Serie TV > Grey's Anatomy
Segui la storia  |       
Autore: Fauxlivia    11/11/2011    0 recensioni
'Alex, Alex, Alex, ripigliati. Me lo dico allo specchio, nemmeno fossi DeNiro in Taxi Driver, per poco non mi tiro anche uno schiaffone, giusto per togliermi gli ultimi boccoli biondi dalla mente, ancora mi ondeggiano davanti, ne sento quasi il profumo'.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alex Karev, Altri, Izzie Stevens
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

‘ Come up to meet you, tell you I’m sorry,
You don’t know how lovely you are… ‘

 

 

 « Alex! Alex! »
Lei mi chiama e non mi fermo.
« Alex!  »

Prendo la prima boccata di aria fresca della giornata, uscendo dall’ingresso principale dell’ospedale. Ho finito il mio turno, ho finito 
la mia giornata del cavolo, sono libero.

Casa mia – si fa per dire – è a venti metri da me, ma quella voce mi impedisce di andare avanti. E poi, anche volendo ignorarla, ormai
Lucy mi ha raggiunto, correndomi dietro, accanto, mi ostruisce il passaggio.

La guardo « Alex! Sei diventato sordo? Sono dieci minuti che ti chiamo!  »
La guardo e non rispondo. Il mezzo sorriso che aveva sulle labbra fino ad un istante fa scompare.
La guardo « Ti ho sentito. Sono solo stanco. Davvero stanco Lucy, non vedo l’ora di addormentarmi. »

Sono le dieci di sera e lei capisce che non è per l’ora tarda che sono stanco
E io capisco che lei capisce. Che sa, in qualche modo.

« Potevi dirmelo.. che sarebbe venuta. O potevi almeno presentarmela, non credi? » lei cerca di mantenere un tono di voce normale, 
quasi allegro, ma non è abituata. Non è capace. In realtà la sua domanda esprime solamente frustrazione e anche un briciolo di gelosia.

Se la situazione fosse diversa, scoppierei a ridere.
Se la situazione fosse diversa, ne sarei persino lusingato.

Ma questa sera no. Sono stanco, provato, non riesco nemmeno a tenere le ginocchia dritte.

« Lucy. » respiro. Respira, Alex. «Non avevo la più pallida idea che Izzie fosse in ospedale. È venuta per sua figlia, tutto qui. Non per me, 
non per restare!
» alzo la voce, di un tono, spazientito. Lei fa un passo indietro e ancora una volta capisco di avere toppato.

« Ok.. ok. » mi dice solo questo, mentre si passa una mano fra i capelli biondi e abbassa lo sguardo. Devo avere una faccia che fa paura. 
Io stesso, mi faccio paura.

Lascio andare i muscoli, cerco di rilassarli, sento la punta delle dita che sfiorano la pelle del viso, premo sulle palpebre, poi torno a 
guardarla. Devo essere sincero, ma delicato. Ne ho abbastanza, di ferire le persone.

« Lucy, ascolta… te l’avrei detto, se l’avessi saputo. E non te l’ho presentata perché mi ha colto alla sprovvista. E non la vedevo da più di 
un anno, insomma, è stata una brutta giornata. Ma è finita. Domani sarà tutto risolto, ok?
 »

Allungo la mano destra verso di lei, accarezzandole il viso.
Lucy torna a sorridere e io mi sento sempre più verme.
Perché so che le sto dando il contentino, la sto solo tranquillizzando, niente più.  « Devo dormire, adesso. Ci vediamo qui domani, 
vedrai che sarò come nuovo
» ma non ci credo nemmeno io.

 
________________________________________________________________________________

 
« Ti dico una cosa, adoro le tue tette. »
« Ma che cos’hai che non va? Perché devi essere… ma che cos’hai in quella testa! »
« Adoro le tue tette. E vorrei avercele intorno spesso e volentieri. Ma non sarebbe la fine del mondo se non le avessi più.. perché in realtà,
è te che voglio
. »

 ___________________________________________________________________________________

 

02:55 am

 
Brucia. Mi brucia la faccia. Spalanco gli occhi e sono in una roulotte.
Ma un secondo fa, un secondo fa ero seduto su una panca. Ero dentro uno spogliatoio. Izzie mi ha appena tirato un ceffone perché le 
ho detto che adoro le sue tette.

E, per Dio, adoro le sue tette.

Ma non è il bruciore dello schiaffo che mi sveglia.
E’ il fuoco di un bacio. Un altro, l’ennesimo.

Sollevo la testa dal cuscino e mi rendo conto di essere sudato fradicio. Guardo la sveglia, è troppo presto per starsene con le mani 
in mano, Alex, ma troppo tardi per tornare a dormire.

Rivorrei quel bacio, solo questo.
Rivorrei quel bacio e poi quello da Joe. Il nostro primo bacio.
Rivorrei il bacio che le ho dato quando ero spaventata e preoccupata per Meredith, con la bomba.
Rivorrei il bacio che le ho dato mentre piangevo disperato.

Alzati.
Alzati.

Mi alzo dal letto con un balzo, sento i piedi nudi diventare subito freddi. Mi spoglio, sentendomi subito meglio, l’acqua della doccia 
è fredda ma va bene così.

