Capitolo 33 “Visione futura”
E il vero inferno ebbe inizio molto
presto.
Era
l’ultimo giorno di scuola e quella sera ci sarebbe stato il ballo.
Ad
ogni angolo dell’edificio scolastico, si potevano intercettare i bisbigli e le
esclamazioni emozionate degli studenti che non stavano più nella pelle.
Come
ad ogni evento mondano Alice era su di giri. Non smetteva più di blaterare di
preparativi, acconciature e trucco, Rosalie le dava man forte. Ovviamente la
protagonista dei suoi progetti diabolici era la sottoscritta.
Da
qualche tempo, Edward ed Alice sedevano al tavolo con me, Mike, Jessica e
Angela. Il mio vampiro sembrava un po' strano e mi chiesi se non si fosse già
reso conto di quello che sarebbe successo immediatamente dopo lo scontro. Ebbi
un fremito al sol pensiero, gesto che lo fece girare dalla mia parte. Edward mi
guardò serio, per poi cingermi un braccio marmoreo sulle spalle.
Dopo
la mensa, io e Edward dovevamo seguire la lezione di biologia.
L'ultima
della mia vita in quel mondo.
Ci
dirigemmo lungo i corridoi fino all'aula, restando in silenzio, ma per tutto il
tempo lui non fece altro che guardarmi. Non potevo sopportare quello sguardo
indagatore che mi perforava il cervello, acuendo il mio nervosismo. Per questo,
una volta accomodatici in aula, lo guardai a mia volta.
“Mi
dici che cos'hai? E' tutto il giorno che mi fissi a quel modo!" esclamai
esasperata.
Edward
non si mosse, anzi intensificò ancora di più lo sguardo, come se mi stesse
studiando, ma non aprì bocca.
Io
sbuffai, intenzionata a voltarmi verso la finestra, ma lui non me lo permise.
Mi prese il viso tra le mani e mi baciò.
Un
bacio ben diverso dal solito: c'era rabbia, frustrazione. Gelosia.
O
almeno furono quelle le sensazioni che io percepii.
Fu
l'entrata degli altri studenti in aula a far allontanare Edward.
Di
mio, restai imbambolata a fissarlo per due minuti buoni, finché il Professor
Barner non attirò la mia attenzione con l'ennesimo esperimento stupido.
Da
quel momento in poi, Edward non mi guardò più.
In
macchina l'unica che sembrava avere vita, era Alice.
Ciò
che potei notare però, erano le strane occhiate che il mio ragazzo le lanciava
di tanto in tanto, attraverso lo specchietto retrovisore.
Occhiate
non ricambiate da parte di Alice.
Quel
pomeriggio ero stata ufficialmente rapita da Rosalie e il folletto che si erano
''gentilmente'' offerte di aiutarmi coi preparativi.
Aiuto
che io non avevo richiesto.
L'idea
del ballo mi emozionava. Il problema vero e proprio era sapere che quello
sarebbe stato l'ultimo momento felice con Edward.
Perché
io sapevo che presto, il vero motivo per cui ero lì, nel loro mondo, sarebbe
emerso.
Rosalie
si era occupata della mia pelle, rendendola morbida e setosa con creme e lozioni
costosissime. Alice, invece, si apprestava a sistemarmi i capelli e il trucco.
Da
quando avevo messo piede in casa loro, avevo la sensazione che mi nascondessero
qualcosa.
Ed
era giunto il momento di capire il cosa.
“...ora
userò questa lozione per capelli che li renderà
molto più morbidi. Dopodiché applicherò una crema...” Alice continuava a
blaterale su cosmetici e quant'altro, ma non le diedi il tempo di proseguire,
perché la interruppi.
Dovevo
sapere.
“Alice”
mormorai decisa, ma non ottenni l'effetto sperato.
“...poi
passerò al trucco...”
“Alice”
riprovai, illudendomi che prima non mi avesse sentito.
Cosa
impossibile per un vampiro dall'udito sopraffino.
“...si
quest'ombretto è stupendo. Col tuo vestito è perfetto.”
“Alice
dannazione! Ora basta!” gridai, alzandomi di scatto dalla sedia e fissandola.
Lei
si immobilizzò sul posto fissandomi con sguardo triste.
“Che
cosa sta succedendo?” chiesi con voce flebile, andando diretta al punto.
“Dimmelo
tu che cosa sta succedendo” ribatté lei apparentemente tranquilla.
“Che...che
vuoi dire?” domandai titubante.
Alice
sospirò, poi fece un passo verso di me, allungando una mano per accarezzarmi il
viso.
