‘
Come up to meet you, tell you I’m
sorry,
You don’t know how lovely you are… ‘
Lei mi
chiama e non mi fermo.
« Alex! »
la mia giornata del cavolo,
sono libero.
Casa mia
– si fa per dire – è a venti metri da
me, ma quella voce mi impedisce di andare
avanti. E poi, anche volendo ignorarla, ormai
Lucy mi ha raggiunto, correndomi
dietro, accanto, mi ostruisce il passaggio.
La guardo
e non rispondo. Il mezzo sorriso che aveva sulle labbra fino ad un
istante fa
scompare.
La guardo
« Ti ho sentito. Sono solo stanco.
Davvero stanco Lucy, non vedo l’ora di addormentarmi.
»
E io
capisco che lei capisce. Che sa, in qualche modo.
quasi allegro, ma non è abituata. Non è capace.
In realtà la sua
domanda esprime solamente frustrazione e anche un briciolo di gelosia.
Se la
situazione fosse diversa, ne sarei persino lusingato.
« Lucy. » respiro. Respira,
Alex. «Non avevo la più
pallida idea che Izzie
fosse in ospedale. È venuta per sua figlia, tutto qui. Non
per me,
non per
restare! » alzo la voce, di un tono, spazientito.
Lei fa un passo indietro
e ancora una volta capisco di avere toppato.
Io stesso, mi faccio paura.
guardarla. Devo essere
sincero, ma delicato. Ne ho abbastanza, di ferire le persone.
un anno, insomma, è stata una brutta giornata. Ma
è
finita. Domani sarà tutto risolto, ok? »
Lucy
torna a sorridere e io mi sento sempre più verme.
Perché so
che le sto dando il contentino, la sto solo tranquillizzando, niente
più. « Devo
dormire, adesso. Ci vediamo qui domani,
vedrai che sarò come nuovo » ma non
ci credo nemmeno io.
« Ti dico una cosa, adoro le tue
tette. »
« Ma che cos’hai che non
va? Perché devi
essere… ma che cos’hai in quella testa!
»
« Adoro le tue tette. E vorrei
avercele
intorno spesso e volentieri. Ma non sarebbe la fine del mondo se non le
avessi
più.. perché in realtà,
è te che
voglio. »
Brucia.
Mi brucia la faccia. Spalanco gli occhi e sono in una roulotte.
Ma un
secondo fa, un secondo fa ero seduto su una panca. Ero dentro uno
spogliatoio.
Izzie mi ha appena tirato un ceffone perché le
ho detto che adoro le sue tette.
E’ il
fuoco di un bacio. Un altro, l’ennesimo.
in mano, Alex, ma troppo
tardi per tornare a dormire.
Rivorrei
quel bacio e poi quello da Joe. Il nostro primo bacio.
Rivorrei
il bacio che le ho dato quando ero spaventata e preoccupata per
Meredith, con
la bomba.
Rivorrei
il bacio che le ho dato mentre piangevo disperato.
Alzati.
è fredda ma va bene così.
Mi risvegliano. Sono lucido. Così
lucido che decido di fare una pazzia.
Non mi
capita spesso di camminare per Seattle alle quattro di notte. Mancano
solo un
paio d’ore, poi spunterà il sole.
Sto per
fare la figura del fesso.
Cammino,
sento le foglie che scricchiolano sotto i piedi, tengo le mani in
tasca. Ho le
unghie conficcate nei palmi, ma il dolore non mi
aiuta a fermarmi.
Perché
non voglio fermarmi, voglio continuare a camminare.
quasi mi
avesse morso il gatto.
Cazzo
Alex, calmati.
un dondolo di
legno.
sembrare un pazzo e forse lo sono.
Basta pensare, è ora di agire o tutto il coraggio e la
lucidità andranno a
farsi friggere e sarò costretto a
tornare indietro. Tornare alla mia cavolo di
roulotte, solo, con un peso sullo stomaco. Come un macigno.
e lo faccio, schiaccio
il campanello.
Nel
silenzio, fa un rumore quasi infernale. Come una campana che suona i
suoi
ultimi rintocchi.
quella del salotto, passi sulle
scale di legno.
Mi
avvicino alla porta, guardo dentro.
Chissà se
sembro disperato.
Chissà se
si vede il fuoco, che mi sta bruciando dentro.
pistacchio e un paio di boxer neri da uomo –
l’idea che Stranamore sia nudo in questo momento mi mette i
brividi – ma quasi
non ci faccio caso.
Non
riuscirei a guardare un paio di tette – un altro paio di
tette, che non sia il
suo – nemmeno se me le mettessero sotto il naso.
me lo chiede, ma le leggo in faccia che conosce già
la risposta.
Non ho
nemmeno bisogno di parlare. Ci fissiamo, giusto qualche istante, io
fuori e lei
dentro, come se questa porta, quella che ho davanti,
fosse una linea di
confine. E lo è.
Potrei
far tornare tutto come prima.
E invece
no. Entro. Faccio un passo, poi un altro, poi mi fermo.
guance e vorrei
riempirmi di schiaffi. O almeno che lo facesse lei, ma Meredith non fa
una
piega. Scuote la testa, poi fa un mezzo sorriso.
Uno dei suoi.
Il
sorriso di una che ti conosce. Di una che è stata cupa e
torbida, proprio come
te. Una che capisce perfettamente, come si può stare
di
merda, a volte.
Quando
arriva al piano di sopra sento i suoi passi arrivare fino in fondo al
corridoio, poi si fermano.
Guardo
all’insù, ma non sento quasi niente. Solo un
brusio sommesso, la voce di
Meredith fievole, lontanissima. Sembra che il suono
del campanello abbia
svegliato solo lei.
ti arrabbiare Iz. Non
riesco a fare a meno di sorridere, nel sentire la sua voce. Non fa
niente per
tenerla bassa, quasi non si fosse resa
conto che in casa c’è anche Derek. Che
dorme, almeno per ora.
Silenzio.
Un tonfo.
Silenzio.
Scende i gradini tentando di
mantenere un’andatura controllata e questo mi spinge a
sorridere maggiormente.
Piego la
testa verso il basso, in modo che lei non possa vedermi.
Faccio
sparire il sorriso, tornando a guardarla.
You don’t
know how lovely you are…