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Autore: EmmaAlicia79    16/07/2011    0 recensioni
Ho cominciato a scrivere questa storia nel lontano 2006, quando ero molto più gggiovàne, e poi, per vari motivi, l'ho lasciata da parte. Premetto subito che per la protagonista femminile mi sono mooolto ispirata a me stessa (tanto è vero che il suo nome è parte del mio nick), fisicamente e caratterialmente. Molta acqua è passata sotto i ponti dal lontano 2006, ma dato che ho già scritto diverse fanfiction ho voluto provare anche a dare una possibilità a questa storia originale, rimasta nel cassetto per troppo tempo. In sostanza, parla della vita di questa giovane donna che si affaccia piano piano all'età adulta, con varie ed eventuali di contorno. Diciamo che siamo sul "tragicomico"... Specifica: qua e là c'è volutamente qualche accenno di accento toscano, essendo io di Firenze, ma niente di troppo impegnativo ^_^. La pubblico così com'è nata, cercando, per quanto possibile, di non snaturarla troppo rispetto a com'era (ove necessario - leggi: orribile - apporterò qualche modifica...) e, soprattutto, cercherò di terminarla in qualche modo ^_^. Rating arancione in partenza (non si sa mai ^_^), modificabile in seguito. Grazie per l'attenzione.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“In generale, non sono brava nelle relazioni interpersonali, ma penso di aver acquisito una certa esperienza in questo campo con la mia famiglia. Dovendo mettere comunque in piazza ogni magagna della stessa, probabilmente faremmo una versione “extended” della trasmissione di Magalli. In un libro della Littizzetto ho letto un bellissimo proverbio che recita più o meno così: se tutti scendessero per strada e si scambiassero le loro croci, ognuno tornerebbe a casa con la propria. E’ comunque vero: in ogni famiglia, dove più, dove meno, ci sono i famosi “scheletri negli armadi”, non come a Wisteria lane, ma in certi casi ci avviciniamo.
Taccio dei casi in cui si lede la fisicità della persona coinvolta, ma per il resto non è che stiamo messi bene: la Sig.ra U. sembra rifiorita da quando il marito è morto: è una vedova felice e si è trovata anche lo spasimante, a 80 anni suonati (questo può dare adito a sospetti); la negoziante S. ha una sorella svanita che ogni tanto scappa di casa, e deve essere sorvegliata costantemente; le sorelle F. sono una più matta dell’altra, ma non lo danno a vedere.
Il fatto è che a volte non te lo puoi impedire, viene fuori da sé: la costante vicinanza con la persona o le persone in questione e i continui litigi, discussioni, urla, pianti e lacrime, fanno sì che la sopportazione scenda a livelli minimi e la saturazione sia invece al massimo, per cui o si scoppia (e qui le conseguenze sono molteplici) oppure, e questa forse è la soluzione migliore, si cambia aria. Cambiando aria, però, ci lasciamo dietro strascichi che forse non si possono rattoppare, coinvolgendo anche persone che c’entrano e non c’entrano…”

E qui Emma si fermò: si rese conto che di tutto quello che aveva in testa aveva fatto un gran minestrone e il risultato non era dei migliori. Il problema era mettere nero su bianco quello che sentiva, e non era facile: le parole hanno vita propria e se non le tieni a bada, se ne vanno per conto loro. Chiuse il pc con uno scatto e si alzò dalla sedia. L’intento di scrivere una sorta di diario per quella sera era sfumato. Non poteva farci niente: non riusciva a mettere giù quelle sensazioni così personali: scriverle sarebbe stato come confessarle al mondo, anche se non era quello lo scopo. Da sempre poi ad Emma succedeva che, se scriveva nei dettagli di qualche sensazione oppure di qualche sentimento, gli stessi sfumavano dal suo cuore, come se dalla penna o dalle dita potessero trasferirsi sullo schermo del computer o sulla carta e da lì non uscire più. Era sconcertante ed Emma, a volte, quando le succedeva qualcosa di positivo, per scongiurare questo rischio, anche se le prudevano le dita dalla voglia di scrivere, non lo faceva.
I sentimenti si appiattivano, le sensazioni sfumavano, si ritrovava svuotata, e non era assolutamente questo che voleva. In quel caso, però, la tentazione era stata troppo forte e ci aveva provato.