“Sai
benissimo di cosa sto parlando, Meredith. Io
ho visto.”
Sbarrai
gli occhi, comprendendo.
Strinsi
le mani a pugno, poi abbassai lo sguardo.
“Perché
vuoi farlo? Perché vuoi farti e fargli
del male?” tremai appena a quelle parole, sentendomi in colpa.
“Io
voglio solo che tutto torni ad essere come deve” rialzai il viso, tornando a
guardarla.
“Io
non faccio parte di questo mondo, Ali. Lo sai benissimo anche tu. Il mio dovere
è impedire all'Ombra di avere i vostri poteri, dopodiché il mio compito qui
sarà finito.”
Alice
sorrise appena, quasi teneramente.
“Ho
già sentito questo discorso. Ma fatti dire una cosa: c'è una cosa che l'Ombra
non ha preso in considerazione e cioè l'amore che tu provi per Edward. Il tuo
dovere, se vogliamo chiamarlo così, è solo quello di essere felice. E tu qui lo
sei.”
“Edward
lo sa?” domandai preoccupata.
“Non
gli ho permesso di capire. Evito di pensarci troppo quando è nelle vicinanze.”
“Cos'hai
visto con esattezza?” domandai tremando.
Alice
mi scrutò qualche secondo, come se stesse soppesando le parole da dirmi.
“Ho
visto te nella tua casa a Detroit che sorridi dolcemente ad un ragazzo di
spalle, dai capelli castano chiaro. E sembri...innamorata. Ma ciò che più mi ha
turbata, per così dire, è che il flash successivo non riguarda più te, ma
Edward che fissa imbambolato una ragazza dagli occhi..."
“Color
cioccolato” finii io per lei con voce incolore e lontana, guadagnandomi
un'occhiata incredula di Alice.
“E
tu come...”
Sorrisi
amaramente.
“Quella
ragazza è Isabella. Isabella Swan. La vera protagonista della vostra storia ed
è l'unico vero amore di Edward Cullen.” mormorai a mezza voce.
“Come
puoi vedere da te, Ali, tutto sarà come stabilito.”
“Edward
non accetterà mai la tua decisione...” alzai una mano, fermandola.
“Non
ce ne sarà bisogno” dissi, puntando i miei occhi nei suoi. Occhi che d'un
tratto divennero vitrei e fissavano il vuoto.
Quando
il suo sguardo tornò nel mio, lei aveva capito tutto.
“Non
puoi farlo davvero. Non puoi...scomparire.”
“Posso
e devo farlo. Per il bene di tutti...” mi fermai, chiudendo appena gli occhi,
inspirando profondamente.
“Per
il bene di Edward” sussurrai con voce tremante, mentre una lacrima mi rigava il
volto.
La
nostra discussione finì lì, perché fummo interrotte dall'ingresso in stanza di
Rosalie.
“Dovreste
abbassare un po’più la voce” disse, richiudendosi la porta alle spalle.
Alice
scosse la testa sorridendo per la battuta della sorella, mentre io deviai
semplicemente lo sguardo della bionda.
“...e
tu ragazzina” aggiunse, puntandomi un dito contro.
“...dovresti
rivedere la tua decisione.”
Un'ora
dopo mi ritrovai in cima alle scale che portavano all’ingresso, a torturarmi le
mani sudate e a controllare respiro e battito cardiaco in previsione del mio
ingresso nel soggiorno dove mi attendeva Edward.
Avevo
promesso ad Alice e Rosalie che per quella sera avrei lasciato fuori ogni
preoccupazione.
E
proprio come ogni adolescente che si rispetti, avevo la tremarella.
Feci
un respiro profondo e scesi le scale, cercando di non inciampare nei miei
stessi piedi. Quando arrivai al penultimo scalino alzai lo sguardo, ma non ero
preparata a quello che mi trovai davanti: il mio Edward era uno splendore nel
suo smoking nero che metteva in risalto il suo fisico slanciato e leggermente
scolpito.
I
pantaloni gli fasciavano le gambe, muscolose e lunghe, alla perfezione.
La
camicia risaltava i pettorali e la giacca gli dava il tocco finale.
Ma
non fu quello a colpirmi di più.
Fu
la sua reazione.
I
suoi occhi si scurirono, diventando da miele a nero, come le più violente delle
tempeste.
Si
avvicinò di un passo, incerto, io indietreggiai di uno scalino, inciampando.
Furono le sue mani gelide ad evitarmi lo schianto sulle scale, così mi ritrovai
a due centimetri dal suo viso. Lui non disse una parola, ma continuò a
fissarmi, come ipnotizzato, passandosi, forse inconsciamente, la lingua sulle
labbra perfette e lisce.
