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Autore: Beatrix Bonnie    27/09/2011    3 recensioni
Tutti noi siamo stati bambini... ma non tutti i bambini sono stati normali.
Alcuni hanno rivelato di avere qualcosa di inaspettato, di favoloso, di... magico!
Tre piccoli episodi di magia che coinvolgono i miei tre protagonisti, Laughlin, Mairead e Edmund... ma in un tempo in cui erano bambini e il Trinity non era neanche lontanamente nei loro pensieri.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Trinity College per Giovani Maghi e Streghe'
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Novembre 1983


Non appena bussarono alla porta di casa, il bambino si catapultò in ingresso. Sull'uscio era appena apparso un signore distinto, con un'espressione vivace e dei lunghi capelli biondi striati di grigio.

«Nonno!» esultò il bambino, correndogli incontro e gettandosi tra le sue braccia. L'uomo lo sollevò da terra e gli schioccò un sonoro bacio sulla guancia. Il bambino gli rivolse un sorriso entusiasta. «Sono il tuo nipotino preferito, eh?» gli chiese, sicuro che avrebbe ottenuto la solita risposta affermativa. Era facile vincere in quella gara: era sempre stato l'unico nipotino.

Ma il nonno rispose una cosa del tutto inaspettata: «Laughlin, caro, ora ho due nipotini preferiti».

Laughlin aveva solo quattro anni, ma certi conti li sapeva già fare: non si possono avere due cose preferite. Una e basta.

«Ma sono io il tuo nipotino preferito... non possiamo essere in due!» mugugnò sconsolato, mentre il nonno lo rimetteva a terra.

«Ma ora che è nato il tuo fratellino Bearach, non posso mica scegliere tra voi due» rispose il nonno con un sorriso.

Laughlin si imbronciò, ma subito la sua attenzione venne rapita dalla nonna, che era entrata in casa reggendo un cavallino a dondolo con un grosso fiocco rosso. «È per me quello?» domandò, con gli occhi che luccicavano in direzione del regalo.

La nonna gli scompigliò i capelli biondi con affetto. «No, Laugh, tesoro. È per Bearach» rispose con un sorriso.

«Ma lui è piccolo!» protestò il bambino, battendo i piedi a terra. «Non ci può salire!»

«Tu ce l'hai già il tuo cavallino a dondolo» replicò la nonna, in un tono dolce ma fermo; non le piacevano le scenate di gelosia.

«Ma questo è più bello!» esclamò Laughlin, incrociando le braccia al petto.

A quelle parole, nonno Abharrach scoppiò in una risata. «Egoista ed ambizioso. Sarai un meraviglioso Nagard al Trinity!» commentò in tono compiaciuto, rivolgendo un sorriso al nipotino.

«Tesoro, non incoraggiarlo. A quest'età i bambini possono essere terribilmente testardi» lo rimproverò nonna Helvia, che invece non ci vedeva nulla di buono nella rodente gelosia di Laughlin.

Per fortuna in quel momento arrivò Eoin, che invitò i genitori di sopra per vedere il piccolo. Nonno Abharrach prese in braccio Laughlin e insieme alla moglie salì l'imponente scalinata di marmo verso il piano superiore.

La culla del piccolo Bearach era stata temporaneamente sistemata in un'accogliente stanzetta arredata con tende leggere dai colori delicati. Sotto un castello di tulle e lenzuola di lino, sbucava una testolina pelata, con un ciuccio in bocca talmente grande da coprirgli metà faccia. Dormiva placido, ignaro delle occhiate curiose dei parenti che si affollavano intorno alla sua culla.

«È delizioso! Tutto suo padre!» stava dicendo una giovane signora con il pancione, seduta su una seggiola comoda per via del suo stato interessante. Il suo tono zuccheroso doveva essere dato dal fatto che fra qualche mese sarebbe diventata madre anche lei e già si immaginava nell'atto di presentare ai parenti una creaturina deliziosa come quella.

«È un po' presto per dire a chi assomiglia» commentò saggiamente il marito della signora.

