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Autore: emychan    22/06/2011    3 recensioni
Sir Cadmon era strano, la sua aquila era malvagia e Merlin si ritrovava come al solito nei guai. Ovviamente era tutta colpa di quell'asino.(Merthur ovviamente!)
"Di certo doveva aspettarselo, Arthur era un asino in fondo, un bell'asino forse, ma pur sempre un asino.Il suo unico pensiero era riuscire a specchiarsi nella sua armatura o nei suoi stivali, figuriamoci se si preoccupava di non farsi cavare gli occhi da un orribile mostro coperto di piume e dagli enormi artigli. Tipico."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Dedicata a elfin emrys, aleinad ed elyxyz che hanno commentato la mia ultima storia! E a tutti coloro che lasciano sempre scritto cosa pensano o mi aggiungono tra i preferiti!Fatevi sentire così posso dirvi che vi adoro! Siete la mia ispirazione!!xD


Note: Ecco una storia dai toni più allegri, come promesso!
Il film 'Ladyhawke' è uno dei miei preferiti!! L'idea della storia mi è venuta da lì, anche se alla fine c'entra ben poco!xD

Il nome Cadmon invece, mi è rimasto impresso da una fic inglese su Merlin molto bella, mi piaceva come nome per un cavaliere così l'ho utilizzato qui, i personaggi comunque non c'entrano nulla con quella storia!:P

La storia partecipa al Contest 'una storia per una canzone' indetto da Parsifal62 su Efp!
Terzo posto all'Avril Lavigne Contest indetto su Efp da Adamantina!





Ladyhawke 1/2


Sospirando Merlin chiuse l'ennesimo libro inutile della biblioteca reale, Geoffrey iniziava a guardarlo storto dal suo angolo ricoperto di vecchie pergamene.
Era quasi una candela che se ne stava seduto a quel tavolo, circondato da rotoli e volumi di ogni genere. Tutti quei fogli e nemmeno uno che contenesse ciò che cercava.
Dicevano tutti le stesse cose: rapace, cacciatore di piccoli animali, carnivoro, grandi ali, vista acuta. Tutte cose già risapute.
Non c'era niente sul pedinare servi innocenti? Sul fissarli con aria minacciosa? Su aquile possedute da potenti stregoni malvagi?
Insomma, non poteva essere capitato solo a lui, no? No?
Con un gemito, Merlin lasciò cadere la testa contro il tavolo, dal suo angolo Geoffrey si schiarì la gola seccato.
Inutile, non c'era niente che gli spiegasse cosa stava accadendo.
Forse aveva ragione Arthur, stava impazzendo.
Era possibile.
Forse tutte quelle minacce magiche, tutti i pericoli e le battaglie, l'orribile era dell'alleanza tra Morgana e Morgause, l'avevano stressato.
Gli facevano vedere minacce ovunque... Andiamo, chi poteva essere perseguitato da un'aquila? Era ridicolo!
Certo era un’aquila enorme, con tondi occhi gialli ed un becco piuttosto appuntito. Per non parlare degli artigli, solo a pensarci tremava. Ma era pur sempre un'aquila, un rapace.
Non poteva davvero progettare di ucciderlo lentamente e dolorosamente come credeva. Era assurdo.
E, ovviamente, era tutta colpa di Arthur. Come sempre del resto.
Se non fosse stato per la stupida battuta di caccia di due settimane prima, Avril sarebbe stata solo una grossa minaccia da cui tenersi distante, ma no, il principe aveva deciso di rallegrare la giornata, come diceva lui.
Non importava che facesse freddo e che molti dei soliti cavalieri che lo accompagnavano fossero di pattuglia, no.
Arthur doveva per forza uccidere qualcosa, anche se l'intero universo lo avvertiva di non farlo. Anche a costo di radunare un paio di cavalieri semi-sconosciuti ed irritanti.
Anche a costo di portarsi dietro Sir Cadmon.