Raggiunse il frigorifero per prendersi una birra fresca nonostante non facesse eccessivamente caldo, anche se erano gli inizi di maggio. Era assetata. Era come se tutte le parole affannate che aveva buttato giù poco prima le avesse pronunciate e adesso avesse la gola secca. Controllò l’ora, erano appena le nove e mezzo. Si accese una sigaretta e pensò con un sorriso che rappresentava proprio l’immagine della quasi trentenne single del terzo millennio: pochi amici, impiegata in un lavoro che non le dava più emozioni ma in compenso molte ansie, automunita, single e sovrappeso.
Prese il cellulare, aprì lo sportellino e come al solito non c’erano messaggi per lei.
Per forza, le sue migliori amiche erano impegnate con i propri fidanzati ed era impensabile che stessero sempre a sua disposizione per ascoltare le sue lamentele. Inoltre, era un tipo molto timido, per cui se nessuno le chiedeva di parlare delle sue beghe, non era di certo lei a partire per prima. Sentì le chiavi nella porta: il suo coinquilino stava rientrando. Finalmente: qualcuno con cui scambiare due chiacchiere.
Gustavo era, secondo il parere di Emma, semplicemente un mito: aspetto fisico nella norma per un quarantenne “e qualcosa”, anzi, forse più in alto della media, dolce, simpatico, intelligente, molto caustico nei suoi commenti (tendenti a volte al pettegolezzo). Quella sera però era particolarmente nero.
“Ciao. Gus.”
“Oh Emma, ciao”
“Tutto bene?”
“Da Dio”, rispose, prendendo del prosciutto dal frigo.
“Non sembrerebbe, però. Che hai?”
“Niente, le solite beghe con Mariano”, farfugliò con una fetta di prosciutto in bocca.
“Non sembrano le solite, sembri particolarmente incazzato stasera”, disse Emma, accendendosi un’altra sigaretta e preparandosi ad ascoltare i problemi del suo amico con il suo ragazzo. Anche in questo, Emma si inseriva alla perfezione nel ritratto della single tipo del 2000: il suo amico, purtroppo per l’universo femminile, ma principalmente purtroppo per lei, era gay. Il suo ragazzo, Mariano, era il traino della coppia: quello che Mariano diceva, era legge, e Gustavo in genere ubbidiva come ipnotizzato. Quella sera, evidentemente, qualcosa era però andato storto.
“Il punto, con lo stronzo, è che o si fa quello che vuole lui, oppure si fa quello che vuole lui ugualmente…”
“Gus, però te l’avevo già fatto notare più di una volta: non è una novità…”
“Ah, sì? Me l’avevi già fatto notare? E quando? Non me ne ero accorto!”
“Gus…”
“Anche tu con i “te l’avevo detto”… Che palle! E’ possibile che tutti veniate fuori solo dopo con queste frasi? Non è che potreste insistere un po’ di più prima? Prima che mi crolli il mondo addosso…”
Porca miseria: crisi nera.
“Gus, cacchio, non è che ti posso legare alla sedia: hai quarant’anni “e qualcosa”, sei grande e vaccinato, e di queste cose te ne dovresti accorgere tu per primo: non sei un pischellino alle prime armi con l’amore… E comunque chi è anche che ti avrebbe sparato il  “Te l’avevo detto?” ”
“Nicola…”
“E da quand’è che ti confidi con tuo fratello? Dovevi essere proprio disperato…”
“L’ho incontrato nel locale dov’ero.. E comunque c’hai ragione pure tu, però lì per lì non è che te ne accorgi: l’amore non è né statistica né matematica, non è una scienza esatta: solo sbagliando si impara…”
“E nemmeno sempre.. Comunque, dai, dimmi che ti è successo…” chiese Emma schiacciando la sigaretta nel posacenere.
“Va bè… avevamo fissato di trovarci alla solita pizzeria per mangiare un boccone insieme, poi dovevamo rientrare ognuno a casa propria... Non voleva nessuna “distrazione”, lui, stasera. Lui domattina si alza presto…”
“Gus, non voglio avere la cronaca dei bioritimi di Mariano!”
“Che palle fai! Comunque, ci troviamo alla pizzeria, ci sediamo, ordiniamo, tutto nella norma, facciamo un brindisino, ad un certo punto lui fa: “Domenica siamo con Andrea e Valerio””
“E chi sono questi?”
