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Autore: Lucy_lionheart    30/06/2011    0 recensioni
Partecipa al "Childhood Slice of Life" contest indetto da "Oc's Place: La casa dei tuoi personaggi originali."
Marina Vargas, il Centro-Italia.
Per quanto difficile e dura, anche una Nazione o una sua parte ha un'infanzia; la sua è fatta di spade, di penne, di sorrisi, di sangue e di gigli.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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unobuono 1. Di Spade e di Penne.









Firenze.
Sembrava una qualunque giornata d'aprile, quella, nella vita della potente città.
Da poco era stato stipulato, in quella che ancora non possedeva il nome unificante di "Italia", una pace che si poneva come obbiettivo quello di porre fine al continuo scontro che era il Paese in quel momento; forse così anche la tua Firenze, dove con il rosso si coloravano da tempo sia i quadri che le strade, nelle mani laboriose degli artisti e nel danzare delle lame delle opposte anime nere e bianche* si sarebbe quietata. Di fatto la città era diventata così violenta che il signor Lorenzo dei Medici si era visto costretto a regalarti per il tuo compleanno, al posto di fiori e dolciumi, una pesante armatura.
Poco più che bambina eri diventata un cavaliere, difensore del Magnifico e della sua famiglia, a cui tanto dovevi.
Quel giorno ti trovavi ad accompagnare i due rampolli della famiglia, Lorenzo e Giuliano, nella parata lungo Firenze che si sarebbe interrotta solo alla vista della Santa Maria del Fiore.
Camminavi al loro fianco, tenendo la mano sulla spada per puro caso, non ancora per abitudine, troppo impegnata a osservare il bel viso del tuo Principe, sulla quale i riccioli d'ebano cadevano con dolcezza; lo adoravi: ti eri affezionata sin da quando il vecchio Piero l'aveva fatto diventare il tuo compagno di giochi preferito e adesso che, uomo, ti riservava lo stesso sguardo di quand'era bambino, il sentimento nei suoi confronti non aveva fatto altro che aumentare.

<< Sei molto carina, così pettinata, bambina mia. >>

Disse, carezzando con il palmo una ciocca di capelli delle due code; arrossisti, non negando però un sorriso gigantesco.

<< Grazie, messer Lorenzo! >>
<< Dimmi, Marina, ti dà fastidio l'armatura? >>
<< Oh, no Signore. E' stato un regalo davvero molto utile, la ringrazio! >>
<< Suvvia, Lorenzo, Non fare l'ingenuotto! >>

Interruppe il fratello Giuliano, lanciandogli un'occhiata di rimprovero. Nonostante non fosse al livello del fratello, anche Giuliano si distingueva, non finendo con l'essere l'ombra dell'altro de Medici.
Fece per parlare di nuovo, ma, alla velocità con cui tu stringesti le dita intono all'elsa, un arto abbracciò il suo collo, cogliendo tutti voi decisamente di sorpresa.

<< De Pazzi! >>

Esclamò Giuliano, dopo aver voltato il capo verso la persona che l'aveva sorpreso; riconoscesti nel suo viso Francesco della famiglia sopra citata e, subito dietro di lui, il volto rilassato di Bernardo Bernardini, servo che da poco si vedeva al fianco dell'altro uomo.
Anch'esso abbracciò il minore, battendogli le mani sulla spalla come se lo avesse conosciuto da sempre e continuando a elogiarlo.
Faceva così da quando Giuliano era uscito di casa, trovandoseli inaspettatamente di fronte.

<< Messere, mi dica, è passato il malessere del giorno precedente? >>
<< Sì, sì. >> Rispose Giuliano, spicciolamente, quasi disturbato da quell'esagerato contatto fisico. << Va tutto bene, come ti ho detto anche quando sono uscito. >>
<< Menomale. >> Disse Francesco, sorridente. << Ci è dispaicuto sapere il motivo per cui il rinfresco di eri è stato annullato. Che sfortuna, eh? >>
<< Già, che sfortuna. >>

Questo era Lorenzo, il cui tono fu ancor più secco e tagliente di quello del fratello, che si limitava a ostentare sarcasmo in ogni sillaba.
Capivi la loro diffidenza, anzi, non avevi ancora sciolto bene le dita dall'impugnatura preziosa; tra Medici e Pazzi non vi erano mai stati grandi rapporti, si potevano definire come cani e gatti, e tutto quel'affetto e quella cortesia improvvisi erano decisamente sospetti.
Francesco si bloccò, per poi sospirare e tirarsi indietro, non dopo aver lanciato uno sguardo all'altro.