Personalmente, Merlin non aveva niente contro sir Cadmon.
Per essere un nobile, il cavaliere era piuttosto riservato, gentile, ben educato.
Inoltre nessuno poteva negare che fosse anche molto affascinante, un po’ più alto del principe, con occhi grigi come un cielo in tempesta e corti capelli castani a incorniciare un viso dai tratti molto squadrati.
Nei suoi quattro anni a Camelot, però, Merlin non
gli aveva  mai rivolto una parola e sinceramente, non aveva alcun desiderio di farlo.
Questo perché per quanto fosse forte, fedele o coraggioso, Sir Cadmon era anche piuttosto... bizzarro.
Per non dire completamente fuori di testa.
A partire dalle sue abitudini notturne.
Quell'uomo non dormiva mai.
I servi non facevano che raccontare di averlo visto vagare per il castello o in cortile agli orari più improbabili e i suoi continui ritardi agli allenamenti del mattino sembravano confermare le loro storie. Così come il suo frequente dormire fino a tardi senza nemmeno presentarsi a detti allenamenti, cosa che faceva infuriare il principe ogni volta.
In quelle occasioni, Arthur mandava qualche nuova recluta a chiamarlo.
In genere, Cadmon arrivava poco dopo, con l'aria assonnata ed un paio di enormi occhiaie nere sotto agli occhi grigi, pronto ad ascoltare con aria vacua la lunga ramanzina sul senso del dovere del principe.
E quella non era nemmeno la parte peggiore.
Fosse stato solo per quello il mago gli avrebbe eretto un monumento.
Chiunque irritasse Arthur in quel modo ne meritava uno.
Il vero problema di sir Cadmon era il suo animaletto da compagnia. Un’aquila di nome Avril.
Il cavaliere se la portava dappertutto, appollaiata sulla spalla, pronta a colpire chiunque arrecasse offesa al suo padrone. E lui le accarezzava la testa, sussurrandole racconti e guardandola come se... per quanto fosse pazzesco pensarlo, se quello non era amore Merlin non era un mago.
Non importava quanto ridesse Arthur al pensiero di un cavaliere innamorato di un uccello.
Il problema, a parere di Merlin, non era che amasse o meno un rapace capace di uccidere un uomo, ma il fatto che se la portasse in giro come se fosse normale.
Ma a Sir Cadmon, che la trattava al pari di una principessa, sembravano non importare simili sciocchezze.   
Le legava grandi nastri colorati intorno al collo e le parlava  in fretta, come se potesse capirlo.
Quando la chiamava, il grande rapace emetteva piccoli versi striduli, quasi volesse rispondergli e piegava la piccola testa piumata fissandolo coi suoi enormi occhi, beccandogli le dita con affetto, senza ferirlo.
Tutti a Camelot conoscevano Avril e nessuno osava avvicinarla per paura delle conseguenze. Si narrava che, una volta, un servo avesse cercato di farle mangiare un topo e si fosse ritrovato senza un dito.
La cosa peggiore era che, secondo le voci, il cavaliere aveva sgridato il servo per averla molestata.
In molti dicevano che era una storia troppo assurda per essere vera, che era ovviamente inventata, ciononostante, nessuno osava avvicinarsi ad Avril e visto che Cadmon era sempre con lei, anche lui finiva col non essere molto popolare.
D’altronde, l'orribile rapace lo teneva in pugno. Avril era molto possessiva e chiaramente gelosa, l'ultima volta che Cadmon aveva mostrato dell'interesse per una dama accettandone il favore, la nobile in questione si era ritrovata con la faccia ricoperta di feci d'aquila e aveva pianto per tutto il giorno.
Gaius poteva alzare il suo stupido sopracciglio quanto voleva, ma Avril aveva chiaramente riso in quell'occasione, una risata davvero malvagia.
