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Autore: Eirien    02/11/2011    8 recensioni
La notte degli inganni ha avuto ufficialmente tre vittime: il Gran Sacerdote Shion, Aioros di Sagitter, la sanità mentale di Saga di Gemini.
Questo, perché non tutti sanno che due giorni dopo Mitsumasa Kido è andato in cerca di un Cavaliere d'Oro. E che si può vivere due volte lo stesso destino, anche se una volta sarebbe già troppo.
Genere: Azione, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Chameleon June, Nuovo Personaggio, Phoenix Ikki, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Track #00: New York, New York

TRACK #00

NEW YORK, NEW YORK

New, new, new, ah
New, new, new, ah
New new york skyline
Wounds they heal in time
Don't crawl and don't despair
It's a new new york today 

(Cranberries)

Isola di Manhattan, tarda primavera. Uno spettacolo che faceva male agli occhi. Che si trattasse del verde dei parchi, della luce che si rifletteva sui grattacieli e rimbalzava sui marciapiedi, o del puzzo degli scarichi che saliva dalle acque provate dell’East River, nessuno sembrava immune al fascino di quella combinazione magica di umano troppo umano e di tenace natura che, a dispetto di tutto, ancora non rinunciava a tentare di dire la sua su quel formicaio a cielo aperto. L’uomo si consegnò al sole di quel maggio invadente, attraversando in fretta la United Nations Plaza ,il Palazzo di Vetro alle spalle, indirizzando un rapido ringraziamento a qualche vaga divinità per la fine di quell’inutile riunione, e dei complimenti molto più sentiti a se stesso per aver volto in proprio favore quella che all’inizio era sembrata l’occasione giusta, per i suoi denigratori, per sfilargli via il progetto sul quale aveva puntato tutti i suoi sogni di carriera. Cinico e irresponsabile, l’avevano chiamato. L’avevano buttata sul patetico. “I bambini, certo. Bisogna pensare ai bambini." Accese un sigaro, uno dei suoi cubani preferiti.
Certo non quei bambini, come destinatari di una inutile pietà alla Dickens. Piccoli bastardi, soprattutto ora che si erano lasciati l'infanzia alle spalle, carne da macello buona soltanto a costruirsi un trampolino per il gradino successivo della scalata.
Anche se quel povero coglione di Rothstein non l’ha mai pensata nel modo giusto.”
Esalò una lunga boccata, che non si rivelò piacevole quanto si era aspettato. Già, Rothstein. L’imbecille cui doveva la sgradevole attenzione dei propri superiori.
"Ipocriti.Ci siete invischiati tanto quanto me.”
Giunto a bordo strada, salì su taxi. E si guardò attorno, per circostanza, per abitudine, per una sorta di vago fastidio alla base della nuca al pensiero dell’appuntamento che l’aspettava.
Nulla fuori posto, neppure un fremito nel vento.
Eppure, non riusciva a sentirsi tranquillo.
Scese dal taxi a Battery Park e percorse con calma il tragitto prestabilito, il passo sicuro e ritmico del militare di carriera e la sicurezza di chi ha faccende estremamente importanti di cui occuparsi. La folla sembrava aprirsi al suo passaggio, infiniti turisti sfaccendati e impiegati nullafacenti in pausa pranzo, utili, per l’ordine delle cose, quanto mosche attorno alla criniera di un leone. Incenerì con lo sguardo un incauto fattorino della pizza, colpevole soltanto di averlo urtato, bastò un cenno perché si dileguasse in un lampo. L’uomo sorrise con cattiveria: la paura degli insetti l’aveva sempre divertito. Era giunto a destinazione prima del previsto, le istruzioni erano state estremamente precise: un punto a suo favore. 

“15:00, molo 11.”

“All’imbarco del traghetto per Liberty Island. Mi prende in giro? E come dovrei trovarla, di grazia?” 

“Il carretto degli hot dog.” 

“Sarà lì a vendere hot dog?” 

“No, ma se me ne comprerà uno non gliene farò una colpa. Non porti nessuno con sé, e non tenti scherzi. Me ne accorgerei.” 


