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Autore: Deilantha    15/11/2011    8 recensioni
Pasi è una diciannovenne impulsiva e socievole, dal futuro incerto ma dal buon cuore, che vive una situazione di conflitto in famiglia, sentendosi sempre la pecora nera rispetto ad una sorella apparentemente perfetta. Provando un vuoto affettivo tra le mura domestiche, Pasi si circonda di amici, che reputa la sua vera unità familiare.
Emile è il suo esatto opposto: non è un tipo socievole e vive esclusivamente per la musica, sul cui argomento è terribilmente arrogante. Ma il suo modo di essere così rigido e poco aperto agli altri, nasconde un dolore che il ragazzo si porta dietro dall’infanzia, dovuto ad una madre caduta vittima della depressione quando lui era ancora in fasce.
Emile e Pasi si scontreranno la prima volta che si vedranno, ma le loro vite sono destinate ad incrociarsi e farli crescere nella reciproca conoscenza.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Filrouge'
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Capitolo 18









 

 

«Ma amie est trés jolie.*»

«No, Testarossa, si dice “mon” anche se è femminile, non ricordi? Per evitare l’incontro di vocali.»

«Uff! Hai ragione Stè, l’avevo dimenticato.»

«Testarossa… c’è qualcosa che non va, vero?»

Come promesso, io e Testa di Paglia avevamo iniziato a studiare il francese, seguendo uno di quei corsi pratici in DVD alla portata di tutti: eravamo ancora agli inizi, ma ci divertivamo a imparare qualcosa insieme, sembrava di essere tornati agli anni precedenti, quando eravamo compagni di classe e di banco, prima ancora che amici. Quel giorno però la mia preoccupazione per lo scontro con Claudio era troppo intensa per permettermi di concentrarmi e di celare il mio stato d’animo a Stè… non che ne fossi mai stata tanto capace comunque!

«Ascolta Pasi, io lo vedo che da un po’ non ti apri più con me… se stai temendo di ferirmi parlando dei tuoi problemi sentimentali, a causa di Simona, non ti preoccupare posso ascoltarti tranquillamente, non sono così fragile!»

Come al solito, Stè mi leggeva nel pensiero: si era reso conto che cercavo di trattenermi dallo sfogare le mie ansie con lui… ripensai alla volta in cui non avendogli detto del mio interesse per Emile, si sentì ferito, temendo un mio allontanamento a causa del suo attaccamento a mia sorella, con cui avevo litigato: forse gli facevo più male in questo modo che se gli avessi parlato come sempre…

«Scusami, hai ragione… è che non volevo annoiarti con le mie stupide angosce...»

«E da quando mi annoio a sentirti, Testarossa? Coraggio, cosa c’è che non va?»

Con un invito simile, non mi feci pregare e raccontai a Stè dei dubbi che mi avevano attanagliato da quando Claudio mi aveva affrontato e aveva detto quella frase sibillina che mi turbava il sonno. Testa di Paglia mi ascoltò con attenzione e quando terminai di parlare disse la sua:

«E non hai detto nulla ad Emile di tutto questo?»

«Fossi matta Stè! Dovrei dirgli di aver incitato il suo batterista a lasciare il gruppo, ad un passo dalla tournée?! Se voglio che mi odi a vita allora lo farò, altrimenti sarò muta come un pesce!»

«Ma non credi che abbia diritto di sapere?»

«Ho troppa paura di aver combinato un guaio, non potrei sopportare di vedere di nuovo la rabbia sul suo viso contro di me, soprattutto alla luce di una mia intromissione nella sua vita professionale!» 

Testa di Paglia aveva ragione ed io lo sapevo nel profondo del mio essere, ma in quel momento non riuscivo  a ragionare su quell’argomento con la dovuta lucidità, temevo troppo le conseguenze a cui potevano portare le mie azioni, se avessi detto ad Emile che Claudio minacciava di andarsene.

«E non pensi che sarebbe peggio se Emile scoprisse proprio da Claudio che tu sapevi e non gli hai detto nulla?»

A quella prospettiva mi si gelò il sangue nelle vene: Emile mi avrebbe odiato di sicuro, mi avrebbe estromesso definitivamente dalla sua vita ed io l’avrei perso per sempre!