“Due amici suoi… Comunque, il punto è che io gli avevo detto che domenica avrei lavorato, che era fondamentale per me, un po’ di soldi in più fanno sempre comodo, anche in vista della convivenza…”
Questo fatto della convivenza rattristava molto Emma: come avrebbe fatto senza gli sbalzi di umore di Gus, le sue paturnie e le sue chiacchiere? Praticamente, era come guardarsi allo specchio… Le sarebbe mancato però anche il suo sorriso, il suo affetto, e il suo appoggio nei momenti bui, che da quattro mesi che stava lì erano stati tanti, e altri ne sarebbero venuti… Senza contare che avrebbe dovuto trovare un altro coinquilino, ed era una scocciatura non da poco: un altro come Gustavo non lo avrebbe trovato più. Ma da come stava procedendo il racconto del ragazzo, il rischio convivenza tornava ad essere remoto…
“… E quindi glielo faccio presente” continuò Gustavo “ e lui sai che dice? “Va bè, prendi libero”, ma con un’aria, un’aria, Emma…”
“A presa di culo?”
“Appunto… Allora gli dico “Prendi libero una sega!”
“Gustavo!”
“Oh, così gli ho detto… Comunque, a quel punto, lui si incazza di brutto e comincia a dire che lui per me c’è sempre e io per lui mai, che sta facendo un sacco di sacrifici per noi e io sto sempre lì a lamentarmi, che per una volta potrei essere un po’ più elastico… Sì sì, ha detto proprio così: elastico.. A quel punto non ci ho visto più e gli ho vomitato addosso tutto quello che mi passava per la testa!”
“Oddio Gustavo, no..”
“Appunto… Insomma, gli ho detto che mi ero rotto, che non era vero un cazzo quello che aveva detto, che il culo per noi me lo sono sempre fatto io, che lui è Attila, dove passa lui non rimane nulla e che si deve sempre fare come dice lui e che io a quel punto ne avevo abbastanza! Mi sono alzato, ho preso il cappotto al volo e ho fatto per uscire… travolgendo mio fratello che era lì che aspettava un tavolo…”
“Ed è li che è partito il “te l’avevo detto”…”
“infatti… solo che me lo dice dopo due anni che me l’aveva detto… Sai, non sono Pico Della Mirandola, tendo a dimenticare le conversazioni dopo un paio di settimane che sono avvenute…”
“Scusa, e dopo due anni che non vi parlate l’unica cosa che ti dice è “Te l’avevo detto”?”
“Boh. Probabilmente essendo la pizzeria piccola ha assistito a tutta la scena da “dietro le quinte””
“Scusa, fammi capire… Tu ti alzi incazzato come una iena, travolgi tuo fratello e, invece di un “Scusa… Oh Nicola, ciao! Che bello vederti””Ciao Gustavo, come va?” o qualcosa del genere – non sono molto brava in drammaturgia -, lui come un oracolo ti spara quella frase?”
“Sì e anche con il tono di chi te lo fa cadere dall’alto… Non ho fatto in tempo a dire nulla prima perché è stato così repentino… E non gli ho dato il tempo di dire altro perché sono fuggito via dalla rabbia che mi era presa…”.
E qui, inaspettatamente, Gustavo si mise a piangere.
In quattro mesi che abitavano insieme, Emma l’aveva visto ubriaco, felice, entusiasta, oppure fuori dalla grazia di Dio, ma non gli era mai successo di vederlo piangere… Non era il gay da film, il tipo moooolto sensibile, fantastico arredatore di interni o stilista o pubblicitario o qualsiasi professione stereotipata affibbino ai gay nei film, cosa che nell’intento di rappresentarli li rende ancora più discriminati che mai. Gustavo era un uomo semplice, e se in quel momento stava piangendo voleva dire che la situazione era seria.
“Dai Gus, non fare così… Vedrai che fra un po’ Mariano ti chiama e sistemate tutto come sempre” disse Emma poco convinta, dato che, con tutta la buona volontà che ci poteva mettere, a lei Mariano proprio non piaceva…
Emma continuò nella sua concione abbracciando l’amico.
“Dai calmati, Mariano è così… E’ un po’ kapo ma è una brava persona, di sicuro si sta rendendo conto della cazzata che ha fatto e fra un po’ ti telefona e ti chiede scusa… Su, Gus, non piangere più…”.