L’uomo si concesse un breve sogghigno, sfiorando con noncuranza l’arma che riposava nella fondina regolamentare, proprio sotto l’ascella. "Credici pure, se ci tieni. Ma io non lascio mai che sia qualcun altro a dettare le regole." 

— Oh, ma io sono convinto che siamo soli, signore — lo sorprese una voce ironica, in un inglese dalla pronuncia studiata e volutamente priva di inflessioni. — Almeno da quando ho convinto i suoi scagnozzi a lasciarci la nostra intimità. Non tema, — chiarì, con tono esageratamente cordiale — non dovrà sostituirli. Le serviranno, quando il nostro affare sarà giunto in porto. — 

"Silenzioso, l’amico. E intuitivo." Non si voltò, non subito. Lo seccava fargli capire che l’aveva colto di sorpresa. — Ammesso che ci sia un affare da concludere, giovanotto. — Ribatté, piccato. – La nostra conversazione telefonica è stata promettente, ma nulla di più. — 

— Teme forse che non mantenga le promesse, Colonnello? Lei mi offende. — Lo sentì sorridere, mondano e sfacciato. Estremamente irritante. — Ho forzato diverse porte per proporle questo accordo, se capisce cosa intendo. — Continuò, in un tono di gelido veleno che moltiplicò l’inquietudinedell’uomo più anziano. — Non sono il tipo di persona che ami perder tempo, dovrebbe averlo capito. — 

— Abbiamo dei punti in comune, allora. Ma non è mia abitudine stringere patti col diavolo finché non ho ben chiaro cosa gli sto promettendo. — 

"Allora non si agiti inutilmente, e prenda il traghetto. Appena ci saremo mossi, saprà tutto." 

A quella direttiva, esplosa direttamente nel suo cervello, l’uomo trasalì con violenza. Gli occhi saettarono rapidi a destra e sinistra, sondando in fretta ognuna delle postazioni cui lui stesso aveva assegnato un cecchino esperto. Benché fossero troppo lontane per esserne certo, aveva l’agghiacciante sensazione che neppure uno solo dei suoi angeli custodi fosse più al suo posto. 

— Che razza di… fenomeno da baraccone sei, tu? — sibilò, tentando di nascondere il timore. Nel corso delle sua carriera ne aveva viste di cose strane, certo. Ma sempre alla giusta distanza e mai privo del conforto di una 357 magnum. Con la mano sfiorò la fondina, il presentimento divenne certezza. "Me l’ha sfilata, il bastardo. E io non me ne sono accorto." 

— Un fenomeno che è il caso di non mettere alla prova con tentativi di doppio gioco, d’ora in poi. — Una mano si posò amichevole sulla sua spalla, costringendolo a fissare la folla davanti a lui. — Sorrida, Colonnello, e sia buono, paghi anche il mio biglietto. Stiamo andando in pellegrinaggio al Santuario della Libertà. In onore di questo enorme pupazzo di rame, le spiegherò come potrà plasmare la sua fortuna. — 

La pistola scivolò nuovamente al suo posto, quasi animata di vita propria. Il suo futuro socio in affari gli permise di guardarlo in faccia, finalmente, una mano tesa sotto uno sguardo penetrante. — E quando siederà in cima alla montagna, le assicuro che il mio compenso le parrà assolutamente irrilevante. — 