«Oh Stè, cosa posso fare? Io non voglio perderlo!»

Mi appallottolai su me stessa sconfortata e Stè si avvicinò a me per abbracciarmi:

«Capisco la tua paura Testarossa, ma lo sai meglio di me che le bugie e le omissioni peggiorano tutto: è molto meglio dirgli tutto ora piuttosto che attendere che lui lo scopra e si senta tradito anche da te!»  Testa di Paglia aveva completamente ragione, avrei dovuto farmi forza e affrontare le conseguenze della mia lingua lunga…

«Come farò se lo perdo, Stè?»

«Secondo me stai esagerando, non credo che sia così drammatica la situazione: morto un papa se ne fa un altro e questo Claudio non è mica l’unico batterista al mondo! Emile troverà una soluzione, tutto tornerà al suo posto e tu gli sarai ancora accanto, ne sono certo. E se proprio non dovesse essere così, se Emile ti dovesse allontanare, vuoi dirmi che rinunceresti così presto a lui? Che non faresti nulla per riconquistarlo? Conoscendo quella tua testolina calda e testarda, dubito fortemente che lasceresti correre!» Caro vecchio Stè, mia ancora di salvezza per ogni stato ansioso o rabbioso, sempre pronto a restituirmi la gioia e il sorriso: mi era mancato così tanto in quegli ultimi tempi! Mi ero sempre fatta delle remore a confidarmi con lui, sapendo quanto fosse in pena per Simona e invece si era dimostrato affidabile e gentile come sempre, ascoltando i miei problemi sentimentali e trovando un modo per infondermi coraggio  e tranquillità.

«Grazie Stè, non so cosa farei senza di te!»

«Allora smettila di nascondermi le tue preoccupazioni Testarossa, ok?»

«Oui mon ami» gli sorrisi  orgogliosa di me per essere riuscita a dire una frase correttamente in francese e Testa di Paglia dal canto suo, si fece una bella risata che mi confortò l’animo.

Rilassata dalle sue parole e dal suo incoraggiamento, ritrovai la concentrazione e tornammo a studiare; fu solo durante una pausa che mi ricordai di avere qualcosa per lui:

«Stè, qualche giorno fa sono stata a casa dei miei genitori: ho trovato questa, voglio che la prenda tu.»

Gli mostrai una delle foto che avevo visto tra le pagine del libro di Simona. Il mio amico era accanto a lei: mia sorella vanitosamente aveva protestato all’idea di farsi fotografare con le stampelle e tutte le foto di quella serata la ritraevano seduta, che fosse al locale, in auto o su un muretto. In quel caso lei e Stè erano seduti sul gradino di un porticato dello stabile in cui si trovava la cornetteria, dove avevamo fatto sosta prima di tornare a casa: di sicuro erano intenti a parlare seriamente quando Fede colse l’attimo per immortalarli. Ricordo che nonostante fossi ancora arrabbiata con mia sorella, fui felice dell’idea del nostro amico, perché avrebbe dato un piccolo piacere a Stè, che quella serata se la stava godendo tutta accanto alla ragazza che amava. 

Vidi gli occhi di Testa di Paglia farsi lucidi nel ricevere quella fotografia e mi sentii in colpa per avergli aperto la ferita in quel modo, ma sapevo anche che  sarebbe stato felice di poter avere quell’oggetto con sé.

«Era nel libro di Simo… voglio che la tenga tu Stè, è del tutto inutile lasciarla dove l’ho trovata.»

Prese la foto e l’osservò per un po’, con volto concentrato e dolente: «È stata una delle serate più belle della mia vita, non la dimenticherò mai!» Stè fece una breve pausa poi continuò,  «Le avevo mandato le foto via e-mail e non credevo che le avesse stampate tutte…» sollevò lo sguardo in mia direzione e mi rivolse un dolce sorriso, «Grazie Testarossa, è un bellissimo regalo.»

 

*****

 

Mentre il mio animo combatteva col senso di colpa e il dubbio sul parlare o meno ad Emile, le registrazioni dell’album dei GAUS andarono avanti senza intoppi, per cui mi dissi che probabilmente avevo avuto troppa immaginazione nel sospettare di Claudio, o che il batterista stesso avesse cambiato idea, non avendo la volontà effettiva di abbandonare un gruppo in piena ascesa. Per cui con mio estremo sollievo, la chiacchierata con Emile cadde nel dimenticatoio della mia coscienza.

