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Autore: BellDarkoNovak    13/09/2011    3 recensioni
Questa e' la mia prima fic su death note e la seconda in assoluto. Parla di un ragazzo che trova casualmente un diario e ... dovete leggere.
hihihiihihih sono perfida.
Era un giorno come gli altri all’ospedale psichiatrico della California. Un ragazzo di nome Marcus si trovava nel giardino a pensare sotto un albero. Piccole gocce gli caddero sul naso: stava per piovere. In men che non si dica iniziò un forte acquazzone e il giovane fu costretto a rientrare per non prendersi un malanno. Era bagnato dalla testa ai piedi e cercò uno straccio pulito con cui asciugarsi. Lo trovò ma era in alto, troppo in alto: era a circa due metri di altezza. Si arrampicò sulle mensole per prenderlo e cadde rovinosamente per terra. Marcus notò che aveva qualcosa in mano: un quaderno.
!attenzione! la storia, dal 3 capitolo in poi, prende una strada un pelo thriller e potrebbe diventare non per stomaci delicati
Genere: Drammatico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Beyond Birthday, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2

3 febbraio2005

Primo giorno in gabbia. Poiché sono qui da meno di ventiquattrore, devo rimanere nella stanza per tutto il giorno. Mi trovo al terzo piano, nell’ultima stanza del corridoio. Sulla porta ho il numero 390. La targa su cui si trova il numero è da rinnovare: è bruciata in alcuni punti e il numero zero pende, e non parliamo delle crepe. La camera è completamente bianca: muri bianchi, mobili bianchi coperte e lenzuola bianche … pure la gabbia del letto è dipinta di bianco! Tuttavia il dottore mi ha detto che se farò la brava avrò la possibilità di cambiare qualcosa. Meno male! C’è da impazzire a stare in tutto quel bianco. Verbo perfetto … forse è tutto bianco in modo da farci ammattire maggiormente e non uscire più da qui … forse sì, forse no. A ogni modo, non si sta male in questo posto: gente che urla ai piani superiori, persone che piangono a quelli inferiori … mi è parso di sentire un uomo invocare la mamma. Questa sera hanno chiuso la serratura della porta, mi hanno tranquillizzato dicendo che lo facevano ogni notte con tutti … ricorda caro lettore, fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio.Oggi avevo voglia di spaccare quella maledetta telecamera che mi fissa di continuo, se ce n’era una in bagno adesso avrei la camicia di forza. Meglio andare a letto, non voglio che quel rompipalle dell’infermiere mi faccia una ramanzina del tipo: ”Adesso dovresti già dormire! Vuoi che ti dia la tisana della cuoca?”
“Stava parlando di sicuro di Samuel, l’infermiere di guardia. E della tisana alle erbe di Caterina … è molto meglio la sbobba, questo è certo …”
Quella roba è orrenda! Me l’hanno fatta bere appena arrivata per “calmarmi”, l’ho sputata subito … ho ancora il gusto di uova marce in bocca. Cosa strana dato che ha usato le erbe per farla. Quella cuoca è negata nel suo mestiere, ma tanto, per i dottori l’importante è che mangiamo non cosa mangiamo. Va bè. Mi fiondo subito nel letto ed è meglio che lo fai anche tu. Buonanotte e incubi d’oro.