Il pianto sommesso dell’amico era infatti diventato un singhiozzare disperato.
“Non è per lui che piango, Emy, cioè anche per lui…” spiegò Gustavo cercando di prendere fiato “Stavo piangendo per le parole di mio fratello…”.
“Vedrai che si sistema tutto anche con lui. Guarda, adesso ti preparo una camomilla doppia, anzi tripla, e me la bevo anch’io, così andiamo a letto e vediamo se in due riusciamo a dormire una notte intera… Nel caso, c’è sempre la Nutella come misura di emergenza!” esclamò Emma, strappando a Gustavo un debole sorriso fatto solo con le labbra, e non col cuore, ma era già qualcosa.
Nel silenzio che seguì, Emma preparò la camomilla fumando l’ennesima sigaretta, Gustavo andò a prepararsi per la notte e, quando la camomilla fu pronta, la sorbirono in silenzio in cucina, gustando la quiete dopo la tempesta e fumandosi uno spinello in due… Il fornitore ufficiale della famiglia era Gustavo che in quei momenti però controllava il cellulare ogni due minuti smanettandoci sopra. Emma lo lasciò fare, tanto… come aveva pensato prima? Era come guardarsi in uno specchio… Non se la sentiva perciò di stigmatizzare i comportamenti dell’amico, li riconosceva troppo come suoi…
Finita la camomilla e lo spinello, Gustavo disse che se ne andava a letto, perché gli era montato un mal di testa micidiale. Emma seguì l’esempio dell’amico non prima di aver fatto un altro tentativo con il computer, naturalmente andato a vuoto.
Per quella sera apparentemente Mariano non chiamò, anche se ad Emma sembrò di sentire nella notte una voce concitata provenire dalla stanza di Gustavo, ma probabilmente era solo immaginazione.
Prima di addormentarsi, Emma pensò che mai come quella sera aveva avuto prova che l’amore è veramente un sentimento universale: prescinde dal sesso delle persone e dal legame che le unisce: se davvero te lo deve mettere in quel posto, lo fa, e basta.


La mattina seguente Emma era in ufficio senza voglia di lavorare come da un anno le succedeva costantemente: come al solito, la tensione si tagliava col coltello: troppe pressioni interne, troppi problemi e soprattutto troppo lavoro e troppo poco personale per svolgerlo…
Durante la pausa pranzo, chiamò Gustavo per sapere se c’erano novità, e non ce n’erano. L’umore dell’amico era ai minimi storici: era fatalmente depresso… Emma cercò di rassicurarlo per quanto poté, poi tornò al lavoro. La giornata scorse lentissima, non le passava più… Appena riuscì a liberarsi, scappò a casa, decisa a preparare una cenetta terapeutica per l’amico.
Arrivata sotto il portone, si sentì chiamare, si voltò e si trovò davanti nientepopodimeno che il Sig. Mariano in persona, lo stronzo egoista che aveva fatto piangere il suo amico. L’atteggiamento di Emma nei suoi confronti in quel momento non era esattamente neutrale…
“Ciao Emma”
“Ciao Mariano” rispose Emma, nascondendo le chiavi in borsa, cercando di inviare un messaggio subliminale al nemico, in modo che capisse che LEI non l’avrebbe fatto di certo salire.
“Senti, c’è Gustavo in casa?”
“Ti ringrazio per avermi chiesto come va. Comunque, in caso te lo fossi scordato, il ragazzo di Gustavo sei TU, sei TU che dovresti sapere se c’è o non c’è, dato che in teoria dovresti passare la maggior parte del tuo preziosissimo tempo con lui,”chissà perché, con lui il “TE” toscano non le veniva “TU che dovresti dirlo a me, TU che stai investendo tutto su di voi, TU che…”
“Emma…”
“… Che c’è!” esclamò la ragazza , senza fiato.
“Lo so che ieri sera ho fatto una cazzata, so anche che Gustavo pensa che io mi senta superiore a lui, e inoltre so anche che – conoscendolo – Gustavo adesso starà controllando il cellulare ogni pochi minuti per vedere se gli ho scritto o se ha perso una mia chiamata…”
“Perché? Non l’hai fatto? So che fino alle una non è successo perché mi sono sentita con Gustavo, ma speravo, mi illudevo che perlomeno nel pomeriggio la coscienza ti rodesse almeno un po’ e che avresti alzato il culo per chiamarlo, per farti sentire!”
