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Autore: Haruakira    24/07/2011    3 recensioni
Le Parche erano intervenute nella precedente guerra. Erano state chiare: una vita per una vita è il compromesso a cui bisogna cedere per riportare indietro chi si è perso nella bocca dell' Ade. Ma se questo patto nel momento stesso in cui si tinge di sangue rompe un faticoso equilibrio? E se le custodi perdono la luce? Per scongiurare la fine del mondo i cavalieri di Atena dovranno percorrere per intero il filo sottile condiviso dalla vita e dalla morte, da giusto e sbagliato. Le senshi infine dovranno fare i conti col dubbio: una vita vale l' errore, vale il tradimento?
Possibili OOC.Forse.
Genere: Generale, Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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c. 1
Capitolo 1
Cocci infranti

Ora del...

Ora del...
Ora.

Zac.
Un taglio di forbici e anche l' ultima ciocca rossa era andata ad aggiungersi alle altre nel lavello.
Un ammasso di capelli rossi tagliati.
Antares aveva scosso i capelli ora corti e aveva osservato quelli tagliati nel lavabo.
Aveva voglia di vomitare. Sembravano un mare di sangue.
Come un automa si spostò verso la vasca e preparò la tintura nera.

Febe era andata all' università. La sua era la facoltà di scienze della formazione. L' area universitaria non distava tanto dal loro appartamento tuttavia il suo edificio era il più lontano, in fondo al viale alberato dell' univerisità. Per arrivarci doveva passare davanti a tutti gli altri. O quasi. Le  segreterie, Giurisprudenza, Lettere, Ingegneria... Medicina.
Medicina, ripetè nella sua testa mentre portava istintivamente le mani alla pancia gonfia.
Ora del...
Ora del...
Ora del...
No!-
Scosse la testa per scacciare quel ricordo. Si accarezzò ancora il ventre, protettiva- Ti proteggerò piccola mia- sussurrò a voce bassa mentre gli occhi si arrossavano.
Arrivò alla sede dell' esame. I colleghi la squadrarono da capo a piedi. Il professore posò un attimo lo sguardo sul pancione gonfio. Ma fu un attimo. Lo distolse subito e fece finta di niente. Ma era quasi imbarazzato.
Una professoressa anzianotta lì accanto la guardò con cipiglio severo e alzò gli occhi al cielo sbuffando prima di dedicarsi al candidato che le era davanti.

Talia non tornava a casa da due giorni. Fece il suo ingresso sbattendo contro il mobile accanto al portoncino e rompendo il vaso che si riversò in mille pezzi sul pavimento insieme ai fiori appassiti. Febe di solito si ricordava di cambiarli, ma questa volta non lo aveva fatto.
Antares corse nel corridoio e accese la luce, poco dopo la raggiunse l' altra ragazza tenendosi il pancione e camminando di tutta fretta.
Talia stava cercando di rimettersi in piedi sulle gambe malferme. Il vestito pieno di brillantini che indossava non riusciva a coprire neppure un quarto della coscia, il trucco pesante era sbavato in più punti, i capelli biondi, di norma lisci, e che dovevano essere stati arricciati da un poco, erano solo una massa sfibrata e arruffata.
Antares guardava la bionda alzarsi e cadere sui tacchi neri troppo alti. Era ubriaca fradicia. Non aveva la sua pietà, non aveva la sua comprensione. Gli occhi nocciola della ragazza -anche i suoi capelli non erano più gli stessi. Erano corti, erano neri- la osservavano indifferenti attraverso le palpebre semiabbassate, le braccia erano incrociate sul petto.
-Cazzo!- gridò Talia dopo l' ennesima caduta sui fiori e sui cocci che le avevano ferito le gambe. La voce isterica.- Aiutatemi!
Febe era rimasta dietro Antares. Sentiva gli occhi gonfiarsi.
"Ho scordato di cambiare i fiori", pensò.
Portò le mani alla pancia -di nuovo- e i piedi scalzi avanzarono di un paio di passi. Antares    allungò il braccio bloccandole il passo.
-Alzati da sola- affermò gelida alzando i tacchi.
Antares aveva sorriso alla mora del trio, Febe, prendendole il braccio:- Andiamo- la incitò soffice.
Talia rimase immobile nel corridoio. Si tolse prima uno stivale, poi l' altro e si rimise finalmente in piedi. Appoggiò una delle mani contro la parete e con gli occhi offuscati dal dolore e la mente dall' alcool si diresse in camera sua attenta a non passare sui cocci.
Ora del...
Ora del...
Ora. Del.

