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Autore: Satomi    17/08/2011    3 recensioni
[Ciclo dei Corsari delle Antille] [REVISIONATA il 24/08/2012]
Disciplina. Versatilità. Precisione. Potenza.
Quattro diversi modi di approcciarsi alla difficile arte della guerra.
Quattro fondamentali doti per chi s’è votato al mestiere di uccidere.
#01. Sovente ha fissato la striscia in mano sua con l’occhio critico di chi ricerca un degno prolungamento del suo braccio.
#02. Perché nulla lo compiace più che il riconoscersi lupo tra gli sciacalli.
#03. Ha imparato a perfezionare le sue azioni. E ad andare sempre a segno.
#04. Perché ora ha il riconoscimento che merita e sa dove rivolgere il suo odio.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Rerum Salgarianum Fragmenta - Frammenti di cose salgariane'
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Versatilità

 “Va’ a disarmare il biscaglino che ho ucciso; in mancanza d’altro è buona anche una navaja.”
“Con vostro permesso vi offro la mia sciabola, capitano; io so adoperare quei lunghi coltelli.”
da “Il Corsaro Nero”, quinto capitolo

 

Da che si ricordi non c’ è stato un momento della sua vita in cui non abbia lottato.
Il giorno stesso della sua nascita per uscire dal ventre della madre.
Durante le innumerevoli zuffe che coinvolgevano lui, i suoi fratelli e gli altri bambini del paese.
Nelle prime risse in taverna dovute all’ ubriachezza, alla spacconeria, al sorriso conteso di una bella fanciulla.
Da che si ricordi la sua mano non è mai stata libera da un’ arma: una pietra raccolta dalla strada o un bastone erano più che sufficienti per ammaccare qualche osso.
Ma quando mette piede alla Tortue Carmaux è lesto a far sua una nuova consapevolezza.
Bastoni e pietre non bastano più.

Il coltello. Arma semplice in apparenza ma che richiede forza, agilità non comune e una buona dose di fortuna.
E lui sa bene di non peccare in nessuna delle tre.
La navaja. Il mero attacco bruto si trasforma in una danza letale, accompagnata dal drappeggio del serapè.
E lui, dietro allenamento, ha imparato a far danzare quel suo corpo robusto e tarchiato.
La sciabola. Guardia semplice e comoda, lama larga, l’ ideale per chi si lancia all’ abbordaggio.
E Dio solo sa il sangue di quanti spagnoli ha bevuto la sua.
La spada. Parata e affondo, botta e risposta, una disciplina elegante e mortale insieme, specie se il proprio maestro è il Corsaro Nero.

Carmaux ha imparato a far sua qualunque cosa abbia una lama.
E quando alla fine di una battaglia vede il nemico a terra nel suo stesso sangue, lui sogghigna.
Perché nulla lo compiace più che il riconoscersi lupo tra gli sciacalli.

 
[270 parole]

 

Note dell’autrice: nel corso dei primi tre romanzi del Ciclo delle Antille (di cui è comprimario), Carmaux mostra un senso di adattamento alle situazioni che ha dell’incredibile. Che debba travestirsi da notaio e uscire in Maracaibo in piena notte, fingersi morto dopo uno sparo e strisciare come un serpente, usare dei grossi massi come surrogato di palle di cannone, ha sempre l’idea giusta al momento giusto.
E questa sua adattabilità (o versatilità che dir si voglia) riguarda anche l’uso delle armi che ha imparato a fare sue.
Sia nell’adattamento cinematografico del 1976 (dove è interpretato da un bravo Sal Borghese, forse uno dei pochi attori che salvano il film dalla mediocrità) che nella versione animata di Orlando Corradi (fedele al romanzo, pur con le sue libertà) Carmaux lavora più di coltello che di spada, mentre generalmente lo spadaccino della coppia è Wan Stiller; cosa strana, forse per marcare le differenze tra due personaggi che nei romanzi sono molto simili.
Salgari, però, lo dipinge anche come ottimo schermidore, specie in “Jolanda, la figlia del Corsaro Nero” (dove però, con mio rammarico, si fa fregare dal capitano Valera. Ma sorvoliamo v.v).
Ne approfitto per ringraziare Chandrajak e Ellie_x3 per le precedenti recensioni. Quest’ultima merita un ringraziamento speciale perché, pur non conoscendo il fandom, ha inserito la raccolta tra le preferite e le seguite.
Satomi

   
 
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