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Autore: Deilantha    30/09/2011    4 recensioni
Pasi è una diciannovenne impulsiva e socievole, dal futuro incerto ma dal buon cuore, che vive una situazione di conflitto in famiglia, sentendosi sempre la pecora nera rispetto ad una sorella apparentemente perfetta. Provando un vuoto affettivo tra le mura domestiche, Pasi si circonda di amici, che reputa la sua vera unità familiare.
Emile è il suo esatto opposto: non è un tipo socievole e vive esclusivamente per la musica, sul cui argomento è terribilmente arrogante. Ma il suo modo di essere così rigido e poco aperto agli altri, nasconde un dolore che il ragazzo si porta dietro dall’infanzia, dovuto ad una madre caduta vittima della depressione quando lui era ancora in fasce.
Emile e Pasi si scontreranno la prima volta che si vedranno, ma le loro vite sono destinate ad incrociarsi e farli crescere nella reciproca conoscenza.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Filrouge'
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Capitolo 7





Mi sentivo una ladruncola curiosa per cui camminai in punta di piedi per gran parte del tempo: la mia coscienza mi stava dicendo di andare direttamente al piano di sopra, ma un’altra parte di me mi ricordava che dovevo ancora cenare e che quindi almeno in cucina dovevo pur andarci… E a quel punto mi venne in mente, che forse anche Claudine aveva fame. Avevo visto la madre di Emile solo in due occasioni e in nessuna di esse aveva aperto bocca, ma non potevo credere che fosse così fosse così immersa nella sua tristezza da rinunciare anche a parlare ed esprimersi, doveva pur avere dei momenti di “lucidità”!

Decisi quindi di chiedere alla signora se avesse fame e salii le scale che davano alle stanze da letto: bussai alla porta ma non sentii alcuna voce, quindi mi permisi di entrare. Claudine apparentemente dormiva, mi avvicinai cercando di far un po’ di rumore in modo da annunciarmi, ma nulla si mosse nel letto, così arrivai accanto alla signora e mi accertai che dormisse. Decisi quindi di scendere per consumare il mio pasto, ma una volta fuori dalla stanza, mi assalì la voglia di vedere la camera di Emile: volevo conoscere il suo rifugio, il luogo in cui avrebbe dovuto esserci tutto ciò che lo riguardava; volevo sapere tutto di lui ormai, volevo capire chi era davvero, se mi stavo perdendo dietro un’immagine illusoria che avevo creato io, oppure se il mio cuore aveva visto nella giusta direzione, capendo prima della mia mente.

Le stanze al piano di sopra non erano molte: dalle scale si accedeva ad un corridoio che si estendeva a destra, lasciando lo spazio a sinistra solo per un ambiente, probabilmente un’altra stanza da letto. La camera della signora Claudine era la prima a destra, accanto c’erano due bagni e di fronte altre due stanze. Mi diressi verso queste ultime… e scoprii che entrambe erano chiuse a chiave! 

Disgraziato, non si fidava proprio! 

Una voce dentro di me mi disse che considerato ciò che stavo facendo, aveva decisamente ragione, ma stizzita la misi a tacere e cercai di curiosare nella stanza in fondo a sinistra, ma risultò chiusa anch’essa!

Che nervi, il mio momento da Sherlock Holmes rovinato prima di nascere! Stizzita con Emile e la sua eccessiva sfiducia, scesi in cucina, mi preparai un panino e andai nel salotto, quella che sembrava la stanza dedicata al passato di Claudine. Ero curiosa di ascoltarla e di saperne di più, volevo capire chi fosse quella donna che aveva rinunciato a vivere; la solita vocina mi disse di non attardarmi lasciando la donna Claudine sola, ma pensai al suo sonno profondo e infilai le cuffie per ascoltare il giradischi: la sua voce era come la ricordavo, dolce e delicata e il suo modo di cantare era sempre un po’ soft, una vera chanteuse!

Sfogliai qualche rivista ordinatamente riposta negli scaffali, ma erano tutte in francese e capii qualcosa solo dalle immagini: vidi Claudine Flaubert radiosa mentre riceveva dei riconoscimenti, ma soprattutto articoli di cronaca rosa in cui la signora compariva con un uomo, il padre di Emile, Alberto Castoldi. Da quanto riuscivo a capire, la stampa francese si era concentrata più sui pettegolezzi che sulla carriera della signora Claudine: probabilmente era stata una vittima del gossip più spietato a discapito dei suoi meriti professionali. Iniziavo a capire quanto Emile potesse odiare le persone invadenti e pettegole se i paparazzi avevano messo mano nel distruggere la carriera della madre. A quel punto decisi che era giunta l’ora di fare ciò per cui ero venuta: presi qualche altra scorta di cibo, gironzolai per il salotto in cerca di un libro da leggere e salii da Claudine.