Una sera in cui il mio Pel di Carota era in riunione col produttore, tornai a trovare sua madre: quando entrai nella sua camera, ebbi quasi la speranza che il mio desiderio di vederla  piena di vitalità si fosse esaudito d’incanto, poiché trovai Claudine seduta sulla poltrona, intenta a guardare dalla finestra. Mi resi conto presto però che in quella donna non era tornata la voglia di vivere: al di là del vetro c’era la casa attigua, il panorama non era dei migliori, ma la madre di Emile non sembrava curarsene, era sempre immersa nel suo mondo grigio, distaccata da tutto ciò che costituiva la vita reale, persa nelle sue sofferenze che avevano schiacciato tutta la sua vitalità.

Negli ultimi tempi era ridotta alla stregua di un vegetale, sempre imbottita di farmaci e di conseguenza mi stupii nel trovarla seduta lì: era la prima volta che la vedevo in casa sua lontana dal letto.

Alberto si avvicinò all’uscio dov’ero rimasta ad osservare sua moglie, impietrita per la sorpresa:

«Fa un certo effetto vederla così, vero?» Poggiò una mano sulla mia spalla e mi girai a guardarlo:

«Com’è possibile?! Sta meglio? L’ultima volta che l’ho vista era un vegetale!»

«Ho interrotto la somministrazione di alcuni medicinali.»

Lo guardai sorpresa: «Hai chiesto altri pareri medici?»

«No. Ho deciso di non darle più tutti quei medicinali che finivano di stordirla; come hai detto anche tu, era diventata solo un vegetale e solo per far stare tranquilli noi.»

«E gli infermieri, sono d’accordo?»

«Sabrina sa tutto ed è d’accordo con me… a patto però che nel momento in cui dovessero esserci segni di ribellione in Claudine, si ritorni alla cura originale. Il nuovo infermiere non sa nulla, è all’oscuro dell’uso di questi medicinali.»  

Rimasi senza parole: Alberto stava rischiando d’inimicarsi i dottori per ridare vitalità a Claudine… ma in questo modo rischiava anche che sua moglie tentasse nuovamente il suicidio! 

«So che pensi che sia una pazzia, ma non riuscivo più a tollerare di vederla in quel modo. Sono abituato a vederla assente, ma con tutti quegli psicofarmaci che non facevano altro che inebetirla per tenerla buona, era diventata poco più di un cadavere vivente! Non m’importa se rischio di perderla definitivamente, almeno la ricorderò con quel po’ di vitalità che ancora le resta e non come una bambola priva di espressione e di volontà!»

 Le parole di Alberto mi commossero: erano cariche di amore e di dolore, quel dolore che si portava dentro da vent’anni, a cui era abituato ormai ma che non per questo fosse meno forte o causasse meno sofferenza. Se fossi stata al posto suo cosa avrei fatto? Come mi sarei comportata vedendo Emile spegnersi giorno dopo giorno, senza che potessi far nulla per aiutarlo? Vederlo in fin di vita svariate volte, per poi ritrovarlo come un vegetale in un letto?!

Al solo pensiero mi salì un groppo in gola e inorridii dalla paura: vedere la propria madre ridotta in quello stato non era facile per Emile, ma per Alberto il dolore doveva essere atroce! E ci conviveva da ventidue anni!

Presa da quel pensiero angosciante l’abbracciai: «Vorrei tanto che guarisse!»

Avevo sperato sin dal primo giorno in cui la vidi, che Claudine trovasse la forza per riprendersi la sua voglia di vivere e in quel momento, quel desiderio fu terribilmente vivo dentro di me.

«Anche io bambina, lo vorrei tanto anche io.»

Alzai il viso verso quello di Alberto e lo vidi mentre guardava sua moglie con un’espressione di amore, dolcezza e tristezza così intensa che mi sentii una spiona ad osservare quella comunicazione così profonda e intima, perciò portai lo sguardo verso Claudine che continuava ad osservare fuori dalla finestra:

«C’era una farfalla Albert, una farfalla trés jolie.»

