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Autore: Florelle    18/06/2011    1 recensioni
Luca é un giovane architetto venticinquenne, la cui vita é scandita dal lavoro in ufficio, le serate in solitaria e le notti brave a Torre del Lago, in cerca di sesso senza impegno, nel quale dimenticare una vita che gli sembra fatta solo di doveri. Ha pochi amici e non sente il bisogno di averne altri, non cerca una relazione e forse neppure ci spera più fino al giorno in cui conosce Nicola, brillante editore e insegnante di teatro. La storia sembra partire col piede giusto, ma non tutto é perfetto e Luca si troverà a fare i conti con le proprie paure.
Luca é un adolescente alle prese col diventare adulto, con lo scoprire la propria omosessualità. Bravo a scuola, serioso, timido ai limiti dell'asociale, sportivo, creativo. E come molti adolescenti, tiene un diario.
Luca ha una sorella, Marianna, meno fortunata di lui su cui si concentrano le attenzioni e le preoccupazioni dei genitori. É davvero facile crescere senza punti di riferimento?
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Allora, adesso ripeteremo l’esercizio di rilassamento a coppie. Chi è accoppiato riprenda il suo partner, che non voglio creare scompigli! E chi non è accoppiato si trovi qualcuno del sesso che preferisce” ridacchiò Nicola.
“Ehi, Luca, perché te ne stai lì fermo in un angolo?”
“Per me è abbastanza” mugugnò il ragazzo. Già l’esercizio precedente sulle espressioni del volto lo aveva stravolto. A dir la verità, tutto l’esperimento era stato un supplizio, cominciando dal fatto di doversi presentare davanti ad un gruppo di estranei.
“Dai, vieni.” Lo trascinò al centro, prendendolo per un polso, e Luca credette di morire. Spiegò l’esercizio successivo, che consisteva nel lasciarsi andare di schiena verso il compagno, che avrebbe puntualmente fatto da sostegno. Nicola si lasciò andare per primo, col sorriso sulle labbra, alla presa di Luca, che era teso come una corda di violino.

“Vedete? È solo questione di fiducia nell’altro. Adesso ripetetelo a turno per dieci minuti finché non ci riuscirete” disse a voce alta. “Vieni, Luca.” L’architetto si mise in piedi, dando le spalle a Nicola, e rimase rigido come un palo. Nicola gli si fece più vicino, quasi annullando la distanza tra loro due.
“Lasciati andare.”
“No.”
“Come sarebbe a dire no? Non vuoi provare a fare l’esercizio?”
“No” rispose Luca con tono duro. “La mia religione me lo impedisce.”
“E che religione sarebbe?”chiese Nicola, sogghignando.
“Il d’unpezzismo. Ma siamo rimasti in pochi, ci hanno piegati quasi tutti.” Il ragazzo rise di gusto, mentre Luca si diede dello scemo. Perché doveva sempre comportarsi come il buffone della situazione?
Ovviamente tutti gli altri nella sala erano riusciti nell’esercizio e nessuno era caduto o si era fatto del male. Luca, ancora una volta, si sentì a disagio.
“Bene” disse Nicola. “Allora quest’anno abbiamo un progetto ambizioso! Visto che in contemporanea sono iniziate anche le nostre classi di ballo moderno e tiptap, la nostra associazione ambisce a mettere in scena un... musical! Quindi, tra i nostri novelli attori, avremo bisogno pure di qualcuno con una bella voce... suvvia, adesso ognuno di voi mi canterà trenta secondi di una qualsiasi canzone, filastrocca o jingle della giungla. Alla nostra Marisa l’onore di aprire le danze... pardon, i canti!” Luca si sentì morire. Quello sarebbe potuto essere il momento per far vedere che in fondo aveva anche lui qualche qualità. Così, quando fu il suo turno, vinse la timidezza e si decise a cantare, ma il suo cervello sembrava aver fatto piazza pulita di qualsiasi canzone leggera che non fosse 'Fra Martino campanaro'. Perciò riandò indietro con la memoria ai pezzi che era solito cantare con il coro della scuola e intonò l’'Ave Maria' di Gounod. Di certo bellissima, ma non la canzone più appropriata.
Si sentì un imbecille per l’ennesima volta.
“Bene, pare che abbiamo un Pavarotti in erba tra noi. E, con queste note, spero che vi siate divertiti e mi auguro di vedervi alla prossima lezione mercoledì!” Luca cercò di defilarsi verso l’uscita quando Nicola lo fermò per un polso.
“Hai davvero una bellissima voce.”
“Cantavo nel coro della scuola al liceo.”
“Ti va di andare a bere qualcosa?”
“Mi dispiace... domani mattina entro alle otto a lavoro, è meglio che vada.”
“Ti rivedo mercoledì prossimo?”
“Non lo so.”