Era ancora addormentata, così mi accomodai sulla poltrona. Stavo iniziando a sbucciare una mela quando sentii un fruscio di lenzuola e alzando lo sguardo, vidi la madre di Emile che mi osservava:

«Tu non sei Sabrina.» probabilmente si riferiva all’infermiera.

«No, sono Pasi signora, stasera ci sono io con voi.»

«Sei giovane.» in effetti la mia non era proprio la tipica età da infermiera…

«S-sì, sono ehm.. un’amica di Emile.» più o meno…

«Il mio Emile è un bravo bambino vero? È così tranquillo, così dolce, così assennato… » Claudine era rimasta tutto il tempo col capo sul cuscino, senza mostrare la minima volontà di alzarsi a sedere, ma all’improvviso la vidi piangere e per un attimo andai nel panico!

«Io non lo merito, è così buono Emile, io non sono una brava madre… non sono capace di fare la madre! Mon Emile è stato sfortunato! Mon petit Emile!»

La tristezza che traspariva da quelle parole mi strinse il cuore: Claudine era divorata dal senso di colpa per essere stata una madre assente e come ogni depresso che si rispetti, non era in grado di reagire. Posai la mela che stavo sbucciando e mi allungai ad accarezzare il capo di quella donna triste per darle un po’ di conforto:

«Non è vero Claudine, non siete una cattiva madre. Sapeste come vi guarda Emile! Vi ama tanto e non è affatto arrabbiato con voi...»

Claudine alzò il viso dal cuscino e iniziò ad osservarmi attentamente.

«Non è arrabbiato? Ma io sono stata cattiva con lui! L’ho lasciato nella culla! L’ho lasciato a piangere! Sono stata cattiva!»

«È tutto passato, Emile non ci pensa più, non vi preoccupate» continuai ad accarezzarla per tranquillizzarla, mentre sentivo quegli occhi chiari che sondavano il mio volto, «Vi va una mela? La stavo sbucciando proprio ora…»

Claudine fece un cenno affermativo con la testa, così l’aiutai a mettersi a sedere e ripresi a sbucciare la mia mela, dandole gli spicchi mano a mano che li tagliavo. Guardai quella donna minuta mentre mangiava: il suo avambraccio era terribilmente magro e il suo volto appariva più scavato rispetto all’ultima volta che l’avevo vista: chissà da quanto tempo non faceva un bel pasto soddisfacente! Asciugai le lacrime dal suo viso ma nemmeno se ne rese conto; doveva essere persa nei suoi pensieri in profondità, a ricordare qualche altro doloroso stralcio di vita che non riusciva a sopportare.

D’improvviso si adagiò sul cuscino e chiuse gli occhi, dando l’impressione di essere troppo sfinita per fare alcunché, così smisi di darle la frutta e la riadagiai nel letto. A quel punto, dagli occhi chiusi di Claudine emersero altre lacrime:

«Io voglio bene al mio bambino…»

Parlò senza aprire gli occhi, persa nella sua tristezza e nel senso di colpa; allungai la mano sul suo volto per accarezzarlo come avevo visto fare ad Emile, finché non la vidi scivolare del tutto nel sonno.

Le discussioni di quel giorno e i malumori consecutivi erano stati terribilmente stancanti: dopo poco sentii che anche i miei occhi chiedevano riposo e mi addormentai, ma prima di perdere i sensi del tutto, passò nella mia mente l’immagine del giradischi in salotto che non avevo spento.

*****

«Pasi… Pasi.»

«Mmm»

«Pasi… sono tornato… sei libera ora.»

«Mmm solo un attimo, mamma.»

«Pasi, alzati che è tardi, o farai tardi a scuola!»

«Mmm»

Aprii gli occhi malvolentieri, pensando che avrei dovuto affrontare un altro giorno di scuola. e mi ritrovai davanti il volto di Emile che mi osservava divertito! Balzai in un attimo sulla poltrona con il cuore in gola per la sorpresa e sentii quel diavolo rosso che se la rideva sommessamente.