«Che colori aveva chèrie?» Alberto si staccò da me e si avvicinò a sua moglie, sedendosi su un bracciolo della poltrona e circondando lo schienale con un braccio,

«Dei colori davvero vivaci! Orange, jaune e un po’ de noir**… era davvero jolie!» Il viso di Claudine aveva un’espressione concentrata, anche se gli occhi restavano spenti e lontani: Alberto le baciò il capo guardando dalla finestra e di nuovo mi sentii di troppo, osservando quella scena così dolce e dolente. Stavo per andarmene  quando Claudine si girò verso di me: non mi rivolse alcuna parola, ma allungò una mano in mia direzione. La raggiunsi con un groppo improvviso alla gola: quella probabilmente fu la prima volta in cui ebbi un vero contatto con lei.

Mi prese la mano e la strinse a sé: i suoi occhi, gli stessi occhi di Emile, mi guardavano con aria triste, ma dietro quel velo riuscivo a scorgere una piccola luce di consapevolezza, come se stesse cercando di dirmi qualcosa, finché la sentii dirmi:

«Merci beaucoup.»

Grazie. Claudine mi stava ringraziando! Era un ringraziamento per esserle stata accanto? Mi ringraziava per aver reso più sereno Emile, come continuava a dirmi suo marito?

Non seppi dirlo. Ma sentii nuovamente un groppo alla gola e non riuscendo a parlare, mi avvicinai a lei e le diedi un bacio sulla guancia: forse il mio affetto sarebbe riuscito a comunicare con lei in modo più diretto di qualsiasi parola… Se solo fossi stata capace di sciogliere quel velo di tristezza che avviluppava la sua anima! Emile e Fede sostenevano che avessi il potere di far aprire le persone, ma in quel momento in cui desiderai davvero di avere una tale capacità, riuscii solo a sentirmi inutile e impotente, davanti alla tristezza senza sollievo di Claudine.

 

*****

 

«È così insopportabile tutto questo, Fede!»

«Lo so Pasi, ma non puoi farci nulla, la sola che potrebbe far qualcosa è Claudine stessa, ma non ha abbastanza forza di volontà per farlo.»

«Perché gli esseri umani si riducono in questo stato? È una sofferenza guardarla ed è ancora più doloroso vedere Emile e suo padre che soffrono con lei! Tutto perché ha ceduto, perché non si è fatta forza! Eppure aveva una vita splendida!»

«Claudine è fragile, non ha la tua stessa forza di volontà e si è lasciata andare alla sofferenza invece di combatterla.»

«Lo so Fede, so come funziona, ma non riesco ugualmente a tollerarlo! Se penso all’espressione sofferta di Alberto, se penso al dolore che si porta dentro Emile! Vorrei tanto fare qualcosa!» Appoggiai sconsolata la testa alla scrivania  dell’”ufficio” di Fede.

In quegli ultimi giorni il centro era stato rimesso a nuovo: Fede e Stè si erano occupati di risistemare la struttura (una mano di vernice, una controllata all’impianto elettrico e agli infissi), mentre io e Rita e qualche rara volta persino Sofia, c’eravamo dedicate all’arte dell’arredo e in poco tempo avevamo messo su un ingresso accogliente e due salette pulite, comode e ordinate, mentre la cassettiera di Emile era rimasta nell’ingresso, a dare il benvenuto ai nostri ospiti: ogni volta che la vedevo, sentivo la presenza del mio amato Riccioli Rossi, che mi sosteneva e incoraggiava. 

La stanza di Fede, dove ci trovavamo in quel momento, era piccola ma con le nostre cure era diventata accogliente: dotata di una scrivania, dei ripiani per libri e depliants e tre divanetti per accogliere i visitatori. Ero seduta di fronte a lui: appena entrata in quella stanza lo vidi intento a controllare che il pc fosse in ordine, ma si fermò di colpo guardando l’espressione che avevo sul viso, che come al solito rivelava al mio amico tutto ciò che mi angosciava in quel momento. Il passo che da lì mi condusse ad esternargli le mie ansie, fu breve.