Perfino Uther aveva timore dell'enorme rapace. Aveva vietato a Cadmon di portarlo con sé nella sala del trono e come biasimarlo?
L'ultima volta che c'era stata, il mantello del re ne era uscito decisamente sconfitto... e puzzolente.
Per i suddetti ragionevoli motivi, quando Arthur lo aveva cortesemente informato di chi si sarebbe unito alla caccia del giorno, Merlin aveva cercato di convincerlo in tutti i modi che non era una buona idea, ma ovviamente il principe non l'aveva ascoltato.
E di fronte ai suoi più che fondati dubbi sulla normalità di Cadmon, aveva osato rispondergli che era lui l'idiota, lui!
Di certo doveva aspettarselo, Arthur era un asino in fondo, un bell'asino forse, ma pur sempre un asino.
Il suo unico pensiero era riuscire a specchiarsi nella sua armatura o nei suoi stivali, figuriamoci se si preoccupava di non farsi cavare gli occhi da un orribile mostro coperto di piume e dagli enormi artigli. Tipico.
Così, poche ore dopo, si era ritrovato nel bel mezzo della foresta, sotterrato dal peso delle armi del principe e pochi passi dietro a Sir Strambo come aveva deciso di soprannominarlo, almeno nella propria mente.
Se non altro, Avril non era con loro. Poco prima, l'aquila si era innalzata in volo con un grido, sparendo oltre le fronde degli alberi.
Per un attimo Merlin aveva temuto di vederla scendere in picchiata su di loro trattandoli come piccoli roditori, ma Cadmon sembrava sereno e Arthur non aveva detto niente, perciò ne aveva dedotto che fosse tutto normale. O almeno nel mondo dell'uomo che sussurrava alle aquile.
I suoi macabri pensieri erano stati interrotti dal principe che aveva fatto cenno agli altri di restare in silenzio.
Arthur si era inginocchiato lentamente facendo cenno agli altri di dividersi.
Senza esitazione, i cavalieri avevano seguito i suoi ordini, impugnando lance e balestre.
«Merlin, la lancia!» gli aveva sibilato il principe guardandolo piuttosto seccato, come se avesse dovuto prevedere quell'ordine. A volte era davvero insopportabile.
Con un sospiro, il servo si era morso la lingua per non rispondergli a dovere e gli aveva passato l'arma in questione, facendola quasi cadere a terra, sotto le occhiatacce del principe.
Non fosse stato per il cervo, che al momento si abbeverava al fiume, probabilmente gli avrebbe gridato contro per un bel pezzo.
In muta concentrazione, Arthur aveva preso la mira, a quella distanza un errore era quasi impossibile per lui, aveva pensato Merlin con dispiacere.
Il cervo era davvero bello, con dolci occhi neri e il manto soffice e lucido.
Davvero non capiva cosa ci fosse di tanto divertente nell'uccidere creature così perfette.
Un attimo dopo, la freccia era scoccata, Merlin aveva chiuso gli occhi e poco distante, Cadmon era saltato in piedi gridando «Sire!»
Gli altri cavalieri si erano voltati a guardarlo confusi, chiedendosi dove fosse la minaccia.
Perfino Merlin si era guardato alle spalle un po' preoccupato.
«No!» aveva continuato il cavaliere, ignaro o completamente indifferente alla confusione che stava portando tra i suoi compagni.
Per un attimo, guardandolo correre verso la carcassa del cervo, Merlin aveva creduto che fosse un'altra delle sue stranezze, paura delle frecce magari.
Soddisfatto, aveva guardato verso il principe, pronto a sussurrargli Ve l'avevo detto, ma
Arthur gli aveva gettato uno sguardo che diceva Ho ancora una balestra, non azzardarti a dirlo, e si era avvicinato con cautela al suo cavaliere.
«Sir Cadmon? Cosa succede?»
«Avril!» aveva esclamato il cavaliere senza nemmeno ascoltarlo.