Angolo della vergogna™


Signore e Signori, Lords and Ladies, Mesdames et Monsieurs, in perfetta buona fede e lucida follia, qui di seguito 5 ottimi motivi per non leggere questa storia: 
  1. E’ una follia. Antichi Portali, spie, complotti e personaggi che non sono chi vogliono far credere… come se la trama di Kurumada non fosse abbastanza delirante di suo. La storyline che ho deciso di seguire è quella dell'anime, a proposito. 
  2. Un discreto numero di ‘licenze poetiche’ (leggasi, ca..ate): a partire dall’età dei protagonisti. Alcuni li ho invecchiati di pochi anni, altri di più, per esigenze di copione. Non me ne voglia Zio Masami, ma è evidente che lui non ha la più pallida idea di come si comportino dei tredicenni. E neppure dell’età minima per portare una quinta di reggiseno.
  3. OOC (spero limitato e giustificato, almeno quello): del resto, se avrete il coraggio di andare avanti, noterete che è inevitabile, legato alla natura di AU di questa storia.
  4. Presenza di personaggi originali, che cerco di non rendere delle Mary o dei Gary. Impresa disperata, la mia, in una ambientazione dove pure il più sfigato dei personaggi e il più dimesso dei servi frantuma le rocce a mani nude, si dimena come un contorsionista e sa sbucciare dei perfetti spicchi di mela a forma di coniglietto, ma non mi sono ancora arresa. Una cosa ve la garantisco: nessuno di loro sconfiggerà Saga, diventerà Gran Sacerdote o Cavaliere d’Oro. Questo l’ha già raccontato Kuru oppure altri autori che hanno svirgolato in quella direzione, sicuramente meglio di quanto potrei fare io. Quindi… Anche se l’idea del buon Alex (pg originale, appunto) stravaccato sul trono della Tredicesima con un monumentale cannone in mano, novello Caligola che nomina primo ministro una rigogliosa pianta di maria… *si picchia il notebook in testa per far uscire questa lollosa idiozia* 
  5. Sulla scia del punto 4: Kelly. Mi spiace, mi è uscita così, con la Mariasusannite incipiente, sul limite del galoppante (ho fatto il test online, so di cosa parlo). Perdonatemi, se potete. Non ha gli occhi del mio colore, non è come vorrei essere io (a parte l’altezza, ma lì farei cambio anche con Seiya). Mi serviva soltanto un pg originale per usare un punto di vista diverso, ma vicino ai bronzini. Mi serviva un altro personaggio, esistente ma poco presente, e quel povero disgraziato di Camus mi è sembrato perfetto (dopotutto il suo ruolo nell’anime, fino alla disfatta di Saga, è stato del tipo ‘veni, vidi, mori'). Che poi quei due squinternati abbiano cominciato a litigare non appena li ho infilati nella stessa pagina, dipende da me solo in parte… giuro. Ma l’ho pagata, sissignori. Il francese di carta vuole la mia testa (e infesta il mio armadio) dal 2004. L’ho solo pregato, quando giungerà il fatale momento, di mandarmi Milo e la sua Cuspide…




Ci siete ancora? coraggiosi!
A questo punto, ecco l’unico buon motivo che avessi per scrivere queste quattro fesserie. Per dirla con Eco, avevo soltanto voglia di raccontare una storia. Che mi ronza in testa da quando hanno trasmesso per la prima volta i Cavalieri in TV (sì, sono vecchia e l’ho visto su TeleNorba) e ancora non sapevo neanche cosa fosse un manga, tanto meno quello partorito dal Maestro che disegna le chiappe più brutte del multiverso. Una fan-fiction, nel senso più comune della faccenda. 

A voi, dunque. 

Ed è ovvio, se ritenete giusto spendere 30 secondi per farmi sapere cosa ne pensate... non fate complimenti. Solo piano con i mattoni, ché c’ho la pelle delicata… 





P.S. Presa dalle mie divagazioni avevo perso di vista l’unica cosa sensata da dire in questa premessa. Questa storia non è nuova, non del tutto. Avevo iniziato a pubblicarla nel 2004, appunto, con il titolo di PAINT THE SKY WITH STARS, e lasciata a languire per motivi personali e perché non mi piaceva l’enorme differenza di stile tra i primi e gli ultimi capitoli. Ho rimesso mano al tutto, effettuato un deciso restyling della forma e in parte della trama. Dopo aver salvato gli screenshot e le vecchie recensioni, ho fatto sparire la vecchia versione. Vorrei tanto ringraziare chi, allora, mi ha incoraggiato e sperava di conoscere la fine della storia. Se doveste passare di nuovo di qua, sappiate che vi ringrazio ancora. ^^ 


E Last but not least, grazie infinite a Era Kim per le osservazioni che mi ha e spero continuerà a inviarmi!

   
 
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