“Come fa a sapere che sto leggendo a notte fonda …” Marcus si alzò lentamente dal divano e guardò le pareti: bianco sporco, quasi giallognolo. Gli venne un piccolo sorriso sulle labbra. Si sistemò il pigiama, rigorosamente grigio a righe rosse, e si mise nel letto. << Buonanotte anche a te, Sonia >> A quel punto, Mark, sprofondò in un sonno davvero pesante.
Un grido, bastò questo per far cadere dal letto il giovane Marcus. Non era un grido come gli altri, veniva dalla stanza subito sotto la sua ed era maschile. Non un grido di dolore ma piuttosto di chi fa un incubo doloroso. Marcus lo sapeva. Quando perse la madre davanti ai suoi occhi per colpa del padre, non faceva che gridare, la notte. Quelle urla non tacevano. Marcus si avvicinò alla porta e strinse la maniglia nel tentativo di aprirla. Click, era aperta. Il ragazzo si avviò per il corridoio in cerca delle scale e poi scese al terzo piano. Quello era il piano di Sonia. Notando diverse persone davanti alla cabina 397 capì che le urla provenivano da lì. << Di chi è la stanza? >> Chiese al primo che gli è capitato, era un ragazzo di quindici anni. “Anche i minorenni sono qui” << Craig non lo sa >> “parla in terza persona” << Come mai nessuno entra? >> << Hanno tutti paura, anche Craig e Lucas hanno paura >> << Lucas? >> << Lui >> Craig indicò il vuoto di fianco a se … “un amico immaginario” pensò Marcus a quell’affermazione.
Volse lo sguardo alla stanza e ai pazienti timorosi. Si fece coraggio e passò tra le persone. Ebbe un attimo di esitazione ma poi bussando molto forte alla porta gridò << Ehi! Stai bene lì dentro? >>. Aprì la porta per guardare e quello che vide gli provocò un tremolio alle ginocchia che non avrebbe mai più smesso: c’era Beyond seduto sul letto con la testa fra le mani che … che … singhiozzava? << Cos’hai? >> Chiese Mark. Beyond farfugliò qualcosa che Marcus non capì << Come? >> L’altro si asciugò le lacrime, si alzò in piedi e disse chiaramente << Esci. Dalla. Mia. Stanza! Chi ti ha detto di entrare! ESCI E LASCIAMI IN PACE! >>. Marcus fu letteralmente cacciato fuori a calci. Non se lo aspettava ma, in fondo, ognuno esprime il dolore a modo suo. Arrivarono gli infermieri con delle siringhe ed entrarono nella stanza. Dopo si sentirono solo insulti da parte di B e poi più nulla. Gli infermieri uscirono dalla stanza e mentre chiudevano la porta, Marcus intravide Beyond legato e addormentato nel letto “povero ragazzo”.
Era ora di colazione e Marcus tornò in camera per cambiarsi: mise un jeans blu e una maglia verde e bianca firmata da A - style. Le scarpe erano nere della Puma. Si diresse in mensa e prese la colazione: corn-flakes e latte. Si sedette al solito tavolo e attese Light e Misa. << Ciao! Senti questa: ieri, al terzo piano, un ragazzo ha avuto il coraggio di entrare nella stanza di B! E lui l’ha letteralmente mandato a quel paese! >> Misa aveva appena finito di dire la frase e Light scoppiò letteralmente dal ridere. Vedendo Marcus zitto lo incitarono a ridere con loro. << Ero io >> bisbigliò << Come? >> << Ero io il ragazzo di cui ridete tanto >> Mark finì in fretta la colazione e si avviò velocemente nella sua stanza. Non vedeva l’ora di leggere il diario. Lo prese fra le mani, chiuse la porta e si sdraiò sul letto.

