suo sguardo, mentre diceva tutto quello, come a ricordare eventi spiacevoli di cui, sfortunatamente, era stato vittima passiva.
Accanto a lui, c’era una specie di mastino silenzioso che stava bevendo il suo tè.
Matt aveva trovato davvero curiosa la sua figura, nel momento stesso in cui aveva varcato la porta di casa Bonnefoy. Era un piccoletto biondo dallo sguardo severo, che dava l’impressione di essere capace di puntarti una pistola addosso se solo gli si fosse stata rivolta una parola di troppo o senza il dovuto garbo. Uno, insomma, di quelli che scattavano per niente.
Matt poi venne a sapere che Vash faceva di professione il poliziotto, per cui era abituato a trattare con un certo tipo di gente e con certi tipi di armi. Ma in quel momento certo era che l’impressione che lo svizzero gli dava non era esattamente buona, a livello globale.
In più, non capiva la sua utilità all’interno del gruppo, almeno finché Antonio, dopo una piccola pausa e dopo aver guardato lo svizzero come si fa con gli escrementi di cane sulla strada, non divenne tutto all’improvviso serio e scontroso.
-Sicuramente la cosa sarebbe un po’ più piacevole se solo Vash non seguisse me e Roderich come un segugio…-
Gilbert represse a stento un ghigno davvero cattivo, mentre Francis palesò un sorriso non del tutto innocente, fin troppo grande sul viso.
L’unica cosa che li legava a Vash era l’assoluta fermezza dello svizzero nel voler star fuori da ogni problema e da ogni storia riguardante la festa. Neutrale, assolutamente disinteressato, come sempre era stato in tutta la sua vita. Salvo poi ricordarsi di alcuni favori che doveva sia a Gilbert sia a Francis, che l’avevano legato a quei due in maniera indelebile. Così, volente o nolente, si era ritrovato a fare la guardia alla coppia di prossimi sposini, cercando di tenerli lontani in ogni modo possibile dai preparativi della festa, perché fosse una vera e propria sorpresa.
Sicuramente Francis e Gilbert non potevano immaginare a quali espedienti era arrivato – giocare a monopoli alle due di notte, obbligando Antonio e Roderich con una minaccia, non era davvero stata una delle sue idee più brillanti – ma si divertivano enormemente nell’immaginarlo intento nel proprio compito.
Cattivi e maligni, come chi sa di poterlo essere solo per un’ultima volta prima di un addio definitivo.
Vash, ignorando con forza le occhiate malevole che lo spagnolo gli stava lanciando, dopo essersi accorto della dualità di un viso comune, guardò dritto negli occhi Matt e gli si rivolse per la prima volta. Duro, senza in realtà volerlo essere davvero.
-Tu chi sei? Sei nuovo in questa compagnia da gay bar?-
Matt lo guardò per qualche secondo, poi si coprì la bocca e il riso che era sorto spontaneo sulle labbra alla domanda dello svizzero. Aveva capito come mai quello strano e alquanto insolito ragazzo trasandato fosse loro amico.
Vash, ovviamente, se la prese, facendogli notare la cosa con un tono ancora più duro di prima.
-Cosa c’è da ridere?-
Gli zigomi di Matt si imporporarono di vergogna e il ragazzo farfugliò qualcosa prima di riuscire a rispondere.
-Niente, scusami…-
Poi alzò lo sguardo su di lui, cercando di sostenerlo.
-Mi chiamo Matt. Sono il fratello di Alfred. Molto piacere!-
Vash guardò prima lui, poi Alfred, poi di nuovo lui. Probabilmente cercò qualche tratto distintivo per non catalogare quel nuovo arrivo come aveva catalogato il fratello – grasso, idiota, stupido e mangione – poi bevve dalla sua tazza, continuando a squadrarlo.
Infine, gli rispose, monocorde.
-Sono Vash.-
Bevve ancora, lentamente, senza scrollargli lo sguardo di dosso, come a volerlo far confessare di chissà quali atroci delitti. Decisamente in imbarazzo, Matt allungò una mano verso il vassoio dei biscotti e ne prese uno, cominciando a mangiarlo.
Poi Vash gli fece la fatidica, seconda domanda, con uno sguardo che non ammetteva menzogne.