“Senti, ne dobbiamo discutere per forza in mezzo alla strada?”
“Sì, perché Primo: non ho intenzione di farti salire a prescindere; secondo: se ti facessi salire e Gustavo fosse in casa, scoppierebbe il finimondo; Terzo: non ti ho certo chiamato io, e quarto… non lo so, ma insomma, non voglio che tu salga!”
“In questo caso, perché non ne parliamo davanti ad un tè caldo?”
Freddino quel giorno faceva freddino, non c’erano altre vie di uscita, ché se Gustavo fosse rientrato in quel momento sarebbe stato un macello, per cui Emma accettò.
In un locale vicino, davanti ad un bel tè fumante, Emma chiese a Mariano il perché della sua comparsata.
“Capiscimi, Mariano, ti avrò visto sì e no cinque volte, stasera mi capiti fra capo e collo così, trattandomi come se fossimo amiconi, cosa che non siamo… La cosa mi è sembrata un tantino ipocrita… Tanto più che – te lo puoi immaginare – Gustavo sta da cani, e io non posso vederlo così”
“Hai ragione Emma, purtroppo sono un tipo impulsivo… Stavo girando con l’auto sotto casa vostra, per capire se avevo il coraggio di salire, ma non ce l’avevo….”
“Non hai detto che sei impulsivo?”
“Dipende dai frangenti…”
“Mah… Prosegui, su” lo esortò Emma un po’ impaziente, soffiando sul tè bollente e pregando di cavarsela presto: la speranza della cenetta per l’amico non era ancora svanita del tutto.
“insomma ti ho vista e ho avuto l’idea di parlare a te… Perché se avessi parlato a Gustavo, sarebbe andato tutto a puttane… E’ ancora troppo presto…”
“Troppo presto per cosa?”
“Troppo presto in generale: Per quanto tu sia di parte, lo sai bene che quando Gustavo è incazzato non ragiona…”
“A parte che Gustavo non è che è incazzato, è semplicemente molto triste e stanco, e comunque dovresti dire a lui quello che vuoi dire a me… Cos’è poi che mi vuoi dire?” lo esortò di nuovo Emma, guardando l’orologio, nel chiaro intento di far capire al belloccione lì davanti che l’ora era tarda.
“Voglio che tu chieda a Gustavo di sposarmi!” esclamò Mariano con tanto di sorriso Durbans stampato sulla faccia abbronzata.
Emma cadde dalle nuvole.
“Cioè… Scusa, fammi capire bene… Ieri sera litigate, Gustavo se ne va di corsa, prendendo di striscio suo fratello, l’avrai visto… Non lo chiami per tutto il giorno, ieri sera poi gli hai detto cose terribili, e adesso lo vuoi sposare?”
“Sì”
“Come sì!” esclamò Emma ormai esasperata. “Sentimi bene: se vuoi prendere per il culo lui, liberissimo, a me dispiace un casino ma in fondo sono fatti vostri, che tu poi venga però a prendere per il culo me mi pare un tantino eccessivo! Dov’è poi che lo sposeresti, in Spagna?” chiese Emma sarcastica.
“Sì” Di nuovo quel “sì!” serissimo che deve aver mandato in bestia Gustavo più di una volta.
“Ascolta Mariano” disse Emma calmissima ormai prossima a saltargli al collo per definire il problema una volta per tutte “parliamone seriamente. Poniamo che io davvero faccia da Cupida per voi due, glielo dico, poi cosa pensi che succeda? Lui ci crede, va in estasi, organizzate tutto e, alla prima telefonata di lavoro che ricevi mandi tutto all’aria dicendo che sarà per un’altra volta, perché sarà così che succederà, sai? Gli attori sono diversi, ma è un film che ho già visto!”
“Non succederà!”
“Ah, no?”
“No, perché ieri per la prima volta ho avuto paura di perderlo per le mie stronzate. Se ieri sera ti sembrava che guardasse il cellulare per vedere se l’avevo chiamato, ti faccio presente che stava solo rifiutando la anzi le mie telefonate (sai, il ragazzo mette la vibrazione quando non vuole essere disturbato). Sul tardi, poi, sono riuscito a parlarci, ma mi ha praticamente attaccato in faccia. Non era mai successo prima: doveva essere proprio stufo! E adesso che non lo chiamo avrà certamente il cellulare fisso in mano”
“Quindi, l’hai chiamato fino a ieri sera ed oggi mai: perché?”