5 febbraio 2005

Scusami lettore, se ho saltato un giorno. Capirai dopo aver letto queste righe il perché.
Il quattro, di mattina, uscii finalmente da quella stanza monocolore per andare a fare colazione, mi ero preparata per tutto … dopo la tisana. Mentre aspettavo in fila, mi guardavo intorno. C’erano tutti i tipi di squilibrati lì. Uno di loro attirò la mia attenzione. Era seduto in un tavolo da solo, intento a mangiare della marmellata. Presi la mia colazione: fetta di crostata alla marmellata ai frutti di bosco. Mi sedetti accanto a quel tipo, più precisamente ero di fronte. Lui alzò lentamente lo sguardo per osservarmi << Piacere, mi chiamo Sonia, Sonia Solocirepa. >> Lui rimase in silenzio << Non è vero >> Solo allora notai i suoi occhi, erano rossi, forse lo conosci tu. Improbabile. << Cosa? >> << Che quello è il tuo nome >> << Come fai a saperlo? >>. Il mio nome era falso, piu che altro il mio cognome perché devi sapere, lettore, che il mio vero nome è Sonia Lawliet. Ma questa denominazione non mi è più permessa per motivi … beh … personali. Gli comparve un sorriso sulle labbra << Non capiresti >> e tornò alla sua colazione. Osservai la mia, dov’era il trucco? Prima fanno una tisana semplicemente schifosa e poi questa? … La osservai da tutti i punti possibili. E decisi di addentarla … non era il massimo del gusto. La posai sul piatto con la faccia disgustata << Non ti piace la marmellata? >> Lo guardai, non aveva alzato lo sguardo dal suo barattolo. << Sì che mi piace la marmellata, ma questa è poltiglia non confettura. Piuttosto, quella che mangi … è fatta dalle cuoche? >> << Certo che no! Fa schifo quella là. >> appunto << Questa l’ho fatta comprare dai medici per me >> << Per te? >> << Sì, per me … ne vuoi un po’? >> disse porgendomi il barattolo. << No, grazie >>. Poco dopo si sentì una voce metallica chiamare il mio nome e dirmi di raggiungere l’ufficio del dottore … che palle. Mi alzai controvoglia e mi diressi verso l’uscita. Mi sentivo osservata. Mentre l’infermiera chiudeva la porta,mi girai e intravidi quel ragazzo guardarmi. Non sapevo neanche il suo nome.
Arrivata davanti all’ufficio, aspettai. Dalla porta uscì un uomo sulla quarantina che mi chiese gentilmente di entrare. L’ufficio era piccolo ma spazioso: le pareti erano color crema, il pavimento in legno e i mobili in mogano e quercia. Ciò che attirò la mia attenzione era un quadro leggermente storto raffigurante due bambini: il primo era in primo piano e ti scrutava con degli occhi seminascosti, e la seconda … non era una bambina ma una bambola senza occhi. Nello sfondo vi era una finestra senza paesaggio, nera. Quel quadro metteva i brividi.
Mi sedetti, o meglio sdraiai, sulla poltrona beige davanti alla scrivania e iniziai a fissare il dottore con uno sguardo serio. << Che emozioni ti porta quel quadro?>> aveva notato che avevo scrutato con interesse il quadro, uffa. << Nessuna >> mentii, perché l’opera d’arte mi aveva dato la sensazione che qualcosa non andava << E a voi? Che emozioni da a voi?>> Il medico assottigliò gli occhi quasi impercettibilmente per capire cosa volevo fare, senza successo << Angoscia >> Mi feci scappare un sorriso divertito << Se vi provoca angoscia, toglietelo >>.
In seguito mi fece altre domande del tipo: “Come ti senti?” o “Cosa provi ora?”. Ero stufa.
<< Adesso come ti senti? >> << Volete sapere come mi sento? Sono arrabbiata >> però lo dissi in tono calmo << Come mai? >> Aveva superato il limite << E mi chiedi pure il perché! Non ci arrivi da solo?! Sono stufa delle tue domande: “Come ti senti? Che emozioni provi ora?” Come se a te interessa di come sto io! Vuoi sapere come mi sento, sono felicissima di essere rinchiusa in manicomio! Ma come vuoi che mi senta! >> sbattei le mani sulla scrivania, mi alzai e uscii sbattendo la porta.
In un angolo c’era un’infermiera che mi porse una tazza << vuoi della tisana? >> Questo è il colmo dei colmi. << NO! >> e mi diressi verso il giardino per rilassarmi. Ero davvero arrabbiata.
Il giardino sembrava un cortile ottocentesco all’italiana: l’erba era perfettamente tagliata. La stessa cosa valeva per i cespugli: erano potati a forma sferica e un giardiniere passava a spuntarli una volta a settimana. Come ogni giardino italiano dell’ 800 che si rispetti vi è in fondo un labirinto dalle alte siepi. Accanto ad esso si trova un enorme salice piangente.
Guardai i rami alti e pendenti per poi passare al tronco grigiastro e osservai le varie grandi radici che spuntavano dal terreno. Un luogo ombroso, solitario e calmo: perfetto per pensare. Affrettai il passo per evitare i ragazzi del posto, sempre a parlare. Fermarsi a chiacchierare con qualcuno era l’ultima cosa che volevo fare. Mancavano alcuni metri all’albero quando una voce mi fermò << Ehi, tu! >>





¥ spazio demente autrice

Gente! Scusate per il ritardo e il cappy doveva essere piu' lungo ... imploro il vostro perdono!
grazie a tutti quelli che hanno recensito e messo la storia tra i ricordati (1 T.T) ma vi adoro lo stesso.
Ripeto LE CRITICHE SONO BENE ACCETTE ... ma non siete costretti a farle.

By PazzaManiacale_BB
   
 
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