«Vedremo quando crescerà, cugino» gli rispose Eoin con un sorriso. Era evidentemente orgoglioso di aver dato alla famiglia un altro erede maschio e lo sarebbe stato ancora di più se il piccolo avesse ereditato i tratti dei Maleficium, ma certo era un po' troppo presto per dirlo.

Laughlin si imbronciò. Avevano sempre detto a lui che assomigliava al suo papà, e non solo fisicamente, ma anche perché aveva dimostrato di essere particolarmente testardo e orgoglioso proprio come lui. Adesso quel mostriciattolo voleva rubargli anche quel primato?

Nonno Abharrach si avvicinò alla culla, sempre tenendo in braccio il nipote più grande. «Allora, non ti piace il tuo fratellino?» gli domandò con un sorriso.

Laughlin sbirciò sotto le coperte, anche se sapeva benissimo che cosa vi avrebbe trovato. «Assomiglia ad una scimmietta spelacchiata» commentò, storcendo il naso.

«È perché è appena nato. Vedrai che crescendo migliorerà!» gli rivelò il nonno, posandolo nuovamente a terra.

Laughlin mise il broncio: tutti in quella stanza sembravano assolutamente estasiati dal piccolo ragnetto nella culla e nessuno voleva dargli retta. Forse, se avesse fatto qualcosa di fico, l'avrebbero ascoltato.

Corse in camera sua a prendere il manico di scopa giocattolo che gli avevano regalato i suoi genitori per il quarto compleanno. Si alzava da terra giusto mezzo metro, ma per il piccolo Laughlin cavalcarlo era davvero emozionante. Si mise a cavalcioni e cominciò a svolazzare per i corridoi della casa, fino alla stanza dove si trovava la culla.

«Afferra quella Pluffa!» esclamò, immaginandosi nel bel mezzo di una partita di Quidditch. Cominciò a schivare le gambe degli adulti e a emettere suoni con la bocca, come se stesse guidando una scopa da corsa: «Sfoosh! Sfoosh!»

«Laughlin, smettila di fare casino!» lo rimproverò la madre Daire, riservandogli un'occhiataccia.

Laughlin inchiodò la scopa ad un soffio dalla culla del fratellino. L'aveva fatto apposta: voleva far prendere a tutti un bello spavento. E poi, insomma, era stata una frenata davvero ganza!

«Laughlin!» tuonò suo padre.

Alzando gli occhi su di lui, il bambino capì di averla combinata davvero grossa. Non aveva mai visto il suo papà così arrabbiato. Scese lentamente dalla scopa e chinò il volto a terra, stingendosi nelle spalle in una vera espressione di pentimento.

Eoin prese un profondo respiro: non voleva sgridare troppo Laughlin, perché era ovvio che fosse un po' geloso del fratellino neonato, ma non poteva nemmeno lasciar correre tutte le sue bricconate. Gli riservò uno sguardo severo, poi ordinò: «Vai in camera tua. Subito».


Col cavolo che ci andava in camera sua!

Non aveva fatto niente di male, non si meritava di essere punito. Laughlin si limitò a portare in camera il manico di scopa giocattolo, poi sgattaiolò verso il piano di sotto.

«Il signorino non dovrebbe disobbedire al papà» esclamò una vocetta proveniente dal salotto. Dopo una frazione di secondo, la testa di un elfo domestico fece capolino dalla porta. Aveva uno sguardo perforante puntato su Laughlin. Sembrava proprio che lo stesse accusando.

«Vai a fare la cacca, Lappy!» rispose Laughlin con un ghigno. Gli piaceva dire in continuazione “cacca”, in quel periodo. Era qualcosa di disgustoso che lo faceva sentire grande.

«Perché il signorino fa il maleducato?» mugugnò l'elfo domestico, dispiaciuto non tanto per l'offesa in sé, quanto per il fatto che provenisse dal padroncino. «È così un bravo bambino, quando vuole».

«Be', ora non vuole!» replicò Laughlin con audacia, poi se la svignò fuori di casa.