<< Meglio andare, adesso. A dopo, messeri! >>

Detto ciò si allontanarono, mischiandosi nuovamente nel corteo; seguiste tutti e tre le due figure, fin quando furono abbastanza lontane, allora Giuliano si voltò, guardando il fratello come se nulla fosse accaduto.
"Una mosca che passa davanti agli occhi."

<< Dicevamo, fratello? >>
<< L'armatura di Marina... >>
<< Oh, certo. Dicevo: guardala, poverella! Ci sguazza dentro! Ne hai fatta realizzare una fin troppo grande! >>
<< Ma come? >>

Rispose quello, osservandoti. Effettivamente gli arti metallici erano più lunghi delle tue eslili braccia e il petto era così grande da permetterti di star china.

<< Eppure il fabbro aveva detto che era su misura...! >>
<< Oh, certo, " Su misura " ! Non ti preoccupare, Marina, ci penso io, non appena finiamo qui. Ti farò realizzare un'armatura che ti starà a pennello, bambina! >>

Concluse, con un sorriso alla quale tu rispondesti con fatica.
In realtà quell'armatura la portavi solo perchè era un loro regalo, avresti preferito di gran lunga farla fondere e realizzarvi un gioco. Da quei pensieri di distrasse la mano di Lorenzo, che in un segnale silenzioso sfiorò il tuo braccio; alzasti lo sguardo, vedendolo sorridere, e lui con un movimento della testa ti face segno d'alzare il braccio come avevi fatto con gli occhi. Obbedisti e lui strinse la tua piccola mano ferrata, chiudendola nella sua. La gioia invase il tuo corpo e stringensti ancor più le dita, sorridendogli sorniona.
Per lui avresti indossato la più pesante delle armature.

<< Siamo arrivati, amichetti. >>

La voce di Giuliano ti distolse da quel momento di bambinesca felicità, riportandoti dentro l'armatura e lontanto dal profumo dei gelsomini e dei gigli bianchi tra i quali tu e Lorenzo, nel giardino dell'enorme proprietà, trascorrevate il tempo libero.
Alzasti lo sguardo e vedesti davanti a te l'imponente figura del Duomo, in tutta la sua purezza. L'avresti visto così ancora per poco.
I due fratelli presero posto, tu affiancasti Lorenzo, assieme a Poliziano e i tuoi due "compagni di squadra", ovvero i due Cavalcanti, e la messa potè iniziare.
Stranamente la folla non si era aquietata come le volte precedenti: era silenziosa, sì, ma le tue orecchie udivano strani sussurri. Sussurri che, per uno strano motivo, ti diedero un lungo brivido.

"E' il vento."

ti ripetesti, stringendo un braccio attorno all'altro.

" In questa armatura passano gli spifferi.".

Il latino del cardinale echeggiò nell'aria, e la ritmica che prese ti parve di colpo macabra.

" Oh, smettila con queste fantasie, Marina, ti sei fatta influenzare dal manoscritto che hai letto ieri notte! "

Era arrivato il momento della solenne elevazione; tutti s'inginocchiarono, iniziando a recitare l'ennesima preghiera, mentre il religioso, come sempre, prese ostie e boccale,preparandosi per l'eucarestia.

Nessuno avrebbe pensato che le ostie quel giorno non sarebbero state bagnate dal vino.



<< Muori! >>



Un coltello, i tuoi occhi che scattano, Lorenzo che urla, la folla che impazzisce, il Bardini che svelto riporta nelle sue mani la sua lama;

Giuliano che cade, in un lago di sangue.


<< Fratello! >>

Lorenzo si buttò su di lui, mentre tu ti scagliavi, o meglio, cercavi di scagliarti, senza capire, completamente alla cieca, sull'aggressore, facendo in tempo solo a vedere una seconda lama; quella che il prete lanciava contro il Magnifico!
Non facesti in tempo a separare la spada da quella del Bardini, urlando il nome del tuo signore, che uno dei nobili di conoscenza del Magnifico, tale Francesco Nori, gli fece scudo con il suo stesso corpo.

<< Marina, Marina! >>

Altre urla, questa volta quelle di uno dei due cavalcanti, nemmeno riuscisti a capire quale, nelle confusione.

<< Prendi Lorenzo, portalo via, veloce! >>

Non te lo facesti ripetere due volte: la mano libera si strinse a quella dell'uomo, notando solo allora il sangue che usciva dalla sua spalla, sollevandolo e trascinandolo via, la tua spada davanti a fare strada in quella calca, dove non si distingueva il buono dal cattivo, muovendosi come un toro impazzito.

<< Corra! Corra! >>

Urlasti,con la voce rotta dalla paura, mentre salivi le gradinate della sacrestia.