«Pasi è inutile snervarti in questo modo, non puoi fare nulla per cambiare la situazione… anzi puoi renderla meno triste e tragica  se non ti fai prendere dallo sconforto e continui a mostrare  il tuo volto sorridente. Il tuo sorriso ha ridato vita agli abitanti di quella casa, te ne sei resa conto? Con la tua presenza accanto a loro hai portato gioia, hai portato vitalità, hai donato nuova linfa vitale ad Emile e a suo padre. Continua ad essere te stessa, e allevierai di molto le loro sofferenze.»

«Tu sei tropo fiducioso in me, Fede!»

«No Pasi, io guardo le cose con obiettività, tu sei troppo coinvolta per farlo perciò non ci riesci, ma io che conosco la situazione da un punto di vista esterno, la vedo la differenza.»

«Anche Emile ha questa smodata fiducia in me, ma io mi sento totalmente inutile, ora! Vorrei poter fare di più! Vorrei riuscire a dare il sorriso a Claudine, vorrei poter ridare sua madre ad Emile e sua moglie ad Alberto! È così frustrante non poter far nulla!»

«Invece di intristirti perché non riesci a raggiungere un obiettivo così difficile, considera invece ciò che fai e sii felice di essere riuscita a portare un po’ di allegria e serenità in quella casa. Non possiamo accollarci tutti i dolori degli altri, Pasi, ma possiamo aiutarli a farsi forza, possiamo fare qualcosa nelle piccole azioni quotidiane, o semplicemente donando un sorriso d’affetto e d’incoraggiamento a chi è in continua lotta. Questo deve valerti anche per il futuro: avremo modo di essere a contatto con tante realtà sofferte e con tante persone schiacciate da problemi di vario genere. Se ci addolorassimo fino a questo punto per ognuno di loro, non riusciremmo più a vedere con obiettività e soprattutto non riusciremmo a reggere tante situazioni difficili. Tutto ciò che potremo fare sarà incoraggiarli, sostenerli e aiutarli a superare i loro problemi, ma non potremo mai sostituirci alla loro volontà. Tienilo bene presente.»

Ecco perché adoravo Federico, aveva una profonda umanità e una grande sensibilità, ma riusciva anche ad essere freddo e obiettivo, dipanando di volta in volta tutte le mie ansie nei riguardi del mio desiderio di aiutare il prossimo. Aveva ragione, non potevo accollarmi il dolore di Claudine, la forza per reagire doveva trovarla lei, non potevo sostituirmi alla sua volontà, per quanto avessi potuto provare a darle uno scossone, tutto dipendeva da lei e non da me, che avrei solo sofferto inutilmente nel tentativo di risvegliarla da un sonno che non voleva abbandonare.

 

*****

 

«Pasi, c’è Emile che ti aspetta sotto casa.»

«EH?»

Aprii la porta del bagno con la faccia più sorpresa del mondo e lo spazzolino da denti ancora in bocca: era una normale domenica mattina e avevo appena fatto colazione: tutto mi aspettavo tranne la comparsa di Emile!

«Mi ha detto che ti aspetta giù… non avevate un appuntamento?» Guardai Rita in cerca di risposte, ma dall’espressione del suo viso capii che ne sapeva quanto me. Mi sciacquai la bocca e chiamai Emile al cellulare per capire cosa stesse accadendo:

«Emile, è successo qualcosa a tua madre?»

«Buongiorno streghetta, anch’io sono felice di sentirti.» il suo tono era ironico e non c’era traccia di preoccupazione nella sua voce.

«Che sta succedendo?»

Non capivo. Non ero assolutamente in grado di comprendere cosa stesse accadendo.  Perché era venuto sotto casa di Rita dicendomi di scendere, se non era accaduto nulla di grave a sua madre?

«Tu preparati e scendi, oggi facciamo una gitarella.»

 

Una gitarella. Io ed Emile che ci prendevamo un giorno tutto per noi, lontano da parenti e amici, lontano dalla nostra quotidianità e dai nostri impegni! Sarei dovuta andare da Simona nel pomeriggio, ma era ancora mattina e non sapevo cosa mi avrebbe riservato quel giorno con quel programma inaspettato, così rimandai il pensiero dell’appuntamento pomeridiano, al momento in cui avrei dovuto affrontarlo e mi preparai il prima possibile, agitata e felice per quella sorpresa inaspettata.