«Paura dei professori o della mamma?» mi sussurrò malignamente, attento a non svegliare la sua di madre.

«Divertente, proprio divertente!» sbuffai, rendendomi conto che aveva trovato un modo encomiabile per svegliarmi di colpo!

«Visto che non ti svegliavi, mi sono affidato all’inventiva!» e continuò a farsi la sua risatina malefica tra sé e sé.

«Potevi anche lasciarmi dormire visto che c’eri!» risposi irritata; possibile che riuscisse a trovare un modo per prendersi gioco di me anche quando dormivo?!

«Non sarebbe stato cortese lasciarti dormire in quella posizione scomoda, ora sei libera di andare a riposare in modo degno» solo allora mi resi conto di essermi addormentata poggiando la testa sul letto, mentre accarezzavo il volto di Claudine… Emile mi aveva visto in quell’atteggiamento così confidenziale? Probabilmente no, altrimenti di sicuro sarebbe andato in escandescenza, anche se agitandosi avrebbe potuto svegliare sua madre…

Probabilmente aspettava di scendere al piano di sotto per farmi la ramanzina, però il suo viso sembrava sereno, molto sereno ora che ci pensavo…

«Andiamo giù, così non svegliamo mia madre.» Eccolo lì, l’inizio di un altro battibecco… vabbè ormai ero sveglia e fosse mai che avessimo un discorso civile! Scendemmo le scale e arrivammo in cucina, Emile si diresse verso il frigorifero.

«Vuoi un po’ di latte?»

«N-no grazie, sono a posto così.»

Se la stava prendendo comoda: stava forse pensando a cosa dirmi? O forse in effetti non c’era una ramanzina da farmi…

«Ti sono piaciute le canzoni di mia madre?» … sì, la ramanzina c’era!

A quelle parole ricordai di aver lasciato il giradischi con la lucina accesa, mostrando palesemente e svergognatamente, di aver frugato in casa sua…

Ma se dovevo essere ripresa, tanto valeva reagire subito senza subire e considerato che gli avevo appena fatto un grosso favore, poteva tranquillamente evitare di adirarsi per una cosa simile. Così con tutto il mio coraggio, feci la faccia da poker più credibile che avessi e risposi.

«Sì, ha una bella voce.» e aggiunsi «è molto dolce.»

«Sì, è vero» senza l’alone di un sarcasmo o un accenno di rimprovero nella voce, venne a sedersi al tavolo proprio di fronte a me, con il suo latte davanti.

«È stata tranquilla? Hai avuto problemi?»

Emile mi osservava con calma mentre mi chiedeva della madre, e si stava gustando il suo latte; questa probabilmente era la prima volta che parlavamo in modo civile!

«Nessun problema: si è svegliata e ha mangiato una mela e poi si è riaddormentata»

Non volevo riportargli la nostra conversazione, perché avevo l’impressione che fosse un argomento troppo intimo e che la mia intromissione, seppure involontaria, fosse del tutto fuori luogo.

«Credo di essere crollata anche io dopo un po’!» dissi con un po’ d’imbarazzo; Emile sorrise lievemente.

«Beh, non è di certo un lavoro divertente, quello! A proposito, dimmi quanto ti devo, prima che me ne dimentichi.»

Voleva pagarmi? Non avevo nemmeno pensato a quella eventualità!

«Ma no, io l’ho fatto con piacere, non ce n’è bisogno! Anche in comunità presto volontariato, non vado lì per essere pagata...»

«Ma in comunità non vai di notte, cadendo addormentata in modo scomodo e per niente rilassante.»

«Non importa, Fede dice sempre che dare calore umano è la cosa più importante, al di là di come avviene, ed io la penso allo stesso modo.»

«Calore umano?»

«Esatto; quello che si dona quando si aiuta chi è in difficoltà o si consola chi è disperato o il semplice atto di condividere qualcosa insieme. Fede è un distributore instancabile di calore umano, mi è d’esempio!»

Iniziai ad infervorarmi parlando dell’ammirazione che nutrivo per il mio amico, così capace di avvicinare le persone e percepire ciò che si portano dentro. L’entusiasmo doveva essere altamente palese sul mio viso, perché Emile fece un lieve sorriso.

«Federico è una bella persona e ci sa fare con gli altri.»

Ricordai com’era stato capace di calmare Emile con un solo gesto della mano e una frase e immaginai che anche il ragazzo di fronte a me stesse riportando la mente a quello stesso momento.