“Perché avevo deciso che era meglio parlargli di persona”
“E dopo che hai fatto questa bella pensata, sei diventato irreperibile”
“Sì, ero venuto per parlargli, poi però ho incontrato te…”
“E hai pensato bene di mollare la patata bollente alla sottoscritta! Ma lo sai che sei un bel pezzo di…”
“Emma, per favore, non essere volgare!”
Emma non ne poteva più.
“Parlo come mi pare, tesoruccio! A parte questo, tu aspetti di scatenare ‘sto casino prima di renderti conto che Gustavo è l’uomo della tua vita? Stammi a sentire, bello mio, non puoi pretendere di comandare anche in questo caso. Tiri la corda fino a farla consumare e poi pensi a ripararla quando è già rotta? Con un exploit degno di Raffaella Carrà pensi di sistemare tutto in una volta? Quando sareste stati in Spagna, se andava bene lo sposavi e poi lo mollavi lì mentre tu ti facevi tutta la movida madrileña o catalana o quel che sarebbe stato, oppure tornavi di volata in Italia per una qualsiasi cacchio di emergenza al lavoro? Te” finalmente le era uscito il “TE” “personalmente non ti conosco, ma un altro come te l’ho conosciuto bene… la vostra vita è il lavoro, non avete altro che quello… poveretti voi, aggiungerei. Comunque, io glielo dico, a Gustavo, ma a modo mio; non puoi chiedere altro, mi spiace. E grazie per il tè” concluse Emma alzandosi lasciandogli il conto da pagare, tanto i soldi gli uscivano dalle orecchie.
Mentre camminava furiosa, un pensiero però le balzò alla testa: avrebbe dovuto litigare più spesso con Mariano: non era mai stata così spigliata prima di allora.
La cena ormai era andata, il tempo per un aperitivo veloce e casalingo c’era, però. Emma decise di parlare a Gustavo mentre si bevevano un Coca e Martini sul divano. Più Martini che Coca, a dirla tutta: un po’ d’alcool in più in quel frangente non ci stava comunque male.
Emma si impappinò più volte, perché in fondo un po’ si vergognava della sfuriata fatta a Mariano, ma Gustavo la stette ad ascoltare in silenzio mentre beveva il cocktail. Era tornato tardi dal lavoro, ed era esausto, ma Emma non ne poteva più e al primo momento buono lo placcò. Appena finito di parlare, Emma si tirò indietro sul divano e attese che l’Uomo Del Monte Gustavo si pronunciasse. Era lei confusa per prima, non sapeva quali reazioni avrebbe avuto l’amico, se si sarebbe incazzato con lei o con Mariano. Con Gustavo non si poteva mai dire. Era proprio un bell’uomo, non nel senso classico del termine, ma aveva un profilo volitivo, e la testa rasata e la barba incolta gli davano un aspetto vissuto. Emma non sapeva dire se era innamorata di quel tizio, se era solo affetto fraterno o che altro: il sentimento era strano, si sorprendeva ad osservarlo mentre leggeva il giornale o mentre si preparava da mangiare e provava un misto di tenerezza e qualcos’altro.
“Emma, è tutto?” chiese Gustavo insolitamente pensieroso.
“Sì, Gus, è tutto. Prima che tu parli, però ti devo chiedere scusa in anticipo per avere fatto il grillo parlante versione incazzata con Mariano. Dopotutto, non me l’avevi chiesto. Solo, e perdonami se te lo dico di nuovo, mi è sembrato così arrogante e così egoista, che lì per lì mi sono messa nei tuoi panni ed ho reagito a modo mio, cioè nemmeno poi tanto a modo mio, ma insomma…”
“Che vuoi dire?”
“Lascia stare, ora non importa… Piuttosto, dimmi che ne pensi, sempre che tu voglia dirmelo…” sussurrò Emma.
“Emy, Emy… Se non ne parlo con te, con chi ne devo parlare?” disse Gustavo prendendole il mento tra il pollice e l’indice e scuotendole leggermente la testa.
“Non so, non sei obbligato…” rispose Emma, un po’ turbata.