La mattina dopo, quando Luca si connetté a Internet dall’ufficio, trovò una richiesta di amicizia su Facebook da parte di un certo Nicola Ranzin con il seguente messaggio: “Visto che non so quando ti rivedrò, caro il mio Luca del Mistero, così almeno ci teniamo in contatto. Sei libero all'ora di pranzo?”
L’architetto arrossì. Chiuse il messaggio, lo riaprì e lo rilesse. Ok, non richiedeva molto sforzo. Digitò meccanicamente il proprio numero di telefono nella casella della risposta e aggiunse: “Mi piacerebbe molto.”
Aveva pensato di terminare il tutto con qualche punto esclamativo, ma la mossa gli era sembrata troppo infantile. Inviò perplesso il messaggio.
Era sicuro che Nicola non avrebbe risposto; evitò di guardare il cellulare per quella mattina perché era sicuro che non trovare un messaggio di Nicola lo avrebbe gettato sull’orlo delle lacrime.
All'una e un quarto, come tutti i giorni, salvò il progetto che stava elaborando e si avviò giù in strada, con l’i-pod in tasca. Di solito amava prendersi un tramezzino e fare un giro in centro, piuttosto che stare seduto in qualche affollato bar.
“Non rispondi mai agli sms tu?” La voce di Nicola lo investì appena varcò la soglia. Luca diventò rosso.
“Scusa...”
“Fa niente. Andiamo che ho fame.” Nicola era decisamente bello: una camicia color crema leggera e un paio di jeans sabbia lo facevano sembrare dorato come una statua e gli occhi celati da un paio di occhiali scuri lo rendevano ancora più affascinante.
“Che bella maglia che hai” disse a Luca, approfittandone per mettergli una mano sulla schiena. “Ti porto in un posto carino che mi ha indicato Marisa. Quanto tempo hai di pausa?”
“Un’oretta più o meno.”
“Benissimo” rispose l’altro, azzardandosi a prenderlo per mano. Luca rabbrividì e cercò di sottrarsi, ma la presa di Nicola era decisa.
Si misero a sedere in un caffè dall’aspetto rustico, frequentato per lo più da studenti. Riuscirono a trovare un tavolino appartato in un angolo.
“Sei teso come una corda di violino” puntualizzò Nicola, sfiorandogli uno zigomo. L’altro si chiuse ancora di più a riccio su se stesso. Discussero su cosa ordinare, poi Nicola gli raccontò del suo nuovo lavoro e di quanto fosse contento del gruppo di teatro; a questo modo Luca, senza essere obbligato ad interloquire più del necessario se non con qualche battuta ironica, cominciò a sentirsi più a suo agio.
“Venerdì – domani – è il mio compleanno, darò una piccola festa a casa mia. Vieni?” gli chiese. “Mi farebbe piacere.”
“Mi piacerebbe. Molto.” Nicola lo guardò profondamente, immaginava già dove quella festa avrebbe portato. E fanculo i tre gradi di separazione! Almeno forse, per una volta, non sarebbe stato nel cesso di una discoteca o in mezzo alla pineta di Tirrenia.
Quando all’uscita dal ristorante Nicola tentò nuovamente di prendergli la mano, stavolta Luca cercò di non respingerlo.
“Ci vediamo domani sera, bellezza!” lo salutò il redattore, facendogli l’occhiolino.