«In qualche modo però voglio sdebitarmi con te; innanzitutto, non puoi andartene a casa da sola a quest’ora ed io non posso accompagnarti o lascerei sola mia madre. Vado a sistemare il letto nella stanza degli ospiti, così potrai riposare lì.»

«Ma no che dici, non ce n’è biso…» feci uno sbadiglio colossale, mentre Emile sorridendo uscì dalla cucina.

Mi affrettai a seguirlo e l’aiutai a preparare il letto per me: ero in una delle stanze che avevo trovato chiuse a chiave, per la precisione in una delle due di fronte alla stanza di Claudine. Le pareti erano color caramello, un letto in legno scuro era disposto sulla destra della stanza mentre la parete di fondo aveva due finestre che davano sulla strada, coperte da tendine. L’arredamento era scuro ma semplice e tutto l’ambiente aveva un’aura accogliente. Finimmo di mettere a posto il letto ed Emile si apprestò ad uscire dalla stanza.

«Ti lascio riposare, domani troverò un modo per sdebitarmi con te.»

Era già sulla porta quando d’improvviso la mia coscienza parlò per me.

«Scusami se ho ascoltato i dischi di tua madre, so che è stato un atto maleducato da parte mia ma...»

«Non preoccuparti, la voce di mia madre dev’essere ascoltata!» disse questa frase abbassando lievemente il capo e indurendo la voce e capii che la carriera della signora Claudine o meglio, quello che supponevo fosse la sua mancata realizzazione, fosse il perno su cui si ergeva tutto il dramma di quella casa.

«Posso continuare ad ascoltare le sue canzoni?» Emile si voltò con la sorpresa sul viso.

«Mi piace la sua voce e… in qualche modo mi rilassa, mi fa sentir bene… mi piacerebbe ascoltare tutto ciò che ha inciso!»

Mi guardò con un’espressione indecifrabile sul volto, poi sorrise lievemente.

«Da piccolo amavo ascoltarla quando ero triste o quando ero arrabbiato: sentire la sua voce era un po’ come ricevere un suo abbraccio confortante e aveva l’effetto di farmi star meglio.»

Immaginai Emile bambino, con l’istinto di correre a rifugiarsi tra le braccia di sua madre, ma impossibilitato a riceverne il caldo abbraccio: quante volte anche io avevo desiderato il conforto dei miei genitori! E com’erano state rare le volte in cui ero riuscita ad ottenerlo! Io ero cresciuta mettendo distanza tra me e loro, invece Emile cercava ancora la presenza della madre nella sua vita, altrimenti non avrebbe mai assunto un atteggiamento così dolce nei suoi confronti.

«Che bello! La voce di mia madre invece mi mette ansia.» mi accoccolai sul letto, sentendo un’improvvisa sensazione d’intimità pervadere quella stanza.

«Forse perché ti fa da sveglia!» Emile prese a sogghignare prendendomi in giro, mentre si voltava del tutto in mia direzione.

«Uff... e non solo, mi fa anche da allarme se rientro tardi, se alzo troppo la voce, se assumo atteggiamenti “poco consoni”…. È una tortura! Mi sta sempre col fiato sul collo!»

Piegai le ginocchia e le portai al petto per stringerle a me, Emile chiuse la porta alle spalle e vi si appoggiò.

«Probabilmente sarei contento anche di sentirla opprimermi se fosse un modo per avere mia madre accanto.»

A quelle parole mi sentii davvero un’ingrata priva di tatto per essermi lamentata di qualcosa che lui desiderava tanto avere.

«Scusami, sono una stupida insensibile!» poggiai la testa sulle mie ginocchia, incapace di guardarlo in viso.

«Non preoccuparti, non era una recriminazione, ormai me ne sono fatto una ragione.»

«Non c’è proprio verso che guarisca?»

«Ormai sono vent’anni che versa in queste condizioni, ci sono stati momenti in cui sembrava star meglio, ma più tempo passa e meno possibilità ci sono che si riprenda… e ultimamente sta peggiorando.»

«E i farmaci?»

«Quella roba ha solo finito di distruggerla! Le hanno dato tutti i tipi di antidepressivi, ma non c’è stato niente da fare, anzi, le hanno solo minato maggiormente la salute! È tutt’ora in terapia, ma serve solo a farla dormire e a non farle fare sciocchezze.»