 

Appena raggiunsi Emile, lo vidi appoggiato alla parete dello stabile in mia attesa, le mani in tasca e gli occhi chiusi intento ad ascoltare i suoi mp3:  era sempre uno spettacolo per i miei occhi e la felicità nel vederlo fu disarmante. Non sapevo alcunché dei suoi piani per quel giorno, ma non m’importava: avrebbe potuto condurmi anche nei gironi più profondi dell’inferno e sarei stata ugualmente la ragazza più felice del pianeta, per il solo fatto che fossi in sua compagnia! Aprì gli occhi sentendo la mia presenza e mi sorrise, allungandomi una mano:

«Pronta?»

«Prontissima!» con un sorriso pieno di gioia, presi la sua mano mentre si avvicinava per darmi un dolcissimo bacio di buongiorno, prima di accompagnarmi all’auto.

Cercai di capire dove fossimo diretti ma Emile fu una sfinge, decisi quindi di mandare un sms a Stè per avvertirlo di non aspettarmi nel pomeriggio: mi dispiaceva mancare all’appuntamento con lui e Simona, ma nonostante non sapessi cosa ci attendeva, non avevo alcuna intenzione di rovinare quel giorno.

Appena inviai l’sms, notai una luce di soddisfazione sul viso di Emile: non riusciva ancora a togliersi di dosso la gelosia nei confronti di Stè e sapere di avermi rubato a lui doveva averlo reso soddisfatto di se stesso.    «Emile, dimmi che non è una manovra per non farmi vedere Stè!?»

Quel diavolo rosso sorrise tra sé e aggiunse: «Ammetto di essere soddisfatto di averti tutta per me oggi, ma se dovessi fare questo solo per tenerti lontana da Stefano, allora dovrei macchinare qualcosa ogni giorno!»  Lo guardai in tralice ma dovetti ammettere che aveva ragione: non gli avrei mai permesso di allontanare Stè da me, era una persona troppo importante, una presenza costante nella mia vita ed Emile avrebbe dovuto imparare a convivere con il fatto che ci fosse anche Testa di Paglia accanto a me.

Dopo un paio d’ore di tragitto, lo vidi fermarsi lungo la costa che stavamo percorrendo, scese dall’auto e mi aprì la portiera, vedendo che in preda alla confusione non ero ancora uscita dall’auto: 

«Pic-nic sulla spiaggia, che te ne pare?»

Lo guardai con stupore, meraviglia, felicità e tutto l’amore che sentivo per lui:

«Dico che è perfetto!»

Sorrise felice e mi allungò una mano per estrarmi da quell’auto a cui ero inchiodata e sorrisi di rimando, travolta da troppe emozioni per poter dire qualsiasi cosa.

Era una bella giornata d’inizio primavera, il sole era gentile sul viso e lo sciabordio delle onde aiutava a creare un senso di pace e comunione con la natura, il giorno ideale per accamparsi lì. Infatti Emile non fu l’unico ad aver avuto quell’idea, anche se quel tratto di spiaggia non  era particolarmente frequentato, per cui la sensazione predominante fu quella di essere soli con il mare a farci compagnia. Il mio Pel di Carota aveva pensato a tutto, così a me non restò che accomodarmi sulla stuoia e godermi cibo e compagnia.  

«Hai avuto un’idea magnifica, mi sento così bene in questo momento che non vorrei andarmene più”»

Emile sorrise soddisfatto stringendomi a sé: «Sono stato preso così tanto dalla realizzazione dell’album che il tempo è fuggito via e non abbiamo avuto mai modo di starcene un po’ lontani da tutto e tutti, così visto che oggi ero relativamente libero, ho deciso di approfittarne... Non è facile starmi accanto, ne sono consapevole: non ti do abbastanza spazio e ti metto sempre in secondo piano… Volevo ripagarti per la tua pazienza.»

