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Autore: artemide88    12/11/2011    10 recensioni
Isabella Swan ha iniziato a lavorare presso la sede newyorkese di una multinazionale. il suo capo? Edward Cullen, ovviamente. non si sopportano ma lei ha bisogno di un lavoro e lui di una segretaria. e poi c'è una promessa da mantenere...buona lettura!
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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cap18
ecco il nuovo capitolo. buona lettura.


CAPITOLO 18 – NEVE E FUOCO


Se la neve cade, imbianca tutto. Gli alberi, le strade, i tetti dei palazzi.

Quel giorno a New York aveva iniziato a nevicare ma la vera tempesta era nel cuore di Isabella.

Si aggirava come una animale in gabbia per il suo appartamento. Charlie era in città e lei lo conosceva bene, non si sarebbe arreso finchè non fosse riuscito a riportarla a casa con lui. Aveva già tentato con Jacob di convincerla a tornare a Forks. Eppure lei sentiva che quella non era più la sua vita. Aveva trovato una certa stabilità economica nella nuova città e il lavoro le piaceva e il suo capo pure...

Alt! Urlò nella sua testa, prendendosi le tempie tra le mani. Che stava pensando? Al suo capo? No, no, no!

Concentrazione. Serviva concentrazione. I suoi pensieri erano peggio di una matassa aggrovigliata. Prendeva un filo, lo tirava, si formava inevitabilmente un nodo che le faceva aumentare il mal di testa. Non riusciva proprio a ragionare in quella situazione. La sua testa sembrava una bomba in procinto di scoppiare, sentiva pure il tic tac del timer...

Non chiedeva molto, in fondo. Voleva solo un po’ di chiarezza e una soluzione veloce ed indolore. Semplice, no?

E poi perché si trovava in quella situazione? Di solito non si faceva scrupoli a prendere la vita di petto. Lei i problemi non li affrontava, li spaventava e li faceva scappare a gambe levate. Ma quello era troppo anche per il suo amino forte. Il segreto che suo padre costruiva così gelosamente la stava schiacciando perché la prospettiva di mettere in discussione la sua intera esistenza non la esaltava...anzi no. La terrorizzava proprio.

Continuò a misurare a grandi falcate il poco spazio tra la cucina e il bagno, avanti e indietro, aventi e indietro, otto passi in tutto. Instancabile, falcata dopo falcata.

Di nuovo cercò di far entrare una luce nel buio dentro di sé. La soluzione migliore non era forse affrontare suo padre? Chiedere informazioni su sua madre e Philip Dywer, esigere spiegazioni sul suo assurdo comportamento...

“no no! è tutto sbagliato!” la disperazione si faceva largo in lei e le gelava il cuore, proprio come un’ondata imprevista di neve che ti coglieva impreparata in mezzo alla strada, raffreddandoti e congelandoti le mani non riparare da guanti.

Ecco! Guanti! La sarebbero serviti per ripararsi, per tutelarsi da tutto quel trambusto.

Se lei provava freddo, di sicuro Charlie era sul piede di guerra e stava mettendo a ferro e fuoco la città per cercarla, oltre all’ufficio del suo capo per avere il suo indirizzo. Era decisamente un tipo...infuocato. Si infervorava con poco e nulla lo faceva andare in escandescenza come sua figlia. Si, era fuoco puro. E si sa che il fuoco scioglie la neve.

Con questo ragionamento complesso e che, sinceramente lettore io non capisco del tutto, Isabella si convinse che doveva fuggire. Prima avrebbe dovuto far sciogliere piano piano la neve dentro di sé, scaldandosi lentamente. Un fuoco troppo intenso l’avrebbe solo ferita e ustionata. Si, doveva provvedere a trovarsi una bella corazza ignifuga.

“ma si! In questo stato non combinerei nulla di buono e fallirei!” si disse per auto convincersi mentre riesumava dalla montagna di carte poste sotto il tavolino del telefono un depliant. Era della spa di Alice Cullen. La donna, poco prima che lei tornasse a New York, le aveva dato i suoi contatti, in caso di bisogno. Forse l’altra parlava di bisogno con suo fratello, nel caso fosse ammattita per stare dietro a quel damerino, ma quella le sembrò l’occasione perfetta per approfittare dell’offerta.