<< Ha la chiave, vero!? >>

Alla tua domanda Lorenzo reagì con un muto segno del capo, mentre prendeva dalla cintura la chiave e la inseriva nella serratura.
Ti voltasti a guardargli le spalle, con gli occhi che tremevano ancora di più delle mani, e solo allora vedesti un uomo correre a tutta velocità verso di voi, tenendo tra le mani una spada dalla lama tremendamente lunga: altri due passi e vi avrebbe trafitto, tutti e due e in un colpo solo.

Non c'era tempo di pensare, non c'era tempo di avere paura, di tremare, di rimanere fermi o d'immaginare la morte. Non c'era tempo, non c'era tem-

<< ... Uh. >>

Il gemito dell'uomo di spettinò i capelli, la sua spada cadde al tuo fianco.
E la tua?
Oh, eccola:
grottescamente conficcata nella metà del suo collo.

... che diavolo era successo? Quando avevi agito?

Il grande portone di legno cigolò. aprendosi e svegliandoti, e Lorenzo sparì dietro la sua metà, tendendo una mano verso te.

<< Marina! Entra, veloce! >>

Il tuo sguardo vagò da lui al corpo che faceva da cornice a quella lama che era stata appena battezzata con il sangue, fino a quello che stava avvenendo alla fine di quelle scalinate.
Cosa fare, in un attimo, ti parve ovvio... e facilmente realizzabile.

<< Non posso. >>

Sussurrasti, spingendo dentro la chiesa il tuo signore, senza dargli tempo di controbattere con un ordine che saresti stata costretta a seguire, e chiudendo la porta;
silenzio.
Per un attimo, tutto ti parve slenzioso.
Ti voltasti verso quel corpo, sul ciglio delle scale, in cui stava ancora la spada; la impugnasti di nuovo, poggiasti un piede sulla carne morta e, in un gesto veloce, spingesti via, buttandola giù, facendola rotolare lungo le scale.
Il più lontano possibile da te.
Il sangue gocciolò sulla punta, splendendo come un rubino alla luce del sole;
quell'uomo era stata la tua prima uccisione a sangue freddo.
La prima di una lunga serie che, quel giorno, si sarebbe inaugurata.




Un cigolio di un imponente portone in lengo interruppe il silenzio di una chiesa immensa, illuminata solo da poche candele e dalla luce del tramonto, che filtrava nelle alte vetrate colorate, offrendo al vuoto un meraviglioso gioco di ombre e colori.
Davanti all'altare, ecco un uomo: stava in ginocchio, tremava, la testa china sulle sue mani, strette, come i denti, in una preghiera bagnata di lacrime.
Dalla spalla del vestito di alta manifattura, impreziosito qua e là da qualche meravigliosa gemma, restava la scia di un sangue secco che aveva smesso di colare solo da poco, a differenza del pianto che ancora bagnava il suo volto; non era cosa da fare, piangere, per un uomo così importante, era segno di debolezza.
Ma per Lorenzo de Medici, in quel momento, più che di debolezza, quello era il segno di una profonda umanità.
Sussultò, nel sentire la grande porta aprirsi. Oltre a lui e al parroco -che aveva visto cadere per la lama di uno dei Cavalcanti- c'era solo un'altra persona a possedere la chiave della sacrestia.
Il sorriso, come una crepa, si delineò a scatti sulle sue labbra e il busto ruotò, fin troppo velocemente.

<< Giuliano! Fratello, allora se vi-  >>

La voce si mozzò, nel vedere la lunga ombra che attraversava tutta la navata, nella più orrenda delle previsioni, e, a seguire, la figura dalla quale era proiettata.
Oh, il fratello dell'uomo c'era, certamente;
Ma stava avvolto nella bandiera della Signoria Medicea, macchiata di sangue là dove doveva stare la testa, volta a guardare verso l'alto (attraverso il velo, Lorenzo poteva intravedere la bocca pressata sulla stoffa, a cercare un respiro che mai sarebbe stato preso), tenuto in braccio da un cavaliere di dimensioni minute rispetto alla media e dai capelli lunghi e castani, l'armautura che in un primo secondo, al Signore, era sembrata scarlatta per via del troppo sangue.

Tu.


<< Mio Signore... sono mortificata.  >>


Quelle tre parole, alla quale avevi pensato dal primo momento in cui il corpo era stato depositato tra le tue braccia, che fino ad allora avevano brandito come non mai una spada, uscirono dalla tua bocca in un sussurrare debole.