Il freddo pungente di novembre lo investì in pieno, ma Laughlin lo ignorò. Dato che non pioveva, anche se il cielo era decisamente minaccioso, il bambino era intenzionato a divertirsi un po' all'aria aperta. Avrebbe potuto cercare gli gnomi, oppure tentare di staccare la coda alle lucertole, oppure fingere di essere un mago esploratore pieno di talento. Ma dopo un po' di tempo, tutti quei giochi gli vennero a noia. Si sedette sconsolato su un masso e si osservò le mani piene di graffi per aver rovistato tra i rovi alla ricerca degli gnomi. Gli dispiaceva di aver litigato con Lappy; visto che si annoiava, avrebbe potuto giocare con lui, se solo non gli avesse detto quella cosa della cacca.

Cacca, cacca, cacca! pensò rabbioso, raccogliendo un sasso da terra e scagliandolo tanto lontano quanto permettevano le sue braccia di bambino. Era tutta colpa di quella scimmietta nella culla! Senza di lui, sarebbe stato ancora il nipotino preferito del nonno, la nonna gli avrebbe portato un grosso regalo e suo papà non si sarebbe arrabbiato con lui. Quanto avrebbe voluto liberarsene!

«Ehi, ciao!» esclamò una vocetta sottile alle sue spalle.

Laughlin si voltò per ritrovarsi difronte uno strano essere con il muso peloso, due enormi orecchie da coniglio, degli strani baffi pendenti e due dentoni enormi. Il bambino sgranò gli occhi, a metà tra lo spaventato e il sorpreso. Ma la creaturina aveva una faccia simpatica. «Che cosa sei?» gli chiese, allungando la sua mano verso il musetto dell'animale.

«Io sono un phooka, amico» rispose questo, con un gran sorriso.

Laughlin notò che aveva anche una lunghissima coda. Cercò di afferrarla al volo, ma la creaturina la faceva saettare nell'aria troppo velocemente. «Tu sei mio amico?» si informò Laughlin, abbandonando il proposito di prendergli la coda.

Il phooka sorrise di nuovo. «Certo. Tutti i phooka sono amici dei bambini».

Laughlin soppesò l'idea per un attimo, ma poi si arrese all'evidenza: dopo tutto aveva un muso simpatico. «Allora giochi con me, signor Phooka?» gli chiese speranzoso.

«No, però ho una bella proposta da farti» gli disse il phooka, con uno sguardo d'intesa.

«Che proposta?» domandò Laughlin, assumendo un'aria da grande. Anche se non era affatto sicuro del significato della parola “proposta”.

Il phooka sorrise e, d'un tratto, Laughlin non lo trovò più così simpatico. Faceva un pochino paura, in effetti.

«Una proposta per liberarti del tuo fratellino».


Laughlin non era del tutto sicuro di fare la cosa giusta. Il signor Phooka l'aveva rassicurato dicendo che i suoi genitori non si sarebbero accorti di nulla, che lo spiritello che avrebbero usato per lo scambio sarebbe stato del tutto identico al rospetto... ma Laughlin aveva come la sensazione di essere sul punto di compiere un grosso guaio.

Molto grosso.

Entrò di soppiatto nella stanza del fratellino. L'oscurità avvolgeva ogni cosa, ma la finestra a fianco della quale era posta la culla, lasciava entrare fiotti di biancastra luce lunare. C'era una luna piena spettacolare, gigantesca come una Pluffa, che illuminava i prati di quel verde così intenso da lasciare senza fiato. Laughlin rabbrividì al pensiero dei lupi mannari che si aggiravano nelle foreste e ululavano al cielo.

Fece un profondo respiro e si tranquillizzò. I suoi occhi si puntarono sulla culla: non si sentiva nessun suono, se non il debolissimo respiro del neonato.

Notando che non riusciva a vedere dentro la culla, Laughlin prese una sedia e ci si arrampicò sopra. Il suo fratellino era il ragnetto di sempre, sepolto da coperte e pizzi che si alzavano e si abbassavano piano seguendo il suo respiro. Per un attimo Laughlin ne fu incantato, ma poi ripensò a tutto quello che il neonato gli aveva portato via e ritrovò la sua determinazione.