Nel frattempo Merlin, che aveva seguito Arthur per impedire che finisse ucciso come al solito, si era ritrovato a fissare stupito e vagamente dispiaciuto il corpo di Avril riverso a terra, con gli occhi gialli semiaperti e il respiro affannoso.
La freccia di Arthur le aveva trapassato il petto.
Il principe aveva trattenuto il fiato, come se lo avessero colpito. Certo non poteva biasimarlo.
Perfino lui, che di certo non era mai stato un fan del rapace, non le avrebbe mai augurato di morire in quel modo.
Incapace di trovare le parole giuste, il principe si era schiarito la voce dondolandosi nervosamente da un piede all’altro, Merlin si era sentito in pena anche per lui.
«Sir Cadmon, io... non l'ho vista arrivare» si era scusato.
«Non è colpa vostra» aveva mormorato il cavaliere, la voce stranamente rotta.
Per un istante, il mago aveva creduto che sarebbe scoppiato in lacrime davanti a tutti e si era sentito un verme per tutte le cose che aveva pensato di lui... e di Avril.
«Devo portarla dal medico di corte» aveva continuato a dire come in trance.
Merlin aveva sbattuto le palpebre, convinto di non aver sentito bene.
Gaius sapeva curare gli animali? Da quando?
E comunque a guardarla... Avril non sarebbe mai sopravvissuta, per quanto brutto fosse pensarlo. Quella freccia gli aveva trapassato il petto da parte a parte.
«Sir Cadmon, so che è difficile...» aveva detto Arthur con aria incerta, probabilmente pronto ad esprimere i pensieri del mago.
Merlin aveva sperato profondamente che non avesse intenzione di esprimere i propri pensieri. Arthur non era certo adatto a confortare qualcuno.
«Lui la salverà» lo aveva interrotto il cavaliere in tono deciso. Un tono che non concedeva repliche.
Merlin si era sentito profondamente triste per lui.
Al contrario, Arthur era sembrato sul punto di dirgli che era un idiota a disperarsi per un uccello già quasi morto. La sua ritrovata sensibilità già svanita nel nulla, ma un discreto pizzicotto sul fianco da parte di Merlin e un'occhiata torva, lo avevano subito distolto dai suoi intenti troppo sinceri e diretti.
«Ah... beh... certo...» aveva invece sputato a stento «Certo, torniamo indietro» aveva ordinato facendo cenno con la testa a Sir Leon di non dire niente.
Quel viaggio era già stato abbastanza assurdo così, in fondo.
I cavalieri erano quindi rimontati a cavallo e Arthur aveva comunicato silenziosamente a Merlin quanto quella storia gli sarebbe venuta a costare dopo. Quella notte in tutta probabilità.

La faccia di Gaius non era stata meglio.
Il suo sopracciglio era quasi schizzato via dalla fronte quando Cadmon aveva adagiato Avril sul suo tavolo dicendogli che era ferita.
Per qualche strana ragione, il medico aveva fissato Merlin come dandogli la colpa di tutto. Per una volta che non aveva fatto nulla.
Tuttavia, di fronte alla voce arrochita, il viso pallido e gli occhi ovviamente disperati e arrossati di sir Cadmon, nessun uomo avrebbe osato dire di no. Meno di tutti il povero Gaius che, con tutta la dignità di cui solo lui era capace, aveva ordinato al cavaliere di fargli dare un’occhiata alla ferita di Avril e aveva cacciato tutti dalla stanza.
Tutti tranne Merlin.
«Vorresti spiegarmi perché la vita con te non è mai noiosa?» gli aveva chiesto con aria esasperata, mettendosi ad esaminare il corpo esanime del rapace.
«Non ho fatto niente stavolta...» si era difeso il ragazzo sentendosi insultato.
Il medico non aveva risposto, tamponando la ferita con un panno.
«Tienila ferma, dobbiamo estrarre la freccia» gli aveva ordinato in tono brusco.