<< Non c'è... non c'è stato nulla da fare... il taglio alla nuca era troppo profondo, aveva perso sangue, e-e... >>

La frase, detta con voce spezzata e fin troppo velocemente per esser compresa, venne spezzata dalla vista del tuo Signore.
Lentamente l'uomo si avvicinò, togliendo dalle tue braccia tremanti il fratello e prendendolo nelle sue braccia tremanti; poi si voltò, camminando fino all'altare. Non una parola, non un respiro.
Delicatamente, poggiò la salma sul marmo freddo.
E scoppiò a piangere di nuovo, attanagliandoti il cuore.

<< S-Signore... >>

Mormorasti, guardandolo mentre si accasciava a terra; non l'aveva visto così nemmeno alla morte del padre.

<< Marina, vieni qui. >>

Le parole ti fecero sussultare e per un attimo non sapesti cosa fare; poi, lentamente, con il suo stesso passo, ti avvicinasti, facendo rimbombare il cigolare della tua armatura; gocciolando sangue non tuo fino a un metro da lui.

<< Mi dica, Signore. >>
<< Cosa sta succedendo, là fuori? >>

Chiese, con tono distaccato, come se si stesse occupando di un comune affare politico.

<< I Pazzi, mio Signore. Jacopo è sceso in piazza, pensando di trovare la situazione favorevole... ma lo stesso popolo lo ha aggredito. Il sicario assunto da Francesco De Pazzi e altri sono riusciti a fuggire. Io...  >>

La tua voce per una ttimo si fermò; estraesti la spada, mostrandola a colui che te l'aveva regalata: rossa, dall'elsa fino alla punta.

<< Ho ucciso ogni soldato che mi si è messo davanti. Nessuno è riuscito a mettere piede anche sul primo gradino della cattedrale. >>

Ti eri stupita di te stessa.
Dopo la prima vittima, tante altre se n'erano ammassate in un cumolo ai piedi della chiesa; avevi agito automaticamente, in gesti fluidi, come se tu stessi ballando, nonostante i nemici fossero tanto più grandi e molto più armati di te.
Ti era riuscito fin troppo facilmente.
E di questo, non sapevi se compiacerti o disprezzarti.

<< Avvicinati... avvicinati, bambina mia. >>

Obbediente, muovesti altri due passi, ma quello ti chiese di venire ancora più avanti, e avanti ancora, fino a quando non ti trovasti esattamente a dieci centimetri da lui. Ti osservò, per qualche attimo, poi, con una certa tranquillità, portò le
mani alla tua armatura.

Tlack, il primo pezzo cadde.

Cloc, ecco il secondo.

E il terzo, il quarto, tutti, fino a lasciarti con una semplice veste di maglia che portavi sotto di essa. Allora le due braccia si allargarono ancora di più, circondandoti, e portandoti poi a contatto contro il suo petto.

Un abbraccio.

Tremasti, a quella stretta così potente, portando con fatica le braccia attorno al suo collo, premendo il viso contro la
spalla ferita e pulendoti alla sua veste.

Silenzio,

lacrime,

sangue.


<< Questa armatura... è diventata troppo Piccola. Te ne farò fare una nuova. Una bellissima. >>

Stretta, già, lo era diventata tanto da toglierti il respiro.

Ma se adesso il tuo corpo stava lì, tra le braccia di quell'uomo tanto debole e tanto forte...

... la tua anima era rimasta imprigionata per sempre dentro acciaio di quell'armatura scarlatta.




*







Firenze.
Poteva essere una qualunque giornata di dicembre, quella, nella città.
Poteva, se non fosse stato per qualcosa che attraeva i tuoi occhi.
In piedi, in un'armatura più grande, adatta ad un corpo che improvvisamente era cresciuto, eri rimasta lì anche quando la folla era iniziata ad andarsene, dopo giorni e giorni, a osservare la novità che, ormai, era diventata abitudine.
I tuoi occhi ondeggiarono ancora, a seguire la cosa che dondolava dal Palazzo della Signoria, scossa dal vento.
Un cadavere.
Accanto a lui altri, logorati dal freddo e dal tempo.
I nocciolati vagarono ancora, annoiati, mentre seguivi il ritmo di quegli ondeggiamenti ticchettando le tue dita coperte d'acciaio sull'elsa della spada;
disgustata? Oh, no.
Soddisfatta. Vendetta era stata finalmente fatta.
E adesso?
Ti eri abituata fin troppo a quell'armatura, tanto che la toglievi solo per dormire. Lorenzo ti abbracciava poche volte, rinchiuso in un lutto fatto d'arte o poesie recitanti l'incertezza del domani, e sentivi pervadere in te un senso di freddo. Come quando, in quei mesi, si faceva l'abitudine a essere colpiti in faccia dal vento gelido.