Mi issò in piedi, direttamente sul pavimento del grande salone e fece un passo
indietro per guardarmi meglio. Mi accarezzò più volte con lo sguardo, prima di
prendere parola. Con uno scatto fulmineo mi prese tra le braccia e avvicinò il
naso al mio collo, annusando il punto dove affluiva maggiormente il sangue.
Percorse
la vena, risalendo poi al mio orecchio.
“Sei
un incanto questa sera...” mi soffiò con voce sensuale e arrochita, facendomi
arrossire vistosamente fino alla punta dei capelli.
“G-grazie”
balbettai in risposta. “Anche tu” furono le uniche parole che riuscii a dire.
Edward
si allontanò appena e ritornò un secondo dopo con in mano una scatolina bianca.
Lo
fissai stranita.
“Che
cos'è?” domandai curiosa, avvertendo l'imbarazzo sparire del tutto.
Edward
mi sorrise dolcemente e mi accarezzò una guancia.
“Questo
è solo un piccolo pensiero affinché tu non ti scordi di me.” sussurrò l'ultima
parte in tono triste o forse quella fu la mia impressione.
“Hai
intenzione di aprirla o preferisci continuare a fissarmi a quel modo?” domandò
subito dopo col suo classico sorriso sghembo.
Scossi
la testa, abbozzando un sorriso e afferrando la scatolina.
La
scartai con impazienza, tremando le mani leggermente tremolanti e quando
l'aprii, rimasi a bocca aperta.
“Ti
piace?” domandò Edward con tono impaziente.
“Sono
senza parole...”
“Questo
vuol dire che ti piace?” incalzò lui.
Non
gli risposi, ma gli lanciai le braccia al collo e lo baciai con impeto.
Inizialmente
lui si irrigidì per la sorpresa, ma bastarono pochi secondi affinché anche lui
approfondisse il bacio, stringendomi avidamente la schiena lasciata nuda dal
vestito.
Ci
staccammo ansanti e lui posò la fronte sulla mia, sorridendo beato.
“Lo
prendo come un si. Possiamo andare ora?” chiese lui, porgendomi il braccio e
incamminandosi verso la porta di ingresso, aprendola.
Il
tema del ballo erano gli anni cinquanta; la sala era adornata con palloncini
colorati ovunque e sopra il palco troneggiava lo striscione ''Classe 2006''.
Tutt'intorno
alla pista da ballo c'erano tavoli rettangolari in alluminio e divanetti in
pelle, tipici dei locali in stile anni cinquanta. In un angolo, c'erano il
bancone del bar e il buffet.
Appena
arrivati, Edward mi accompagnò al tavolo dove c'erano i suoi fratelli.
Alice
indossava una gonna bianca a palloncino con pois rossi. Sopra una camicetta
anch'essa bianca con il colletto in pizzo e le maniche a sbuffo, ai piedi portava
un paio di decolté rosse.
I
capelli lasciati liberi, modellati col gel.
Rosalie
invece, indossava un vestito rosso con scollo squadrato, le bretelle spesse,
dal corpetto stretto che metteva in risalto la vita sottile e la gonna ampia e
a pieghe. Ai piedi portava un paio di scarpe nere dal tacco vertiginoso.
I
capelli erano stati sciolti in morbide onde che le coprivano le spalle, fermati
in un lato con un fermaglio a forma di farfalla.
Sia
Emmett che Jasper erano elegantissimi nei loro smoking neri, come quello di
Edward.
“Aspettami
qui, vado a prenderti qualcosa da mangiare” mi mormorò lui nell'orecchio per
poi allontanarsi.
Lo
seguii con lo sguardo fino al buffet, guardandomi attorno con stupore e
curiosità.
“Come
fai a mangiare quelle schifezze?” fu Emmett a parlare, attirando la mia
attenzione su di lui.
Aveva
una smorfia schifata dipinta in viso.
Io
scoppiai a ridere divertita.
“E
voi come fate a bere il sangue?” ribattei sorridendo.
“Giusta
osservazione.” rispose Jasper.
Nel
frattempo arrivò Edward, che mi mise davanti un piatto colmo di ogni cosa
commestibile presente al buffet.
Lo
guardai divertita, scuotendo la testa.
“Hai
intenzione di mettermi all'ingrasso per caso?” chiesi in tono divertito.
Lui
ridacchiò imbarazzato, scompigliandosi i capelli ancora di più di quel che
erano.
“No,
è che non sapevo cosa avresti gradito di più” mormorò, sedendosi accanto a me.