-Sei gay anche tu?-
Mancò poco che Matt non si strozzasse con le briciole del biscotto che aveva appena sgranocchiato.

In verità, Matt non avrebbe saputo davvero cosa rispondere, a quella domanda. Non che la cosa in sé sarebbe stato un problema insormontabile, non che ci sarebbe rimasto male altrimenti, ma semplicemente non si era mai posto la domanda e quindi non sapeva la risposta.
No?
Sì?
Forse?
Chissà, magari poteva essere?
Matt davvero non sapeva cosa rispondere a quel quesito.
Eppure, almeno negli ultimi tempi, di stimoli ne aveva avuti, e anche parecchi. Non poteva certo ignorare gli sguardi che, di tanto in tanto, Francis gli lanciava, con tutta la discrezione e la delicatezza del mondo. Non poteva certo ignorare i suoi tentativi di entrare in contatto – strette di mano, tocchi veloci lungo le braccia e sulle spalle, vicinanze non esattamente casuali tra i loro corpi.
Il ragazzo, più per timidezza e educazione, si era sempre ritratto con calma, senza paura né sdegno, comunicando un certo imbarazzo per quella situazione nuova. Ma se qualcuno gli avesse domandato se trovasse piacevole tutto quello lui non avrebbe risposto.

Ivan, preso tra le mani il suo fedele basso – un regalo che aveva ricevuto proprio da Antonio, non più di tre mesi prima – cominciò a strimpellare qualche nota, accompagnando la melodia con il proprio fischio. Aveva lo sguardo melanconico, perso nei movimenti delle proprie dita.
Tra tutto il chiacchiericcio concitato che aveva preso i presenti, Matt aveva semplicemente spostato la sedia per allontanarsi il più possibile da Gilbert e dalle sue urla per non sembrare maleducato e allo stesso tempo per riuscire a salvare almeno in parte il proprio udito. Così, volente o nolente, si era ritrovato accanto al russo.
Non riuscì a guardarlo in faccia, mentre suonava piano, accontentandosi di ascoltarlo in maniera passiva. Sentiva il suo sguardo addosso e il suo sorriso gravargli sulla nuca – non gli piaceva, non gli piaceva per nulla.
Ma mentre Francis prendeva la parola, cercando di calmare Gilbert e fargli assumere un tono della voce umanamente accettabile, Ivan gli si fece vicino e sussurrò piano, nell’orecchio.
-Anche tu hai fatto il conservatorio come Alfred?-
Il ragazzo ebbe un sussulto di pura paura e quando si riprese dallo spavento cominciò a balbettare.
-No, io non sono entrato in conservatorio… Ho imparato da me a suonare…-
L’altro si ritirò un poco, tornando al suo posto, senza però smettere di guardarlo, incuriosito dalla sua persona come un bimbo molesto.
-Ah… beh, allora sei bravo per essere un autodidatta…-
Matt fece cadere lo sguardo in basso, accusando il colpo. Ma Ivan aveva ancora qualcosa da dire e non smise di tormentarlo: gli si avvicinò di nuovo, facendolo di nuovo sobbalzare.
-Sai, anche io suonavo una volta… non qualcosa di volgare come il basso, però… suonavo il violino!-
Mutò qualcosa nel suo sguardo, a quel punto, tanto che l’espressione si dipinse di una naturale purezza e gioia da farlo sembrare quasi un’altra persona.
-Sì, il violino…-
Matt ebbe quasi timore di chiedergli cosa mai fosse accaduto dopo, come per non voler interrompere quel momento d’estasi che aveva rilassato i muscoli del suo viso. Non l’aveva mai visto così sereno e tranquillo.
Poi, però, la curiosità ebbe il sopravvento su ogni cosa.
-E poi cos’è successo?-
Ivan tornò a guardarlo, e di nuovo quell’espressione minacciosa e angosciante gli comparve sul viso.
-Poi il piccolo Wang è morto, e io non ho più saputo suonare…-
Poi la pistola di Vash sparò un colpo in aria, unico e secco, terribile come l’espressione dipinta sul suo viso, e dalle urla intense e quasi animali si arrivò a un silenzio mortale e profondamente innaturale.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Rota