“Tranquilla, se non ne volessi parlare non lo farei… Tipico di Mariano, cercare di sistemare tutto con un coup de theatre così. Non mi sarei aspettato niente di meno da lui, ma adesso mi ha proprio stufato”
“Eh?” disse Emma incredula. In fondo, aveva pensato che Gustavo, dopo una proposta del genere, sarebbe corso tra le braccia di Mariano.
“Sì, Emma, sono stufo marcio di questa situazione. La nostra storia procede sempre così: una battuta di arresto, la crisi, la clamorosa riconciliazione, e poi di nuovo il tran tran quotidiano fino alla litigata successiva sempre ad opera sua. Non voglio più niente del genere, voglio stare tranquillo, e basta”
“… E quindi?”
“E quindi domani lo chiamo, ci vediamo e lo mollo”
Emma rimase in silenzio per un po’: non sapeva cosa rispondere, e se effettivamente c’era qualcosa a cui rispondere: si sentiva parte di un gioco a cui non aveva voluto giocare, ma ci si era trovata tirata dentro da quel mollusco di Mariano e non aveva fatto altro che seguire il suo cuore.
“Gus…” mormorò Emma mettendo una mano sulla spalla dell’amico.
“Grazie di tutto, Emy” disse Gustavo alzandosi “Sono stanco, perdonami se non ceno ma domani sarà una giornata campale e vorrei dormire un po’. Buonanotte”
“Buonanotte, Gus, e scusami”
“Scusarti di che? Dormi serena, piccola”
Emma andò a letto con il famoso “ovosodo” del film, che non andava né su né giù. In quel momento si sentiva in parte responsabile della decisione di Gustavo. Appena prima di prendere sonno però si era autoassolta da ogni possibile accusa: se Gustavo aveva preso quella decisione, di sicuro ci stava meditando già da un po’.

Il giorno successivo Emma in ufficio fu sbadata e sprecisa, tanto che si beccò una ramanzina dal capo. La notte precedente si era perdonata il suo comportamento, ma alla luce del giorno non era più così tanto convinta. Da qualunque parte la rigirasse, sentiva che c’era il suo zampino nella decisione di Gustavo. Appena uscita dal lavoro, lo chiamò subito per cercare di rimediare, non si sapeva precisamente a cosa.
“Gus? Sono io”
“Ehi!” la voce sembrava tranquilla.
“Senti, ci ho rimuginato e credo che tu debba pensarci su ancora un po’…”
“Emma, te l’ho detto: non ne posso più, e non ti devi sentire in colpa se me ne sono accorto dopo una vita”
“Gus, non è questo, è che… Mentre ti raccontavo, ho un po’ gonfiato la cosa…”
“Scemotta che sei, me ne ero accorto da solo! Ho comunque colto il senso di tutto; tranquilla, non hai nessuna responsabilità, semplicemente “qualcuno” ti ha fatto versare nel vaso la goccia che lo ha fatto traboccare. Se ti può consolare, ti prometto che se capita a te, farò altrettanto!”
“Allora segnatelo sull’agenda, Signor Pico Della Mirandola, perché non credo che succederà tanto presto, purtroppo!”
“Sei tremenda! Mi sa che stasera non ci vediamo, ho fissato con Mariano, mi cambio qua e vado direttamente.”
“Non voglio sapere cosa vi siete detti al telefono, ma sappi che ti aspetterò in piedi!”
“Non pensarci neanche, stupida! Dormi che ne riparliamo domani”
“Ma…”
“Niente MA né PERÓ, quando torno voglio vederti a letto!”
“Ok, mammina: chiedimi se ho messo la maglia di lana…”
“Ciao, cretinetta”
“Ciao, Gus”
Emma era un po’ più tranquilla: il Gustavo che aveva sentito al telefono non era il Gustavo scanzonato di sempre, nonostante le parole allegre, ma non era nemmeno il Gustavo prostrato della sera fatidica, e di questo Emma si rallegrò.
Nonostante le raccomandazioni dell’amico, Emma non riusciva a prendere sonno. Alle due e mezzo si alzò per fumarsi una sigaretta, per vedere se il nervosismo si placava un poco, e vide che Gustavo ancora non era rientrato. Da una parte sperava nella “clamorosa riconciliazione”, come l’aveva chiamata lui, dall’altra sperava che Gustavo avesse chiuso una volta per tutte con quel bastardo; purtroppo, non lo si poteva definire altrimenti.