Lucy ha finito tutta l’acqua calda ma va bene così. Le gocce che mi cadono sulla pelle tolgono il sudore e la stanchezza e il fuoco. 
Mi risvegliano. Sono lucido. Così lucido che decido di fare una pazzia.


03:45 am

Possibile che non ci sia nessuno? Non un’anima.
Non mi capita spesso di camminare per Seattle alle quattro di notte. Mancano solo un paio d’ore, poi spunterà il sole.
Sto per fare la figura del fesso.
Cammino, sento le foglie che scricchiolano sotto i piedi, tengo le mani in tasca. Ho le unghie conficcate nei palmi, ma il dolore non mi 
aiuta a fermarmi.
Perché non voglio fermarmi, voglio continuare a camminare. 

Il dondolo di legno è immobile. Non mi ci sono mai seduto, chissà poi perché. Lo sfioro con la punta delle dita, cigola. Faccio un salto all’indietro, 
quasi mi avesse morso il gatto.

Cazzo Alex, calmati.

Sto per fare la figura del fesso. Sono le quattro di notte e sono qui, come un vagabondo o un guardone o un ladro, su un vialetto, vicino ad 
un dondolo di legno.

Se non fosse così tardi, forse mi sentirei meno in imbarazzo, perché questa dopotutto è stata anche casa mia. Ma mi rendo conto di 
sembrare un pazzo e forse lo sono. Basta pensare, è ora di agire o tutto il coraggio e la lucidità andranno a farsi friggere e sarò costretto a 
tornare indietro. Tornare alla mia cavolo di roulotte, solo, con un peso sullo stomaco. Come un macigno.

Allungo una mano, tirandola fuori dalla tasca del giubbino. Diventa subito fredda, anche se la temperatura non è male. Mi tolgo il pensiero 
e lo faccio, schiaccio il campanello.
Nel silenzio, fa un rumore quasi infernale. Come una campana che suona i suoi ultimi rintocchi.

I MIEI ultimi rintocchi, per così dire.

Sto per suonare di nuovo, senza lasciare quasi il tempo al suono di terminare, quando si accende una luce, all’interno della casa. E’ 
quella del salotto, passi sulle scale di legno.
Mi avvicino alla porta, guardo dentro.

Chissà che faccia ho.
Chissà se sembro disperato.
Chissà se si vede il fuoco, che mi sta bruciando dentro.

« Alex? » Meredith mi guarda oltre il vetro della porta, una mano sulla guancia, l’altra nei capelli arruffati. Indossa solo una canottiera verde 
pistacchio e un paio di boxer neri da uomo – l’idea che Stranamore sia nudo in questo momento mi mette i brividi – ma quasi non ci faccio caso.

Non riuscirei a guardare un paio di tette – un altro paio di tette, che non sia il suo – nemmeno se me le mettessero sotto il naso. 

Apre la porta, guardandosi intorno, strofinandosi gli occhi con la mano libera, quasi volesse accertarsi di essere sveglia « Alex, che ci fai qui? » 
me lo chiede, ma le leggo in faccia che conosce già la risposta.

Non ho nemmeno bisogno di parlare. Ci fissiamo, giusto qualche istante, io fuori e lei dentro, come se questa porta, quella che ho davanti, 
fosse una linea di confine. E lo è.

Posso ancora ritirarmi, tornare indietro.
Potrei far tornare tutto come prima.

E invece no. Entro. Faccio un passo, poi un altro, poi mi fermo.

«Credi che dovrei andarmene? Cazzo sto sbagliando tutto..  » mi prendo la faccia tra le mani, con scarsa delicatezza. Sento i palmi sulle 
guance e vorrei riempirmi di schiaffi. O almeno che lo facesse lei, ma Meredith non fa una piega. Scuote la testa, poi fa un mezzo sorriso. 
Uno dei suoi.

Il sorriso di una che ti conosce. Di una che è stata cupa e torbida, proprio come te. Una che capisce perfettamente, come si può stare di 
merda, a volte.

 « Aspetta qui.. provo a svegliarla  » e sparisce, su per le scale.

Quando arriva al piano di sopra sento i suoi passi arrivare fino in fondo al corridoio, poi si fermano.

E’ nella nostra stanza. La nostra stanza.
Guardo all’insù, ma non sento quasi niente. Solo un brusio sommesso, la voce di Meredith fievole, lontanissima. Sembra che il suono 
del campanello abbia svegliato solo lei.

« Oh Meredith! Ma insomma… ma hai visto che ore sono? Ero appena riuscita ad addormentarmi, non è possibile! Che succede adesso?  » non 
ti arrabbiare Iz. Non riesco a fare a meno di sorridere, nel sentire la sua voce. Non fa niente per tenerla bassa, quasi non si fosse resa 
conto che in casa c’è anche Derek. Che dorme, almeno per ora.

« Izzie.. c’è Alex, di sotto »

Silenzio.
Silenzio.
Un tonfo.
Silenzio.

Rumore di piedi nudi sul pavimento, si muovono frenetici. Poi sembrano calmarsi ed è il momento in cui vedo Isobel spuntare sulle scale. 
Scende i gradini tentando di mantenere un’andatura controllata e questo mi spinge a sorridere maggiormente.

Piego la testa verso il basso, in modo che lei non possa vedermi.
Faccio sparire il sorriso, tornando a guardarla.

 
You don’t know how lovely you are…

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Grey's Anatomy / Vai alla pagina dell'autore: Fauxlivia