“Non
fa nulla, davvero. Mangerò quello che mi va.” sorrisi, intenerita dalla sua
premura, lui rispose al sorriso con uno dei suoi.
Alice
prese Jasper per un braccio e alzandosi ci annunciò che sarebbero andati in
pista. Emmett e Rosalie li seguirono a ruota, lasciandoci soli.
Mangiai
in silenzio e nonostante la promessa fatta a Rosalie e Alice, continuai a
pensare a ciò che avrei dovuto fare.
Non
mi accorsi neanche che Edward si era avvicinato, se non quando parlò.
“Va
tutto bene, Meredith?” domandò ed io sussultai sul posto, voltando di colpo la
testa verso di lui.
“Si,
si.” risposi frettolosamente e questo lo insospettì, perché mi lanciò uno
sguardo alquanto eloquente.
“Ne
sei sicura? C'è qualcosa che dovrei sapere?”
“No.
Perché mi fai questa domanda?”
“Tu
e Alice siete troppo strane. Lei evita di pensare a qualcosa di sensato in mia
presenza e tu sei fin troppo silenziosa e distante.”
Io
non risposi, dandogli modo di sospettare ancora di più. Mi maledissi
mentalmente per non aver pensato a niente di sensato per deviare il discorso.
Ogni volta che si trattava di Edward, il mio cervello si resettava in
automatico.
Fui
in grado solo di abbassare il capo sulle mie mani, poggiate in grembo.
“Quindi
è così? Mi state nascondendo qualcosa?” riprovò ma senza successo, perché non
risposi nemmeno stavolta.
Sentii
gli occhi pungere insistentemente, cercai però di non darla vinta a quelle
stupide lacrime. Poi avvertii la mano di Edward carezzarmi i capelli.
“Meredith,
guardami.” mi chiamò dolcemente. Non ebbi, però, il coraggio di farlo. Sapevo
che se avessi alzato lo sguardo, incrociando i suoi dolcissimi occhi ambrati,
sarei crollata in un pianto disperato.
Quella
situazione mi stava uccidendo.
A
quel punto fu lui a sollevarmi la testa, mettendomi due dita sotto il mento e fissandomi
dritto negli occhi.
Deglutii
aria, tremando appena sotto il suo sguardo indagatore.
“Dimmi
la verità" mormorò a bassa voce
“Fidati
di me...” aggiunse usando un tono di voce abbastanza persuasivo.
Scossi
la testa, chiudendo gli occhi per un attimo.
“Io
mi fido di te. Totalmente.” dissi, riaprendo gli occhi per guardarlo.
“E
allora perché non mi dici cosa sta succedendo? Perché mi escludi dalla tua
mente?” storse il naso, fissandomi.
Io
sospirai, portandomi una mano tra i capelli.
“Vedo
che gli allenamenti con Kabkaiti ti stanno aiutando molto. E per quanto possa
essere fiero di te e dei tuoi progressi in virtù dello scontro con l'Ombra,
detesto che tu usi i tuoi poteri con me.”
Accennai
un mezzo sorriso, contenta di riuscire a tenere Edward fuori dalla mia mente. E
proprio il riferimento al vecchio saggio mi fece venire un'idea.
“Non
mi piace mostrarmi debole, Edward” dissi con finta tranquillità.
Detestavo
mentirgli, per questo distolsi lo sguardo, volgendo la mia attenzione agli
studenti in pista, concentrandomi su Alice che mi lanciò una rapida occhiata.
“Vorrei
evitare questo scontro. Non mi è mai piaciuto vedere lottare la gente” dissi,
scuotendo la testa.
In
fondo non stavo mentendo del tutto.
Io
odiavo sul serio ogni forma di violenza.
“E
se non te ne parlo è perché non voglio che ti preoccupi inutilmente per me.”
“Mi
fai preoccupare di più se non mi parli, perché ciò che preoccupa te, preoccupa
anche me.”
Edward
richiamò la mia attenzione sfiorandomi la guancia.
“Non
privarmi del tuo sguardo, perché mi fa male e mi fa ancora più male sapere che
tu mi nasconda le cose, perché mi fa pensare che non ti fidi abbastanza di me.”
Disse per poi sospirare e passarsi una mano sul viso, prima di guardarmi
nuovamente.
“Quello
che tu non hai ancora capito di me è che quello che io provo per te va al di là
della tua umana concezione” fu impossibile per me non deglutire e sentirmi
stranamente agitata.
“Non
ci sono parole per descrivere quello che sento e non esistono paragoni”
continuò lui.