«Per sciocchezze intendi…»

«Suicidio, sì… ha già tentato tre volte di uccidersi in questi anni e ogni volta l’abbiamo salvata per miracolo!»

«Scusami, non voglio farti un interrogatorio, né voglio farti ricordare momenti spiacevoli… e può sembrarti una sciocchezza bella e buona quella che sto per dirti ma… credo di essermi affezionata a lei stasera e mi piacerebbe saperne di più sul suo conto.»

Il sonno mi aveva tolto ogni inibizione: parlavo davvero senza freni, incurante di ogni possibile reazione irritata di Emile. Quest’ultimo si lasciò cadere a terra, appoggiando la testa alla porta e sorrise.

«È facile affezionarsi a lei, nei brevi momenti in cui interagisce con noi, riesce sempre ad essere come la sua voce: dolce e delicata.»

«Tuo padre dev’essersi innamorato di lei perdutamente, allora!» cambiai posizione, sdraiandomi in tutta lunghezza sul letto, in cerca di una posizione più comoda.

«Mia madre è l’amore della sua vita: ha sempre detto che ama e amerà solo lei finché sarà al mondo ed io ho il sospetto che troverà un modo di farlo anche nell’aldilà!» Emile socchiuse gli occhi sorridendo, immerso in qualche ricordo personale, poi continuò riportandomi alcuni aneddoti che suo padre gli aveva raccontato riguardo la storia d’amore con la madre.

Venni a sapere così che Alberto Castoldi era un artista emergente in mostra in una galleria d’arte quando Claudine Flaubert, nota cantante in ascesa, vide le sue opere e volle conoscere il suo autore. Appena incontratisi i due s’innamorarono sul colpo e Claudine disse senza troppe remore ad Alberto che lui sarebbe stato con lei per sempre e il pittore sembrava essere d’accordo, tant’è che dopo solo tre mesi decisero di sposarsi!

Trascorremmo qualche ora parlando in tutta tranquillità, con un’intimità e una confidenza che mai mi sarei aspettata di avere: crollavo dal sonno, eppure non volevo andare a dormire, volevo godermi il più possibile quel momento di assoluta confidenza con Emile.

Solo qualche ora prima avevamo discusso furiosamente e la mia giornata, già non esaltante, era diventata un vero incubo; mai avrei pensato che si sarebbe conclusa con me sdraiata su un letto in casa di Emile e noi due che parlavamo fino all’alba come due vecchi amici.

*****

Quando mi svegliai, non mi resi conto di dov’ero: quello non era il mio letto e non ero di certo in un luogo a me familiare. Ma dopo qualche secondo mi ricordai della giornata surreale che avevo vissuto il giorno prima e soprattutto della fase notturna: iniziai a sentire una calda felicità irradiarsi dal mio petto al pensiero di essere riuscita ad avvicinare Emile senza litigarci, soprattutto perché improvvisamente quella notte aveva iniziato a parlarmi apertamente, senza più barriere. Probabilmente avendo capito che non fingevo quando dicevo di voler aiutare Claudine, sentiva di potersi fidare un po’, ma non osavo sperare che si fosse deciso a trattarmi senza stupidi preconcetti!

Piuttosto iniziai a comprendere un dato importante su di lui: le porte del cuore di Emile, si aprivano passando dalla camera di sua madre.

Quella mattina mi aspettavano tanti nuovi cambiamenti: dovevo trovare un lavoro e prendere la mia roba per cambiarmi (e avevo decisamente bisogno di una doccia!), dovevo dire ai miei che non avrei più vissuto con loro e avrei dovuto cercare anche un luogo in cui vivere, non volendo restare a far da parassita nell’appartamento di Rita. Prima però dovevo alzarmi dal letto e uscire da quella casa.

Aperta la porta della stanza, mi ritrovai nel corridoio immerso nel silenzio: non avevo la più pallida idea di che ora fosse né tantomeno di chi fosse in casa a quell’ora. Molto probabilmente la signora Claudine aveva l’assistenza dell’infermiera, ma gli altri due abitanti della casa erano lì? Sarei uscita silenziosamente come una ladra senza salutare e/o ringraziare nessuno? Mi diressi verso la stanza di Claudine (almeno avrei salutato lei!) e trovai la porta aperta. Un uomo stava cambiando le lenzuola del letto, mentre una voce proveniva da dietro una porta socchiusa nella parete di destra: doveva trattarsi dell’infermiera che aiutava Claudine a lavarsi, per cui l’uomo alle prese con cuscini e copriletti, doveva essere il padre di Emile! Percepì la mia presenza e si girò nella mia direzione:

«Buongiorno!»