Il mago aveva stretto le mani sul corpo piumato dell’animale, trovandolo stranamente soffice sotto le dita, diversamente da come avrebbe immaginato.
«Pensate di poterla davvero aiutare?» aveva chiesto guardandolo estrarre la freccia con un colpo secco.
Avril aveva spalancato il becco emettendo un basso grido strozzato, tanto simile ad un gemito, da fargli venire la pelle d’oca. Con delicatezza, Gaius aveva allora disinfettato e tamponato la ferita cercando di fermare l’emorragia. L’espressione sul suo viso grave e preoccupata.
«E' un'aquila, non credo che abbia la forza o la volontà necessaria per superare questo... e di certo io non ho le conoscenze per riuscire a curarla in modo adeguato. Non l'ho mai fatto prima d'ora» aveva scosso la testa con rammarico.
«Perciò… morirà?» aveva chiesto in un sussurro, sentendosi a disagio solo nel pronunciare la parola. Era strano come il pensiero all'improvviso gli fosse sembrato del tutto inaccettabile.
«Non lo so» aveva sospirato l'anziano «Possiamo solo sperare».
Merlin era rimasto in silenzio, guardandolo ricucire la ferita come l'aveva visto fare milioni di volte sui cavalieri.
«Se usassi la magia?» aveva bisbigliato quasi soprappensiero «Forse potrei aiutarla».
«Per farti uccidere? Non essere sciocco Merlin» lo aveva sgridato di rimando Gaius «Non credi che Cadmon s’insospettirebbe? O Arthur?»
«Non curerei tutta la ferita. Potrei solo aiutarla… a superare la notte» aveva spiegato il mago di getto, incespicando nelle parole mentre l’idea si faceva sempre più ferma nella sua mente.
Poteva aiutarla. Lo sapeva. E per qualche ragione era come se la sua stessa magia lo stesse implorando di farlo.
Il medico lo aveva osservato esasperato «Merlin...» aveva cominciato in tono di rimprovero, ma il mago lo aveva interrotto sul nascere «Avete visto Cadmon? Se Avril muore la prenderà male, molto male».
«Com’è normale che sia Merlin. A nessuno piace perdere qualcuno o qualcosa che si ama, ma questo non significa che tu debba...»
«C'è di più Gaius, la sua reazione... voi non l'avete visto. Il modo in cui è corso qui, in cui la teneva, sembrava impazzito, disperato! Non è solo un’aquila per lui!»
«Ancora questa storia?» aveva sospirato il medico scuotendo il capo «Merlin, ti ho già detto che simili voci sono…»
«E' così vi dico, non so cosa ci sia sotto, ma so che non devo permettere che muoia... è una sensazione. Fidatevi di me, Gaius».
Nella breve lotta di sguardi che era seguita, il mago aveva supplicato silenziosamente il suo tutore di capirlo, di accettare l’ennesimo rischio che avrebbe corso per aiutare qualcuno.
Alla fine era stato Gaius ad arrendersi ed annuire «Cerca di non farti scoprire» aveva brontolato in tono burbero.
Con un sorriso, il mago era corso nella sua stanza per recuperare il libro di magia dal suo nascondiglio.
Era stato facile trovare ciò che cercava, ormai conosceva quel libro da copertina a copertina.
Era usare gli incantesimi nel modo giusto il vero problema.
Con un respiro profondo, Merlin aveva teso la mano verso l'aquila ricoperta di sangue e mormorato le parole ormai tanto familiari.
Aveva dovuto ripeterle tre volte prima che il respiro di Avril si facesse più ritmico e i suoi lamenti cessassero. La ferita era stata ancora piuttosto profonda, ma non mortale. O così aveva sperato.
Sentendosi stanco e prosciugato, aveva guardato verso Gaius per conferma, il medico si era chinato subito sul rapace per controllarne il respiro «Credo abbia funzionato» aveva decretato poco dopo «Almeno per adesso».
