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Autore: lames76    26/09/2011    3 recensioni
Questo racconto è nato quasi per caso, letteralmente fluito fuori dalle mie dita. Non saprei come classificarlo: il protagonista è un dio, con tutti i poteri del caso. Un dio alla greca o simile agli dei che si possono intepretare nei giochi per computer come Blacks & White. Questo dio, improvvisamente, scopre che non esiste solo il popolo che lo ha sempre adorato ma anche altre genti e decide di andare ad incontrarle. Spero vi piaccia. Ultima avvertenza, è arancione perchè, essendo un dio ha poche regole e, soprattutto una moralità tutta sua.
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2 – Un nome


Per iniziare aveva bisogno di due cose.
La prima era un nome.
Non ci aveva mai pensato.
Finché credeva esistesse solo la razza che era il suo popolo, essere considerato “il dio” era bastato. Ma se i suoi uomini e le sue donne dovevano fare proseliti con altri popoli aveva bisogno di un nome.
Inizialmente pensò che avrebbe lasciato scegliere il suo nome al suo sacerdote.
ZolonKon era vecchio e saggio e ne avrebbe trovato uno appropriato.
Ma poi si bloccò, se ne avesse scelto uno che a lui non piaceva?
Ci rimuginò su un po’ di tempo mentre vedeva la sua gente edificare il secondo totem dopo aver sgombrato i resti della capanna dell’ex capo villaggio.
Voleva un nome potente.
Che indicasse il suo potere.
Alla fine optò per Aidios.
Ricordava che avesse un significato in un’altra lingua. Non ricordava dove l’aveva imparato e da chi ma era certo della cosa.
Doveva significare qualcosa di simile ad eterno.
Naturalmente il suo popolo vi avrebbe aggiunto in coda il suffisso Kon, il nome delle loro isole e del loro “mondo”.
AidiosKon.
Si gli piaceva.
Mandò un impulso al suo sacerdote, che nel frattempo non era più il vecchio ZolonKon, morto di vecchiaia e non era neppure il suo discepolo, visto che era passato molto tempo.
Quando questi lanciò a terra le ossa sacre lui le dispose ad indicare il messaggio.
Dedicò un po’ di tempo a far prosperare i suoi, bagnando i raccolti, favorendo la caccia e la pesca e curando le malattie, tanto per accrescere il suo potere.
Poi si sedette sulla sua poltrona e pensò al secondo punto.
Un sacerdote non sarebbe più bastato, aveva bisogno di un’intera setta di sacerdoti e qualcuno per guidarli.
Aveva bisogno di un avatar, qualcuno che lo rappresentasse e che, occasionalmente, potesse anche contenerlo. Quindi non un essere umano: quegli insetti prima di tutto si facevano facilmente prendere da deliri di onnipotenza e poi i loro corpi erano troppo deboli per accoglierlo a lungo.
Certo per brevi periodi era possibile e lui si era trastullato in quel gioco visto che trovava la parte dell’accoppiamento veramente molto interessante e piacevole.
Anzi ora che ci pensava era da un po’ che non...
Scacciò quel pensiero, prima doveva imbastire il suo piano, poi avrebbe potuto trastullarsi come meglio credeva.

Erano passati decenni dalla morte di ChikanKon ma il popolo la ricordava ancora.
MassunaKon, il sacerdote uscì con passo impettito dalla sua capanna e si fermò a guardare il villaggio. Alle sue spalle stava la Sala del Potere, sempre splendida e magnifica, come se le intemperie e lo scorrere inesorabile del tempo non potessero scalfirla; davanti a lui il nuovo totem, creato con fatica, sudore e sangue dal popolo di Kon usando i coralli che si trovavano nel mare. Era un’opera magnifica che ricordava loro la magnificenza, ma anche la ferocia, del loro dio.
Giunse al centro del villaggio, nella piazza principale e si fermò. Non dovette richiamare nessuno perché non appena lo videro gli abitanti si affrettarono a chiamare a raccolta tutti con il passaparola. Ben presto erano in ginocchio trepidanti di conoscere la volontà del loro protettore.
«Il nostro dio mi ha parlato», esordì il sacerdote con voce forte, «Notando quanto gli siamo devoti ha deciso di dirci il suo nome. Ebbene il nostro dio si chiama Aidios e noi lo venereremo con il nome di AidiosKon, il nostro dio», il silenzio continuava a regnare nello spiazzo, «E’ un grande onore quello che ci ha fatto ed il segno che ci ama»
Effettivamente, ultimamente la caccia era andata molto bene così come la pesca. Anche diverse malattie erano guarite miracolosamente ed i raccolti non erano mai stati così rigogliosi.
Senza bisogno di essere guidati, i popolani iniziarono a cantare una canzone per il loro dio.
I loro canti si alzarono verso il cielo sempre più forti.

Si spostò nell’arcipelago fino a raggiungere l’isola più remota.
Un altro suo svago passato.
Quell’isola l’aveva dedicata alla fauna ed aveva fatto in modo che fosse considerata tabù dal suo popolo, i Kon, così sarebbe potuta evolvere in autonomia. L’ultima volta che ci era stato diverse interessanti creature si muovevano sopra di essa.
Quando la osservò vide che molto era cambiato.
Non conosceva nessuna delle creature che vide così passò un po’ di tempo per imparare.
Immediatamente capì quale avrebbe potuto usare come avatar.
Era un essere che pareva in cima alla catena alimentare.
Il suo aspetto era quello di un rettile bipede, dotato di una coda serpentiforme, bassa cresta ossea dietro la schiena, zampe a quattro dita nelle gambe ed a tre più pollice opponibile nelle braccia. Squame verdi, muso con bocca irta di zanne corte ma affilate.
Pareva piuttosto intelligente come razza, certo non intelligente come un uomo ma ci andava vicino. Non aveva ancora scoperto come accendere il fuoco e per cacciare usava ancora le sue armi naturali: artigli e zanne. Ma usavano un accenno di linguaggio sibilante per comunicare e strumenti per trattare le carni delle prede.
Ma la cosa che colpì favorevolmente AidiosKon fu la capacità di mutare aspetto.
Quelle creature potevano, in pochissimo tempo, mutare fisicamente la struttura del proprio corpo per imitare quella di un altro essere delle stesse dimensioni. Era una capacità incredibile che lo affascinò molto.
Decise che voleva l’esponente più forte ed intelligente come suo avatar.
Escogitò diverse prove, sia di potenza che di astuzia ed ad uno ad uno prese ogni esponente maschio della specie e lo testò.
Scelse solo i maschi perché lui si era sempre identificato con quel sesso... per quanto a volte avesse occupato un corpo femminile per le sue pratiche sessuali, ma mai accoppiandosi con un altro maschio.
La selezione durò a lungo, durante quel tempo tornò al suo popolo, dicendo al suo sacerdote, di nuovo uno nuovo, di creare un ordine di guerrieri/templari per espandere il suo credo e di organizzare la costruzione di navi.
Grandi navi per una migrazione.
Per motivarli dichiarò che un grande disastro naturale sarebbe avvenuto entro 100 anni e se le navi non fossero state create per portare tutto il popolo lontano sarebbero periti.
Niente di meglio che una catastrofe imminente per far lavorare la gente.



Note: Bene ora il nostro protagonista ha un nome per il quale ringrazio Lady Catherine :-) Alla prossima!
   
 
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