Fuggire era da vili, essere in debito con una Cullen le provocava un nodo allo stomaco, come se un filo della matassa avesse preso la strada del suo esofago.

Già era in debito con un altro Cullen. Il suo capo aveva trattenuto suo padre, impedendogli di seguirla, un gesto davvero premuroso che probabilmente lo aveva messo nei guai con il gran capo Carlisle. Gesto che lei avrebbe dovuto ripagare a vita per sentirsi a posto con la coscienza.

Il suo orgoglio venne schiacciato ancora di più. Edward Cullen l’aveva aiutata a scappare da suo padre, quando lei era stata troppo scossa o troppo codarda...

La brochure la chiamava a gran voce dal letto su cui l’aveva aperta, il numero personale di Alice scritto a penna in un angolo.

Mentre le sembrava di impazzire del tutto, dilaniata dalle possibilità, bussarono alla sua porta. Si immobilizzò in mezzo alla stanza, il cuore che rischiava di saltarle fuori dalla cassa toracica. Era già lì Charlie? Non era ancora pronta, aveva fatto in fretta...magari era stato lo stesso Edward a dirgli dove vivesse.

Bastardo traditore! Prima l’aiuta e poi la pugnala alle spalle. Imperdonabile anche se era stato costretto da suo padre...

“Isabella apri!” era lui, era Edward che bussava alla sua porta, insistente come qualche giorno prima. Decisamente da condannare, anche solo per disturbo della sua quiete. “sono solo e so che sei lì!” lui attese qualche secondo e poi scaricò un altro pugno sulla porta. “La signora O’Connors ti ha vista rientrare, quindi apri, dannazione!”

Attese un segno di vita dall'altro lato del legno ma non ricevendone continuò.

“Sono solo, te lo giuro. I nostri genitori sono rimasti in sede...” Concluse, la voce che piano piano scemò. “ho chiesto ad Angela e a Eleazar di ritardare il più possibile la ricerca del tuo indirizzo.” Stava perdendo la speranza che Isabella gli aprisse la porta che invece si socchiuse. Il catenaccio era teso nello stretto spazio d’apertura, il volto della ragazza sbucava dalla fessura. Lei guardò a destra e a sinistra, sincerandosi della lealtà del suo capo, poi lo fece entrare.

Lui, senza attende un attimo o perdersi in chiacchiere, aprì l’armadio e i cassetti e ne estrasse tutto il contenuto.

“è impazzito? Ma che fa?” Isabella tentava invano di fermarlo. Ci mancava solo un altro schizzato in quell’appartamento, bastava lei che ripeteva all’infinito gli otto passi tra il bagno e la cucina. Tentò anche di scostarlo dal suo intento, invano. “signor Cullen!” urlò facendolo finalmente desistere dal disordinarle la stanza.

“che c’è?” si rialzò con il viso rosso e stravolto dalla rabbia. “mi fai finire? Dobbiamo andarcene il prima possibile!”

“andarcene? Lei dove va?” chiese stupita e un po’ ingenuamente la ragazza.

“Pensavi di farti un giretto da mia sorella?” Edward riprese un attimo la calma e quasi ridacchiando prese dal letto l’opuscolo della spa. “non te lo consiglio, è una spia eccellente se ha una contropartita adeguata.”

“sono affari miei!” disse lei, strappandogli l’opuscolo di mano. Di certo erano una bella coppia di scimmie urlatrici e rabbiose. Isabella attese un secondo per calmarsi e riprese.“ho...ho bisogno...” trasse un profondo respiro.
“vede? Ho bisogno di respirare e reprimere al rabbia. Se affrontassi ora mio padre ora...”

“sarebbe un completo disastro?” concluse per lei Edward, ricevendo un segno d’assenso. Il suo sorriso si fece sincero e si allargò. “bene. Allora è deciso, si parte!”


***


Isabella trasse dal bagagliaio il suo zaino. Non era sicura di che ore fossero, né di quanto confini avessero attraversato. Aveva cercato di restare sveglia, ma appena dopo aver lasciato lo stato di New York aveva ceduto al sonno che prepotentemente bussava alla porta della sua coscienza.