Merlin aveva sospirato con sollievo lasciandosi cadere su uno sgabello.
L'aveva stupito l’infinita gioia che quelle parole gli avevano procurato e quando Cadmon si era seduto accanto alla sua aquila guardandola dormire, si era sentito estremamente soddisfatto di se stesso.
Non avrebbe saputo spiegare il perché, ma era certo di aver preso la decisione giusta.
«Pensate ancora che non sia strano?» aveva poi sussurrato a Gaius quando, tre giorni dopo, aveva decretato che l’aquila poteva tornare nelle stanze del cavaliere.
In quel periodo il medico aveva avuto tempo per studiare il rapace, il modo in cui se ne restava tranquillamente sdraiata in una coperta o rannicchiata tra le mani del cavaliere.
Aveva avuto tre giorni per guardare il cavaliere parlare con la sua aquila come fosse la sua donna. Dormire al suo fianco, accarezzarle le ali, portarle nastri e fiori, ma Gaius si era limitato a scuotere le spalle.
«Non so davvero che dire Merlin, Avril è la sua aquila, è normale che gli sia affezionato anche se… forse in entrambi c’è qualcosa di poco chiaro, ma io non ne farei parola con nessuno se fossi in te. Come sai Uther non approva stranezze di nessun tipo. Specie quelle che ai suoi occhi possono somigliare a magia».
«Magia? Credete che Cadmon sia uno stregone?» aveva chiesto sedendosi a mangiare, l’idea che Avril potesse essere magica stranamente non gli era nemmeno passata per la mente. Eppure avrebbe spiegato ogni cosa.
«Io non credo nulla, posso solo dire di aver visto animali di ogni specie nella mia vita e nessuno di loro si è mai comportato come quell’aquila» aveva risposto l’anziano con aria vagamente preoccupata.
Il mago aveva annuito pensieroso, ripromettendosi di tenere un occhio su entrambi, sebbene l’idea di spiare o seguire il rapace non fosse proprio nella sua lista di cose preferite, ma alla fine ogni suo proposito si era rivelato superfluo.
Pochi giorni dopo ‘l’incidente’, com’era ormai chiamato da tutti, sir Cadmon era tornato ad essere costantemente accompagnato dalla sua amica.
Se qualcuno aveva notato la fin troppo veloce guarigione del rapace non aveva detto nulla, per gran sollievo di Merlin che si era però ritrovato con problemi ben più gravi.
Un rapace che sembrava seguirlo dappertutto, ad esempio.
All’inizio aveva creduto di essere paranoico, ma dopo giorni e giorni non poteva più negarlo, Avril lo seguiva.
Sapeva bene di suonare pazzo, ma era così.
Quando puliva le stalle, l’aquila lo fissava da una sella.
Quando attendeva agli allenamenti di Arthur, Avril lo fissava. E avrebbe giurato di averla vista sul davanzale della finestra mentre lucidava gli stivali del principe.
Quest’ultimo, di fronte alle sue preoccupazioni, si era limitato a ridere di gusto ordinandogli di smettere di bere il suo vino.
E c’era la questione di Cadmon ovviamente.
Il cavaliere con cui non aveva mai neppure scambiato una parola, adesso non faceva altro che… studiarlo. Questa era la parola esatta.
Lo fissava tutto il tempo, seguendone le mosse come se in attesa di chissà che cosa.
Era davvero inquietante.
Non capiva cosa avesse fatto di male per essere fissato in modo così minaccioso da entrambi. Li aveva salvati in fondo eppure sembrava che stessero complottando qualcosa di terribile nei suoi confronti.

«Merlin, giusto?» il mago era così avvolto nei suoi pensieri che sobbalzò, facendo cadere la coppa d’acqua da cui beveva da diversi minuti senza accorgersi che era già vuota. Quel giorno il sole picchiava sul cortile e starsene a guardare Arthur picchiare i suoi cavalieri non era certo appagante, ma era sempre meglio che spalare feci nelle stalle.