Antares aveva avuto capelli rossi, lunghi e lisci. Ora erano corti e neri. Aveva voluto dare un taglio a un passato non ben definito, aveva voluto scacciare quel rosso che sembrava riempirle anche il palato del sapore metallico del sangue. Del suo puzzo.
Febe le aveva chiesto perchè.
-Avevo voglia di cambiare- si giustificò.
Febe aspettava un figlio o forse una figlia. Insomma, lo aspettava e lei, Antares, lei che era stata sempre molto protettiva con tutte, fingeva che tutto andasse bene.
Febe era la più fragile tra loro, era quella che anche fisicamente stimolava un senso di protezione, di debolezza. I capelli neri erano leggermente ondulati e incorniciavano un viso leggermente paffuto, gli occhi erano scuri ma dolci. Febe era bassa di statura, era la più bassa. Era minuta e piccolina. Era tutta piccola e Antares si domandava come potesse trascinare un pancione così grosso.
Ma questo non aveva importanza. Importava piuttosto che lei stesse bene e non si preoccupasse.
Talia entrò nella cucina stiracchiandosi e sbadigliando. Prese il latte dal frigo e si sedette con loro versansolo nel bicchiere.
"Non ha fatto nemmeno lo sforzo di riscaldarlo", si disse Antares.
La ragazza notò ancora una volta i capelli arruffati -ancora non li aveva pettinati-, il trucco lavato via velocemente e i segni rossi sul corpo. Strinse il pugno e chiuse gli occhi respirando a fondo.
Antares pensava che Talia stesse sbagliando e che con il suo comportamento avrebbe fatto preoccupare Febe. E che si stava distruggendo. E distruggeva loro di più. Era egoista.
Talia pensava che Antares non poteva proteggere tutte. E non c' era riuscita infatti e che forse la ormai ex rossa iniziava ad odiarla. Antares la odiava perchè non si sforzava di capirla, la odiava perchè non la riteneva all' altezza di sopportare anche i suoi più intimi crucci, perchè lei lo sapeva che anche Antares, come tutte loro, li aveva.
Febe pensava che ormai loro erano solo i cocci di un vaso rotto come quello che ancora era a terra all' ingresso. Pensava che Antares aveva dei seri problemi e fingeva che in realtà tutto andasse bene, pensava che anche Talia avesse dei seri problemi e li nascondeva poco e male.
La giovane si accarezzò ancora la pancia sospirando.
C' erano delle parole che aleggiavano sulle loro teste, dei fatti che le stavano colpendo lentamente come una spada di Damocle. Ma loro non erano in grado di reagire.

Ora del decesso, 4:42.

Talia si era aggrappata alla vetrata che le separava da Sophia. Non sentivano nulla. Con gli occhi sgranati aveva visto un' infermiera fare cenno di no con il capo, il dottore guardare l' orologio a aprete, aveva letto sulle labbra del medico ripetendo inconsciamente le sue stesse maledette parole.
Ora del decesso, 4:42.
Aveva urlato dando dei pugni alla parete trasparente. Aveva urlato.
Febe le era accanto, lei non aveva letto il labiale. Aveva sentito la voce bassa di Talia, un sussurro.
Ora del decesso 4:42.
Si era spostata indietro non appena Febe aveva iniziato a colpire la vetrata. Il primo istinto era stata la paura per la sua bambina, quello contemporaneo le lacrime pizzicare gli occhi e uscire come un fiume in piena senza fermarsi mai, aveva aperto la bocca per dire qualcosa ma stava solo singhiozzando. Il nome di Sophia non usciva.
Antares aveva i pugni stretti in quel momento e stava urlando a un infermiere di farla entrare. Non aveva capito subito cosa era successo. Si era girata non appena aveva sentito Talia urlare, l' aveva vista sbattere le mani contro la vetrata trasparente mentre Febe si allontanava e piangeva -no, quello era pià che piangere-
Era corsa da loro in tempo per vedere un medico coprire il corpo di Sophia.
Era rimasta immobile, incredula, aveva sentito solo il cuore accartocciarsi su sè stesso, un pugno portato alla bocca per potervi affondare i denti e non urlare. Le lacrime scendevano.




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PREMESSE E NOTE VARIE.
Salve a tutti,
Questa storia si propone di essere un seguito di Rinascere. Per chi avesse letto Rinascere, alcune mie storie e il primo capitolo di questa noterà immediatamente che c' è una differenza abissale di stile e contenuti. Rinascere è ancora molto informe e infantile e io stessa me ne rendo conto. Avevo detto che mi sarei dedicata a un seguito solo dopo averla rivista o forse sarebbe meglio dire riscritta completamente, sfortunatamente questo tempo non ce l' ho, in compenso sono parecchio ispirata. Ammetto di avere una certa avversione per i nuovi personaggi, persino per i miei, tuttavia amo confrontarmi con me stessa. Non creerò personagi belli e perfetti, anzi, a volte magari li odieremo, voglio -ma è difficile, è una sfida per quanto impossibile- crearli molto umani. In tutti i casi non aspettatevi storie romantiche o robe da Harmony perchè non è nel mio stile. In questa storia ammetto io stessa che un paio di storie d' amore etero saranno presenti così come lo shonen-ai visto che è quello che scrivo di norma, però saranno storie particolari - o almeno spero- nel senso che io amo ciò che è ambiguo, che non è semplice a livello psicologico per così dire, amo il confronto anche conflittuale tra i personaggi, analizzarne i rapporti privilegiando anche e soprattutto quelli d' amicizia, dunque non vi aspettate storie d' amore a tutto spiano. Questa, vi avviso, è una storia pilota, una prova, infatti avendo poco tempo a disposizione la posterò solo sulla basa di un eventuale gradimento. Non mi piace scrivere solo per me, dal momento in cui un autore -scribacchina nel mio caso- scrive, lo fa per far leggere la storia e per ricevere pareri e critiche positive e non, per migliorarsi, per confrontarsi e perchè no, per sentirsi un pochino soddisfatto se una storia va a segno. Questi sono solo alcuni motivi perchè non sopporto il facile clic su mi piace/preferite/ricordate.  La storia sarà postata anceh tra gli originali ovviamente con tutta una serie di cambiamenti significativi, ma certi capitoli, il primo ad esempio, rimarrano uguali.

DISCLAIMER: I personaggi di Saint Seiya non mi appartengono ma sono degli aventi diritto. La storia non è scritta a scopo di lucro.


   
 
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