Quella frase mi strinse il cuore di una dolorosa gioia, avevo capito ormai che quando Emile era impegnato con la musica dovevo solo armarmi di pazienza e attendere che avesse tempo per me, per cui non avevo pensato che avesse dei sensi di colpa nei miei confronti. Mi aveva detto più volte quanto fossi importante per lui, mi aveva dimostrato anche la sua stima, eppure ogni volta che faceva gesti simili, o diceva qualcosa che dimostrasse quanto ci tenesse a me, mi riempiva di gioia come se fosse la prima volta: è proprio vero che un innamorato non si accontenta mai, che ha sempre bisogno di conferme, che teme sempre di non essere amato! 

«Grazie.» fu l’unica parola che riuscii a dire, prima di sprofondare il mio viso nel suo abbraccio e bearmi di quel momento di assoluta pace.

Restammo in silenzio per qualche secondo, finché Emile tornò a parlare:

«Sei felice, Pasi?»

Restai avvolta nel suo abbraccio mentre aggiungeva: «Credo di non essere mai stato così felice in vita mia e so che questo momento sparirà; perciò finché c’è, finché posso sentirmi così in tua compagnia, vorrei che fosse lo stesso anche per te, che provassi anche tu ciò che provo io.» 

Ciò che provai in quel momento non riesco a descriverlo con le sole parole: ero così terribilmente felice e così splendidamente triste che solo col senno di poi mi resi conto dell’assoluta contraddizione che si cela nell’animo di chi raggiunge una gioia estrema…

«Sì Emile, sono felice. Felice come non sono stata mai.»

…una gioia così immensa da essere dolorosa, da farti sentire triste sapendo che finirà!

Emile non replicò alle mie parole, ma  mi strinse a sé silenziosamente e senza dirci altro rimanemmo ad osservare le onde e il loro gioco di luce con il sole.












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* "La mia amica è molto graziosa"
** Arancione, giallo e un po' di nero











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NDA
Mie care, ho ufficialmente compreso che il modo in cui concepisco ciò che scrivo è totalmente diverso da quello che sentite voi quando leggete, per cui, personalmente credo di avervi dato una dose di zucchero sufficiente a ripagarvi dell'amarezza e della tristezza dei precedenti capitoli, ma probabilmente voi non sarete d'accordo, giusto? xD
Questo capitolo e quello precedente sono frutto della mia recente revisione (ancora in corso): sono stati praticamente scritti in queste ultime settimane,
riempiendo un vuoto cosmico che avevo lasciato a se stesso nell'ansia di arrivare ad una conclusione (...).
Spero quindi che siano stati di vostro gradimento, perché a me sono piaciuti molto ^ ^


Angolo dei Ringraziamenti:
La mia tomodachi mi ha detto che a volte scrivo delle cose che creano immagini ad effetto: per chi scrive, riuscire a dare un'immagine che resti impressa nella mente di chi legge è un grande traguardo ed io mi sono sempre considerata troppo sintetica per esserne capace, troppo poco descrittiva per essere considerata una persona capace di scrivere.
Per cui l'autrice piena di complessi (grazie prof.) che è in me, si sente ancora una volta commossa e grata per le parole così belle che tutte voi mi riservate e spero con tutto il cuore di riuscire ad emozionarvi fino alla fine con questo racconto che ormai è diventato parte di me.
Vi adoro tutte e vi ringrazio come sempre per il vostro sostegno, per gli incoraggiamenti, per l'attesa ansiosa di un nuovo capitolo e per tutte le belle parole che avete speso a mio vantaggio da quando ho iniziato a pubblicare questa storia, due mesi e mezzo fa.
ARIGATOU GOZAIMASU a tutte voi mie adorate: Iloveworld, Saretta, Niky, Vale, Concy, Ana-chan, Cicci, Ely.
Vi adoro <3

Grazie a tutte coloro che hanno aggiunto questo racconto tra i preferiti, tra le seguite e tra quelle da ricordare: lorenzabu, samyoliveri, sbrodolinalollypop, Aly_Swag,
green_apple, cara_meLLo, celest93, cris325, Drama_Queen, hurry, Newiyurd, nicksmuffin, Origin753 (se amate i romanzi della Austen, in particolare Orgoglio e Pregiudizio, Origin sta scrivendo una divertentissima parodia con tutti i personaggi austeniani: The Austen Resort, ve la consiglio!), petusina, sel4ever, ThePoisonofPrimula, _Grumpy.

ARIGATOU - formato famiglia a tutte voi!!!

   
 
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