«Fidati, con il tempo peggiora: per i tuoi genitori esisterà solo lui e si dedicheranno solo a lui, mentre tu verrai presto dimenticato» gli aveva detto quella mattina il signor Phooka.

Laughlin osservò il fratellino con una smorfia e strinse i pugnetti. «Addio, Bearach!» mormorò con cattiveria. Dopodiché si calò sulla culla e lo prese in braccio.

Bearach emise uno sbuffo, ma non si svegliò.

«Molto bene, amichetto!» esclamò la voce del phooka, comparso in quel momento fuori dalla finestra. «Ora dammi il tuo fratellino!»

Quando Laughlin, quella mattina, gli aveva chiesto perché non se lo prendeva da solo, il signor Phooka gli aveva risposto che non gli era permesso di entrare nelle case dei maghi per via delle protezioni che questi vi imponevano. Per questo aveva bisogno del suo aiuto.

Così il bambino scese dalla sedia e aprì la finestra della stanza, per compiere lo scambio. Ma proprio mentre era sul punto di tendere il fagotto al signor Phooka, Bearach sbadigliò e scalciò appena. Allungò una minuscola manina, la aprì e poi la serrò attorno a un dito di Laughlin.

Laughlin si immobilizzò di colpo. Osservò il fratellino come se lo vedesse per la prima volta: era piccolo, paffuto e tenero. Le sue guanciotte rosse, il nasino all'insù, gli occhietti chiusi... gli veniva voglia di mangiarselo di baci.

Improvvisamente Laughlin realizzò che non poteva fare quello scambio. Si strinse il fratellino al petto e indietreggiò di un passo. «Non voglio più» si giustificò con il signor Phooka.

Ma questo non sembrò prenderla molto bene. «Dammi il neonato!» ringhiò con una voce che non aveva più nulla di simpatico.

Laughlin indietreggiò ancora, in direzione della porta. Scosse la testa con determinazione, anche se cominciava ad avere paura.

«Dammelo!»

«No!» gridò Laughlin.

Fu allora che il phooka cambiò aspetto. Divenne enorme, gigantesco; gli spuntarono due corna ricurve e i denti divennero zanne. Un mostro.

Laughlin strillò di paura e scappò in direzione della porta, ma questa sbatté e si chiuse magicamente a chiave. Con tutto quel trambusto, Bearach si svegliò e cominciò a piangere come un disperato tanto che Laughlin fu costretto a stringerlo a sé per tentare di calmarlo.

«Dammi il neonato!» tuonò il phooka, facendo tremare i vetri della finestra.

Laughlin picchiò contro la porta con foga, sempre tenendo in braccio il fratellino, il più lontano possibile dal mostro.

Il phooka cominciò a fare strane magie: i mobili della stanza presero a tremare violentemente, come se qualcuno li scuotesse con forza, e la culla si ribaltò a terra, per poi trasformarsi in un grosso serpente.

«Mamma! Papà!» gridò Laughlin, con voce terrorizzata, prendendo a pugni la porta.

Improvvisamente sentì provenire dal corridoio dei passi e poi delle voci.

«Laugh, amore, che succede?» domandò la madre, cercando di aprire la porta.

«Presto, mamma, presto!» piagnucolò il bambino, voltandosi a guardare il serpente che strisciava nella sua direzione.

«È chiusa a chiave» sentì dire da sua mamma. «Eoin, vai a prendere la bacchetta!»

«Mamma, ti prego!» supplicò il bambino, terrorizzato. Il serpente gli era ormai addosso, Bearach strillava disperato, il phooka ghignava soddisfatto.

Laughlin gridò.

E, magicamente, il serpente tornò ad essere una culla, i mobili smisero di tremare e la finestra si chiuse di scatto, sbattendo fuori il phooka.

«Alohomora» mormorò il padre dal corridoio e la porta si aprì.

Daire si gettò nella stanza e corse ad abbracciare i figli.

Eoin osservò il caos che regnava lì dentro e intuì cosa fosse successo. Guardò verso la finestra e, una frazione prima che sparisse, riuscì a intravedere il volto di un phooka.