Quel venerdì Luca fu teso per tutta la cena. Aveva passato un’ora a scegliere con cura il proprio abbigliamento – e si era rammaricato di non aver potuto fare shopping per l’occasione – aveva paura che il suo regalo fosse stupido e a Nicola non piacesse. Aveva paura di non piacere agli amici di Nicola. E provava terrore ed eccitazione per quello che sarebbe potuto accadere dopo. Nicola lo aveva fatto sedere accanto a sé e Luca si era sentito sotto osservazione. Aveva provato con la solita tecnica del mutismo, ma non era servita a farlo scomparire agli occhi degli altri invitati. Per somma disgrazia, Marisa non era potuta venire.
Cercò di adottare la sua seconda tattica, che certo gli costava più fatica, ma forse – così sperava – si sarebbe rivelata più efficace: cominciò a sparare battute a raffica, entrando in modalità 'buffone'. Anche stavolta sentì di aver fallito la prova e che tutti lo stessero giudicando un immaturo se non uno stupido addirittura.
“Nicola, ora vattene dalla stanza per favore” rise Alice. Da quanto Luca aveva capito, Alice era la migliore amica di Nicola, venuta apposta da Padova per il suo compleanno. Era l’unica persona nel gruppo che quanto meno gli avesse sorriso apertamente quella sera e avesse provato a metterlo a suo agio.
“Luca” gli sussurrò ad un orecchio “ho bisogno che tu ti assicuri che Nicola non venga a sbirciare finché non lo chiamiamo qua.” Spinse il ragazzo fuori dalla sala da pranzo. Sembrava che in qualche modo Nicola lo stesse aspettando in corridoio; lo accolse con un abbraccio che Luca non riuscì a restituire.
“Anche se il corridoio è buio, non mi sono trasformato nel mostro cattivo” gli sussurrò, accarezzandogli la testa. “Impieghiamo il tempo in modo decente, ti faccio vedere la mia camera.” Luca fu spinto nella stanza di Nicola e barcollò a tentoni sul letto. Almeno adesso si stava muovendo in un territorio che conosceva, più o meno.
Contro le sue aspettative, l’altro si mise a sedere accanto a lui, accese la lampada del comodino e cominciò a toccargli i capelli.
“Ma che stai facendo?”
“Ti accarezzo” gli rispose Nicola sussurrando. “Sei così bello, stella mia.” Luca cominciò a tremare convulsamente... perché non arrivavano al dunque? Cominciò a sbottonare la camicia di Nicola, quasi con furia, ma l’altro lo arrestò. “Non c’è motivo di correre. Voglio baciarti, prima” gli disse avvicinando le labbra a quelle dell’architetto. Luca era imbarazzato e rispose a quel bacio senza capire quello che stesse succedendo.
“Non ti interesso?” gli chiese Nicola, rialzandosi.
“No... no... al contrario! Mi interessi molto... cioè...” Luca lo fermò per un polso. “È che non... non so cosa devo fare.”
“Vuoi dirmi che sei vergine?” rise Nicola. “Non ci credo.”
“È che... non sono mai uscito con la stessa persona per più di due volte” ammise arrossendo.
“L’avevo un po’ capito” sussurrò l'altro, baciandogli la testa.

A fine serata Nicola, Luca e Alice rimasero a mettere un po’ a posto.
“Io me ne vado a letto, ragazzi, sono stanca” disse Alice, quando ebbe finito di spazzare. “Luca, è stato un piacere conoscerti” gli disse, avvolgendolo stretto in un abbraccio. “Spero di vederti presto, magari anche domani.” Alice non sembrava essersi impressionata dalla freddezza di Luca, anzi. A dir la verità per tutta la sera aveva cercato di coinvolgerlo in una conversazione e di farlo sentire a suo agio.
L’architetto rimase ancora più sbalordito dal modo in cui Alice salutò Nicola: si strinsero forte a vicenda due o tre volte, dandosi la mano e scambiandosi baci sulle guance, prima che lei si decidesse a dargli la buonanotte e andare a dormire.
Alessandra non avrebbe pensato nemmeno lontanamente di fare una cosa del genere con lui e d’altronde qual'era il senso di comportarsi come fidanzati?
“Ti sei divertito?” gli chiese Nicola, poggiandogli una mano sulla spalla.
“Sì, sì... I tuoi amici sono simpatici. Allora, io andrei a casa e..” balbetto Luca, ma l’altro lo trattenne baciandolo sulla bocca e accarezzandogli i capelli.
“Ma c’è Alice di là.”
“Mica dobbiamo mettere su la musica a tutto volume, bellezza” gli rispose prendendolo per mano e baciandolo sulla fronte. “Ti va di andare al mare io e te da soli domani?”
“S-sì” balbettò Luca.
   
 
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