Un viso allegro e un sorriso caloroso mi diedero uno dei “buongiorno” più belli che avessi mai ricevuto: quell’uomo era davvero molto simile a Stè!

«Buongiorno!» la sua allegria mi mise immediatamente a mio agio e la balbuzie-da-vicinanza-di-stupido-arrogante, che mi prendeva in presenza di Emile non ebbe modo di venire a galla.

«Dormito bene?»

«Sì grazie, ho dormito benissimo!» senza nemmeno accorgermene mi avvicinai al letto per dare una mano e ricambiai il suo sorriso mentre sprinacciavo il cuscino.

«Emile è al lavoro ora, ma credo che te l’abbia detto, no?» mi disse mentre preparava quel lato del letto che avrebbe accolto la moglie.

«In verità no, ma del resto non è importante che io lo sappia…» restai ferma accanto al letto lievemente perplessa per quella affermazione.

«Uhm… deduco che non abbiate parlato molto allora stanotte, vi siete dati alla pazza gioia, eh?» e dopo aver fatto quest’insinuazione che trovai alquanto sospetta, si fece una bella risata sincera… Avevo come l’impressione che il signor Alberto non sapesse il motivo per cui io ero lì quel giorno…

«Ehm …in che senso mi scusi?» feci la gnorri, con la speranza di aver capito male…

«Oh beh, non credo di dovertelo stare a spiegare io cosa succede se un ragazzo porta la propria ragazza a casa sua…»

OH MIO DIO!

L’imbarazzo totale mi avvolse nel giro di un istante: il padre di Emile stava tranquillamente scherzando all’idea che io e suo figlio avessimo passato la notte insieme…  a letto!

«Oh nononononono! Non è come pensa! Io ho dormito da sola, cioè, non sono...» respira Pasi respira!

Feci un breve sospiro: «Sono venuta qui ieri sera per accudire la signora Claudine perché Emile ha avuto un imprevisto e siccome è tornato tardi, sono rimasta a dormire...»

«Un imprevisto? Gli è successo qualcosa?» L’espressione sul volto di quell’uomo cambiò repentinamente dal gioviale al preoccupato. 

«Nono, è stato chiamato per un’esibizione improvvisa e quindi mi ha chiesto di stare accanto alla signora mentre era via. È tutto ok, io so quello che faccio, mi creda, ho esperien…»

«Sì, sì, figurati, se Emile ha chiamato te significa che sei in gamba, non ne ho dubbi… È che poteva avvertire me, così sarei tornato a casa! Ma ovviamente, non avrà voluto rovinarmi il giorno di vacanza e se l’è vista da solo. Mio figlio è votato al martirio!» rise ironico, ma c’era anche una punta di rassegnazione nel suo tono.

Arrivò l’infermiera con la signora Claudine: cercai di salutare la mia compagna notturna, ma non sembrava riconoscermi; quando il marito l’aiutò a mettersi a letto, girò lo sguardo verso di lui e fece un debole sorriso. Alberto ricambiò il sorriso con amore e le diede un bacio sulla fronte e una carezza sul viso, proprio come avevo visto fare ad Emile, ma con un sentimento di diversa origine: in quei gesti c’era un amore così forte da essere palpabile, non era l’amore che nascondeva il desiderio di essere notato e amato che doveva essere nell’animo di Emile, era amore per la donna della sua vita, quella donna che non avrebbe lasciato per nessuna cosa al mondo. Guardandoli ripensai alle parole di Emile, che la notte prima mi erano sembrate quelle di un figlio che idolatra il proprio genitore, invece mi resi conto che aveva perfettamente ragione: il signor Alberto aveva tutta l’aria di essere capace di amare sua moglie anche da un altro piano di esistenza.

Scendemmo insieme in cucina e come un ripetersi della stessa scena, anche lui mi fece accomodare nello stesso posto in cui mi ero seduta la notte precedente insieme a suo figlio.

«Hai avuto difficoltà con Claudine?» disse, mentre preparava un caffè per entrambi.

«No, nessun problema, come ho già detto a suo figlio, sua moglie ha mangiato una mela e poi si è riaddormentata.» e omisi il fatto che mi fossi assopita anche io…

«Così tu non sei la sua ragazza… e non sei un’infermiera… Devi essere davvero speciale se mio figlio si è fidato di te al punto da affidarti sua madre!»