Quello che non si aspettava era di ritrovarsi faccia a faccia con un cavaliere.
Il cavaliere. Sir Cadmon in persona.
«Ho bisogno di parlare con te, se hai un minuto» più che una richiesta, il suo tono di voce faceva pensare ad un ordine e la serietà con cui lo pronunciò fece desistere il servo da ogni tentativo di scusarsi con qualche impegno o mansione urgente.
«Si tratta di ciò che è accaduto nel bosco, con Avril…» s’interruppe guardandolo come se da quelle poche parole Merlin dovesse dedurre l’esatta ragione di quella conversazione.
Il mago ovviamente non aveva idea di dove volesse arrivare.
L’altro dovette intuirlo dal suo sguardo piuttosto perso, perché si avvicinò a lui fino ad entrare nel suo spazio vitale e abbassò la voce ad uno strano tono di cospirazione «So di quello…» cominciò a dire, ma l’arrivo improvviso del principe lo interruppe.
«Sir Cadmon, non eravate di guardia?»
Arthur indossava la sua armatura. Nonostante il caldo aveva passato tutta la mattina ad addestrare un gruppo di nuove reclute per aumentarne la forza di resistenza, o ucciderli, il servo non era ancora sicuro, e adesso osservava entrambi col viso imbronciato e vagamente confuso.
«Sì sire, stavo giusto andando» si giustificò in fretta Cadmon gettando un’occhiata verso Merlin, probabilmente con lo scopo di farlo rimanere in silenzio, ma dato che il mago non aveva neppure capito perché era stato fermato, non aveva molto di cui preoccuparsi.
«Muovetevi allora» gli ordinò Arthur continuando a fissarlo irritato.
Cadmon chinò la testa in saluto e se ne andò, Merlin lo vide scoccargli un’ultima occhiata indecisa, come se volesse chiedergli qualcosa, ma fu solo un attimo prima che si voltasse e andasse via.
Pochi passi dopo, con un grido, Avril atterrò sulle sue spalle chinando il becco verso il suo orecchio, come se dovesse bisbigliargli qualche segreto.
«Cosa voleva?»
Arthur si finse disinteressato riempiendosi una coppa d’acqua fresca, ma il suo tono era piuttosto seccato.
«Non ne ho idea» mormorò Merlin «Siete arrivato prima che me lo dicesse».
Il principe non rispose, ma continuò a fissare il punto in cui Cadmon era sparito con aria pensosa.
«Vieni nelle mie stanze stanotte» mormorò, dopo aver bevuto a sufficienza, chinando il viso verso il suo.
Merlin sorrise «A cosa devo questo onore?»
In tutta risposta il principe sbuffò «Al fatto che, a quanto pare, hai sempre bisogno di un invito scritto per farlo».
«Non vorrei mai presumere troppo e superare i limiti della vostra immensa generosità» si giustificò il servo con un sorriso.
«Merlin, hai letto il manuale del buon servo ultimamente?»
«Devo pur trovarmi qualcosa da fare quando non intrattengo voi» gli passò la mazza ferrata ammiccando.
Arthur la prese stringendogli le dita più a lungo del necessario e fissandolo dritto negli occhi «Stasera Merlin. E mi aspetto che tu mi intrattenga a dovere» lo tirò verso di sé, sfiorandogli le labbra con le proprie, una breve carezza che lasciò Merlin senza fiato.
Il mago si guardò attorno preoccupato, in genere stavano molto più attenti a non farsi vedere. Qualcosa gli diceva che Uther non avrebbe apprezzato l'idea di suo figlio con un servo, un maschio per di più.
«Come desiderate sire» rispose dopo essersi assicurato che non ci fosse nessuno nei paraggi.
Il principe sorrise prima di tornare ad allenarsi e Merlin desiderò ardentemente che le ore potessero passare più in fretta.

Tbc...


   
 
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