<< Oh, ma tu guarda! >>


Sussultasti di colpo, facendo saltare i pezzi della tua armatura: e adesso chi era che pareva tanto felice con tutto quel freddo da mettersi a parlare da solo?
Ti voltasti, osservando basita quella figura:
un uomo, di circa venticinque anni, cosa che si poteva dedurre dalla leggera barba bionda adatta a quelli che non erano più ragazzi; con una mano simulava una lente, puntata dritta sul cadavere penzolante, mentre con l'altra teneva un foglio, una penna e un calamaio.
Sotto i tuoi occhi stupefatti si sedé nel bel mezzo della piazza, srotolando il foglio sulle sue gambe e inumidendo nella boccia nera la piuma bianca.

<< Ehi, scusa. >>

Disse, facendoti uno strano segno con la mano.

<< Potresti... spostarti? Sai, mi occupi tutta la visuale. E ci tengo a farlo bene, questo disegno... me l'ha ordinato Lorenzo de Medici, mica qualche nobilotto qualunque! >>

A quelle parole, oltre al toglierti dalla sua mira, come ti era stato detto, decidesti finalmente di aprire bocca; inoltre, sentivi una strana sensazione, la stessa che provavi quando Lorenzo ancora ti trattava come la sua piccola pupilla.

<< Oh... lavora per i Mio Signore? >>

Chiedesti, educatamente.
Gli occhi azzurri di quello, che già aveva iniziato a far scivolare la penna, schizzarono veloci sui tuoi, facendoti addirittura arrossire.

<< Oh! Aspetta, aspetta... >>

Esclamò, sfiorandosi il mento con la piuma leggera.

<< Ma certo! Oh, come ho fatto a non riconoscerti! Sei Marina, vero? La piccola Marina! Quella che se n'è andata fino in Turchia pur di riprendere il Bardini e impiccarlo! Oh, ti devo un gran favore, è grazie a te che ho il mio primo lavoro importante! >>

Cocluse, puntando la penna contro il cadavere del sopracitato uomo e schizzando ovunque l'inchiostro.
Tu annuisti, non sapendo se sentirti elogiata o che altro.

"Ma guarda tu che tip-"

Non potesti nemmeno relizzare tale pensiero che la mano del biondo strinse la tua, guantata, avvicinandoti tanto a lui e portandoti a sedere.

Calore.
In un attimo un calore che per tanto tempo non avevi sentito, tornò a scaldarti meravigliosamente il cuore.

<< Vieni, vieni qui accanto a me! >> Gioì, osservandoti dopo ciò. << Oh, sei proprio una fanciullina meravigliosa! Ma... questa armatura non si adatta al tuo viso delicato. Ci vorrebbe un bel vestito di seta, al diavolo se è inverno!>>

"Cielo, quanto parla."

ti venne da pensare.
Ma in ogni parola che quell'uomo diceva trapelava un'intelligenza che forse non potevi neanche immaginare, in quel momento.
E... l'idea di vestirti in tale modo, a essere sinceri, non ti dispiaceva affatto.
In quel momento, accanto a lui, ti sentivi di nuovo una bambina.

<< Mi scusi. >>

Lo interrompesti, guardandolo con le guance leggermente rosse, come non lo erano da quasi un anno.

<< Lei conosce il mio nome... ma io non so il suo. Può dirmi come si chiama? >>

Quello ti sorrise, mostrando una fila di denti perlati e un viso che, se non fosse stato per quella barba e i capelli ricci e un po' lunghi, ti sarebbe parso quello di un bambino per la sua solarità.

<< Hai ragione, Mia Bambina del Giglio Puro di Firenze. >>

Disse.

<< Il mio Nome è Leonardo, Leonardo Da Vinci. >>





























- Nel 1478 la famiglia dei Pazzi, con l'appoggio del papa, attenta alla vita dei due de Medici, riuscendo a uccidere il minore, Giuliano.
L'anno a seguire, senza che il Magnifico debba sporcarsi le mani o dare semplicemente ordini, tutti coloro che hanno partecipato alla congiura vengono uccisi, i corpi vengono trascinati per le strade, lapidati, torturati, altri impiccati e lasciati penzolare dallo stesso Palazzo della Signoria.
In questi anni, alla corte Medicea si avvicina la figura di un giovane e promettente artista a cui Lorenzo darà il compito di ritrarre il cadavere dell'assassino del fratello; il nome di tale artista è Leonardo Da Vinci, che in futuro verrà conosciuto dall'intero mondo.-













________*

Note dell'Autrice.

* S'intendono i Guelfi Neri e i Guelfi Bianchi.




   
 
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