A quel punto l’imbarazzo tornò a travolgermi «Beh ecco… diciamo che non sono stata proprio la sua prima scelta…» e che se si fosse fidato davvero non avrebbe chiuso a chiave tutte le porte di casa!

«Capisco, ecco spiegato l’arcano!» Alberto sorrise divertito, prima di continuare, «Vedi, devi sapere che mio figlio non è proprio un chiacchierone e purtroppo le condizioni di Claudine lo hanno reso ancora più chiuso verso gli altri, quindi è difficile che si fidi tanto di qualcuno che non sia qui per lavoro… a proposito, avete pattuito un compenso?»

«No, o meglio, non l’ho voluto; è stato un piacere per me aiutare vostra moglie, d’abitudine presto volontariato alla comunità, perciò anche in questo caso non è stato un problema assistere la signora Claudine…»

Alberto venne a tavola con le tazzine e ripetendo lo stesso gesto del figlio, si sedette guardandomi con stupore. «Impressionante, sei davvero fuori dal comune, ragazzina!»

«No… Non è niente di che…» avevo il viso nel fuoco: non avevo mai ricevuto simili complimenti in vita mia. Agli occhi dei miei genitori, il mio volontariato era sì un gesto lodevole, ma nella loro ottica mi  sottraeva tempo per ciò che era più importante: lo studio. Nel mio gruppo poi era cosa normale, essendoci anche Fede che faceva molto di più di me. Per cui non mi ero mai sentita così speciale nel fare quello che facevo, e quel complimento improvviso mi dette davvero tanta gioia.  

Alberto era un uomo alto sulla quarantina: i capelli castani che gli avevo visto in foto erano ora screziati di grigio e molto più corti, ma riconobbi ugualmente gli stessi ricci di Emile, probabilmente l’unica cosa che i due avessero in comune esteticamente. Gli occhi erano scuri, ma emanavano luce e vitalità, gli zigomi erano alti e una fossetta nel mento dava al suo viso un’espressione di immediata allegria e simpatia. Quell’uomo mi piaceva davvero!

«Sarei felice se Emile riuscisse a fidarsi di te ancora, gli unici suoi compagni sono la musica e i ragazzi con cui suona; non è mai stato capace di stringere rapporti duraturi con qualcuno che non fosse per un suo fine preciso. Sono convinto che se avesse la possibilità di far carriera da solo, non si farebbe scappare la minima occasione! Non suona insieme ai GAUS per piacere o per amicizia, ma solo per interesse: mio figlio mette la musica al primo posto nella sua vita e non si rende conto che i rapporti interpersonali sono altrettanto importanti.»

Sentii tangibile la preoccupazione nella sua voce, in contrasto col suo volto predisposto al sorriso.

«Purtroppo questo suo atteggiamento non è nemmeno del tutto colpa sua: Claudine ha avuto una depressione post partum molto acuta e da allora non si è più ripresa. Emile è cresciuto nella speranza di ricevere le attenzioni della madre, osservando medici, ficcanaso e falsi guaritori che si sono avvicendati in questa casa, promettendo guarigioni sicure che non sono mai avvenute e ha dovuto trascorrere gli anni dell’infanzia sballottato negli asili o con mille babysitter perché io non potevo badare a lui. E ciononostante, non ho mai visto un segno di rancore nei sui occhi, né verso di me, né tantomeno verso sua madre. Ha buon cuore il mio ragazzo, ma ultimamente glielo vedo mostrare sempre di meno.»    

Istintivamente allungai una mano su quella di Alberto, che tratteneva la tazzina di caffè sul tavolo: mi commossi vedendo la preoccupazione sul suo volto e il senso di colpa per aver offerto al figlio un’infanzia infelice e solitaria. E ancora una volta ripensai alle recriminazioni e alle accuse che imputavo ai miei genitori, che al di là di tutto, erano sempre stati presenti nella mia vita, seppur non nel modo che volevo io. Alberto poggiò l’altra mano sulla mia e continuò «Stagli accanto, ehm…»

«Pasi, mi chiamo Pasi.»

«Ah grazie. Stagli accanto, Pasi. Sei una brava ragazza, aiutalo a fidarsi di te, aiutalo a ritrovare la speranza e la fiducia nelle persone.»