“Io
ho bisogno che tu ti fidi di me, perché ti amo e solo tu puoi salvarmi dalla
non vita. So quello che ti preoccupa, ma c’è solo una persona che può farmi del
male e quella sei tu.”
Non
poteva farmi confessione peggiore.
Le
sue parole furono come pugnalate. Le sentivo riecheggiare nelle orecchie,
insieme al discorso che Alice mi aveva fatto quel pomeriggio.
Socchiusi
gli occhi per un attimo, ma non lasciai mai realmente il suo sguardo.
“Ferirti
è l’ultima cosa che vorrei fare, devi credermi Edward e voglio che tu questo te
lo ricordi sempre” dissi decisa.
“E
mi fido di te, l’ho già detto prima. Non immagini nemmeno quanto tu per me sia
importante” scossi la testa, avvertendo il peso di quella verità serrarmi lo
stomaco.
“Se
ti fidi di me, dovresti dirmi le tue reali preoccupazioni, perché so che c’è
qualcosa che non va. Ti conosco. Non mi hai mai mentito finora e non vedo
perché devi incominciare ora. Sembra che tu mi voglia evitare e questo mi fa
male” Edward intensificò maggiormente il suo sguardo.
“Se
ci hai ripensato riguardo a noi, non c’è bisogno di mentirmi. Basta una tua
parola ed io sparirò dalla tua vita, come
se non fossi mai esistito.”
Non
ci fu bisogno che io mi toccassi il viso: le lacrime scivolavano giù, senza che
io potessi far niente per frenarle.
Strinsi
le mani a pugno, conficcandomi le unghie nella pelle.
Ero
certa che lui avesse visto almeno una parte della visione di Alice e il
pensiero che Edward avesse anche solo pensato a me con un altro, mi fece
ribollire il sangue nelle vene.
“Come
puoi dubitare dei miei sentimenti per te?” sibilai con rabbia, fissandolo
truce.
“Pensi
davvero che io non ti voglia più?” mi alzai di scatto dal divanetto,
sovrastandolo.
“Se
è ciò che pensi, allora non hai capito niente di me” mormorai con amarezza,
abbassando lo sguardo e dandogli le spalle, incamminandomi verso l’uscita che
dava sul giardino. Ma le mani di Edward mi impedirono di proseguire oltre: mi
abbracciò da dietro facendo scontrare la mia schiena col suo petto.
“Perdonami.
Non era mia intenzione ferirti. È solo che ti sento distante e non riesco a
capire” bisbigliò al mio orecchio.
Io
chiusi gli occhi d’istinto, sospirando.
“Sono
solo stanca e stressata. Tutte queste responsabilità mi pesano” mormorai con la
voce ancora incrinata dal pianto.
Edward
mi fece voltare verso di lui, tenendomi comunque tra le sue braccia. Asciugò le
mie lacrime con un dito.
“Affronteremo
ogni cosa insieme, Meredith. Non devi sentirti obbligata a fare niente. Io e la
mia famiglia combatteremo al tuo fianco” disse, poi si allontanò di poco, abbozzando
un mezzo sorriso. Fece un lieve inchino, porgendomi la mano.
“Signorina,
Le va di concedermi questo ballo?” domandò in tono sensuale, ma allo stesso
tempo divertito.
Io
mi ritrovai a sorridere e ad annuire.
“Si,
mio prode cavaliere” risposi stando al gioco e facendo un inchino a mia volta.
Passammo
il resto della serata a danzare, entrambi nel tentativo di tenere lontano da
noi le immagini di quella visione.
Ad un anno di distanza, riesco finalmente ad aggiornare questa fan fiction.
Non avete idea di quanto sia stato difficile non riuscire più a scrivere di Meredith e Edward.
Sono cresciuta molto con questa fan fiction e la sento un po' come se fosse mia figlia, quindi tornare a parlarvi attraverso di essa, mi riempie il cuore di gioia.
Spero che qualcuno abbia avuto la pazienza di aspettarmi in questi mesi.
E' un capitolo di passaggio, nel prossimo vedremo l'Ombra in azione...cos'accadrà?
Dedico questo capitolo a Jenny, la mia sorellona. Se non fosse per lei, io non avrei mai ripreso in mano questa fan fiction. Mi ha aiutata con la stesura di questo capitolo e lo farà anche con quello successivo.
Grazie sis <3.
Al prossimo aggiornamento.
Baci.
Ps: la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio diletto. I personaggi di Twilight non mi appartengono, sono di proprietà della Meyer. Meredith, Andrew, l'Ombra, Kabkaiti e Jannasute invece, sono di mia invenzione.