Tornò a letto, si rigirò un sacco di volte, aveva perso la cognizione del tempo; ad un certo punto, sentì le chiavi nella toppa della porta. Prudentemente, spiò dallo stipite di camera sua prima eventualmente di palesarsi, per capire più o meno come era andata dall’atteggiamento dell’amico. Appena Gustavo accese la luce nella sua stanza e il suo viso si illuminò, Emma rimase perplessa. La faccia di Gustavo era come assente, non esprimeva emozioni: era come se fosse tornato in quel momento dal lavoro e stesse per andare a farsi la doccia o in salotto a leggere o qualsiasi altra cosa facesse quando la situazione era, per così dire, tranquilla. C’era senz’altro qualcosa che non andava: non era normale in Gustavo. Con lui le opzioni erano due: poteva essere euforico o disperato, ma distaccato, quello mai.
Questo pensiero fece uscire Emma dal suo nascondiglio.
“Gustavo…”
“Ti avevo detto di non aspettarmi…” disse l’uomo con voce incolore; ecco cos’era: era ubriaco. In Gustavo, funzionava al contrario che con il resto del mondo: a lui la sbornia provocava una sensazione di vacuità, lo placava, e non provocava euforia né gli ispirava gesti impulsivi né depressione profonda.
“Ero andata a letto, ma non riuscivo ad addormentarmi, e poi quando ci stavo riuscendo sei arrivato te, e…”
“Scusami per aver disturbato il tuo sonno” rispose Gustavo appendendo la giacca nell’armadio.
“Oh, Gus, lo sai che non è questo che volevo dire… Ti va di raccontarmi com’è andata?” chiese Emma avvicinandosi a lui ed entrando nel fascio di luce.
“No, Emma non mi va” sospirò Gustavo togliendosi la scarpe.
“Porco Giuda, Gustavo, ti vuoi fermare un minuto ed ascoltarmi?” Gustavo continuò a spogliarsi “Oggi mi dici che non ci sono problemi, che non sono responsabile della tua decisione, e adesso mi tratti come se ce l’avessi a morte con me!” Gustavo si fermò, alzò gli occhi e fissò i suoi. Nessuna parola, niente in più, semplicemente l’attirò a sé e la baciò. Sul momento, Emma rimase di sasso: era l’ultima cosa che si aspettava da chiunque in generale in quel periodo, ma da lui in particolare e in quel momento. Il suo secondo, immediato pensiero, però, fu che l’aveva sempre desiderato e si lasciò andare a quel bacio. Gustavo baciava normalmente, niente di trascendentale, ma era però la passione che ci metteva a renderlo tremendamente eccitante. Il bacio di Gustavo si trasferì poi sul viso e sul collo di Emma, la quale rispondeva alle sollecitazioni come doveva. Anche le mani di Gustavo cominciarono a muoversi sul corpo di lei, accarezzandola, leggere ma decise. Emma abbracciò le spalle forti di Gustavo, e gli tirò via la maglia, facendolo rimanere a torso nudo. Ben presto anche gli indumenti di Emma andarono a tenerle compagnia. Il ritmo stava crescendo, la temperatura nella stanza era salita alle stelle, i due non si rendevano più conto di niente, erano un’unica entità. Come se levitassero, si trovarono senza saperlo praticamente nudi sul letto di lui. La luna salutò questa coppia anomala facendo capolino ironica da una nuvola mentre sotto di lei due persone stavano facendo semplicemente l’amore, in qualsiasi forma lo si volesse intendere.



Eccoci qua... Primo capitolo... Ossignur, sono emozionatissima: è la prima volta che questa storia vede la luce "in pubblico", e sono terrorizzata dall'impressione che farà... Come specificato nell'introduzione generale della storia, qui su EFP ho pubblicato solo fanfiction e quindi questo è una specie di salto nel vuoto...  Non ho mai bazzicato il "reparto originali" del sito e non so quali siano le aspettative di lettori e lettrici. Spero che come inizio vi sia piaciuto e che lasciate un segno del vostro passaggio, soprattutto per farmi capire cosa ne pensate... Come detto, è una storia vecchia, tante cose sono cambiate nel frattempo, quindi mi fa un po' strano pubblicarla... Insomma, fatemi sapere ^_^! *** ANSIA ***
  
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