Mi guardò con una supplica negli occhi a cui non riuscii a resistere «Ve lo prometto! Gli starò accanto, non lo lascerò andare alla deriva!»

Non avevo la più pallida idea di come avrei fatto a mantenere fede ad una promessa simile, considerato che non sapevo nemmeno se avrei rivisto più Emile, ma non riuscii a negarmi a quegli occhi che chiedevano di ricevere una speranza... e d’altronde, anche io desideravo rivedere il ragazzo con cui avevo parlato quella notte, e non il tipo borioso e arrogante con cui mi ero scontrata finora. Se il vero Emile era quello che avevo appena conosciuto, se il suo modo di fare così antipatico e aggressivo era una corazza che si era costruito, avevo intenzione di scalfirla se non infrangerla! Volevo conoscere l’anima di Emile, non quell’armatura con cui si proteggeva!

Alle mie parole, Alberto fece un sorriso raggiante e quasi si commosse, poi mi diede un buffetto sulla mano e si alzò.

«Puoi tornare quando vuoi a trovare Claudine se ne hai voglia» Mi guardò in tralice somigliando improvvisamente al figlio, per comunicarmi un significato nelle sue parole che non era stato espresso, ma che era quello più importante per lui: vieni a trovare Claudine quando Emile è in casa.

«E chiamami Alberto e dammi del tu, con un po’ di fortuna vedi mai che si diventa parenti!» salì al piano di sopra sorridendo di gusto, mentre il mio viso tornava ad ardere!

*****

Tornai a casa per prendere i miei indumenti e tutti i miei effetti personali, pronta a trasferirmi provvisoriamente da Rita e sperai che in casa non ci fosse anima viva. Avevo scelto un orario in cui solitamente i miei genitori erano assenti: non mi andava di incontrarli, non dopo i mille dubbi che mi stavano assalendo. Parlare con Emile e successivamente con suo padre, mi aveva fatto capire quanto poco fortunata fosse la loro famiglia, ma quanto affetto ci fosse tra i suoi componenti. Mi ero sempre lamentata dell’oppressività dei miei genitori ma Emile mi aveva fatto capire che per quanto potesse essere insopportabile, era la testimonianza del loro amore verso noi figli e in fondo era la benvenuta se indicava che tua madre e tuo padre ci tenevano a te.

Però nonostante avessi una famiglia a suo modo presente, invidiavo profondamente i Castoldi: nonostante tutte le sfortune e le assenze, all’interno di quella famiglia regnava l’amore, l’amore puro e vero, senza recriminazioni, senza odi. L’amore incondizionato di Alberto per sua moglie, quello altrettanto forte per suo figlio, l’amore di Emile per sua madre e di sicuro anche per suo padre e l’amore che avevo visto persino nello sguardo spento di Claudine, nelle sue lacrime quando parlava di Emile e nel suo sorriso dolce quando guardava il marito. Io ero fortunata ad avere entrambi i genitori con me e in perfetta salute, ma avrei fatto volentieri a cambio con la famiglia di Emile!

Con questi pensieri entrai silenziosamente in casa mia e mentre stavo per dirigermi in camera da letto, apparve Simona sulla porta della sua stanza.











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NDA

Mentre rileggevo questo capitolo prima di pubblicarlo, mi sono resa conto che fa uno strano effetto tornare indietro con la storia quando sei ad un passo dal concluderla. In questi giorni sto scrivendo il capitolo 19 e con molta probabilità (salvo colpi improvvisi d'ispirazione folle), sarà anche l'ultimo. Se da un lato mi dipiacerà prendere le distanze dai miei ragazzi, da un altro è un bene poiché urge che riprenda le attività che ho messo da parte per dedicarmi a questa storia... e poi chissà che non mi venga in mente un seguito xD

Vabbè scleri personali a parte, come sempre ringrazio tutte le mie tesore che mi seguono, si entusiasmano e m'incoraggiano ad andare avanti: Iloveworld, Ana-chan, Saretta, Niky, Vale, Cicci ed Ely in primis, seguite da tutte le sisters di Facebook che si sono fermate a leggere qualche capitolo e che hanno apprezzato la storia.

Inoltre ringrazio tutti coloro che seguono questo racconto, coloro che si sono fermati a leggere anche un solo capitolo e tutti coloro che per un motivo o un altro, sono passati, passano e passeranno da qui.

Grazie grazie grazie! Arigatou Gozaimasu!

   
 
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