«Oh cielo, Laugh, tesoro, tutto bene?» domandò agitata la madre, vedendo la culla a terra e il piccolo Bearach che piangeva disperato tra le braccia del fratello.

Laughlin mugugnò qualcosa, mordendosi il labbro inferiore per imporsi di non piangere. Ma, nonostante tutti i suoi sforzi, due grossi lacrimoni gli attraversarono le guance.

Daire allora gli prese dalle braccia il fratellino e lo cullò teneramente per tentare di calmarlo. Dopo poco, Bearach smise di piangere e si acciambellò accanto al seno della madre.

«Che cosa è successo?» chiese la donna, con un tono più dolce.

Laughlin tirò su con il naso. «Un phooka voleva rapire Bearach» mormorò infine, guardandosi bene dal far notare che era stato lui ad accettare la proposta e a offrire al mostro il fratellino, in cambio di uno spiritello.

«E tu l'hai salvato?» gli domandò Daire, riservandogli quel sorriso tenero e amorevole che solo una madre sapeva fare.

Laughlin si strinse nelle spalle. Almeno ebbe il buon gusto di non fare l'eroe. «Ci ho provato» mormorò con un mezzo sorriso. Ma quando si voltò verso suo padre, capì che la faccetta innocente non sarebbe bastata.

Aveva un'aria seria di uno che sapeva. Come se avesse intuito quello che doveva essere successo, come se avesse capito che lui aveva stretto un patto con il phooka per liberarsi del fratellino.

Laughlin abbassò gli occhi a terra, consapevole che preso sarebbe arrivata una strigliata con i fiocchi. Questa volta l'aveva combinata davvero grossa.

Eppure, quando osò alzare nuovamente lo sguardo sul padre, vide che un debole sorriso gli incrinò le labbra. Non era più arrabbiato, l'aveva perdonato. Fu solo quando Laughlin provò a rispondere timidamente al sorriso, che suo padre gli si inginocchiò di fronte e lo abbracciò.

«Sono fiero di te, Laughlin» gli sussurrò l'uomo, prendendolo per le spalle. «Hai fatto la scelta giusta e hai protetto il tuo fratellino da quel phooka. È così che si comportano i fratelli più grandi: difendono i più piccoli» gli rivelò, con uno sguardo intenso.

Laughlin sorrise e tirò su con il naso. «Gli voglio bene» si azzardò infine a dire. «Anche se è un po' bruttino e piange tanto» aggiunse poco dopo, giusto per mettere le cose in chiaro.

Eoin si lasciò sfuggire un sogghigno. «Tutti noi gli vogliamo bene, perché è il nuovo arrivato nella nostra famiglia» spiegò poi, con semplicità, per essere capito da un bambino di quattro anni.

Laughlin annuì, ormai consapevole e rassegnato che non poteva cacciare quella scimmietta di casa. Perché un pochino gli voleva bene anche lui.

«Ma, Laughlin» lo richiamò suo padre, guardandolo con intensità. «Noi non smetteremo mai e poi mai di amare anche te».

A quelle parole, Laughlin scoppiò a piangere. Era stato un bambino cattivo: come aveva potuto pensare che i suoi genitori non gli volevano più bene? Mamma e papà erano sempre così buoni con lui...

«Oh, papà!» esclamò Laughlin, gettandogli le braccia al collo. «Vi amo anch'io!»

E da allora non ne avrebbe più dubitato.



Ecco qui la prima one-short di questa mini raccolta!

Un carinissimo Laughlin di quattro anni è il nostro protagonista; è stato molto divertente calarsi nei suoi panni, quando è geloso di Bearach, quando si diverte a ripetere la parola cacca, quando vuole che la nonna gli porti un regalo... insomma, tutte cose che fanno i bambini di 4 anni! Non è tenerissimo Laughlin? *-*

Martedì prossimo, nel pomeriggio, la one-short dedicata a Mairead, oltre alla spiegazione di come è nata questa raccolta. Edmund chiuderà il ciclo.

Grazie a tutti! A presto,

Beatrix

   
 
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