Tutto sommato non era andata così male come credeva. Certo, il primo momento era stato imbarazzante, si sentiva un’adolescente in fuga d’amore. Peccato che l’amore non avesse spazio per attecchire nel suo cuore innevato.

“perché fa tutto questo?” gli aveva domandato, senza riuscire a trattenere la curiosità.

“te lo dico solo se mi dai del tu.”

Isabella rimase zitta fino all’autogrill dove si fermarono per sgranchirsi le ossa e mettere qualcosa nello stomaco, oltre che approfittare del bagno. Si zittì per principio, non per altro. A lei non cambiava molto chiamarlo Edward o signor Cullen o damerino, ma odiava essere messa alle strette. Già non sapeva come comportarsi con lui al di fuori dell’ufficio, e lui ci metteva del suo per complicare tutto.

“ok.” Sbottò non appena ripartirono dopo la sosta. “capo. Perché fai tutto questo? Nessuno ti costringe a..a...” agitò le mani indicando la strada scura davanti a sé.

“a fuggire con te?” ancora una volta, lui le venne in soccorso concludendo la sua frase.

“esatto!”

“hai mai pensato che mi potesse far piacere aiutarti?”

Lei scosse la testa. “hai fatto di tutto per farmi ammattire al lavoro. Mi hai preso in giro davanti a tutti e mi reputi una stupida inetta...” lo accusò, senza risparmiarsi nulla. Dopotutto non avrebbe mai potuto lasciarla sul ciglio della strada. E tanto meno non era abituata a tenere a freno la lingua.

“il lavoro è lavoro, signorina Swan. Devi essere sempre pronta e preparata, in ogni evenienza. Ho testato le tue capacità per vedere fin dove potesse spingerti...” lei gli riservò un’occhiata scettica.” Ok, ok, un po’ mi sono divertito a torturarti.” Ammise infine lui con un sorriso. “ma ne sono estremamente soddisfatto, sei la migliore collaboratrice che abbia mai avuto.”

“cosa è cambiato adesso?” Isabella sperò con tutta se stessa che non la vedesse come una fanciulla in difficoltà. Era l’ultima cosa di cui aveva bisogno, un damerino che si credeva un cavaliere senza macchia né paura.

Edward tolse un attimo la mano dal volante per ravvivarsi i capelli, già di per sé scompigliati. Isabella, avendolo osservato a lungo, sapeva che era un segno di nervosismo.

“hai subito un colpo enorme oggi e forse ne arriveranno altri. Ho capito solo ora quello che volevi dire l’altra sera e hai bisogno di staccare un attimo così come ne ho bisogno io. Anche se in misura minore è successo anche a me, credevo di conoscere tutto di mio padre e invece...beh per esempio, scopro che è molto amico del tuo e ci sono tante altre cosette poco chiare...basta come spiegazione?” lei non era per nulla convinta ma lasciò cadere il discorso. Non si era professato cavaliere in suo aiuto ma ci era andato vicino.

Senza accorgersene si era addormentata.

Edward l’aveva svegliata solo al loro arrivo nel Vermont, porgendole un bicchiere di caffè caldo e con un goccio di latte, come piaceva a lei. Isabella se ne stupì, poche volte aveva preso il caffè con lui nella stessa stanza, voleva dire che l’aveva osservata più di quanto credesse.

E ora stava per entrare nello chalet di proprietà del suo capo. Le aveva assicurato che nessuno della sua famiglia conosceva quel posto che quindi era sicuro al cento per cento che non sarebbero stati trovati per i giorni a venire.

“che spettacolo indecente.” Borbottò tra sé e sé la ragazza, guardando il suo riflesso nel vetro della porta. I capelli erano in completo disordine, la felpa chiara che indossava era tutta spiegazzata e il volto recava i segni dello scomodo sonnellino, con quelle occhiaie enormi. Il freddo dell’aria invernale, invece, le stava facendo arrossare le guancie. “sono perfetta per Halloween. Peccato che sia stato il mese scorso.” Il suo umore era proprio pessimo e il mal di schiena per essere stata raggomitolata sul sedile per tutto il viaggio lo migliorava di certo.

Si era quasi, e dico quasi, dimenticata del suo compagno d’avventura, quando dalla stanza principale dello chalet sentì provenire delle urla e dei colpi di tosse. Aprì la porta e si ritrovò avvolta da un denso fumo scuro che inevitabilmente la fece tossire.

“che sta facendo?” chiese quando era ancora sulla soglia tra una tossita e l’altra. Con tutto quel fumo nemmeno lo vedeva il suo capo. Sembrava un soggiorno e quello in cui era sdraiato Edward sembrava un camino. “sta lottando contro un drago sputa fuoco?” lo prese in giro, non trattenendosi affatto dal ridere. Edward evidentemente voleva accendere il camino per riscaldare l’ambiente, peccato che fosse poco pratico. “lasci fare a me.” disse lei e lo trascinò fuori dalla bocca del drago.

“di nuovo quel maledetto lei?” chiese Edward senza commentare oltre. Aveva fatto una pessima figura, facendosi ripescare dal camino coperto di fuliggine e lo sapeva bene. Aveva sbagliato qualcosa nell’accenderlo, questo era sicuro, ma cosa? Ci teneva a farle trovare la casa con un bel fuocherello acceso per farla sentire in una casa accogliente e non in un freddo chalet di montagna, impersonale. Invece aveva fallito miseramente.

“si si come vuoi.” Ribatté lei distratta mentre apriva le finestre per far uscire il fumo e entrare aria pulita. “faccio io. Vai a fare la spesa, converrà riempire il frigorifero se dobbiamo rimanere qua.” Gli levò di mano i fiammiferi e con lo sguardo eloquente lo spinse ad andare al paese più vicino, distante circa una mezzoretta.

Isabella aveva osservato a lungo il cielo prima di entrare in casa. Era all’incirca l’alba e la neve caduta nella notte riluceva nella tenue luce. Sapeva benissimo che quando il cielo aveva quel colore, così strano, tra il bianco, il giallo e il grigio, presto sarebbe nevicato ancora. Il termostato appeso vicino allo stipite della porta d’ingresso le aveva dato ragione, era vicinissimo allo zero. Era meglio correre ai ripari e fare provviste, nel peggiore dei casi sarebbero rimasti bloccati lì, da soli, a causa della neve.

“morirai congelata se non accendo il camino prima.” Se le occhiate non bastavano più, doveva passare alle maniere forti. Sbuffando, Isabella lo spinse malamente fuori casa. Odiava quando non la stava a sentire e quando non credeva nelle sue immense capacità, anche se era stato estremamente premuroso nei suoi confronti. Ma lei aveva una certa esperienza, avendo acceso camini (e fuochi) sin da quando era piccola...glielo aveva insegnato Charlie.

Scacciando il pensiero molesto di suo padre, controllò che la presa d’aria fosse aperta o si sarebbe trovata la casa invasa dal fumo, come era successo poco prima.

Accese il fiammifero e rimase ad osservarlo mentre la fiamma bruciava e raggiungeva rapida le sue dita. Prima di scottarsi lo agitò in aria, facendolo spegnere. Ripeté l’operazione ma questa volta gettò il cerino del camino all’istante, in modo che il fuoco finalmente le riscaldasse le ossa. Dapprima la timida fiammella consumò le pagine di giornale, poi si propagò ai ceppi di legno. Piano piano, lentamente, iniziò a trasformare in cenere il legno.

Restò a fissare la fiamma che mano mano cresceva con gli occhi fissi. Il fuoco esercitò ancora una volta il suo potere ipnotico su di lei e lei aveva davvero bisogno di riscaldare il suo corpo.

Ma chi avrebbe riscaldato il suo cuore?






p.s dell'autrice: siete giunti in fondo? che ne pensate? si lo so...sono in ritardo ma il capitolo non si scriveva. la prima versione era uno schifo, questa mi soddisfa parecchio (e se lo dico io che sono sempre molto critica con i miei capitoli...) il ritardo è dovuto anche al fatto che lo schermo del mio pc sta morendo e non avendo uno schermo (e relativa tastiera e mouse) a disposizione era un po' difficile scrivere.
grazie per la pazienza che avete e per l'affetto che dimostrate a questa storia. non smetterò mai di dirvi che sono le vostre parole che mi spingono sempre a continuare!!
allla prossima! ciao!
   
 
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